Apcom, Agi
martedì 6 ottobre 2009
Terza Congregazione generale: la leadership senza principi prima causa dei conflitti in Africa, nei quali sono coinvolti anche molti pastori
Il card. Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar-es-Salaam in Tanzania, ha denunciato la responsabilità di alcuni ecclesiastici nei conflitti in Africa. "E' triste - ha detto il presidente del Secam, il Simposio delle Conferenze Episcopali d'Africa e Madagascar, durante la terza Congregazione generale dell'Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per l'Africa in Vaticano - dover riconoscere che molti pastori sono coinvolti nei conflitti, tramite partecipazione o omissione. Dobbiamo accusare anche noi stessi e riconoscere l'abuso del nostro ruolo e la pratica del potere - ha detto il porporato africano - nonché il rischio di tribalismo e di etnocentrismo. E' urgente che le questioni etniche esplose in conflitti siano affrontate apertamente con iniziative pastorali". "I vecchi dittatori non ci sono più, ma i dittatori leggeri sono uguali ai primi: non credono ai principi della democrazia". Lo denuncia l'arcivescovo emerito di Kampala, in Uganda, card. Emanuel Wamala, intervenuto questa mattina per il quale una "leadership senza principi è la prima causa dei conflitti". "Molti leader - ha sottolineato - alimentano le divisioni per assicurare il loro ruolo". In questo contesto, "la riconciliazione rappresenta la sfida principale per i cattolici". Ed è proprio quello della riconciliazione il tema più trattato dai 18 Padre Sinodali che hanno preso la parola oggi. Dal Senegal arriva l'invito a "liturgie di penitenza e perdono che debbono essere celebrazioni di gioia, dove l'uomo si riappacifica col fratello, dal Camerun l'esaltazione del "perdono ricevuto e accolto" nella cultura tribale dei Bantù del Sud. "Il clan - ha spiegato il presidente dei vescovi, mons. Simon Victor Tonye Bakot - sa ristabilire la pace e la riconciliazine più dei cristiani, che hanno l'Eucaristia ma spesso non sanno superare le divergenze e in molti casi tra i fedeli nemmeno si danno il segno della pace". "Non dobbiamo nascondere le tensioni itneretniche e la corruzione su larga scala che minano il Continente", ha chiesto da parte sua mons. Fidele Agbatchi del Benin, per il quale "l'Africa ha paura e vive di paura, chiudendosi in un atteggiamento di autodifesa che sfocia troppo spesso in aggressività". Mons. Giorgio Bertin, vescovo in Somalia, ha raccontato però un'esperienza ben diversa quando ha ricordato che "venti anni fa è stato ucciso mons. Salvatore Colombo, dopo che aveva servito il popolo per 40 anni e come lui sono state assassinate anche Annalena Tonelli e suor Leonella". "Il 9 luglio - ha spiegato - celebriamo la Giornata dei Martiri della Somalia e vogliamo fare memoria insieme di queste personalità eroiche". Mons. Bertin ha lanciato anche un appello contro la pirateria. Mons. Sthembele Anton Sipuka del Sudafrica sottolinea invece che il suo Paese testimonia come "grazie all'affermarsi di una mentalità che la Chiesa deve favorire", la pace e la riconciliazioni siano "possibili dopo anni di confliti", anche se nella società "non mancano purtroppo comportamenti aggressivi" e c'è "rabbia contro gli altri popoli africani". Nutrita la pattuglia dei curiali intervenuta oggi nel dibattito. Il card. Zenon Grocholeski ha esortato vescovi e rettori dei seminari sottoporre alal Santa Sede il "regolamento studiorum" per la formazione dei futuri sacerdoti e raccomandato coerenza anche di vita nei docenti delle 12500 scuole materne (un milione 260mila allievi), delle 33 mila 250 scuole primarie (14 miloni di scolari), 10 mila scuole secondarie (4 miloni di studenti). Mentre, ha affermato, "debbono rafforzare la loro chiara identità cattolica in particolare gli istituti superiori: 23 università cattoliche 5 facoltà teologiche, 3 filosofiche e 70 atenei affiliati alle Università Pontificie". In sintonia con lui il card. Franc Rodè, prefetto della Congregazione per i religiosi, che ha denunciato come "difficoltà" nella formazione alla vita religiosa in Africa, "la mancanza di una cultura cristiana diffusa che rende più difficile la pratica dei valori".