I giudici dello Stato città del Vaticano godono di totale indipendenza. Così il prof. avv. Giovanni Giacobbe, promotore di Giustizia presso la Corte d’Appello ha aperto oggi, in Sala Stampa vaticana, l’incontro con i giornalisti sul diritto processuale in vigore nello Stato della Città del Vaticano. Sabato prossimo, 29 settembre, ci sarà la fase conclusiva del dibattimento a carico di Paolo Gabriele (nella foto con Benedetto XVI), l’ex assistente di camera del Papa, e del tecnico informatico Claudio Sciarpelletti. Presente al briefing anche il direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi.
Un briefing tecnico-giuridico per mostrare, anche attraverso un video, procedure e i luoghi del processo, in Vaticano, a carico di Paolo Gabriele e Claudio Sciarpelletti. Accusato l’uno di furto aggravato di documenti riservati e l’altro di favoreggiamento. Il prof. Giacobbe ha subito evidenziato che il processo di sabato vede attivi giudici, laici, dello “Stato della Città del Vaticano, che non hanno nessun rapporto diretto con la Chiesa Cattolica, che ha proprie strutture, tribunali, che giudicano secondo il diritto canonico e regole proprie”. “Il processo del quale ci stiamo occupando, ha come fonti normative il Codice di procedura penale adottato in Italia nel 1913, il cosiddetto Codice Zanardelli, e il Codice penale promulgato da Umberto I, il 30 giugno 1889. Poi abbiamo, nell’ambito della legislazione vaticana, la recente legge del primo ottobre 2008 che disciplina le fonti del diritto nello Stato della Città del Vaticano. Quindi, è stata data anche una sorta di Costituzione allo Stato della Città del Vaticano per quanto riguarda, appunto, l’iter legislativo che deve disciplinare i rapporti all’interno di questo Stato. Sulla base di tale normativa, la legislazione - anche penale - è stata ampiamente rielaborata da parte degli organi vaticani. In modo particolare, va ricordata, nel 2012, la legge sull’antiriciclaggio, che è una legge estremamente ampia e complessa e che ha avuto anche l’apprezzamento delle autorità dell’Unione Europea. In questo contesto si inserisce il processo che avrà inizio, nella fase dibattimentale, dopodomani”.
Centrale la differenza nella ricerca della prova che in Italia avviene attraverso l’attività in contraddittorio delle parti, invece in Vaticano le fonti, che risalgono all’inizio del ‘900, fanno si che s’istauri un’istruttoria formale guidata dal giudice:
“Il tribunale avvierà il dibattimento che si svolgerà con la relazione del giudice relatore. Quindi, le parti avranno la possibilità di svolgere tutte le loro attività difensive. Esaurita questa fase, si passerà poi alla requisitoria del pubblico ministero e quindi alle arringhe difensive dell’imputato, perché l’imputato ha sempre la parola per ultimo. Dopodiché, il Tribunale si ritirerà in Camera di consiglio ed emetterà la sentenza”.
Una sentenza impugnabile sia dagli imputati sia dal pubblico ministero. Paolo Gabriele e Claudio Sciarpelletti non giureranno e potranno essere assenti. Dai 3 ai 4 anni di carcere la pena massima prevista per il furto, un minimo di sei mesi, fino a un anno di reclusione quella per il favoreggiamento. Il prof. Giacobbe ha anche evidenziato la massima autonomia dei giudici e l’incisività che può avere Benedetto XVI sul procedimento:
“Devo dire - anche per esperienza personale nella veste di promotore di Giustizia, sia nella veste che ho ricoperto precedentemente di Giudice della Corte d’Appello Vaticana - i giudizi sono improntanti alla massima indipendenza. Non mi è mai accaduto di ricevere pressioni per decidere in un modo o nell’altro. Il Santo Padre non può influenzare direttamente il tribunale. Non può dire: 'Dovete decidere in un modo o nell’altro'. Ha i poteri che hanno tutti i capi di Stato: per esempio può concedere la grazia e ha un maggiore potere che potrebbe essere preventivo, nel senso che può intervenire se ritiene che un processo non debba essere svolto e debba essere archiviato".
E' stato spiegato che l’ammissione di colpevolezza, di Paolo Gabriele, non costituisce la cosiddetta “prova regina” poiché la confessione potrebbe, ad esempio, anche aver coperto altre persone. Nonché precisato che coloro che hanno testimoniato nel corso dell’attività istruttoria potrebbero essere richiamati, così come potrebbero essere invitati a deporre nuovi testimoni. Ampi i poteri del tribunale. Non è escluso, ma per ora non previsto, che i magistrati possano ricevere le valutazioni della Commissione cardinalizia nominata dal Papa. E se durante le udienze dovessero emergere nuovi fatti di reato, il tutto sarà rimesso al promotore di Giustizia che valuterà se iniziare un’azione penale. Padre Lombardi ha confermato che solo un ristretto pool di giornalisti seguirà il processo, mentre il prof. Giacobbe ha evidenziato il carattere pubblico del procedimento:
“Il processo è pubblico. La pubblicità dell’udienza significa che il pubblico può accedere all’udienza, naturalmente con le modalità compatibili con lo svolgimento dell’udienza stessa. La ripresa televisiva o cinematografia è una cosa diversa, perché qui si solleva anche il problema della tutela della privacy”.
E’ nei poteri del tribunale stabilire come trattare l’uso delle immagini ha proseguito, come “rientra nelle valutazioni discrezionali del presidente – ha concluso Giacobbe – anche quella di tenere l’udienza a porte chiuse”.
Radio Vaticana
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