lunedì 23 febbraio 2009

Il Papa in Terra Santa. In Giordania incontrerà i vescovi iracheni. Un gruppo di cristiani palestinesi gli chiede di cancellare il viaggio

Il Papa incontrerà i vescovi iracheni in Giordania, nel corso della suo viaggio in Terra Santa a maggio. "Come vescovi abbiamo ricevuto un invito ad andare in Giordania dalla Chiesa locale", ha riferito il vescovo latino di Baghdad, mons. Jean-Benjamin Sleiman, a margine di un incontro organizzato a Roma dalla comunità di Sant'Egidio. "Penso che ci sarà un incontro".
Un gruppo di cristiani palestinesi ha scritto a Benedetto XVI, chiedendogl di cancellare il viaggio in Terra Santa programmato per maggio, e che dovrebbe includere oltre a Israele, la Giordania e la West Bank. I rappresentanti di 40 comunità cristiane hanno scritto al Papa che il suo viaggio "aiuterebbe a migliorare l'immagine di Israele e involontariamente minimizzerebbe la sofferenza palestinese sotto l'occupazione israeliana". Il gruppo ha comunque chiesto al Papa, se dovesse confermare il viaggio, di collegare la tappa in Israele a una serie di misure fra cui il miglioramento delle condizioni di accesso ai luoghi di culto, e il blocco della tassazione alle proprietà della Chiesa. I cristiani della West Bank, come i musulmani, hanno bisogno di permessi speciali per raggiungere Gerusalemme e i luoghi santi. Benedetto XVI però è estremamente deciso. Tanto che ha superato tutte le obiezioni - numerose - presentate dai diplomatici in talare relative al viaggio; una lunga lista, che aveva però sull'altro piatto praticamente solo il desiderio di Benedetto XVI di compiere il viaggio.

Dove comincia il sentirsi 'superiore' e dove lo 'spaccare la Chiesa' nella 'lectio divinis' del Papa ai seminaristi romani

di LDCaterina63

Dei tanti commenti che ho letto alle parole del Papa, magistralmente pronunciate a braccio e che ho seguito in diretta internet, mi duole constatare che ognuno ha cercato di tirare l'acqua al proprio mulino, ossia, le varie riflessioni hanno cercato di tendere allo spirito di chi le ha fatte sue traendone spunti che seppur encomiabili, sono praticamente tutti mancanti di un finale al discorso del Pontefice.
Tutti i vari commenti che ho letto restano fermi alla frase del Papa: “non pensare di essere superiori all'altro, ma trovarci nell'umiltà di Cristo, trovarci nell'umiltà della Madonna, entrare nell'obbedienza della fede. Proprio così si apre realmente anche a noi il grande spazio della verità e della libertà nell'amore”.
C'è chi ha usato queste parole per giudicare il comportamento di certi vescovi, e chi gli ha attribuito una sorte di rimprovero ai laici che in rete sono impegnati nella diffusione della Verità a riguardo del Magistero Pontificio, accusando questi di quel "sentirsi superiori". Ma nessun ha fatto un "mea culpa" per chiedersi: dove comincia questo sentirsi "superiore" e dove inizia quel "spaccare la Chiesa" nel suo Magistero Pontificio?
In verità il discorso del Papa non va dissociato da nessun rigo del testo pronunciato a braccio e dunque ispirato, egli inizia il discorso della libertà guarda caso citando il comportamento di Lutero, il quale era antigerarchico.
Dice il Papa: "la libertà in tutti i tempi è stata il grande sogno dell’umanità, sin dagli inizi, ma particolarmente nell’epoca moderna. Sappiamo che Lutero si è ispirato a questo testo della Lettera ai Galati e la conclusione è stata che la Regola monastica, la gerarchia, il magistero gli apparvero come un giogo di schiavitù da cui bisognava liberarsi".
Nel momento dunque, in cui il Papa sottolinea che “non pensare di essere superiori all'altro, ma trovarci nell'umiltà di Cristo, trovarci nell'umiltà della Madonna, entrare nell'obbedienza della fede. Proprio così si apre realmente anche a noi il grande spazio della verità e della libertà nell'amore”, esso non va dissociato da quella disobbedienza e dalla disaffezione alla gerarchia, alla disobbedienza al Magistero Pontificio-Ecclesiale.
Liberarsi da quel "giogo" che è l'obbedienza, fa scaturire in noi l'atteggiamento di un Lutero che infatti condusse alla divisione. Da qui il discorso del Papa sul senso vero del termine libertà, che cosa essa non è, e cosa vuol dire sentirsi creature, bisognose pertanto del Creatore e dei Superiori stessi quando, in Comunione con la Chiesa, ci aiutano a fare ciò che dobbiamo fare.

Benedetto XVI: il Medio Oriente diventi terra di dialogo tra i credenti di ogni religione. Dialogo più fraterno dove i cristiani sono minoritari

Benedetto XVI auspica che il Medio Oriente diventi "una terra di dialogo e di fraterna collaborazione, di rispetto reciproco e di pace, grazie all'apporto responsabile di tutti i credenti che vi abitano". La speranza del Papa è stata espressa dal card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato, in una lettera inviata ai partecipanti al colloquio di studio e riflessione sul tema "Il valore delle Chiese in Medio Oriente. Cristiani e musulmani ne discutono insieme" promosso dalla Comunità di Sant'Egidio e svoltosi oggi a Roma. Si tratta di un tema - scrive il porporato - "di chiara rilevanza sociale e religiosa". L'incontro - aggiunge - "costituisce un ulteriore passo nel paziente e proficuo itinerario del dialogo tra cristiani e musulmani su argomenti di reciproco interesse". Esso infatti "tende ad affrontare il nodo cruciale della presenza di comunità cristiane in regioni a marcata prevalenza islamica". Obiettivo del convegno, a detta del cardinale, è "quello di porre in luce, grazie anche al coinvolgimento di autorevoli rappresentanti del mondo islamico, come la presenza dei cristiani in Medio Oriente rappresenti una vera ricchezza per l'intera società e una significativa garanzia di sviluppo sociale, culturale e religioso". Nella lettera il segretario di Stato vaticano esprime agli organizzatori e ai partecipanti i sentimenti di stima e di amicizia del Papa, il quale - assicura - "invoca sull'importante riunione la benedizione divina, ed auspica vivamente che in essa emergano elementi utili a rendere sempre più fraterno il dialogo fra cristiani e musulmani, specialmente nelle regioni dove le comunità cristiane sono minoritarie".

Il cordoglio del Papa per la morte del card. Pham Dình Tung: pastore coraggioso e fedele

Un pastore eminente che ha servito con grande coraggio e fedele generosità la Chiesa e la Sede di Pietro in circostanze difficili, impegnandosi senza risparmiarsi per l’annuncio del Vangelo: Benedetto XVI ricorda così la figura del cardinale Paul Joseph Pham Dình Tung (foto), arcivescovo emerito di Ha Nôi in Vietnam spentosi ieri mattina all’età di 90 anni. In un telegramma indirizzato all’arcivescovo di Ha Nôi, Joseph Ngô Quang Kiêt, il Santo Padre esprime il suo cordoglio per la morte del porporato e si unisce a tutta la comunità cattolica vietnamita in questo momento di dolore. Quindi, assicura le sue preghiere ai famigliari del cardinale Pham Dình Tung e vicinanza a tutti i fedeli dell’arcidiocesi vietnamita di Ha Nôi. Con la morte di Pham Dinh Tung il collegio cardinalizio scende a 187 porpore, 115 elettori in Conclave e 72 ultraottantenni.

Papa Benedetto nomina mons. Dolan arcivescovo di New York, diocesi-vetrina del cattolicesimo degli Stati Uniti

Papa Benedetto XVI ha proceduto alla nomina del nuovo arcivescovo di New York. Si tratta di mons. Timothy Dolan (foto), attualmente alla guida della diocesi di Milwaukee. Dolan, nato nel 1950, è stato in precedenza rettore del prestigioso Collegio Nord Americano di Roma, e prende il posto del card. Edward Egan, che ha dovuto lasciare l’incarico per via dell’età. È un avvicendamento che riveste una notevole importanza perché New York è la sede che gode di maggior autorevolezza di tutti gli Stati Uniti, la vetrina del cattolicesimo del Paese. L'arcidiocesi di New York conta oltre 2 milioni e mezzo di cattolici su 5 milioni e 600 mila abitanti. Le parrocchie sono 409, i sacerdoti più di 1700, tra diocesani e regolari, oltre 370 i diaconi permanenti, circa 4.400 i religiosi. A New York è ancora vivo il ricordo della visita che Benedetto XVI ha compiuto in questa città nell’aprile dell’anno scorso: in particolare resta impressa nei cuori la commovente preghiera del Papa a Ground Zero, e poi lo storico discorso al Palazzo di Vetro dell’ONU sulla necessità che i diritti umani non siano indeboliti da concezioni relativistiche, l’omelia sulla cultura della vita durante la Messa nella Cattedrale di St. Patrick, l’invito ai giovani a radicare la libertà nella verità e l’abbraccio con i bambini disabili con l’esortazione a vedere la vita come Dio la vede: e ancora la Messa allo Yankee Stadium con l’incoraggiamento alla Chiesa americana a non perdere la fiducia nonostante scandali e avversità e infine il fraterno incontro con la comunità ebraica americana nella Sinagoga di Park East. Egan abbandona l’incarico dopo nove anni la guida della città. Ritenuto un valido amministratore e un equilibrato pastore di anime, aveva visto calare il proprio carisma durante la crisi dei preti pedofili, quando gli era stata mossa l’accusa di non aver avuto un atteggiamento più deciso. Aveva in seguito riportato in alto la propria immagine per via del successo del viaggio apostolico del Papa negli Stati Uniti.