"In Cina nessun prete e nessun vescovo ha intenzione di cambiare la dottrina della Chiesa... Non solo io, ma anche gli altri vescovi della Cina, leggiamo sempre e diffondiamo tutti gli interventi del Papa, le omelie, le Encicliche, i discorsi. Vengono fatte le fotocopie e inviate a tutti i preti e a tutte le parrocchie. Così che tutti possano leggere e seguire il Papa nel suo magistero ordinario...". Lo racconta Giovanni Battista Li Suguang, vescovo coadiutore di Nanchang, 46 anni, in un’intervista appena pubblicata dal mensile 30Giorni. Ordinato vescovo il 31 ottobre 2010 con l’approvazione della Santa Sede e con il riconoscimento delle autorità cinesi, Li Suguang è tra i vescovi chiamati in causa negli ultimi comunicati della Santa Sede perché lo scorso 14 luglio ha partecipato all’ordinazione illegittima di Giuseppe Huang Bingzhuang quale vescovo di Shantou. Lui e agli altri presuli quarantenni che con il salto di una generazione si ritrovano a capo della Chiesa di Cina vengono da più parti tacciati di arrendevolezza rispetto al dirigismo della politica religiosa governativa. Nell’intervista al mensile cattolico, il vescovo coadiutore di Nanchang spiega l’atteggiamento suo e dei suoi confratelli ribadendo con fermezza il legame imprescindibile con il Papa. "Non solo io – racconta – ma anche gli altri vescovi della Cina, leggiamo sempre e diffondiamo non solo la Lettera del Papa ai cattolici cinesi del 2007, ma anche tutti i suoi interventi, le omelie, le Encicliche, i discorsi. Vengono fatte le fotocopie e inviate a tutti i preti e a tutte le parrocchie. Così che tutti possano leggere e seguire il Papa nel suo magistero ordinario, e possano così trovare spunti per la loro vita nelle situazioni che si trovano a vivere. In questo modo condividiamo la fede del successore di Pietro, e questo è davvero il modo più semplice e concreto possibile di vivere la comunione col Papa, che tutti possono vedere. Poi preghiamo per lui. Tutti i vescovi pregano per lui. Io prego per lui, e prego anche per me, che il Signore mi aiuti a essere un buon vescovo". Il vescovo aggiunge che "sarebbe un grande dono se il Papa potesse capire la Cina", cioè "la cultura e la situazione sociale concreta in cui si trova a vivere la Chiesa in Cina. C’è molto da sapere, molto da comprendere. A volte c’è chi trascorre una settimana in Cina e poi torna a casa e comincia ad atteggiarsi come se sapesse tutto delle vicende dei cattolici cinesi. Invece le situazioni complesse vanno riconosciute e rispettate per quello che sono. Io spero davvero che le relazioni tra Cina e Vaticano possano riprendere la giusta direzione. Sarebbe una cosa buona per noi e per tutta la Chiesa". E riferendosi alla tradizione apostolica e alla conservazione della fede cattolica nel grande Paese asiatico, Giovanni Battista Li Suguang aggiunge: "La domanda fondamentale è come anche i vescovi cinesi vivono ed esprimono la propria fede in unione con il successore di Pietro e con tutta la Chiesa universale. Ecco, io credo che dall’inizio fino a ora la nostra Chiesa in Cina non abbia mai cambiato un solo iota della tradizione apostolica che le è stata consegnata. Non abbiamo cambiato una virgola della dottrina che riguarda la fede e la grande disciplina della Chiesa. Siamo uniti intorno agli stessi sacramenti, recitiamo le stesse preghiere, nella continuità della successione apostolica. Questa è la base della autentica comunione. Pur coi nostri limiti e con tutte le nostre mancanze e fragilità, noi facciamo parte, siamo del numero della Santa Chiesa universale, condividiamo con tutti i nostri fratelli in ogni parte del mondo la fedeltà alla stessa tradizione apostolica. Non vogliamo cambiare niente". Infine, il vescovo respinge l’accusa che viene spesso rivolta agli esponenti dell’episcopato più dialoganti con il governo comunista, quella di voler costituire una Chiesa autocefala, nazionale, staccata da Roma. "Questo è il pensiero di altri. Sono opinioni di altri, non le nostre. Nessuna Chiesa è autosufficiente, nessuna Chiesa può vivere senza il dono dello Spirito di Cristo. Lo ripeto, adesso in Cina nessun prete e nessun vescovo ha intenzione di cambiare la dottrina della Chiesa. Anche in Cina, l’amore di Cristo si manifesta come accoglienza e comprensione. Nel mondo di oggi, nonostante i processi della globalizzazione, ci sono ancora tante differenze. Ad esempio, tra Cina ed Europa è difficile comprendersi. Occorre trovare punti di contatto, e il dialogo, giorno dopo giorno, è l’unica via per avvicinare mondi così diversi. Così spero che anche la Chiesa universale accolga e riconosca la Chiesa di Cina per quello che realmente è. Senza isolarla e maltrattarla, affinché cresca la comunione come segno dell’amore di Cristo. Come vescovo, spero solo che lo spirito dell’amore di Cristo si diffonda e rifulga anche in tutta la Cina".
Andrea Tornielli, Vatican Insider