martedì 3 marzo 2009

Il Papa in Campidoglio. Il sindaco Alemanno: Roma città solidale e aperta. Quello di Benedetto XVI un pontificato straordinario

La visita del Papa in Campidoglio, il prossimo 9 marzo, arriva in un momento delicato per la Capitale: “È più forte il bisogno di avere un’indicazione, una strada che aiuti a uscire dall’emergenza”, che a Roma è “sociale ed economica”, ma è anche “la ricerca di una strada utile alla grande sfida dell’integrazione”. Lo dice il sindaco, Gianni Alemanno (nella foto con Benedetto XVI, in una intervista al settimanale Famiglia Cristiana che sarà pubblicata nel numero in edicola la prossima settimana. ''La visita del Papa in Campidoglio è un evento che capita raramente. Solo due Papi prima di Benedetto XVI, dall' Unità d'Italia ad oggi, sono saliti sul Campidoglio. E' ovvio che noi cercheremo di dare il massimo risalto possibile al senso profondo di questo incontro, non solo per noi ma per tutta la citta' di Roma, che saluta il suo vescovo''. Spiega il primo cittadino: “Non è un caso che noi abbiamo intitolato questa visita ‘Roma città della vita, Roma città della solidarietà’. La vita nel senso più alto, e mi riferisco anche alle ultime vicende che hanno fatto discutere, ma lungi da noi immettere polemiche in questa visita. Parlo di confrontarsi con il valore della vita come premessa per affrontare quel grande tema che è l’integrazione. Rispettare la vita significa rispettare la vita dell’immigrato, ma anche l’immigrato deve, a sua volta, rispettare questi stessi valori. L’immigrato non deve confondere questo nostro rispetto come un cedimento a culture che non hanno questa visione di rispetto della persona umana. Pensiamo alle violenze sessuali che si legano a culture di sopraffazione della donna, pensiamo agli atteggiamenti fondamentalisti”. “Quale città ‘dipingerà’ al Papa? Una Capitale più austera, meno allegra di prima?”. Il sindaco non ha dubbi: “Non voglio una città più triste, ma che continui a essere viva e piena di fascino. Rispetto al passato vorrei, però, che tutto questo si abbinasse a una visione meno consumistica. La ‘notte bianca’ non l’abbiamo ripetuta per questo motivo. Ma badi bene; non ci sono pregiudizi consolidati su questo. Se ci accorgeremo di aver sbagliato, siamo pronti a tornare indietro”. Alemanno fa anche una riflessione sul pontificato di Benedetto XVI? “Questo è un pontificato straordinario, perché Benedetto XVI si confronta con la crisi globale. Lo fa con un forte senso dell’identità e con la capacità di evocare le radici teologiche e dottrinarie della nostra fede, mettendo questa forza dentro il problema della globalizzazione. Identità, fede e forza non per chiudersi. Il grande pericolo che ci minaccia è l’omologazione dopo la fine delle ideologie. La perdita delle identità non è positiva, come anche la perdita del sentimento di sé che hanno uomini, persone e popoli. Da questo punto di vista, una forte capacità teologale e la trasmissione dei princìpi della fede sono fondamentali”.

MA ROMA SARÀ UNA CITTÀ APERTA - l'intervista integrale

Il 9 marzo dopo il Campidoglio Benedetto XVI visita il monastero delle Oblate di Santa Francesca Romana a Tor de’ Specchi

Il prossimo 9 marzo, dopo la visita in Campidoglio, il Papa si recherà verso le 12.30 circa in visita privata al monastero delle Oblate di Santa Francesca Romana a Tor de’ Specchi, che si trova ai piedi del Campidoglio fra la Basilica di Santa Maria in Aracoeli e le rovine del Teatro di Marcello. Il 9 marzo, infatti, la Chiesa celebra la memoria liturgica di Santa Francesca romana, fondatrice delle Oblate di Tor de’ Specchi. Per Benedetto XVI si tratta della prima visita al monastero, ma molti Papi prima di lui sono passati da questa “casa”. La consuetudine papale di venire a Tor de’ Specchi per la festa di santa Francesca Romana è stata inaugurata da Innocenzo X nel 1645, ed è divenuta una prassi abituale per i successori: Innocenzo XII (1694), Clemente XI (1702, 1708), Benedetto XIII (quasi ogni anno tra il 1726 e il 1756), Clemente XIII (cinque visite dal 1759 al 1765), Pio VI (1775), Pio VII (1804). Papa Pio IX fu particolarmente vicino a Tor de’ Specchi dove, nell’educandato, erano ospiti due sue nipoti. Ma con la breccia di Porta Pia e la “Questione romana” la consuetudine si è interrotta. È ripresa con la visita di Giovanni XXIII il 2 marzo 1960; quindi il 12 febbraio 1964 con Paolo VI. L’ultima visita è quella di Giovanni Paolo II il 29 aprile 1984, nel centenario della nascita di santa Francesca Romana. Nel monastero di Tor de’ Specchi si segue una regola ispirata a quella di San Benedetto, che unisce la contemplazione alle opere di carità. Santa Francesca volle infatti che la casa conservasse le caratteristiche di monastero aperto, affinché le figlie spirituali, non vincolate all’obbligo della clausura, potessero continuare la sua opera di assistenza e di carità a favore dei fratelli. Attualmente l’attività principale è nell’accoglienza di ragazze universitarie fuori sede, e nella ospitalità ai bambini che si preparano a ricevere la Prima Comunione, che tra le mura del monastero possono vivere un’esperienza spirituale e giocosa a conclusione del percorso catechistico. Lunedì prossimo, per consentire un adeguato svolgimento della visita papale, il monastero sarà accessibile ai fedeli solo nel pomeriggio.

Il Papa in Terra Santa. Lezioni sulla figura del Pontefice, la storia della Chiesa e del Vaticano nelle scuole cristiane in Israele

500 ore di lezione per far conoscere la figura del Papa, la storia della Chiesa e del Vaticano agli studenti delle scuole cristiane in Israele. E’ quanto ha stabilito il governo locale per preparare al meglio il prossimo viaggio di Benedetto XVI nel Paese, per la quale sono stati stanziati 43 milioni di shekel (circa 8 milioni di euro). A dichiararlo al SIR è il parroco di Gerusalemme, padre Ibrahim Faltas, assistente delle scuole cattoliche di Gerusalemme. “Si tratta di lezioni dedicate a questi argomenti – spiega il francescano – con lo scopo di istruire a riguardo gli alunni delle scuole cattoliche e cristiane, frequentate anche da musulmani”. La notizia è confermata da padre Elias Daw, presidente del tribunale d’appello della Chiesa greco cattolica melkita, che con i suoi 60 mila fedeli è la più numerosa in Israele: “questa iniziativa - dice al SIR - mostra l’attesa che c’è in Israele per il viaggio papale. Questo giunge in un momento molto delicato, dopo la tragedia di Gaza, i recenti insulti ai simboli della nostra fede su un canale televisivo israeliano, le dichiarazioni negazioniste del vescovo Williamson. Mai come in questo momento i cristiani di Terra Santa hanno bisogno del Papa e della sua voce per la verità e la giustizia”. In Israele le scuole cattoliche sono 44 frequentate da 24 mila studenti musulmani e cristiani.

Il Papa in Terra Santa. Il sindaco di Nazareth: Il 14 maggio celebrerà la Santa Messa sul Monte del Precipizio

Il sindaco di Nazareth, Ramiz Jeraisi, ha annunciato che il Papa celebrerà una solenne Santa Messa, durante il suo viaggio in Terra Santa a maggio. Il primo cittadino ha riferito che la celebrazione si terrà il 14 maggio, nella cittadina dove Gesù ha trascorso l'infanzia. La Messa si terrà sul Monte del Precipizio, dove secondo al tradizione una folla inseguì Gesù cercando di gettarlo oltre il ciglio dello strapiombo. Anche se ancora non è ufficiale, Benedetto XVI dovrebbe visitare Gerusalemme, Betlemme e altri luoghi cristiani.

Sopralluogo della delegazione vaticana in Campidoglio in vista della visita di Benedetto XVI

In Campidoglio si stanno ultimando i preparativi per accogliere, lunedì 9 marzo, Papa Benedetto XVI. Un appuntamento importante e atteso che vedrà intervenire il Pontefice in Aula Giulio Cesare ad una seduta straordinaria del Consiglio Capitolino, dedicata al tema del valore universale di ''Roma, Capitale del Cattolicesimo e dei suoi valori''. E proprio questa mattina, in Campidoglio, era presente per un sopralluogo una delegazione vaticana della quale facevano parte mons. James M. Harvey, Prefetto della Casa Pontificia, mons. Paolo De Nicolò, Reggente della Casa Pontificia e padre Leonardo Sapienza, della Prefettura della Casa Pontificia. Una breve ispezione per definire gli ultimi dettagli della visita ''che - come spiegato da Alemanno commentando tempo fa la notizia della visita del Pontefice - vuole ancora una volta rinsaldare il rapporto speciale tra Roma e il suo vescovo. Per questa occasione vogliamo raccogliere attorno al Papa la Roma impegnata nel bene che non fa notizia: le parrocchie, le associazioni e i movimenti, che rappresentano un prezioso ed indispensabile valore aggiunto della Città eterna''. Benedetto XVI, dunque, farà il suo ingresso nell'aula capitolare 11 anni dopo Giovanni Paolo II, che vi si reco' l'11 marzo del 1998 su invito dell'allora Sindaco di Roma, Francesco Rutelli.

Il 3 marzo 1936 il piccolo Joseph Ratzinger riceveva la Prima Comunione. Il racconto del Papa ai bambini

"Mi ricordo bene del giorno della mia Prima Comunione. Era una bella domenica di marzo del 1936, quindi 69 anni fa. Era un giorno di sole, la chiesa molto bella, la musica, erano tante le belle cose delle quali mi ricordo. Eravamo una trentina di ragazzi e di ragazze del nostro piccolo paese, di non più di 500 abitanti. Ma nel centro dei miei ricordi gioiosi e belli sta questo pensiero - la stessa cosa è già stata detta dal vostro portavoce - che ho capito che Gesù è entrato nel mio cuore, ha fatto visita proprio a me. E con Gesù Dio stesso è con me. E che questo è un dono di amore che realmente vale più di tutto il resto che può essere dato dalla vita; e così sono stato realmente pieno di una grande gioia perché Gesù era venuto da me. E ho capito che adesso cominciava una nuova tappa della mia vita, avevo 9 anni, e che adesso era importante rimanere fedele a questo incontro, a questa Comunione. Ho promesso al Signore, per quanto potevo: "Io vorrei essere sempre con te" e l'ho pregato: "Ma sii soprattutto tu con me". E così sono andato avanti nella mia vita. Grazie a Dio, il Signore mi ha sempre preso per la mano, mi ha guidato anche in situazioni difficili. E così questa gioia della Prima Comunione era un inizio di un cammino fatto insieme. Spero che, anche per tutti voi, la Prima Comunione che avete ricevuto in quest'Anno dell'Eucaristia sia l’inizio di un'amicizia per tutta la vita con Gesù. Inizio di un cammino insieme, perché andando con Gesù andiamo bene e la vita diventa buona".

Padre Lombardi e la comunicazione della Santa Sede: si può imparare a fare meglio il nostro dovere. Troppo presto si dimenticano gli aspetti positivi

Padre Federico Lombardi ha chiesto ai media di non cedere a tentazioni riduzioniste nel puntare il dito contro le pecche comunicative all'interno della Chiesa. In una intervista a Zenit, il direttore della Sala Stampa vaticana ha difeso il sistema di comunicazione interno ed esterno alla Santa Sede, fortemente criticato negli ultimi tempi. In particolare, i commentatori vaticani hanno descritto in vari modi il gesto di Benedetto XVI di rimettere le scomuniche ai quattro Vescovi “lefebvriani”, giudicandolo a volte un “tracollo” quando non un “disastro”. “Parlare di questa crisi in termini apocalittici mi sembra eccessivo”, ha osservato il sacerdote gesuita. “L'anno passato è stato un anno di grandi successi comunicativi per il pontificato”. Il portavoce ha infatti ricordato il viaggio apostolico del 2008 negli Stati Uniti, che ha definito “splendido”, e ha sottolineato l' “ottima comunicazione” che si è avuta durante il Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio e durante il viaggio in Francia. “Si fa troppo presto a dimenticare tutti questi aspetti e queste esperienze positive”, ha commentato. “Questo non è giusto ma, purtroppo, fa parte del nostro mondo così come della comunicazione”. Di fronte, invece, ai rischi derivanti dall'adottare prospettive limitate capaci di generare “grandi rumori”, padre Lombardi ha esortato i giornalisti a “guardare le cose con un po' di distanza e obiettività”. Il sacerdote ha quindi riconosciuto le tensioni suscitate all'interno dei meccanismi comunicativi vaticani dalla messa in onda, il 21 gennaio, dell'intervista alla televisione svedese di mons. Richard Williamson, in cui il vescovo lefebvriano minimizzava il numero delle vittime dell'Olocausto. “Chiarire le cose non è stato sicuramente facile”, ha confessato il portavoce vaticano, riferendosi alla differenza esistente tra le dichiarazioni negazioniste di Williamson e l'ordinazione episcopale illegittima che lo ha condotto alla scomunica. “Non è stato sicuramente il periodo più tranquillo, soprattutto per la Sala Stampa vaticana. Non posso quindi negare che ci siano stati dei problemi”. In un'intervista pubblicata il 5 febbraio sul quotidiano francese La Croix, padre Lombardi aveva sottolineato tra le cause alla base di queste confusioni da parte dell'opinione pubblica, la mancanza di note esplicative che accompagnassero le dichiarazioni. Allo stesso modo, ha auspicato la creazione di una “cultura delle comunicazioni” all'interno della Curia, che porti a un maggior coordinamento tra i dicasteri e la Sala Stampa. Alcuni commentatori hanno osservato che la ragione per la quale Benedetto XVI non era stato informato sul punto di vista del Vescovo Williamson in merito allo Shoah, prima della remissione della scomunica, va rintracciata nella mancanza di consultazioni interne. Padre Lombardi ha tuttavia detto a Zenit che le comunicazioni interne seguono i protocolli della Segreteria di Stato vaticana, anche se questi variano in base alle differenti situazioni. “Per ogni argomento e per ogni decisione ci sono degli itinerari specifici per la comunicazione”, ha spiegato. Il sacerdote ha quindi riconosciuto che “in Vaticano, poiché siamo tutti in cammino, possiamo imparare a fare meglio il nostro dovere. Spero che ciò voglia dire usare un linguaggio appropriato, prepararsi adeguatamente in anticipo, pensare a quali questioni verranno affrontate e quali risposte dobbiamo aver pronte quando comunichiamo”. A più di un mese dalle polemiche innescate dalle dichiarazioni del Vescovo Williamson, padre Lombardi esorta quindi i cattolici a guardare ai prossimi viaggi papali in Camerun e Angola a e in Terra Santa. “Ora che tutto è stato chiarito, credo che possiamo riprendere tranquillamente il nostro cammino e andare avanti”, ha concluso infine. “Nel servizio al Papa, stiamo percorrendo la via del Signore e la via della Chiesa in uno spirito di continua fiducia”.

Il Papa in Camerun e Angola. L’Africa pronta ad abbracciare il Successore di Pietro

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