mercoledì 8 febbraio 2012

Scicluna: no alla mortale cultura del silenzio e dell'omertà, la verità è alla base della giustizia, su questo la risposta della Chiesa agli abusi

No alla “mortale cultura del silenzio, la cultura dell’omertà”. “La verità è alla base della giustizia” e su questo binomio deve ispirarsi la risposta della Chiesa al “triste” fenomeno della pedofilia nelle comunità ecclesiali. A dettare regole e principi di azione e comportamento è stato mons. Charles J. Scicluna, promotore della giustizia alla Congregazione per la dottrina della fede, che questa mattina è intervenuto al simposio internazionale sugli abusi sessuali in corso a Roma con una relazione dal titolo “La ricerca della verità nei casi di abuso sessuale: un dovere morale e legale”. “Sono convinto - ha detto il prelato - che la nostra risposta al triste fenomeno dell’abuso sessuale dei minori debba sempre ispirarsi ad un’onesta ricerca di verità e di giustizia. In effetti la Chiesa ha bisogno della verità che è giustizia e di quella giustizia che è verità”. Il primo principio quindi da seguire è “l’amore per la verità che non può non tradursi in amore per la giustizia”. Nel suo intervento ai vescovi e superiori religiosi, mons. Scicluna ha evidenziato altri errori da evitare. “Ulteriori nemici della verità - ha detto - sono la negazione volontaria di fatti noti e l’erronea preoccupazione secondo la quale al buon nome dell’istituzione debba in qualche modo essere garantita la massima priorità a scapito della legittima denuncia di un crimine”. “L’ammissione e il riconoscimento della piena verità dei fatti, ivi compresi gli effetti e le conseguenze dolorose - ha proseguito il promotore di giustizia -, è la fonte della vera guarigione sia per la vittima, sia per il responsabile del crimine”. Occorre poi essere consapevoli che “la mancanza di rispetto per la verità genera sfiducia e sospetto”. Mons. Scicluna ha ricordato nel suo intervento le diverse disposizioni prese negli anni dalla Chiesa per affrontare e arginare il fenomeno degli abusi. “La legge è chiara ma - ha aggiunto - è necessario che i fedeli siano convinti del fatto che la società ecclesiale rispetti il regime della legge. Per quanto la legge possa essere chiara, ciò non è sufficiente per la pace e per l’ordine della comunità. Il nostro popolo ha bisogno di sapere che la legge viene applicata”. Chiaro, infine, il passaggio del suo intervento a proposito della collaborazione della Chiesa con le autorità giudiziarie. “L’abuso sessuale dei minori - ha ribadito mons. Scicluna - non costituisce soltanto un delitto canonico o una violazione di un Codice di condotta interno di un’istituzione, religiosa o altra, ma rappresenta anche un crimine perseguibile dal diritto civile. Per quanto i rapporti con le autorità civili possano variare da paese a paese, è tuttavia importante collaborare con esse nell’ambito delle rispettive competenze”.

SIR

Intervento di mons. Charles J. Scicluna

Il Papa ad Arezzo e Sansepolcro. Attesi trentamila fedeli per la Messa che Benedetto XVI presiederà al Prato, il parco a fianco del Duomo

Donare al Papa "il fascino di una Chiesa che viene dal passato". Lo ha detto l'arcivescovo di Arezzo, mons- Riccardo Fontana, che incontrando i giornalisti ha sottolineato come la visita di Benedetto XVI, in programma il prossimo 13 maggio, dovrà "essere nel segno della non retorica, ma basata su elementi concreti". Dal punto di vista organizzativo "la Messa verrà celebrata al Prato (foto), il parco a fianco del Duomo di Arezzo, dove ci saranno diecimila posti a sedere - ha proseguito Fontana -. Venti minuti della visita saranno trasmessi in mondovisione e tre ore sulla televisione nazionale. La stima delle presenze è di circa trentamila fedeli. Ci saranno maxi schermi mentre l'altare avrà alle spalle il Casentino: la messa sarà celebrata alle 10, poi il Papa si sposterà a La Verna e nel tardo pomeriggio a Sansepolcro". "Facciamo vedere al Papa l'Arezzo vera. Quando il Santo Padre passerà dal centro storico - ha aggiunto - vorrei che entrasse nel cuore degli aretini". Infine, per quanto riguarda Sansepolcro, città che celebra il suo millenario, "l'incontro con la gente dovrebbe avvenire in piazza Torre di Berta dove da un palco, dopo il saluto del sindaco, il Papa parlerà ai fedeli" ha concluso mons. Fontana.

Ansa

All'Udienza generale di Benedetto XVI i comitati carnevaleschi di Verona con i tradizionali costumi d'epoca: un carnevale allegro e solidale

Carnevale vuol dire divertimento ma anche solidarietà. E il messaggio che il coordinamento dei comitati carnevaleschi di Verona ha voluto consegnare al Papa, partecipando questa mattina all’Udienza generale e colorando l’Aula Paolo VI con i tradizionali costumi d’epoca. A cominciare dalla maschera ufficiale veronese, il duca della pignatta. "Il nostro obiettivo e fare una festa con gusto, per grandi e piccoli, nel rispetto delle persone e che porti anche a educare secondo il Vangelo" spiegano don Francesco Todeschini e Loretta Zaninelli, presidente del coordinamento. Un carnevale così non s’improvvisa, dicono: infatti richiede una preparazione che dura tutto l’anno. "Vogliamo oggi piu che mai - assicurano - portare sorriso e voglia di vivere dove ormai non si sorride più, vistando anche ospedali, case di riposo, scuole, asili, famiglie". La festa e poi anche un modo per "aiutare finanziariamente persone in difficolta". All’Udienza era presente il ministro della diaspora della Repubblica armena, la signora Hranoush Hagopian, che svolge un ruolo di primo piano nell’assistenza alle comunità cattoliche sparse nel mondo. Inoltre il ministro sta curando una biografia del cardinale armeno Gregorio Pietro Agagianian, con riferimento alla sua statura internazionale, al suo servizio alla Santa Sede e al ruolo svolto da protagonista del Concilio Vaticano II. Il nuovo presidente del Consiglio di Stato della Repubblica italiana, Giancarlo Coraggio, con il presidente emerito, Pasquale de Lise, hanno accompagnato una folta delegazione dei loro collaboratori nel 180° anniversario della costituzione dell’organo, voluto nel 1831 dal re Carlo Alberto, e nel 40° dell’istituzione dei tribunali amministrativi regionali. In dono al Pontefice hanno portato una preziosa icona. Hanno riconfermato al Papa il loro impegno missionario i religiosi stimmatini che stanno partecipando al 36° capitolo generale. All’ordine del giorno anche la preparazione del bicentenario della Congregazione, fondata a Verona nel 1816 da San Gaspare Bertoni. Infine, un ricordo del card. Eduardo Francisco Pironio, a quattordici anni dalla morte, e stato riproposto a Benedetto XVI dai rappresentanti del Collegio sacerdotale argentino che hanno celebrato anche i dieci anni della loro istituzione.

L'Osservatore Romano

Il Papa in Messico e a Cuba. Accolta dai narcotrafficanti la richiesta del vescovo di Leon di mettere al bando la violenza durante il viaggio

La richiesta di una tregua fatta dall'arcivescovo di Leon ai gruppi dei narcotrafficanti è stata accolta. Un gruppo, che si presume appartenga alla criminalità organizzata, ha lasciato bene in vista 11 cartelli in sette comuni di Guanajuato, per far capire che ha accettato la richiesta dell'arcivescovo di Leon, mons. Jose Guadalupe Martin Rabago, fatta il 22 gennaio. "Vogliamo uno stato di Guanajuato in pace, quindi non provocate violenza all'arrivo di Sua Santità Benedetto XVI. Siete avvisati", si legge sui manifesti. L’arcivescovo aveva chiamato i criminali a mettere al bando la violenza durante il viaggio di Papa Benedetto XVI in Messico, dal 23 al 26 marzo. Tuttavia, secondo la stampa locale che riferisce fonti della Procura di Stato, il gruppo criminale avrebbe condizionato la tregua all’accoglimento della richiesta di impedire l'operato di un gruppo rivale di narcotrafficanti del cartello nel Guanajuato. Il 22 gennaio mons. Martin Rabago aveva fatto questa richiesta ai membri della criminalità eorganizzata: "Dovete collaborare tenendo conto che tante persone vengono per un atto cui si deve il massimo rispetto. Non dovete trarne vantaggio facendo qualcosa che porterebbe ad una esperienza di dolore e di morte".

Fides

Benedettini: il caso Viganò non esprime la bellezza e la pienezza del Vangelo, ma spesso la Chiesa riconosce di non essere all'altezza del messaggio

“E’ vero che spesso la Chiesa riconosce di non essere all’altezza del messaggio che pratica, e certamente questa vicenda non esprime la bellezza e la pienezza del Vangelo. Anche Giovanni Paolo II ha più volte chiesto perdono per i nostri peccati. La difficoltà c’è, e va contro il Messaggio della Quaresima”. Lo ha detto ieri padre Ciro Benedettini, vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede, in risposta ad una domanda di un cronista che, nel corso della conferenza stampa di presentazione del Messaggio del Papa per la Quaresima 2012, domandava se esso fosse depotenziato dal caso del vescovo Carlo Maria Viganò. "Ammetto – ha detto il sacerdote passionista – che ci sono spesso nelle persone di Chiesa delle incongruenze, siamo tutti peccatori, con questo non vorrei fare una cosa irenistica e dire che ci perdoniamo a vicenda. Certo la vicenda è quella che è”. Padre Benedettini, pur non andando “sul caso personale”, ha voluto esprimere “questa difficoltà che certamente c’è e che “va contro certi aspetti anche del Messaggio” presentato ieri.

TMNews, Ansa

Benedetto XVI: vicinanza alle popolazioni colpite dall'ondata di freddo e gelo, incoraggio alla solidarietà affinché siano soccorse le persone provate



“Nelle ultime settimane un’ondata di freddo e di gelo si è abbattuto su alcune regioni dell’Europa provocando forti disagi e ingenti danni, come sappiamo”. Lo ha ricordato il Papa che, al termine dell’Udienza generale, prima di salutare come di consueto i fedeli di lingua italiana ha voluto manifestare la sua “vicinanza alle popolazioni colpite da così intenso maltempo”, invitando “alla preghiera per le vittime e i loro familiari”. “Al tempo stesso - ha concluso Benedetto XVI - incoraggio alla solidarietà affinché siano soccorse con generosità le persone provate da tali tragici avvenimenti”. Nel triplice saluto che come d’abitudine conclude l’appuntamento del mercoledì, il Papa ha ricordato San Girolamo Emiliani, patrono della gioventù abbandonata, di cui oggi si celebra la memoria liturgica: “Stimoli voi, cari giovani - le parole di Benedetto XVI - ad essere attenti ai vostri coetanei più svantaggiati e in difficoltà”. Il Papa ha rivolto, tra gli altri, uno speciale saluto ai sacerdoti che partecipano alla settimana di studio promossa dall’Ateneo della Santa Croce “sull’importante tema del ministero pastorale della direzione nei seminari”.

SIR

Il Papa: quando sembra che Dio non senta non temiamo di affidare a Lui il peso che portiamo nel cuore, di gridargli la nostra soffererenza, è vicino

Udienza generale questa mattina nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi il Papa, continuando il ciclo sulla preghiera, ha incentrato la sua meditazione sulla preghiera di Gesù di fronte alla morte. Ripercorrendo gli ultimi istanti della vita terrena di Gesù, le sei ore di Cristo sulla croce, il Papa ha proposto una riflessione sul buio di quei momenti e sul grido di Gesù: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”. Benedetto XVI si è soffermato sulla preghiera di Gesù morente, riportata dai due evangelisti Marco e Matteo sia in greco, “in cui è scritto il loro racconto”, sia “in una mescolanza di ebraico ed aramaico”, per tramandarne non soltanto il contenuto, ma persino “il suono che tale preghiera ha avuto sulle labbra di Gesù”: ascoltiamo, dunque, “realmente le parole di Gesù come erano”, ha notato il Santo Padre. “Quando Gesù si avvicina sempre più alla morte – le parole del Papa – c’è solo l'oscurità che cala su tutta la terra. Anche il cosmo prende parte a questo evento: il buio avvolge persone e cose, ma pure in questo momento di tenebre Dio è presente, non abbandona”. Nella tradizione biblica, ha ricordato Benedetto XVI, “il buio ha un significato ambivalente: è segno della presenza e dell’azione del male, ma anche di una misteriosa presenza e azione di Dio che è capace di vincere ogni tenebra”. Nella scena della crocifissione di Gesù, “le tenebre avvolgono la terra e sono tenebre di morte in cui il Figlio di Dio s’immerge per portare la vita, con il suo atto di amore”. “Davanti agli insulti delle diverse categorie di persone, davanti al buio che cala su tutto, nel momento in cui è di fronte alla morte – ha detto il Papa riferendosi alla narrazione di san Marco – Gesù con il grido della sua preghiera mostra che, assieme al peso della sofferenza e della morte in cui sembra ci sia l’abbandono, l’assenza di Dio, egli ha piena certezza della vicinanza del Padre, che approva questo atto supremo di amore, di dono totale di Sé, nonostante non si oda, come in altri momenti, la voce dall’alto”. All’avvicinarsi della morte del Crocifisso, infatti, “scende il silenzio, non si ode alcuna voce, ma lo sguardo di amore del Padre rimane fisso sul dono di amore del Figlio”. Ma che significato ha la preghiera di Gesù, quel grido che lancia al Padre: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”?, si è chiesto il Papa. Nel momento di angoscia, la preghiera diventa un grido: “Questo - ha sottolineato il Papa - avviene anche nel nostro rapporto con il Signore”. “Davanti alle situazioni più difficili e dolorose, quando sembra che Dio non senta, non dobbiamo temere di affidare a Lui tutto il peso che portiamo nel nostro cuore, non dobbiamo avere paura di gridare a Lui la nostra sofferenza”. Nel momento “dell’ultimo rifiuto degli uomini, nel momento dell’abbandono”, Gesù prega “nella consapevolezza della presenza di Dio Padre” anche in quest’ora in cui sente il dramma umano della morte”: “E’ importante comprendere che la preghiera di Gesù non è il grido di chi va incontro con disperazione alla morte, e neppure è il grido di chi sa di essere abbandonato. Gesù in quel momento fa suo l’intero Salmo 22, il Salmo del popolo di Israele che soffre, e in questo modo prende su di Sé non solo la pena del suo popolo, ma anche quella di tutti gli uomini che soffrono per l’oppressione del male e, allo stesso tempo, porta tutto questo al cuore di Dio stesso nella certezza che il suo grido sarà esaudito nella risurrezione: 'il grido nell'estremo tormento è al contempo certezza della risposta divina, certezza della salvezza – non soltanto per Gesù stesso, ma per ‘molti’'”. Nella preghiera di Gesù nell’imminenza della morte, ha proseguito il Papa, “sono racchiusi l’estrema fiducia e l’abbandono nelle mani di Dio, anche quando sembra assente, anche quando sembra rimanere in silenzio, seguendo un disegno a noi incomprensibile”. Quello di Gesù “è un soffrire in comunione con noi e per noi, che deriva dall’amore e già porta in sé la redenzione, la vittoria dell’amore”. “Le persone presenti sotto la croce di Gesù – ha affermato il Santo Padre riprendendo il racconto evangelico – non riescono a capire e pensano che il suo grido sia una supplica rivolta ad Elia. In una scena concitata, essi cercano di dissetarlo per prolungarne la vita e verificare se veramente Elia venga in suo soccorso, ma un forte urlo pone termine alla vita terrena di Gesù e al loro desiderio". Nel momento estremo, quindi, Gesù “lascia che il suo cuore esprima il dolore, ma lascia emergere, allo stesso tempo, il senso della presenza del Padre e il consenso al suo disegno di salvezza dell’umanità”. “Anche noi ci troviamo sempre e nuovamente di fronte all’'oggi' della sofferenza, del silenzio di Dio - lo esprimiamo tante volte nella nostra preghiera - ma ci troviamo anche di fronte all’'oggi' della Risurrezione, della risposta di Dio che ha preso su di Sé le nostre sofferenze, per portarle insieme con noi e darci la ferma speranza che saranno vinte”. Infatti nella preghiera, ha concluso il Pontefice, “portiamo a Dio le nostre croci quotidiane, nella certezza che Lui è presente e ci ascolta”: “Il grido di Gesù ci ricorda come nella preghiera dobbiamo superare le barriere del nostro 'io' e dei nostri problemi e aprirci alle necessità e alle sofferenze degli altri. La preghiera di Gesù morente sulla Croce ci insegni a pregare con amore per tanti fratelli e sorelle che sentono il peso della vita quotidiana, che vivono momenti difficili, che sono nel dolore, che non hanno una parola di conforto, preghiamo tutto questo al cuore di Dio perché anch’essi possano sentire l’amore di Dio che non ci abbandona mai”.

Radio Vaticana, SIR

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa

Giornata Mondiale della Gioventù 2013. Presentato il logo dell'evento: simboli e colori di Rio de Janeiro e del Brasile racchiusi in un grande cuore

Un grande cuore, che racchiude, stilizzati, a partire dalla zona superiore, in verde, la Croce pellegrina e il “Pão de Açúcar”, il “Pan di Zucchero”, la famosa collina di Rio de Janeiro. Al centro, in giallo oro, il Cristo Redentore, simbolo della città e, nella parte bassa, in blu, è riportato il litorale brasiliano. Simboli e colori brasiliani per il logo (foto), presentato ieri sera, della Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro (23-28 luglio 2013) che ha per tema “Andate e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19). Vista nel suo complesso l’immagine rappresenta, infatti, Gesù che chiama i suoi e li invia ad annunciare il Regno dei cieli. L’autore del logo si chiama Gustavo Huguenin, un grafico di 25 anni, nativo di Cantagalo, regione montagnosa dello Stato di Rio de Janeiro, risultato vincitore tra 200 partecipanti. A premiarlo è stato dom Orani João Tempesta, vescovo di Rio e presidente del Comitato per la GMG 2013, alla presenza di oltre 100 vescovi, autorità civili e politiche come il governatore dello Stato di Rio, Sérgio Cabral. In un’intervista al sito dell’arcidiocesi di Rio, Huguenin, che frequenta un gruppo di rinnovamento carismatico cattolico, ha affermato che il suo lavoro “è stato frutto di fede e preghiera. Sono felice che questa immagine venga associata all’incontro di tanti giovani con Cristo e con il Papa nelle giornate di Rio”.

SIR

Veglia penitenziale per gli abusi del clero: noi che dovevamo portare la salvezza ai piccoli siamo talvolta divenuti strumento del male contro di loro

Hanno parlato in italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco, provenivano da oltre cento paesi dei cinque continenti, ed hanno chiesto perdono per la "tragedia" e il "crimine" degli abusi sessuali compiuti da preti sui bambini e non sufficientemente contrastati, in passato, dai loro superiori gerarchici. I vescovi delle Conferenze Episcopali di tutto il mondo che prendono parte al Simposio "Verso la guarigione e il rinnovamento" alla Pontificia Università Gregoriana dei gesuiti hanno partecipato ad una veglia di preghiera penitenziale nella chiesa di Sant'Ignazio presieduta in serata dal cardinale prefetto della Congregazione per i vescovi, card. Marc Ouellet. La cerimonia, aperta da una processione silenziosa, si è conclusa con una simbolica dichiarazione di pentimento da parte di sette rappresentanti di persone che, nella Chiesa, hanno affrontato in modo inadeguato il problema della pedofilia: un vescovo, un educatore, un superiore, un sacerdote, un genitore, un fedele e un cardinale (lo stesso Ouellet). A conclusione, una donna irlandese che da adolescente è stata abusata da un sacerdote, Marie Collins, ha preso la parola di fronte alla croce che si erge nella chiesa storica dei gesuiti e, a nome delle vittime, ha affermato: "Signore, oltraggiato dagli uomini, uomo dei dolori, è per noi pesante e difficile perdonare coloro che ci hanno fatto il male, solo la tua grazie può aprirci a questo dono: ti chiediamo la forza di unirci al perdono che dalla croce hai fatto scendere sull'umanità peccatrice come balsamo di guarigione perché la tua Chiesa sia sanata anche dal nostro perdono. Perdona loro". Il coro ha intonato il 'Kyrie eleison'. La veglia di preghiera è iniziata con la proiezione di immagini su uno schermo accompagnate da musica sacra e dalla lettura del libro biblico della Genesi. Tra le immagini, volti di bambini sorridenti, scene luminose di natura, così come foto della Shoah, della bomba atomica o di stragi in giro per il mondo, a simboleggiare il male di cui è capace l'essere umano. E' seguita la preghiera penitenziale: "Noi che dovevamo portare la salvezza ai piccoli, siamo talvolta divenuti strumento del male contro di loro". Ancora: "Eccoci umiliati davanti a te e davanti agli uomini, crocifissi del male che ha sfigurato il volto della tua Chiesa. Siamo consapevoli che i nostri atti di riparazione non potranno mai cancellare quanto di ingiusto è stato fatto, né lenire la bruciante ferita della nostra coscienza. Il card. Ouellet ha concluso: "Signore, perdonaci e vieni a salvarci". Lo stesso porporato canadese ha poi preso la parola per una omelia penitenziale, nella quale ha sottolineato "la grande vergogna e l'enorme scandalo" della "tragedia" rappresentata dagli abusi sessuali del clero, un "crimine che causa un'autentica esperienza di morte degli innocenti". Il prefetto dei vescovi ha detto: "Come membri della Chiesa dobbiamo avere il coraggio di chiedere perdono a Dio e ai piccoli che sono stati feriti". Il "primo passo" da compiere è "ascoltarli attentamente e credere alle loro storie dolorose". Ouellet ha sottolineato che è "intollerabile che l'abuso accada nella Chiesa", e per questo ha sottolineato che ciò non deve "mai più accadere" ("Never again"). Aggiungendo che la pedofilia è presente in tutta la società, il porporato ha espresso l'auspicio che la Chiesa divenga un evento per altre organizzazioni e agenzie che non hanno ancora affrontato il problema. Oltre agli abusi, Ouellet ha fatto riferimento all'insabbiamento delle accuse di alcuni vescovi, affermando: "Chiediamo scusa alle vittime".

TMNews

Omelia del card. Marc Ouellet

Liturgia Penitenziale