lunedì 12 ottobre 2009

Jacques Diouf: le grandi forze spirituali un sostegno inestimabile nella lotta alla fame in Africa. L’economia per funzionare ha bisogno dell’etica

La convergenza di vedute sulla gestione razionale delle risorse naturali tra Islam e Chiesa cattolica e tra quest’ultima e la Fao è stata sottolineata, oggi, da Jacques Diouf, segretario generale dell’organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura, nel suo intervento al Sinodo dei vescovi sull’Africa. Richiamando il messaggio di Benedetto XVI alla Fao del giugno 2008, Diouf ha affermato che “la Chiesa si è sempre data il compito di combattere la miseria dei più svantaggiati e lo slogan della Fao è ‘pane per tutti’” ed ha ribadito come “l’economia per funzionare ha bisogno dell’etica, di un’etica amica della persona. La Fao si sforza, nonostante le difficoltà, di mobilitare tutti gli attori e coloro che decidono per la lotta contro la fame e di sviluppare programmi per la sicurezza alimentare. Ciò che ci anima è il principio della centralità della persona umana”. Per il segretario della Fao “un mondo libero dalla fame è possibile” a patto che “ci sia una volontà politica. Ci sono Paesi in Africa che sono riusciti a ridurre la fame, come Camerun, Congo, Etiopia, Ghana, Nigeria, Malawi, Mozambico e Uganda”. In questa lotta “le grandi forze spirituali sono un sostegno inestimabile” ha detto Diouf che ha reso omaggio “ai tanti missionari e religiosi che spesso fanno un lavoro difficile, a volte ingrato, ma sempre utile a fianco delle ong della società civile”. “Vorrei ricordare – ha aggiunto – la convergenza degli insegnamenti religiosi della Chiesa cattolica e dell’Islam sulla necessità di vigilare sulla gestione razionale delle risorse sulla base di una strategia rispettosa delle persone e dei beni del mondo. La dottrina sociale della Chiesa offre un apporto essenziale”. L’intervento al Sinodo ha dato a Diouf l’occasione per fornire alcuni numeri aggiornati circa la lotta contro la fame nel mondo. Rispetto al 1996, quando fu assunto dai Paesi membri della Fao l’impegno di ridurre della metà la fame nel mondo entro il 2050, “oggi la situazione è ancora più inquietante”. Complice anche la crisi mondiale, “per la prima volta nella storia il numero di persone affamate ha raggiunto la cifra di un miliardo, ovvero il 15% della popolazione mondiale. In Africa, malgrado i progressi la situazione è preoccupante: sono 271 milioni le persone malnutrite, il 24% della popolazione, con un aumento del 12% rispetto all’anno scorso”. Per far fronte a questa emergenza Diouf ha invocato per l’Africa la modernizzazione delle infrastrutture e dei mezzi agricoli ma anche risorse economiche sufficienti. “Si tratta di una questione di priorità – ha detto – ogni anno il sostegno all’agricoltura da parte dei Paesi dell’Ocde è di 365 miliardi di dollari, mentre per le spese militari si arriva a 1340 miliardi di dollari”.

Nominato alla Santa Sede un visitatore apostolico per l'associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre, in procinto di aggiornare i propri statuti

La Congregazione per il Clero, secondo quanto scrive oggi il quotidiano cattolico francese La Croix, ha nominato un visitatore apostolico per l'associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), che aiuta i cristiani nella zone dove la vita della Chiesa è in difficoltà. L'aiuto della Santa Sede era stato chiesto dalla stessa associazione, che è nel processo di riformulare i propri statuti. Il visitatore sarà mons. Manfred Grothe, vescovo ausiliare di Paderborn, in Germania. ACS è stata fondata nel 1947 dal monaco premostratense olandese Werenfried van Straaten (1913-2003), e opera in 150 Paesi del mondo fornendo aiuti per l'evangelizzazione e la formazione dei sacerdoti.

Asca

Nell'Aula del Sinodo per l'Africa è la parola 'pace' a risuonare più spesso. Un resoconto statistico sui temi dell'assise fino ad oggi

E' ''pace'' la parola che fino ad oggi è risuonata più di frequente nell'Aula del Sinodo dei vescovi per l'Africa in corso in questi giorni in Vaticano. Da quanto emerge da un resoconto statistico fornito questa mattina ai giornalisti, nei 160 interventi fino ad oggi pronunciati - 146 da parte dei Padri Sinodali, gli altri da parte degli uditori - la parola ''pace'' è stata pronunciata 402 volte, risultando il tema più volte citato dai Padri Sinodali. Segue il tema della ''giustizia'' che è stato evocato 345 volte. Nell'Aula si è anche parlato di guerra (158 volte), di esorcismo (12 volte), di bambini (60 volte) e bambini soldato (4 volte), mentre il problema dell'Aids è comparso 27 volte. Tra i temi principali, sono emersi anche la prostituzione, la violenza, le religioni tradizioni, il dialogo e l'Islam. I Padri Sinodali hanno naturalmente dato spazio anche ai temi chiave della fede cristiana, come testimoniano la frequenza delle parole ''Cristo'' (346), ''Amore'' (122) e ''Speranza" (57).

Asca

La Santa Sede invia un aiuto di 10mila dollari a un ospedale cattolico dell'Indonesia colpita da un violento terremoto

Il Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari ha inviato un primo aiuto di 10 mila dollari all'ospedale cattolico Yos Sudarso di Padang (Sumatra Occidentale, Indonesia). ''La donazione - si legge in un comunicato stampa diffuso dalla Sala Stampa vaticana - servirà a coprire i bisogni immediati del nosocomio che continua a prestare cure e ad assicurare gli interventi chirurgici d'urgenza, senza distinzioni di etnia nè di religione o genere, nonostante i gravi danni e la perdita di numerose apparecchiature subiti nel corso del terremoto del 30 settembre scorso. A causa del sisma, che ha raggiunto una magnitudo non inferiore ai 7,6 gradi della scala Richter, hanno perso la vita oltre 800 persone mentre altrettante hanno riportato gravi lesioni''. L'intervento della Santa Sede per l'ospedale cattolico è stato inviato al vescovo di Padang, mons. Martinus Situmorang attraverso la Fondazione Il Buon Samaritano.

Asca

Mons. Ravasi: il Sinodo stimoli in molte forme l’Africa a custodire dal vento della secolarizzazione la propria identità culturale e spirituale

"L’Africa si presenta come un arcobaleno cromatico multiculturale e multireligioso”. Così mons. Gianfranco Ravasi (nella foto con Benedetto XVI), presidente del Pontificio Consiglio della cultura, ha descritto questa mattina il continente africano ai Padri Sinodali, durante l'undicesima Congregazione generale. “Solo per proporre un esempio – ha proseguito il prelato – l’Unesco nel Camerun ha censito almeno 250 idioni differenti, mentre le lingue bantù sono così ideologicamente sofisticate da usare ben 24 classificazioni grammaticali delle diverse qualità delle varie realtà”. Siamo quindi di fronte ad uno “scrigno di tesori culturali e spirituali, fatto di tradizioni popolar e familiari, di simboli e riti religiosi, di sapienza, memoria, folclore”. Da qui un auspicio: “che il Sinodo – ha detto Ravasi – stimoli in molte forme l’Africa a custodire la propria identità culturale e spirituale, impedendo che essa si dissolva sotto il vento della secolarizzazione e della globalizzazione che soffia con forza sulle 53 nazioni africane”. Il secondo auspicio è rivolto all’Occidente, perché – ha detto il cardinale – si istauri quel “partenariato non solo delle materie prime ma anche delle materie grigie, ossia dei valori, creando spazi di comprensione e comunione e non di colonizzazione o al contrario di rigetto reciproco”.

Il card. Napier: il pericolo dei colpi di stato in Africa non è affatto scomparso. Necessario operare per una liberazione autentica e sostenibile

Il pericolo dei “colpi di stato” in Africa “non è affatto scomparso. Piuttosto ha cambiato aspetto e modus operandi”. L’allarme è stato lanciato dal card. Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban (Sudafrica), intervenendo questa mattina durante l'undicesima Congregazione generale Sinodo dei vescovi per l'Afria. Il pericolo – secondo l’arcivescovo – non è più rappresentato dai vecchi dittatori che si auto-proclamavano “presidenti a vita” ma da “partiti politici” che ne prendono oggi il posto. L’arcivescovo ha parlato espressamente di Botswana, Angola, Zimbabwe e Mozambico. “Naturalmente – ha aggiunto – non vi è nulla di sbagliato in questo, se l’elettorato conferisce loro il mandato liberamente”. Alcuni “segni” però destano preoccupazione. E ciò avviene quando si “afferma di essere l’unico a sapere ciò che la gente desidera o d cui ha bisogno”; quando “impone politiche che sono palesemente contro la volontà manifesta della gente”; quando il partito “si dichiara pro-poveri” ma poi “si arricchisce vergognosamente con tanta ingordigia” L’arcivescovo conclude con una invocazione e un appello: “E’ necessario pregare e operare per un miracolo che porti a una liberazione autentica e sostenibile”. Per questo, viene ribadita l’urgenza di riforme per un sistema di giustizia equo, perché il “buon governo” non è solo una priorità, ma una necessità. E in quest’ambito, la Chiesa ha il diritto di far sentire la propria voce: non si tratta di interferenza nel campo politico, dicono i Padri Sinodali, perché la Chiesa parla in difesa dei diritti degli uomini, figli di Dio. I pastori non vogliono prendere il posto degli economisti o dei politici, ma solo aiutare tutti i fedeli a vivere una vita più autenticamente cristiana.

L'undicesima Congregazione generale: l'abolizione della pena di morte, la migrazione interna, le religioni tradizionali africane e i bambini

Stamani, alla presenza di Benedetto XVI, durante l’undicesima Congregazione generale del II Sinodo dei Vescovi per l’Africa, i presuli hanno riflettuto anche sui temi della migrazione interna e sui rapporti con le religioni tradizionali africane. In chiusura dei lavori poi, l’Aula del Sinodo ha ribadito l’appello per l’abolizione totale della pena di morte. Un appello inequivocabile per l’abolizione, totale e universale: l’Aula del Sinodo ricorda che la voce della Chiesa è quanto mai necessaria di fronte a crimini come i trattamenti brutali dei prigionieri di guerra, l’uccisione di civili nei conflitti, il reclutamento dei bambini-soldato. La strada della riconciliazione, dicono i Padri Sinodali, passa attraverso il rifiuto di simili violenze perché la guerra non è una giustificazione per i crimini contro l’umanità. Quindi, il Sinodo per l’Africa ha guardato alle migrazioni interne che coinvolgono almeno 40 milioni di persone e ha auspicato che tutte le Conferenze Episcopali africane si dotino di una pastorale per la mobilità umana, coinvolgendo anche chi è migrato all’estero, ha trovato un lavoro ed ora può aiutare il proprio Paese d’origine. Centrale anche l’attenzione alle religioni tradizionali africane, che costituiscono la matrice per forgiare una cultura di riconciliazione. Poi, dai Padri Sinodali arrivano alcuni suggerimenti: istituire un fondo di solidarietà diocesano, regionale e continentale, gestito dalla Caritas, che aiuti l’Africa svincolandola dagli aiuti dell’Occidente; creare Facoltà universitarie per la pace e la riconciliazione; promuovere la devozione alla Divina Misericordia che può favorire il dialogo con l’Islam. E ancora: i presuli hanno chiesto attenzione per i giovani così che, attraverso una maggiore diffusione della Dottrina Sociale della Chiesa, imparino a lavorare per la pace. I piani pastorali, inoltre, dovrebbero assegnare un posto più importante al sacramento della riconciliazione. Spazio, poi, a donne e bambini: per le prime si è richiesto un maggior coinvolgimento nelle Commissioni Giustizia e Pace, mentre per i secondi, soprattutto per gli orfani di guerra, si è auspicato una sempre maggiore accoglienza in tutte le strutture ecclesiastiche, poiché troppo spesso questi piccoli hanno soltanto la Chiesa da chiamare “Madre”. Infine, i Padri Sinodali hanno guardto avanti e hanno suggerito che l’Assemblea Speciale per l’Africa si concentri sulla formazione dei sacerdoti perché il futuro di questo continente dipende anche da loro.

Dal Sinodo dei vescovi l'allarme per la condizione delle donne in Africa, vittime della violenza e della 'caccia alle streghe'

Gli stupri di massa, la "cosificazione" delle donne e la caccia alle presunte streghe ancora invalsa in Africa è stata denunciata questa mattina dai vescovi durante l'undicesima Congregazione generale del Sinodo speciale in corso in Vaticano. "I conflitti e le guerre hanno condotto, particolarmente in Repubblica democratica del Congo, alla vittimizzazione e alla 'cosificazione' della donna", ha denunciato mons. Theophile Kaboy Ruboneka, vescovo coadiutore di Goma. "Su migliaia di donne sono state perpetrate, da parte di tutti i gruppi armati, violenze sessuali di massa, come arma di guerra, in flagrante violazione delle disposizioni giuridiche internazionali", ha detto il presule, il quale, oltre alla necessità di coinvolgere le donne nella vita della Chiesa e della società, ha sottolineato come, a monte, "le guerre, i saccheggi e lo sfruttamento anarchico delle risorse, la circolazione di armi, la presenza di milizie e l'assenza di un forte esercito repubblicano" siano la causa ultime delle violenze sulle donne. Il vescovo nigeriano Augutine Obiora Akubeze, da parte sua, ha denunciato la pratica della caccia alle 'streghe'. "Diversamente dagli altri esseri umani, le streghe concepiscono e provocano le più orribili disgrazie alle loro famiglie e comunità", ha spiegato, sottolineando che "le presunte streghe vengono abbandonate, isolate, discriminate e ostracizzate dalla comunità. Talvolta vengono portate nelle foreste e massacrate o svergognate pubblicamente e uccise. Alcune sospette streghe vengono immerse nell'acido o avvelenate a morte. Vi sono stati casi - ha detto il vescovo nigeriano - in cui sono state avvelenate e sepolte vive. Alcune Chiese non aiutano a superare i pregiudizi - è la denuncia di mons. Akubeze - e si sono verificati casi di pentecostali che hanno incatenato e torturato sospette streghe perché confessassero".

I colloqui dottrinali con la Santa Sede, il governo della Chiesa, l'autorità del Papa e la Messa in latino: mons. Bernard Fellay a tutto campo

Le diverse decisioni prese da Papa Benedetto XVI con dei ''Motu proprio'' (''di propria iniziativa'') sono dei ''buoni segni'' della sua ''volontà di governare personalmente e non collegialmente la Chiesa'': lo afferma, in un'ampia intervista alla rivista Tradition, il superiore della lefebvriana Fraternità Sacerdotale San Pio X, mons. Bernard Fellay. Il Pontefice, con il Motu proprio Summorum Pontificum del 2007 ha liberalizzato l'uso della Messa in latino preconciliare. In totale, Papa Ratzinger ha emesso cinque Motu Proprio in 4 anni di Pontificato. Per Fellay, l'uso del Motu Proprio mostra che ''in effetti quelle decisioni sono veramente le sue''. Quanto alla questione della ''collegialità'' nella Chiesa, il superiore dei lefebvriani spiega che ''c'è una maniera vera di comprenderla'': ''Paolo VI ha aggiunto una 'Nota previa' al documento sulla Chiesa, Lumen Gentium, affinchè la collegialità fosse compresa correttamente. Il problema è che questa nota è stata come dimenticata. L'idea generale che si è diffusa e che pretende di limitare considerevolmente i poteri del sovrano Pontefice è un vero pericolo per la Chiesa, e renderebbe il governo impossibile''. ''L'autorità del Papa - aggiunge - è stata veramente scossa dai tumulti dell'inizio dell'anno. Non la si può considerare come una buona cosa se non a causa dell'effetto opposto che ha provocato a Roma, e che permette di capire chi ama la Chiesa e lavora alla sua costrusione, e chi no''. Mons. Fellay, nell'intervista ammette anche che il numero dei preti che celebrano la Messa secondo il rito antico rimane ''modesto'' anche a causa, aggiunge, delle ''forti pressioni che arrivano dalla gerarchia per impedirne il ritorno. Molti preti devono celebrarla in segreto per questa paura''. Il superiore dei lefebvriani consiglia comunque ai fedeli di rivolgersi alla sua Fraternità prima di seguire la Messa di un prete che celebra sia con il vecchio che con il nuovo rito, come permesso dal Motu Proprio: ''I fedeli - avverte - devono rimanere molto prudenti e non mettersi in situazioni troppo imbarazzanti''. Mons. Fellay non ha la ''minima idea'' di quanto dureranno le discussioni dottrinali tra i lefebvriani e la Santa Sede, il cui inizio è previsto in questi giorni, ma, più in generale, si dice convinto che per uscire dalla ''crisi che colpisce la Chiesa'' e per una sua vera ''restaurazione'' ci vorrà ''più di una generazione di sforzi costanti nella giusta direzione. Forse un secolo''. Il superiore dei lefebvriani riafferma le ''gravi obiezioni'' dei tradizionalisti al Concilio Vaticano II: ''Gli argomenti - spiega - sono tanti. Le nostre principali obiezioni sul Concilio, come la libertà religiosa, l'ecumenismo, la collegialità sono ben note. Ma si potrebbero fare altre obiezioni, come l'influenza della filosofia moderna, le novità liturgiche, lo spirito del mondo e la sua influenza sul pensiero moderno dominante nella Chiesa''. ''Dobbiamo aspettarci dell'opposizione - aggiunge - ma speriamo che il peggio sia passato e che i segni di guarigione che oggi si notano siano i germi della realtà e non solo di un sogno''. Quanto a Benedetto XVI, per Fellay, di fronte al Concilio Vaticano II insiste sulla ''importanza di non tagliare con il passato'', con la sua ''ermeneutica della continuità'', ma ''vuole mantenere le novità del Concilio, non considerandolo una rottura con il passato''. Inoltre, aggiunge, ''penso che il Papa non consideri l'ecumenismo come una cosa cattiva. Approva il fatto che la Chiesa continui in questa direzione e ha persino detto che è irreversibile...ma sembra voler distinguere bene tra le diverse confessioni e favorire quelle che sono più vicine come gli ortodossi, piuttosto che i protestanti''.

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