Oggi, nella memoria liturgica a lei dedicata, si chiude ufficialmente l’ottavo centenario della consacrazione di Santa Chiara di Assisi. 800 anni fa Chiara fuggiva, appena diciottenne, dalla casa paterna verso la Porziuncola per dare tutta se stessa a Dio, sui passi di San Francesco. Benedetto XVI ha presentato questa figura come una mirabile sintesi di obbedienza e profezia. Anche oggi, come ieri, è una questione di scottante attualità: mettere insieme carisma e istituzione, obbedienza e profezia, tradizione e rinnovamento. Ne ha parlato Benedetto XVI nel suo messaggio per l’Anno Clariano. Santa Chiara chiedeva per lei e le sue consorelle una vita di radicale povertà, come non era mai accaduto nella Chiesa. Le autorità ecclesiastiche di quel tempo, siamo nel XIII secolo, erano molto restie, ma alla fine il Papa “si arrese all’eroismo della sua santità” concedendole il cosiddetto “Privilegio della povertà”. Questa la riflessione di Benedetto XVI: “La sua testimonianza ci mostra quanto la Chiesa tutta sia debitrice a donne coraggiose e ricche di fede come lei, capaci di dare un decisivo impulso per il rinnovamento della Chiesa”. Santa Chiara poteva rinnovare la Chiesa perché la sua profezia era fondata sull’umiltà: “Pur essendo la superiora, ella voleva servire in prima persona le suore malate, assoggettandosi anche a compiti umilissimi: la carità, infatti, supera ogni resistenza e chi ama compie ogni sacrificio con letizia”. E di fronte a quanti, nel suo tempo, volevano cambiare il mondo facendo rumore, lei sceglie il nascondimento e il silenzio del chiostro. “Chiara taceva – ricorda il Papa – ma la sua fama gridava”: “Sono i Santi coloro che cambiano il mondo in meglio, lo trasformano in modo duraturo, immettendo le energie che solo l’amore ispirato dal Vangelo può suscitare. I Santi sono i grandi benefattori dell’umanità!”.
Radio Vaticana
Udienza generale, 15 settembre 2010