lunedì 6 luglio 2009

Domani l'incontro tra Benedetto XVI e il premier giapponese. Taro Aso: attendo con gioia la visita che rafforzerà le relazioni con la Santa Sede

Taro Aso (foto), il primo premier nipponico di fede cattolica nella storia del Sol Levante, guarda con attesa all'incontro con Benedetto XVI del 7 luglio, nell'ambito degli incontri bilaterali programmati a margine del summit G8 dell'Aquila. "Mi recherò in Vaticano - ha spiegato Aso in unintervista all'Ansa - al fine di rafforzare le relazioni tra il Giappone e la Città del Vaticano. Come cattolico, attendo con gioia la mia visita, essa rappresenterà la prima da parte di un premier giapponese in 10 anni da quando l'allora primo ministro Obuchi vi si recò nel 1999". Aso, 68 anni, è l'esponente di una famiglia di politici con un lungo e blasonato passato (suo nonno Shigeru Yoshida è stato il più prestigioso premier liberaldemocratico dell'immediato dopoguerra) nonché di ferventi cattolici, come sua madre Kazuko.

Il Sussidiario.net

Messaggio del Papa per la Giornata Missionaria Mondiale: dobbiamo sentire l'ansia e la passione di illuminare tutti i popoli con la luce di Cristo

“Scopo della missione della Chiesa è di illuminare con la luce del Vangelo tutti i popoli nel loro cammino storico verso Dio, perché in Lui abbiano la loro piena realizzazione ed il loro compimento. Dobbiamo sentire l'ansia e la passione di illuminare tutti i popoli, con la luce di Cristo, che risplende sul volto della Chiesa, perché tutti si raccolgano nell'unica famiglia umana, sotto la paternità amorevole di Dio”. Rivolgendosi ai “Fratelli nel ministero episcopale e sacerdotale” e ai “fratelli e sorelle dell'intero Popolo di Dio”, nel suo Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2009, che si celebrerà domenica 18 ottobre, il Santo Padre Benedetto XVI esorta “a ravvivare in sé la consapevolezza del mandato missionario di Cristo di fare ‘discepoli tutti i popoli’, sulle orme di san Paolo, l'Apostolo delle Genti”. Nel Messaggio, intitolato "Le nazioni cammineranno alla sua luce" (Ap 21, 24), il Santo Padre ribadisce ancora una volta che “la Chiesa non agisce per estendere il suo potere o affermare il suo dominio, ma per portare a tutti Cristo, salvezza del mondo” in quanto “l'impegno di annunziare il Vangelo agli uomini del nostro tempo... è senza alcun dubbio un servizio reso non solo alla comunità cristiana, ma anche a tutta l'umanità”. Infatti la dispersione, la molteplicità, il conflitto, l'inimicizia, che contraddistinguono l’umanità, “saranno rappacificate e riconciliate mediante il sangue della Croce, e ricondotte all'unità. L'inizio nuovo è già cominciato con la risurrezione e l'esaltazione di Cristo, che attrae tutte le cose a sé, le rinnova, le rende partecipi dell'eterna gioia di Dio”. Già oggi, nelle contraddizioni e nelle sofferenze del mondo contemporaneo, si accendono le luci della speranza di una vita nuova, pertanto il Pontefice sottolinea che “la missione della Chiesa è quella di ‘contagiare’ di speranza tutti i popoli” e “Cristo chiama, giustifica, santifica e invia i suoi discepoli ad annunciare il Regno di Dio, perché tutte le nazioni diventino Popolo di Dio… La missione universale deve divenire una costante fondamentale della vita della Chiesa. Annunciare il Vangelo deve essere per noi, come già per l'apostolo Paolo, impegno impreteribile e primario”.Il Santo Padre ricorda poi che la Chiesa universale “si sente responsabile dell'annuncio del Vangelo di fronte a popoli interi” e “deve continuare il servizio di Cristo al mondo”, in quanto la sua missione non è “a misura dei bisogni materiali o anche spirituali che si esauriscono nel quadro dell'esistenza temporale, ma di una salvezza trascendente, che si attua nel Regno di Dio”. “La Chiesa mira a trasformare il mondo con la proclamazione del Vangelo dell'amore” ribadisce ancora il Papa, chiamando a partecipare a questa missione tutti i membri e le istituzioni della Chiesa. Soffermandosi in particolare sulla Missione ad gentes, Benedetto XVI sottolinea la necessità di “rinnovare l'impegno di annunciare il Vangelo, che è fermento di libertà e di progresso, di fraternità, di unità e di pace”, impegno particolarmente urgente considerando “i vasti e profondi mutamenti della società attuale”. “Animati e ispirati dall'Apostolo delle genti, dobbiamo essere coscienti che Dio ha un popolo numeroso in tutte le città percorse anche dagli apostoli di oggi… La Chiesa intera deve impegnarsi nella missio ad gentes, fino a che la sovranità salvifica di Cristo non sia pienamente realizzata”.La Giornata dedicata alle missioni è anche occasione per ricordare le Chiese locali e i missionari e le missionarie “che si trovano a testimoniare e diffondere il Regno di Dio in situazioni di persecuzione, con forme di oppressione che vanno dalla discriminazione sociale fino al carcere, alla tortura e alla morte. Non sono pochi quelli che attualmente sono messi a morte a causa del suo ‘Nome’… La partecipazione alla missione di Cristo, infatti, contrassegna anche il vivere degli annunciatori del Vangelo, cui è riservato lo stesso destino del loro Maestro”. Quindi il Pontefice ricorda alle Chiese antiche come a quelle di recente fondazione, che sono “chiamate a diffondere Cristo, Luce delle genti, fino agli estremi confini della terra”, pertanto “la missio ad gentes deve costituire la priorità dei loro piani pastorali”. Ringraziando e incoraggiando le Pontificie Opere Missionarie “per l'indispensabile lavoro che assicurano di animazione, formazione missionaria e aiuto economico alle giovani Chiese”, il Pontefice ricorda che “attraverso queste Istituzioni pontificie si realizza in maniera mirabile la comunione tra le Chiese, con lo scambio di doni, nella sollecitudine vicendevole e nella comune progettualità missionaria”.Nella conclusione il Papa riafferma che “l'evangelizzazione è opera dello Spirito” perciò chiede a tutti i cattolici “di pregare lo Spirito Santo perché accresca nella Chiesa la passione per la missione di diffondere il Regno di Dio e di sostenere i missionari, le missionarie e le comunità cristiane impegnate in prima linea in questa missione, talvolta in ambienti ostili di persecuzione. Invito, allo stesso tempo, tutti a dare un segno credibile di comunione tra le Chiese, con un aiuto economico, specialmente nella fase di crisi che sta attraversando l'umanità, per mettere le giovani Chiese locali in condizione di illuminare le genti con il Vangelo della carità”.

In rosso il bilancio 2008 della Santa Sede. Deficit ridotto a un milione, tiene l'Obolo di San Pietro nonostante la crisi economica

Il Vaticano ha reso pubblici i risultati del suo bilancio consolidato, elaborato dalla Santa Sede per mezzo del Consiglio per gli affari economici, riunitosi nei giorni scorsi sotto la presidenza del Segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone. Il "buco" di 9 milioni di euro che si era aperto nelle casse vaticane nel 2007, dopo tre anni consecutivi di utili, è stato ridotto a un solo milione. Le entrate totali sono state pari a 254 milioni, investiti in buona consistente - afferma il comunicato ufficiale - nella informazione e comunicazione, in particolare della Radio Vaticana, che porta il messaggio cattolico in tutto il mondo, con trasmissioni in ben 38 lingue. Il deficit è stato ridotto grazie a una più accorta politica di investimenti, che nel 2007 aveva risentito in particolare del basso livello del dollaro. Gli Stati Uniti si sono confermati il Paese più generoso nel sostenere l'attività vaticana, seguito da Italia e Germania. Risulta tuttavia in calo il cosiddetto "Obolo di San Pietro", ovvero l'insieme delle offerte che pervengono al Papa dal mondo cattolico, sia attraverso le diocesi che direttamente dai fedeli. Nel 2008 il suo ammontare è risultato pari a 75,7milioni di dollari, pari a circa 54,5 milioni di euro. Nel 2007 "l'Obolo" era risultato di 80 milioni e l'anno prima - successivo alla scomparsa dell'amatissimo Giovanni Paolo II - addirittura di 102 milioni di dollari. Il riepilogo delle entrate e uscite vaticane consente di conoscere esattamente anche quante persone dipendono direttamente dai palazzi di Oltretevere: in tutto si tratta di 1.894 persone, di cui 31 religiosi, 28 religiose, 1.558 laici e 277 laiche. La voce che preoccupa di più i contabili vaticani è quella relativa alle spese del Governatorato, l'organismo da cui dipende la gestione delle strutture presenti sul territorio dello Stato più piccolo del mondo, le quali comprendono ad esempio i Musei e la Posta vaticana. Il Governatorato ha chiuso il 2008 accusando un disavanzo di 15 milioni. Colpa della crisi, che non risparmia neppure la casa del Papa.

Dell'Economia.it

COMUNICATO DEL CONSIGLIO DI CARDINALI PER LO STUDIO DEI PROBLEMI ORGANIZZATIVI ED ECONOMICI DELLA SANTA SEDE

Il Papa all'inviato di Haiti: il mondo aiuti l’isola colpita da gravi catastrofi naturali. No allo sfruttamento sconsiderato della terra

Sostenere il popolo haitiano, messo a dura prova negli ultimi mesi da catastrofi naturali: il richiamo del Papa alla comunità internazionale nel discorso all’inviato straordinario e plenipotenziario di Haiti, Carl-Henri Guiteau, che stamane ha presentato le sue lettere credenziali in Vaticano, dove ha già svolto il medesimo incarico dal 2002 al 2004. Anzitutto l’auspicio rivolto a tutti gli haitiani “di poter vivere nella dignità e nella sicurezza e di costituire una società sempre più giusta e più fraterna”. Benedetto XVI ha poi menzionato il prossimo 150° anniversario del Concordato - il più antico in America - tra la Santa Sede e il piccolo Stato caraibico, che ha prodotto “numerosi frutti” - ha sottolineato il Papa - per la Chiesa e per questo Paese, dove “la comunità cattolica ha sempre goduto della stima delle autorità e delle popolazione”. Il Papa ha ricordato quindi, con pena, le recenti “catastrofi naturali che hanno provocato gravi danni” su tutto il territorio haitiano e le “distruzioni causate dagli uragani” all’agricoltura, aggravando “la situazione già difficile di tante famiglie”, che “nel corso degli ultimi anni” hanno visto emigrare molti dei loro cari per cercare all’estero risorse per farle vivere. Da qui, il richiamo di Benedetto XVI alla comunità internazionale - perché sostenga concretamente le “persone che sono nel bisogno” - e l’auspicio che “malgrado le situazioni amministrative talvolta problematiche siano trovate soluzioni rapide per permettere a queste famiglie di vivere riunite. Del resto - ha osservato il Papa - proprio “la vulnerabilità di Haiti alle intemperie, talvolta violente, che la colpiscono regolarmente ha portato ad una migliore presa di coscienza della necessità di prendersi cura della creato”. “La protezione dell’ambiente è una sfida per tutti - ha sostenuto il Papa - perché si tratta di difendere e di valorizzare un bene collettivo, destinato a ciascuno”. Per cui, “lo sfruttamento sconsiderato” delle risorse dell’ambiente e “le sue conseguenze, che più sovente affliggono gravemente la vita dei più poveri, non potrà essere affrontata efficacemente - ha sostenuto Benedetto XVI - che grazie a delle scelte politiche ed economiche conformi alla dignità umana ed anche ad un cooperazione internazionale effettiva. Non ha mancato il Papa di rimarcare i “segni di speranza” che non mancano ad Haiti, fondati sui valori umani e cristiani “come il rispetto della vita, l’attaccamento alla famiglia, il senso di responsabilità e soprattutto la fede in Dio – ha ricordato - che non abbandona mai chi confida in Lui”. Una raccomandazione infine particolare al Governo di Haiti perché oltre ad aiutare i più bisognosi, assicuri “una protezione efficace alle donne e ai bambini che sono soprattutto vittime di violenze, d’abbandono o ingiustizia”.

Il Papa incontra Barack Obama. Primo faccia a faccia tra Benedetto XVI e il presidente degli Stati Uniti alla ricerca di un terreno comune

Non sarà come per Bush, quando Benedetto XVI nel giugno 2008 ricevette il presidente uscente degli Stati Uniti non già nella sua biblioteca ma nei giardini vaticani, con uno strappo al protocollo che lasciò perplessi molti monsignori di Curia e sigillò un'intesa politica e personale tra i due uomini, ma anche per Barack Obama (foto), che incontrerà per la prima volta il 10 luglio, Papa Ratzinger farà un'eccezione alla regola. In Italia per partecipare al G8 de L'Aquila, il presidente Usa verrà infatti ricevuto dal Pontefice non, come è abitudine, di mattina, ma nel pomeriggio. Caso più unico che raro che testimonia - nel linguaggio dell'etichetta diplomatica - l'eccezionalità dell'ospite e l'importanza che si attribuisce all'evento nei Sacri Palazzi. I motivi di interesse reciproco non mancano. La Casa Bianca è consapevole della leadership del Papa sui cattolici di tutto il mondo e, più specificamente, su quelli degli Stati Uniti, che rappresentano il 22 per cento della popolazione statunitense (68,1 milioni) e occupano, ormai, posti di grande influenza nell'establishment d'Oltreatlantico: sono cattolici, ad esempio, sei giudici su nove della Corte suprema. Il Palazzo Apostolico, da parte sua, sa di avere, nel mondo, una forza morale che non può fare a meno di confrontarsi con la maggiore potenza economica e militare del globo. Lo si è visto con lo scontro sulla guerra in Iraq, quando le denunce di Giovanni Paolo II ne fecero il capofila dell'opposizione internazionale all'intervento americano ma non spostarono di un centimetro i piani di George W. Bush. Benedetto XVI ha lasciato quegli screzi alle spalle, continuando ad intervenire presso il presidente Usa per caldeggiare la protezione dei cristiani iracheni, ma trovando nel 'new born in Christ' (rinato grazie alla fede cristiana) Bush un alleato sicuro per le battaglie a lui care sull'aborto, l'eutanasia, la ricerca sulle cellule staminali embrionali, la difesa della famiglia tradizionale fondata sul matrimonio. Tutti temi sui quali Obama ha idee ben diverse dal suo predecessore. I vescovi cattolici degli Stati Uniti, e, ancor di più, gli ambienti 'pro life' americani non hanno mancato di sottolinearlo. L'ok alla ricerca statale sulle staminali embrionali (ma non alla creazione di nuovi embrioni), la posizione 'pro choiche' sull'aborto (non disgiunta, in realtà, dal sostegno alla maternità), hanno rappresentato altrettanti motivi di allarme per l'episcopato Usa. Il quale, pure, ha dovuto fare i conti con le statistiche, che hanno mostrato che una maggioranza di elettori cattolici ha scelto Obama, a differenza di quanto accadde con Bush. Il malumore cattolico si è coagulato al momento in cui la cattolicissima università di Notre-Dame nell'Indiana ha insignito il presidente con una laurea 'honoris causa'. Potente il 'battage' dei 'pro life' per boicottare l'evento, che si è però concluso, salvo qualche diserzione e un po' di fischi, con applausi e apprezzamenti diffusi per il discorso di Obama. Sull'immigrazione e sulla sanità pubblica, sulla politica estera e sulla crisi economica, ad ogni modo, l'inquilino afro-americano della Casa Bianca ha suscitato a più riprese l'apprezzamento di vescovi, preti, religiosi, fedeli e associazioni di volontariato. Una valutazione positiva che è stata condivisa, al di qua dell'oceano, da L'Osservatore Romano. Il giornale del Papa ha espresso più volte apprezzamento per Obama sulle varie politiche intraprese, dedicando poca attenzione alla polemica che montava attorno alla visita a Notre-Dame. Anche sulle questioni etiche ha rilevato che "Obama non sembra avere confermato le radicali novità che aveva ventilato". Quanto all'aborto, più specificamente, "la strada scelta dal presidente degli Stati Uniti", secondo il foglio vaticano, è "la ricerca di un terreno comune". Una buona disposizione nei confronti di Obama che ha irritato guru 'teocon' come Michael Novak, George Weigel, Deal Hudson. E che ha indotto lo stesso quotidiano vaticano a puntualizzare, nella edizione del 5 giugno, che "la Santa Sede e L'Osservatore Romano sono stati, sono e saranno pienamente a fianco dei vescovi statunitensi nel loro impegno a favore dell'inviolabilità della vita umana in qualsiasi stadio della sua esistenza. Altre interpretazioni non hanno fondamento, tanto meno quelle che hanno voluto strumentalizzare gli articoli del giornale per fare apparire l'insegnamento dell'episcopato degli Stati Uniti sul male insito nell'aborto come un esercizio di politica settaria, che sarebbe in contrasto con una diversa strategia della Santa Sede. Il presidente Obama - precisava il giornale vaticano - si è mostrato disponibile al dialogo e i vescovi statunitensi hanno accolto positivamente questa possibilità. Ma nel fare ciò hanno ribadito, e con piena ragione, che nel dialogo nessun compromesso è mai possibile sulla fondamentale questione del diritto alla vita". Di certo, comunque, le parole di elogio del giornale del Papa non nascono dal nulla. Oltre il Portone di bronzo si attende di vedere Obama alla prova dei fatti sulle questioni di bioetica, ma viene accuratamente registrato ogni segnale dialogante. Come il discorso del presidente Usa al mondo musulmano, secondo cui "il realismo umile di Obama apre nuovi scenari anche a livello geopolitico", ha commentato il card. George Cottier, teologo pontificio emerito, la nomina di un teologo di origine cubana come ambasciatore presso la Santa Sede, Miguel H. Diaz. O l'intervista rilasciata da Obama ad un gruppo di testate cattoliche e religiose. Per l'Italia, era presente Avvenire. Su pace, immigrazione, lotta alla povertà e cambiamenti climatici Benedetto XVI "ha assunto una leadership straordinaria", ha spiegato Obama al quotidiano della CEI. L'aborto? "So che ci sono punti in cui il conflitto non è conciliabile", ha detto il presidente Usa, "la cosa migliore che possiamo fare è ribadire che esistono persone di buona volontà su entrambi i fronti e che si possono trovare elementi sui quali lavorare insieme". Alla ricerca di un terreno comune che interessa pure al Vaticano.

Apcom

'Caritas in veritate'. La lunga e travagliata gestazione della terza Enciclica del Papa che verrà presentata domani

Domani vede la luce ufficialmente la terza Enciclica di Benedetto XVI, la "Caritas in Veritate", dalla lunga e difficile gestazione. Sono state sette le stesure del documento nel corso del tempo; e l’ultima, quella a cui Papa Ratzinger ha apposto la sua firma, come da programma, il 29 giugno scorso, solennità dei santi Pietro e Paolo, è molto differente dalla prima versione. “Potrei scrivere un romanzo, su questa Enciclica”, ha confessato con un sorriso un po’ amaro uno dei primi padri. A presentarla alla stampa mondiale domani sarà il card. Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, e il segretario del Consiglio, mons. Crepaldi, che proprio nei giorni scorsi è stato nominato vescovo a Trieste. Ma molti sostengono che il testo non è più in realtà “figlio” del Pontificio Consiglio, a cui resta in pratica l’onore formale della firma. Della sostanza dell’Enciclica la battagliera istituzione vaticana è stata espropriata a piccoli passi nel corso dei mesi. In un primo tempo sull’Enciclica ha lavorato molto appunto il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Il Papa ha visto il testo, e lo ha inviato rapidamente alla Congregazione per la Dottrina della Fede, che ha esaminato il documento al pettine fitto, e lo ha rimandato al mittente con una lunga lista di correzioni, osservazioni e tagli. Ma non è mica finita lì. Benedetto XVI ha coinvolto alcuni suoi amici ed esperti tedeschi. Ritorno a Roma, e il card. Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha chiesto a Mario Toso, Rettore Magnifico dell’ateneo salesiano di Roma, specialista di Dottrina Sociale e, a quanto dicono, futuro segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, di occuparsene. Infine un’ultima tappa alla Congregazione per la Dottrina della fede, prima che, intorno al 20 giugno, l’editrice vaticana potesse mandarla in stampa. Con la “Caritas in Veritate” chiude il suo ciclo di governo anche il card. Martino, che sarà sostituito, sembra, da un africano, mons. Robert Sarah. Un’Enciclica che cerca di non far dimenticare al mondo più ricco che i poveri esistono.

Marco Tosatti, San Pietro e dintorni

Il 'SIR': investire su tutti gli uomini e le donne della Terra è l’invito al cuore del messaggio del Papa ai capi di Stato del G8

“Investire sull’uomo, su tutti gli uomini e le donne della Terra”: è l’invito al cuore del messaggio che Papa Benedetto XVI ha indirizzato alla presidenza italiana del G8, scrive il SIR in una nota. “C’è bisogno di nuove regole, c’è bisogno soprattutto di un nuovo, trasversale, diffuso consenso etico sul modo di governare un mondo e un sistema economico ormai interdipendenti. C’è al fondo la necessità, che il Papa ha ribadito, di ‘convertire il modello di sviluppo globale, rendendolo capace di promuovere, in maniera efficace, uno sviluppo umano integrale, ispirato ai valori della solidarietà umana e della carità nella verità’. Occorre inoltre avere prospettiva: non limitarsi al breve termine. Da questo punto di vista la questione ambientale mondiale è cruciale. Benedetto XVI non ha mancato di ricordare come qualche tempo fa sembrasse vicino l’obiettivo del millennio, ‘cioè di sconfiggere la povertà estrema entro il 2015’. La crisi mondiale ha allontanato questa prospettiva. Ma proprio qui c’è un forte appello all’investimento, ‘affinché l’aiuto allo sviluppo, soprattutto quello rivolto a ‘valorizzare’ la ‘risorsa umana’, sia mantenuto e potenziato, non solo nonostante la crisi, ma proprio perché di essa è una delle principali vie di soluzione’”. “Bisogna investire sull’uomo, su tutti gli uomini e le donne della Terra, esclama il Papa: tanto più perché ‘la misura dell’efficacia tecnica dei provvedimenti da adottare per uscire dalla crisi coincide con la misura della sua valenza etica’. Ecco allora - continua il Sir - le raccomandazioni pratiche: tutelare a promuovere l’occupazione, fare posto alle necessità delle famiglie, rendere equo il sistema commerciale internazionale ‘evitando la speculazione creditizia e garantendo un’ampia disponibilità internazionale di credito pubblico e privato al servizio della produzione e del lavoro, specialmente nei Paesi e nelle regioni più disagiati’. Parla, il Papa, sulla linea della dottrina sociale, di “comunità internazionale”, un sistema di responsabilità comuni in ordine alla ‘pace, la sicurezza mondiale, il disarmo, la salute, la salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturali per le generazioni presenti e future’. Sono parole impegnative con una prospettiva fiduciosa, su cui si può costruire consenso, perché il mondo oggi ha bisogno di più coesione e di più concretezza, proprio in linea con l’impostazione antica e nuova della dottrina sociale”.

Il Velino