Arcivescovo prefetto della Congregrazione per la Dottrina della Fede
Con il prologo sui “racconti dell’infanzia”, Joseph Ratzinger-Benedetto XVI completa la sua trilogia su Gesù di Nazaret, che la Chiesa professa come unico mediatore fra Dio e gli uomini (cfr. 1 Timoteo, 2, 5). Il primo volume tratta del cammino di Gesù "dal Battesimo alla trasfigurazione", mentre il secondo conduce il lettore dall’"ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione". Vale certamente la pena studiare questa straordinaria opera di circa novecento pagine. Chiunque desideri sapere cosa si può aspettare da Dio e qual è la situazione dell’uomo, deve passare per Gesù di Nazaret. Gesù, infatti, non è una qualunque delle figure determinanti della storia dell’umanità, bensì il solo uomo che è la misura per tutti. Per mezzo di lui, Dio è venuto da noi, in lui ci ha accettati e ha rivelato a ogni essere umano la sua vocazione più alta. È l’unico nome sotto il cielo per mezzo del quale verremo salvati (cfr. Atti degli apostoli, 4, 12). Per questo la Chiesa crede che in Cristo sono dati "la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana" ("Gaudium et spes", n. 10). Composta da tre parti, l’opera non è redatta secondo un ordine cronologico, poiché i vangeli non vogliono essere una biografia nel senso di genere letterario. Quale testimonianza della Chiesa, essi rivelano il significato salvifico di Cristo, che è stato mandato dal Padre e la cui vita sfocia nella morte e nella risurrezione. Pertanto, i due volumi sulla vita pubblica di Gesù e sulla passione e la risurrezione costituiscono la parte più consistente della trilogia. Anche se l’ultimo volume pubblicato, sui racconti dell’infanzia di Gesù in Matteo e in Luca, è molto più breve, ciò non sminuisce l’importanza dei primi due capitoli dei suddetti vangeli. I racconti dell’infanzia non si dilungano in bei ricordi dei primi anni di vita di una persona che da adulta finisce al centro dell’attenzione. Sono invece intimamente intrecciati con il Vangelo di "Gesù Cristo, figlio di Dio" (Marco, 1, 1) per formare un’unità. Soprattutto, anche dal punto di vista letterario, rappresentano il passaggio dall’Antico al Nuovo Testamento. Costituiscono un importante cardine tra le due parti della Scrittura e mostrano così l’unità della storia della salvezza. L’universo semantico del racconto dell’annunciazione nasce dalla fede del popolo di Dio, così come viene testimoniata dall’Antico Testamento, incompatibile con qualsiasi genere di mitologia antica e moderna. Anche se nei due Vangeli non tutti i dettagli storici corrispondono e la presentazione delle diverse scene segue la concezione teologica del singolo evangelista, non c’è però alcun dubbio sulla credibilità storica dei racconti dell’infanzia. Il loro centro storico-teologico è il concepimento di Gesù per opera dello Spirito Santo e la sua nascita dalla Vergine Maria, sine virili semine. Si viene così condotti, in modo ben ponderato e chiaramente formulato dal punto di vista intellettuale, verso il mistero della persona di colui che è "luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele" (Luca, 2, 32). È così che si esprime Simeone nella presentazione del Signore nel Tempio. La peculiarità letteraria e teologica dei Vangeli corrisponde all’unicità di Gesù, che è giunta fino a noi attraverso la testimonianza dei discepoli e della Chiesa primitiva dopo la Pasqua e la Pentecoste. Maria, sua madre, e altri familiari sono collegati alla vita pubblica di Gesù e testimoniati anche dalla Chiesa dei primordi. È per questo che la loro testimonianza della vita nascosta di Gesù, nei primi trent’anni della sua vita, rientra nella tradizione su Gesù e costituisce parte integrante della professione di Cristo da parte della Chiesa. Non è una costruzione letteraria basata su un’idea teologica soggettiva a collegare i racconti dell’infanzia con la narrazione della vita pubblica di Gesù e con la testimonianza della passione e della risurrezione. Piuttosto, è il Dio uno e trino a rivelarsi, nella fede della Chiesa, come autore della Sacra Scrittura nell’Antico e nel Nuovo Testamento, nell’unica storia della salvezza. Sarebbe in contraddizione con la peculiarità letteraria dei vangeli, quale testimonianza della persona e della missione di Gesù, se si volesse portare alla luce un nucleo storico e lasciare tutto il resto a un’interpretazione esistenziale libera. Alla luce della fede, i racconti dell’infanzia di Gesù formano una parte costitutiva del Vangelo di Cristo. Il Bambino, che per opera dello Spirito Santo nasce dalla Vergine Maria, salverà il popolo dai suoi peccati (cfr. Matteo, 1, 21). La grande gioia, della quale deve essere reso partecipe tutto il popolo, si fonda sul messaggio dell’angelo ai pastori: "Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore", che è messia, il Signore (Luca, 2, 11). Nei racconti dell’infanzia è possibile riconoscere accenni di diversi generi letterari. Ma ciò non limita la loro volontà di espressione storico-teologica. In quanto Vangelo, sono professione di Cristo, Figlio di Dio, che edificherà per tutti il regno di Dio. Così, nel primo capitolo il Papa inizia dalla domanda circa l’origine di Gesù quale domanda circa l’essere e la missione, a partire dalla spiegazione di due genealogie. Prosegue poi, nel secondo capitolo, con l’esposizione dell’annuncio della nascita del Battista e di Gesù, per trattare poi nel terzo capitolo la nascita del Signore a Betlemme e la sua presentazione nel Tempio. Nel quarto capitolo il Papa si dedica alle narrazioni sui magi d’oriente e sulla fuga in Egitto della sacra famiglia. In un epilogo viene spiegato il racconto di Gesù, dodicenne, nel Tempio, che riveste una grandissima importanza dal punto di vista cristologico. Qui, per la prima volta, Gesù stesso prende la parola, rivelando la propria discendenza trascendente da Dio. Nel Tempio egli si trova nella casa del «Padre mio». Nel tempio del suo corpo ora Dio è per sempre in mezzo a noi nella sua gloria, nella sua misericordia e nel suo amore. Per riconquistare l’unità intima della dogmatica e dell’esegesi, occorre superare la contrapposizione dualistica del razionalismo e dell’empirismo nella filosofia moderna. La ragione dell’uomo, nella sua esistenza fisico-mentale, ha sempre un orientamento empirico-storico, e allo stesso tempo supera sempre ciò che può essere constatato in modo solo positivistico. Anche il mondo concreto viene reso accessibile dal punto di vista linguistico e intellettuale, per cui l’uomo è sempre ed essenzialmente aperto alla ragione trascendente di ogni realtà. Dio gli si può rivelare nel mondo e nella storia. L’incarnazione del Verbo e il concepimento di Gesù come uomo, per opera dello Spirito Santo, non è un mito e nemmeno una rarità biologica, bensì una verità storica. Infatti, diversamente dalla gnosi, con il suo aspro dualismo tra spirito e materia, il creatore del cielo e della terra nella sua azione salvifica abbraccia ogni dimensione del creato. Chi crede che Dio ha il potere sulla materia, comprende anche la ragionevolezza della fede nell’incarnazione del Verbo nella Vergine Maria, nella risurrezione del corpo del Signore e nella transustanziazione del pane e del vino nella carne e nel sangue di Cristo nel sacramento dell’altare. Quando qualche scettico mi domanda se davvero credo che il Figlio unigenito di Dio sia stato concepito per opera dello Spirito Santo e nato dalla Vergine Maria senza il contributo di un uomo, allora rispondo con convinzione e senza esitare: sì, perché credo in Dio, per il quale nulla è impossibile. Il creato non sfugge dalla mano di Dio. Il Verbo eterno può farsi carne in una vergine. Ragionevoli sono la fede in Dio e l’illimitatezza delle sue possibilità d’azione. Sarebbe invece contrario alla ragione limitare il piano salvifico e l’azione di Dio nella storia a ciò che l’uomo considera possibile. Il motivo più profondo di chi rifiuta il fatto che Cristo sia nato dalla Vergine Maria è di natura filosofico-dualistica e gnostica contraria alla materia, ed è radicato nella paura che Dio potrebbe avvicinarsi troppo all’uomo. Dalla fede, invece, nasce la gioia per il fatto che Dio ha guardato all’umiltà della sua ancella. Laddove si riconosce l’amore di Dio, non ci sono più paure e timori, perché siamo chiamati, e siamo, figli e figlie di Dio. Il messaggio dei vangeli non si esaurisce però nel dibattito sul tema moderno di fede e ragione. La sua importanza attuale emerge pienamente nel rapporto tra l’azione di Dio e la risposta umana. La grazia di Dio agisce in modo tale da rivolgersi alla libertà dell’uomo e portarla a compimento. Proprio nella libera accettazione della Vergine Maria si rivela che lo Spirito di Dio è sempre uno Spirito di libertà e di amore. In Maria, madre dei credenti, l’uomo viene elevato e reso libero. I racconti dell’infanzia si mostrano in tutta la loro modernità laddove si tratta della grazia che conduce l’uomo alla sua piena libertà. Quando Maria dà all’angelo la risposta della sua vita «avvenga di me quello che hai detto», per ogni uomo diventa evidente che è chiamato alla «libertà e alla gloria dei figli di Dio». Scrive il Papa: "È il momento dell’obbedienza libera, umile e insieme magnanima, nella quale si realizza la decisione più elevata della libertà umana. Maria diventa madre mediante il suo 'sì'" (p. 47). Nella premessa l’autore definisce il suo libro sui racconti dell’infanzia "una specie di piccola 'sala d’ingresso' ai due precedenti volumi sulla figura e sul messaggio di Gesù di Nazaret". Nella piena consapevolezza dei problemi teologici e storici che si pongono quando si studia la Sacra Scrittura, "la domanda circa il rapporto del passato con il presente fa immancabilmente parte della stessa interpretazione". Poiché, secondo la nostra fede, è Dio l’autore della testimonianza della sua azione salvifica, per mezzo di Gesù Cristo e nello Spirito Santo, in ultima analisi l’esegesi scientifica non serve ciò che è stato un tempo, ma colui che è il Verbo, che si è fatto uomo e ha dimorato in mezzo a noi. Attraverso il suo nuovo libro, il Papa desidera mostrarci che cosa significa che Gesù è l’Emmanuele, Dio con noi (cfr. Matteo, 1, 23).
L'Osservatore Romano