Il Papa prosegue il suo periodo di riposo a Castel Gandolfo: le Udienze generali del mercoledì, sospese per tutto il mese di luglio, riprenderanno la prossima settimana, il 3 agosto. Nelle ultime Udienze, a partire dal 4 maggio, Benedetto XVI ha iniziato un nuovo ciclo di catechesi sulla preghiera, invitando a non cessare mai di imparare a pregare, perché, ha detto, “la preghiera non va data per scontata”, anche per chi è avanti nella vita spirituale. L’uomo di tutti i tempi ha nel profondo del suo cuore la preghiera: è attratto verso Dio perché da Lui è stato creato. Per questo, sottolinea il Papa, sono fallite tutte le previsioni di chi, “dall’epoca dell’illuminismo, preannunciava la scomparsa delle religioni”. Non è possibile sopprimere il desiderio di Dio e per quanto s’illuda di essere “autosufficiente”, l’uomo “fa esperienza di non bastare a se stesso”, ha bisogno di aprirsi a “qualcuno che possa donargli ciò che gli manca”: “L’uomo porta in sé una sete di infinito, una nostalgia di eternità, una ricerca di bellezza, un desiderio di amore, un bisogno di luce e di verità, che lo spingono verso l’Assoluto; l’uomo porta in sé il desiderio di Dio. E l’uomo sa, in qualche modo, di potersi rivolgere a Dio, sa di poterlo pregare” (11 maggio 2011).
Pregare è semplice: significa “parlare con Dio” o semplicemente stare con Lui. Tutti possono farlo. Ma nello stesso tempo, rileva il Papa, è difficile. La preghiera, infatti, “può essere soggetta a fraintendimenti e mistificazioni”. Può chiudersi in una dimensione consolatoria e individualista, mentre la vera preghiera permette “di uscire dallo spazio angusto del proprio egoismo” per aprirsi all’amore. Può cercare di piegare Dio ai propri schemi e ai propri progetti mentre la vera preghiera porta a seguire non la nostra volontà ma quella di Dio. Può essere evasione in un intimismo spiritualista mentre deve portare a un impegno ancora maggiore nel mondo: “Per un cristiano, pertanto, pregare non è evadere dalla realtà e dalle responsabilità che essa comporta, ma assumerle fino in fondo, confidando nell’amore fedele e inesauribile del Signore” (Angelus, 4 marzo 2007).
La preghiera è difficile perché è una lotta che richiede “tenacia e perseveranza”. Il Papa ricorda la lotta di Giacobbe con Dio: una lotta che vinciamo solo quando ci arrendiamo al suo amore. La preghiera è difficile anche perché significa far tacere le nostre parole per ascoltare Dio: “Impariamo a riconoscere nel silenzio, nell’intimo di noi stessi, la sua voce che ci chiama e ci riconduce alla profondità della nostra esistenza, alla fonte della vita, alla sorgente della salvezza, per farci andare oltre il limite della nostra vita e aprirci alla misura di Dio, al rapporto con Lui, che è Infinito Amore” (11 maggio 2011).
“Lo scopo primario della preghiera – afferma il Papa – è la conversione” che ci rende capaci di aprirci a Dio e dunque agli altri, trovando la vera vita, perché “Dio è amore”: “Cari fratelli e sorelle, la preghiera non è un accessorio, un optional, ma è questione di vita o di morte. Solo chi prega, infatti, cioè chi si affida a Dio con amore filiale, può entrare nella vita eterna, che è Dio stesso” (Angelus, 4 marzo 2007).
Radio Vaticana