martedì 10 luglio 2012

Lewy: accordo Santa Sede-Israele possibile prima di dicembre. Tolti limiti a visti su passaporti vaticani. Positivo ruolo di Di Noia con lefebvriani

La Santa Sede e Israele sono "molto vicini" alla firma di un accordo economico bilaterale, secondo l'ambasciatore d'Israele Mordechay Lewy (nella foto con Benedetto XVI). "Le questioni pendenti sono di natura giuridica e possono essere risolte", ha spiegato il rappresentante diplomatico uscente di Israele presso la Santa Sede in un briefing di commiato dalla stampa. Alla scorsa sessione plenaria, che si è svolta lo scorso 12 giugno, non ha raggiunto un accordo, secondo Lewy, solo per la finalizzazione della traduzione in doppia lingua del documento e per alcuni nodi giuridici relativi a entità distinte dallo Stato d'Israele (il comune di Gerusalemme e l'autorità del parco nazionale) non rappresentati all'incontro. "La prossima plenaria si svolgerà a dicembre - ha puntualizzato Lewy - e ciò non significa che la firma non possa arrivare prima". Con mossa distensiva, Israele ha deciso di togliere le limitazioni ai visti sui passaporti diplomatici della Santa Sede. "Sinora non era chiaro chi poteva entrare e alcuni di coloro che entravano potevano essere prima annunciati, osservati, controllati", ha affermato Lewy. "Ora la situazione è ribaltata: vale il principio che hai diritto ad entrare in Israele". Lewy ha spiegato che la Santa Sede concede passaporti diplomatici con avvedutezza e in numero molto limitato ed ha citato il caso dei cardinali o di un dignitario ecclesiastico che può avere il passaporto diplomatico vaticano pur essendo nato, ad esempio, a Damasco. L'ambasciatore uscente si è detto "fiducioso" che nel quadro dei negoziati dottrinali con i lefebvriani il Vaticano rimarrà "fedele alle proprie posizioni" di rispetto del mondo ebraico ed ha sottolineato, in particolare, il valore positivo rappresentato dalla nomina del domenicano Augustine Di Noia. "Non ne dubito", ha detto l'ambasciatore, sottolineando che un eventuale accordo non avverrebbe "al costo degli insegnamenti della Chiesa che fanno riferimento alla 'Nostra Aetate'", dichiarazione del Concilio Vaticano II sul dialogo con le altre religioni, e potrebbe, semmai, creare una "divisione" tra lefebvriani, "alcuni dei quali non sono pronti" ad accettare il magistero cattolico. Lewy ha definito "molto significativa" la nomina di Augustine di Noia, domenicano statunitense, al nuovo ruolo di vicepresidente della Pontificia Commissione "Ecclesia DeiW, il dicastero vaticano responsabile dei rapporti con i lefebvriani e gli altri tradizionalisti. Significativa ("sensitive", in inglese), anche perché, ha sottolineato Lewy, anche perché la stessa Congregazione per la Dottrina della Fede da cui "Ecclesia Dei" dipende ha specificato nel comunicato della nomina "le sue strette relazioni con gli organismi ebraici, che è la verità". Più in generale, l'ambasciatore israeliano si è detto fiducioso che la Santa Sede non rinunci alla propria posizione nei confronti del mondo ebraico perché "Di Noia, il card. Koch e il Papa stesso, queste sono le persone cruciali nel negoziato".

TMNews

Sinodo dei vescovi 2012. Due poeti per l'Assemblea. La sfida di dare concretezza alla nostra speranza, di farla nostra in maniera più profonda

Il 7 ottobre verrà inaugurata a Roma la tredicesima Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi. Sarà dedicata a un tema fondamentale "La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana". La sfida che il Sinodo dovrà affrontare è trattata in modo dettagliato nell'"Instrumentum laboris," preparato come base per il dibattito e le decisioni di quanti vi prenderanno parte. Ecco una presentazione particolarmente acuta di questa sfida: "Oggi noi avvertiamo il bisogno di un principio che ci dia speranza, che ci permetta di guardare al domani con gli occhi della fede, senza le lacrime della disperazione. Come Chiesa abbiamo questo principio, questa fonte di speranza: Gesù Cristo, morto e risorto, presente in mezzo a noi col suo Spirito, che ci dà l'esperienza di Dio. Tuttavia, abbiamo spesso l'impressione di non riuscire a dare concretezza a questa speranza, di non riuscire a 'farla nostra', di non riuscire a renderla parola viva per noi e per i nostri contemporanei, di non assumerla come fondamento delle nostre azioni pastorali e della nostra vita ecclesiale" (n. 166). La sfida di dare concretezza alla nostra speranza, di farla nostra in maniera più profonda, di trovare parole evocative che la rendano viva per noi stessi e per gli altri, è al centro della missione della Chiesa. È una sfida che non si presenta solo ai vescovi, ai predicatori o ai missionari, bensì a tutto il popolo di Dio. Certamente il bisogno di una conversione personale costante è di fondamentale importanza: un volgersi ogni giorno di nuovo verso il Signore per essere nutriti dalla sua parola e dal suo sacramento. Questa conversione è il requisito indispensabile per fare nostra la fede. Dobbiamo continuare a crescere nel nostro apprezzamento e nella nostra comprensione delle opere meravigliose del Signore, dell'altezza e dell'ampiezza, della lunghezza e della profondità dell'amore di Cristo. L'"Instrumentum laboris", però, indica una sfida ulteriore quando suggerisce la necessità di creare un linguaggio nuovo per comunicare il Vangelo al mondo di oggi. Questo difficile compito è intrinseco al concetto di "nuova" evangelizzazione: non un nuovo contenuto, ma un modo nuovo per esprimere la buona notizia di Cristo in un contesto sociale e culturale nuovo. Pertanto, l'"Instrumentum laboris" (n. 8) ribadisce: "La Chiesa sente come un suo dovere riuscire ad immaginare nuovi strumenti e nuove parole per rendere udibile e comprensibile anche nei nuovi deserti del mondo la parola della fede che ci ha rigenerato alla vita, quella vera, in Dio". E riprende l'osservazione di Paolo VI nella "Evangelii nuntiandi" (n. 12) secondo la quale l'attività evangelizzatrice della Chiesa "deve cercare costantemente i mezzi e il linguaggio adeguati per proporre o riproporre loro la rivelazione di Dio e la fede in Gesù Cristo". Il filosofo cattolico canadese Charles Taylor ha scritto un'opera monumentale, "A Secular Age" (2007, traduzione italiana 2009), che può servire da preziosa risorsa per il lavoro del Sinodo. In essa, l'autore esamina la comparsa del secolarismo in occidente, fino al punto in cui né la fede né l'ateismo possono essere dati per certi, ma devono essere scelti personalmente. La fede e l'ateismo costituiscono due opzioni per quanti vivono nelle società postindustriali del XXI secolo. Non sono più semplicemente "dati". Taylor non solo descrive nel dettaglio le fasi che hanno condotto all'attuale età secolare: dalla Riforma protestante, passando per la rivoluzione industriale, fino all'emergere dello Stato laico, ma, come filosofo e credente, valuta anche sia i vantaggi sia le perdite della rivoluzione secolare. Apprezza il rispetto per la dignità umana e per la libertà religiosa, messo in primo piano (spesso come frutto non riconosciuto dell'eredità religiosa). Deplora però anche l'individualismo e la perdita del senso di trascendenza che spesso l'accompagnano. Una parte importante del discernimento sinodale sarà di verificare se questo contesto di secolarismo è peculiare dell'Europa e dell'America del nord o se è penetrato anche in Asia, Africa e America latina. Nell'ultimo capitolo del suo libro, opportunamente intitolato "Conversioni", Taylor propone alcuni suggerimenti in merito alla sfida che la Chiesa deve affrontare in un'età secolare, suggerimenti che corrispondono ai passi dell'"Instrumentum laboris" che ho citato sopra. Egli riconosce la necessità di un linguaggio fresco, più creativo, capace di comunicare il Vangelo. Un linguaggio che sia più affettivo e poetico rispetto alla prosa prevalente di una tecnologia unidimensionale. Un linguaggio che attinga alla dimensione estetica dell'esperienza, attraverso la musica, l'arte o la letteratura. Taylor cita, come esempi della capacità di creare un linguaggio più integrale ed evocativo, due grandi poeti cattolici: il sacerdote inglese Gerard Manley Hopkins e il laico francese Charles Péguy. Hopkins ha ravvivato il senso sacramentale di un mondo "a cui è affidata la grandezza di Dio". Péguy ha trasmesso in modo poetico un senso vivo della comunione di tutti i Santi, unendo la terra e il cielo. Questi esempi possono offrire ispirazione per la sfida del Sinodo di riappropriarsi del Vangelo e di stimolare il rinnovamento di un'immaginazione incentrata su Cristo, capace di guidare e sostenere i cristiani nel lavoro multiforme della nuova evangelizzazione.

Robert P. Imbelli, L'Osservatore Romano

L'invito di Gesù alla preghiera per gli operai nella messe. Il Papa: il mondo di oggi ha bisogno di persone che parlino a Dio per poter parlare di Lui

La liturgia del Vangelo di oggi, nel quale Gesù invita a pregare perché Dio mandi operai nella sua messe, echeggia alcuni pensieri espressi ieri mattina dal Papa nella sua visita alla comunità dei Padri Verbiti di Nemi. La Chiesa, ha affermato Benedetto XVI, ha il dovere di vivere in un continuo “dinamismo” dell’annuncio dell’amore di Dio al mondo, perché il bene “ha la necessità in sé di comunicarsi”. Un tema sul quale il Pontefice è tornato diverse volte negli ultimi mesi, in particolare parlando della nuova evangelizzazione. Diventare terra di missione dopo essere stata una terra di missionari. È la capriola all’indietro del cristianesimo in Occidente. Una lenta erosione che dopo duemila anni dal primo annuncio ha portato, in quest’area del pianeta, a un analfabetismo di ritorno del Vangelo che ha reso indispensabile una seconda diffusione del messaggio di Cristo. La nuova evangelizzazione è il terreno sul quale Benedetto XVI ha scelto di combattere una delle buone battaglie del suo Pontificato. E l’arma utilizzata è quella prevista dalla “legge del chicco di grano”, che vuole uomini e donne che prima di ammaestrare le folle in pubblico sappiano mettersi in ginocchio in silenzio.
"Il mondo di oggi ha bisogno di persone che parlino a Dio, per poter parlare di Dio. E dobbiamo anche ricordare sempre che Gesù non ha redento il mondo con belle parole o mezzi vistosi, ma con la sua sofferenza e la sua morte. La legge del chicco di grano che muore nella terra vale anche oggi; non possiamo dare vita ad altri, senza dare la nostra vita" (All'Incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, 15 ottobre 2011).
In questo modo, nota il Papa, chi annuncia non perde di vista che è Dio stesso a dare forza alle sue parole e non il contrario. Il che è poi massima garanzia di successo nella diffusione del
Vangelo. Poi, certo, duemila anni di storia della santità sono lì a dimostrare che audacia, dedizione, entusiasmo sono monete che un testimone della fede non può non trafficare lungo la via che porta Cristo.

“E su questa via non si cammina mai da soli, ma in compagnia: un’esperienza di comunione e di fraternità che viene offerta a quanti incontriamo, per partecipare loro la nostra esperienza di Cristo e della sua Chiesa. Così, la testimonianza unita all’annuncio può aprire il cuore di quanti sono in ricerca della verità, affinché possano approdare al senso della propria vita” (16 ottobre 2011, Santa Messa per la Nuova Evangelizzazione).
La maggiore efficacia che Benedetto XVI attribuisce alla “testimonianza unita” dilata la riflessione su un cerchio più ampio, quello ecumenico: "La mancanza di unità tra i cristiani
impedisce un annuncio più efficace del Vangelo, perché distrugge o mette in pericolo la nostra credibilità. Come possiamo dare una testimonianza convincente se siamo divisi? Certamente, per quanto riguarda le verità fondamentali della fede, ci unisce molto più di quanto ci divide”
(Udienza generale, 18 gennaio 2012).


Radio Vaticana

Da Dottrina della Fede valutazioni critiche sulle linee guida della CEI contro gli abusi: norme poco incisive, niente obbligo di denuncia del vescovo

Norme troppo "leggere", poco "incisive", ma, soprattutto, prive della "obbligatorietà" di denuncia da parte del vescovo dei preti accusati di pedofilia o violenze sessuali. Pur non trattandosi di una bocciatura definitiva, sono molto critiche le prime valutazioni che filtrano dalla Congregazione per la Dottrina della Fede sulle norme varate dalla Conferenza Episcopale italiana contro i preti pedofili. Ad indispettire l'ex Sant'Uffizio è la parte dell'ordinamento sui rapporti tra vescovi e autorità civili, ritenuta poco chiara e scarsamente vincolante in materia di denunce alla magistratura. Le nuove norme, dal titolo "Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici", furono approvate dall'Assemblea generale della CEI lo scorso 21 maggio. Lo stesso testo era stato precedentemente varato dal Consiglio Episcopale permanente, il governo vescovile, lo scorso gennaio. Dopo il placet dell'Assemblea, le norme sono state presentate pubblicamente dal vescovo Mariano Crociata, segretario generale della CEI. Crociata stesso si premurò di spiegare che il mancato inserimento dell'obbligatorietà di denuncia dei vescovi alle autorità civili "si deve al semplice fatto che la legge italiana non prevede tale obbligatorietà". In seguito le linee guida furono inviate all'ex Sant'Uffizio prima della scadenza predisposta dalla Santa Sede, il 31 maggio 2012, per la presentazione delle norme anti-pedofilia da parte delle Conferenze Episcopali. Al di là della bontà dei provvedimenti previsti dalle nuove norme, immediato avvio di indagini interne su preti sospettati di pedofilia o violenze sessuali su minori, processi canonici rapidi e riduzione allo stato laicale dei condannati, le prime riserve sull'ordinamento anti-abusi emersero già al momento della presentazione ufficiale. Molti osservatori non mancarono di rilevare che le norme apparivano meno severe rispetto al modello in vigore in Inghilterra e in Francia, dove i vescovi sono tenuti ad informare preventivamente le autorità civili su inchieste avviate nelle loro diocesi, a partire da quelle violenze sessuali. Una tolleranza zero fortemente perseguita da mons. Charles Scicluna, il promotore di giustizia dell'ex Sant'Uffizio. E forse non è un caso che proprio Scicluna, una volta presa visione delle norme della CEI, abbia scritto al segretario generale Crociata, per ricordargli che "per la Santa Sede queste linee guida non sono state ancora vagliate ed approvate", facendo intendere che il Vaticano su un tema tanto delicato, al posto degli annunci ufficiali, preferisce prudenza e riserbo in attesa del pronunciamento della Congregazione per la Dottrina delle Fede. Il punto di frizione tra CEI ed ex Sant'Uffizio nasce a pagina 14 delle linee guida dove si specifica che "i vescovi sono esonerati dall'obbligo di deporre o di esibire documenti in merito a quanto conosciuto per ragioni del loro ministero". E ancora: "Non avendo il vescovo nell'ordinamento italiano la qualifica di pubblico ufficiale" si argomenta, egli "non ha l'obbligo giuridico di denunciare all'autorità giudiziaria statuale notizie in merito ai fatti illeciti oggetto delle presenti linee guida". Una posizione apparsa troppo distante, nelle stanze vaticane, dallo spirito della Lettera circolare inviata dell'ex Sant'Uffizio agli episcopati di tutto il mondo il 3 maggio 2011. La Lettera, premettendo che "l'abuso sessuale di minori non è solo un delitto canonico, ma anche un crimine perseguito dall´autorità civile", avvisava i vescovi che "è importante cooperare con le autorità civili per quanto riguarda il deferimento di crimini sessuali". Silenzio, per ora, da parte della CEI, intenzionata a non replicare alle indiscrezioni sulla bocciatura delle norme, in attesa del giudizio finale della Congregazione previsto ad ottobre.

Orazio La Rocca, La Repubblica

Domani il presidente Napolitano cenerà con Benedetto XVI a Castel Gandolfo dopo aver assistito al concerto diretto dal maestro Daniel Barenboim

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (foto) cenerà domani con Papa Benedetto XVI dopo aver assistito al concerto in onore del Pontefice della West-Eastern Divan Orchestra diretta dal maestro Daniel Barenboim nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. Verso le 17.50, informa una nota del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, il capo di Stato italiano verrà accolto dal Pontefice nel Giardino del Moro della residenza pontificia di Castel Gandolfo. “Lì – spiega la nota – sosterranno per un breve saluto e una foto ricordo e, insieme, percorreranno il cortile interno del Palazzo Apostolico per arrivare al luogo dove si terrà il concerto”, al termine del quale – conclude la nota – “il presidente della Repubblica, accompagnato dalla consorte, sarà ospite del Papa per la cena”.

Asca, Radio Vaticana

Santa Sede: il vescovo di Harbin ordinato senza mandato del Papa è incorso nella scomunica. Autorità cinesi non favoriscano gesti contrari al dialogo

La Santa Sede condanna, con una nota ufficiale, l’ordinazione episcopale illegittima di Giuseppe Yue Fusheng, avvenuta ad Harbin, in Cina, il 6 luglio scorso. Ordinato senza mandato pontificio, Yue Fusheng è incorso automaticamente nella scomunica, come previsto dal Codice di Diritto Canonico. Allo stesso tempo, la Santa Sede esprime apprezzamento per tutti i cinesi che hanno pregato per il ravvedimento del reverendo e confida nell’effettivo desiderio di dialogo delle autorità governative cinesi. “La Santa Sede non riconosce il rev. Yue Fusheng come vescovo dell’amministrazione apostolica di Harbin, ed egli è privo dell’autorità di governare i sacerdoti e la comunità cattolica nella provincia di Heilongjiang”, si legge nella nota. Tanto più che il reverendo “era stato informato da tempo che non poteva essere approvato dalla Santa Sede come candidato episcopale, e più volte gli era stato richiesto di non accettare l’ordinazione episcopale senza il mandato pontificio”. La nota ufficiale, inoltre, ricorda che anche “i vescovi, che hanno preso parte all’ordinazione episcopale illegittima e si sono esposti alle sanzioni previste dalla legge della Chiesa, devono riferire alla Santa Sede circa la loro partecipazione alla cerimonia religiosa”. Apprezzamento, invece, viene espresso per “quei sacerdoti, quelle persone consacrate e quei fedeli laici che hanno pregato e digiunato per il ravvedimento del rev. Yue Fusheng, per la santità dei vescovi e per l’unità della Chiesa in Cina”. Di qui, l’invito a “tutti i cattolici in Cina, Pastori, sacerdoti, persone consacrate e fedeli laici”, a “difendere e a salvaguardare ciò che appartiene alla dottrina e alla tradizione della Chiesa”, poiché “anche nelle presenti difficoltà essi guardano con fiducia al futuro, confortati dalla certezza che la Chiesa è fondata sulla roccia di Pietro e dei suoi Successori”. Confidando, inoltre, “nell’effettivo desiderio delle autorità governative cinesi di dialogare con la Santa Sede – prosegue la nota - la Sede Apostolica auspica che le autorità non favoriscano gesti contrari a tale dialogo”. Ed “anche i cattolici cinesi attendono passi concreti nello stesso senso, primo fra tutti quello di evitare le celebrazioni illegittime e le ordinazioni episcopali senza mandato pontificio, che creano divisione e recano sofferenza alle comunità cattoliche in Cina e alla Chiesa universale”. Infine, la nota della Santa Sede indica come “motivo di apprezzamento e di incoraggiamento” l’ordinazione di Taddeo Ma Daqin a vescovo ausiliare della diocesi di Shanghai, avvenuta sabato 7 luglio. Tuttavia, “la presenza da parte di un vescovo che non è in comunione con il Santo Padre”, viene definita “inopportuna”, una dimostrazione di “mancanza di sensibilità verso un’ordinazione episcopale legittima”. La nota odierna segue quella del 3 luglio scorso, a firma della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, in cui si condannava già l’ordinazione di Yue Fusheng, che era stata “programmata in modo unilaterale” e destinata a produrre “divisioni, lacerazioni e tensioni nella comunità cattolica in Cina”. Il vescovo Thaddeus Ma Daqin è stato "confinato" in un seminario di Shanghai dalle autorità cinesi, dopo la sua decisione di rassegnare le dimissioni dall'Associazione Patriottica cattolica. La notizia è stata riferita da alcuni media e fonti ufficiali locali, citate dalla BBC. Secondo quanto si è appreso, il vescovo avrebbe detto alla congregazione di avere rassegnato le dimissioni per potersi dedicare a tempo pieno al suo nuovo incarico. Ma secondo gli analisti, la mossa sarebbe parte del tentativo di sfidare il controllo dello Stato cinese sulla Chiesa Cattolica.

Radio Vaticana, TMNews

DICHIARAZIONE DELLA SANTA SEDE SULLE ORDINAZIONI EPISCOPALI AD HARBIN E A SHANGHAI (CINA CONTINENTALE)

E' morto il cardinale brasiliano Eugênio de Araújo Sales. Il cordoglio del Papa: pastore intrepido e testimone autentico del Vangelo tra il suo popolo

Benedetto XVI ha espresso il suo profondo cordoglio per la morte, avvenuta nella notte a Rio de Janeiro, del cardinale brasiliano Eugênio de Araújo Sales (foto), arcivescovo emerito di Rio: il porporato aveva 91 anni. Il Papa, in un telegramma, lo ricorda come “pastore intrepido” e “testimone autentico del Vangelo in mezzo al suo popolo” che ha indicato a tutti “la via della verità nella carità e del servizio alla comunità, nella costante attenzione ai più svantaggiati”. Il cardinale de Araujo Sales, ha detto il Papa, ha attuato nella vita il suo motto episcopale “Mi prodigherò e mi consumerò”, diventando per tutti in Brasile anche “un sicuro punto di riferimento e di fedeltà alla Sede Apostolica”. Con la scomparsa del porporato brasiliano, il Collegio Cardinalizio risulta ora composto da 208 cardinali, di cui 121 elettori e 87 ultraottantenni.

Radio Vaticana

Comunicato della Nunziatura apostolica in Slovacchia sul caso di mons. Bezák: accettare di buon grado e con spirito di fede la decisione del Papa

Ieri la Nunziatura apostolica in Slovacchia, per conto della Santa Sede, ha rilasciato un comunicato per chiarire alcune informazioni errate diffuse a seguito della decisione di Benedetto XVI di sollevare dall’incarico pastorale mons. Róbert Bezák, arcivescovo di Trnava. “Sulla base di numerose segnalazioni riguardanti la situazione pastorale nell’arcidiocesi di Trnava inviate da sacerdoti e fedeli direttamente alla Santa Sede, il segretario di Stato vaticano - si legge nel comunicato - aveva autorizzato la Congregazione per il clero a condurre una visita apostolica in quella Chiesa particolare allo scopo di verificare le lamentele”. La visita si svolse dal 22 gennaio al 1° febbraio 2012 sotto la guida di mons. Jan Baxant, vescovo di Litomerice (Repubblica Ceca) e i risultati ottenuti furono inviati alla Congregazione per il clero per essere esaminati dalle autorità competenti. In seguito, la Congregazione per i vescovi informò mons. Bezák delle questioni più importanti relative alla sua persona e alle sue attività pastorali, chiedendo al vescovo di esaminare quanto emerso e di spiegare la sua posizione. Il Santo Padre, dopo un’attenta riflessione, decise di chiedere a mons. Bezák di dimettersi dal suo incarico pastorale nell’arcidiocesi di Trnava. Dopo il rifiuto del vescovo, il Santo Padre decise di sollevarlo dal suo incarico, pubblicando la decisione il 2 luglio 2012. La Santa Sede ha espresso “profondo rammarico” per il fatto che mons. Bezák abbia diffuso anzitempo la decisione rompendo così il “segreto papale”. La Nunziatura apostolica invita i fedeli della Slovacchia ad “accettare di buon grado e con spirito di fede la decisione del Santo Padre” esprimendo l’auspicio che “l’unità della Chiesa nel Paese possa rafforzarsi”.

SIR

Anno della fede. Prevost: in modo particolare i sacerdoti e i religiosi devono riscoprire la gioia della fede da trasmettere con entusiasmo e gioia

“Come agostiniani possiamo partecipare all’evangelizzazione, come comunità possiamo essere testimonianza, cioè segno vivo”. Padre Robert Prevost, priore generale dell‘ordine di Sant‘Agostino, interviene così sull’Anno della fede, sottolineando la particolare attenzione che l’ordine dedica al tema della fede e come sia una “grazia” anche “la nostra risposta che si attua credendo” e che “ci porta a scoprire che la fede può crescere vivendo il Vangelo nella Chiesa”. Padre Prevost evidenzia poi come gli ultimi Pontefici abbiano “colto la necessità di un nuovo annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo” e come alla Chiesa spetti “il compito importante di essere presente nelle regioni dove la gente vuole conoscere Cristo”. A tal proposito, secondo il priore, “alcuni settori del mondo vivono una crisi di fede, elemento essenziale nella vita dell‘uomo”, e in modo particolare anche i sacerdoti e i religiosi devono “riscoprire la gioia della fede”, da “trasmettere con entusiasmo e con gioia”. Ricordando la Lettera Apostolica “Porta Fidei” con la quale il Papa indice l’Anno della fede citando più volte Sant’Agostino, Prevost richiama l’impegno degli agostiniani a farsi “compagni” di chi è impegnato nel cammino, non solo “indicando la direzione da intraprendere”, ma con la “vicinanza alla gente di oggi”.

SIR

"Anche noi sacerdoti dobbiamo riscoprire la gioia della fede"

In Curia è data per imminente la nomina di un vescovo che affiancherà il prefetto della Casa Pontificia James Harvey. Potrebbe essere mons. Gänswein

Vescovo in arrivo. In Curia è data per imminente una nomina episcopale alla Casa Pontificia. La scelta del presule che affiancherà il prefetto James Michael Harvey potrebbe cadere sul segretario particolare del Papa, mons. Georg Gänswein (foto). Se sarà così, la storia si ripeterà, con il braccio destro del Pontefice che diventa anche il "numero due" della Casa Pontificia. Nel 2003 era stato nominato prefetto aggiunto della Casa Pontifìcia mons. Stanislao Dziwisz, un ruolo creato appositamente per lui in uno degli uffici vaticani più delicati, quello che sovrintende alle udienze private, speciali, generali quello che dispone tutto quanto gira attorno al Papa. Per don Georg si era ipotizzata anche la designazione a successore di mons. Gerhard Ludwig Müller,ex vescovo di Ratisbona, nominato una settimana fa da Benedetto XVI nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, incarico da lui stesso ricoperto per più di vent'anni prima di essere eletto al Soglio di Pietro. Don Stanislao nel 1998 era stato nominato vescovo, unico segretario di un Papa vivente nei tempi moderni a ricevere la dignità episcopale. Si è scritto molto sull'ipotesi che fosse proprio lui il cardinale in pectore che il Papa si era riservato nell'ultimo Concistoro. Ma il nome nel testamento non c'era e quindi la
questione, come disse il portavoce Joacquin Navarro Valls, "non si pone più". La Prefettura della Casa Pontificia si occupa dell'ordine della Casa Pontificia e controlla il servizio dei cappellani e della Famiglia Pontificia. Voluta da Paolo VI con la Costituzione Apostolica "Regimini Ecclesiae Universae" del 1967, integrata dal Motu Proprio "Pontificalis Domus" dell'anno successivo ed oggi regolamentata dagli articoli 180 e 181 della Costituzione Apostolica "Pastor Bonus". È formata dall'insieme delle persone che svolgono un servizio diretto alla persona del Papa all'interno del Palazzo Apostolico oppure quando egli si trova a Roma o in altra città italiana. Suo ufficio è anche quello di curare le cerimonie pontificie, esclusa la parte strettamente liturgica, di cui si occupa l'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice. La Prefettura concede le udienze pubbliche e private secondo le circostanze, a volte concordate con la Segreteria di Stato. Nel febbraio 1998 venne nominato prefetto della Casa Pontificia lo statunitense Harvey al posto di mons. Dino Monduzzi, che aveva dato le dimissioni per raggiunti limiti di età. Ora, dunque, nomina episcopale in arrivo alla Casa Pontificia. Un nuovo prelato affiancherà (e non sostituirà) mons. Harvey il cui trasferimento ad altro incarico ora che è indagato l'ex maggiordomo papale Paolo Gabriele verrebbe interpretato come un atto d'accusa nei suoi confronti. Secondo quanto si apprende, nella confessione Gabriele avrebbe indicato alla magistratura vaticana altre persone coinvolte nella fuga di documenti riservati. La volontà della Santa Sede è di non estendere lo scandalo e di tenere sotto traccia il lavoro di indagine per poi arrivare ad un provvedimento di clemenza verso l'ex aiutante di camera del Pontefice.


Giacomo Galeazzi, Oltretevere

I Verbiti, Benedetto XVI e lo sguardo sull'Asia. Molte cose stanno crollando, e il Papa ne sta facendo sorgere altre. Ripartendo però dalle fondamenta

Il capitolo generale della Società Verbum Domini ha già consegnato alla congregazione dei Padri Verbiti un nuovo superiore generale. Heinze Kuluke, tedesco, viene direttamente da Cebu, una città indipendente altamente urbanizzata delle Filippine. Ci è stato 26 anni. E qualcuno può vedere la sua elezione di padre Kuluke come nuovo superiore generale come qualcosa di profetico. Perché anche i Verbiti furono fondati da un sacerdote diocesano tedesco, Arnold Janssen. E tedesco è stato il teologo, e ieri il Papa, che si è recato in visita alla Casa "Ad Gentes" di Nemi. A volte le coincidenze contano. Quando Arnold Janssen, agli inizi del 1875, presentò all’arcivescovo di Colonia, Paulus Melchers, il suo progetto di fondazione di un istituto missionario, questi gli rispose: “Viviamo in un tempo dove tutto sta cambiando e sembra crollare e lei si presenta con un progetto per cominciare qualcosa di nuovo?”. Padre Janssen rispose: “Viviamo in un tempo in cui molte cose stanno crollando, ma in cambio ne devono sorgere altre!”. Molte cose stanno crollando anche in questo tempo, c’è bisogno di cose nuove. Le sta costruendo un Papa, tedesco anche lui e anche lui con un legame particolare con la diocesi di Colonia. Del card. Frings, arcivescovo di Colonia, Joseph Ratzinger fu perito conciliare. Fu in quegli anni che il futuro Papa fu chiamato insieme ad altri teologi a rimettere mano al Decreto "Ad gentes", il decreto sull’attività missionaria della Chiesa. Fu proprio Frings tra quelli che mossero le maggiori critiche alla prima bozza del decreto. Il segretario dello stesso Frings che, ha ricordato ieri Benedetto XVI, era uso attraversare a nuoto tutto il lago di Nemi. Molte cose stanno crollando, e Benedetto XVI ne sta facendo sorgere altre. Ripartendo però dalle fondamenta. L’Anno della fede è il culmine del percorso di un Pontificato, ma il progetto di riportare tutto alla potenza salvifica di Gesù è invece un qualcosa che contraddistingue l’intera vita di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, e i volumi scritti sulla storia di Gesù stanno lì a testimoniarlo. È Gesù il centro della nuova evangelizzazione. Un cambiamento di prospettiva notevole, una piccola rivoluzione. Perché le rivoluzioni ci sono anche quando si torna alle origini, se tutto è spostato su altre idee e posizioni. D’altronde, lo stesso Benedetto XVI ha detto di non aver mai realmente capito la controversia che portò alla riunione dei periti conciliari nella Casa "Ad Gentes" dei Padri Verbiti. “Tutto – ha spiegato - convergeva in un unico dinamismo della necessità di portare la luce della Parola di Dio, la luce dell’amore di Dio nel mondo e di dare una nuova gioia per questo annuncio”. In un momento di relazioni difficili con la Cina, dove le ordinazioni illecite rappresentano una ferita che si sta riaprendo, si deve guardare al modello di evangelizzazione dei Padri Verbiti, che hanno dedicato all’Oriente il loro sforzo ad gentes. Si pensa a loro, e si ripensa alla visita che Benedetto XVI fece ad Oies sulla tomba del Santo Giuseppe Freinademetz, tra i primissimi missionari verbiti di Cina, che si immerse nella cultura del posto per evangelizzare, fino a che la Cina divenne la sua casa. E si guarda anche più indietro, ad un altro modello: quello di padre Matteo Ricci. “Matteo Ricci – ha detto il Papa in un'Udienza generale tutta dedicata al gesuita missionario in Cina - è un caso singolare di felice sintesi fra l'annuncio del Vangelo e il dialogo con la cultura del popolo a cui lo si porta...Ricci non si reca in Cina per portarvi la scienza e la cultura dell'Occidente, ma per portarvi il Vangelo, per far conoscere Dio”. Ricci, nel dialogare con gli uomini di cultura della Pechino del Seicento, adottò un approccio simile quello oggi proposto da Benedetto XVI. Padre Matteo Ricci sapeva bene che il Vangelo cristiano era una novità assoluta, venuta da Dio. Ma sapeva che anche la ragione umana ha origine nell'unico Signore del Cielo, ed è comune a tutti coloro che vivono sotto lo stesso cielo. Egli dunque confidava che anche i cinesi potessero accogliere "le cose della nostra santa fede", se "confermate con tanta evidentia di ragioni". Lo stesso approccio di Benedetto XVI, lo stesso approccio che Joseph Ratzinger portò nel suo contributo alla "Ad Gentes". D’altronde, Benedetto XVI lo ha detto a chiare lettere nel settembre nel 2010, nel suo discorso alla Westminster’s Hall: “Le norme oggettive che governano il retto agire sono accessibili alla ragione, prescindendo dal contenuto della rivelazione”. Il ritorno alle origini di Ratzinger, oggi, a Nemi, ha rappresentato così anche uno sguardo verso il futuro. Verso la nuova evangelizzazione.

Andrea Gagliarducci, Korazym.org

La terra trema ai Castelli Romani. Lombardi: la scossa è stata avvertita anche dal Papa, ma non c'è stata alcuna conseguenza nelle Ville Pontificie

La terra trema ai Castelli Romani. Una scossa di terremoto di magnitudo 3.5 è stata chiaramente avvertita ieri dalla popolazione in provincia di Roma. Le località prossime all'epicentro sono i comuni di Montecompatri, Colonna e Monte Porzio Catone. Dalle verifiche effettuate dalla Sala Situazione Italia del dipartimento della Protezione Civile "non risultano danni a persone o cose". Secondo i rilievi registrati dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia l'evento e' stato registrato alle 17.13. Squadre dei vigili del fuoco stanno effettuando verifiche nelle zone, alle porte della capitale ma al momento non sono arrivate segnalazioni di danni a persone o cose ne' richieste di soccorso. La scossa è stata avvertita distintamente un po' in tutti i quartieri a sud est della capitale e in molti hanno chiamato il "115" per chiedere notizie. La scossa di terremoto di oero pomeriggio ai Castelli Romani "è stata avvertita" anche nel Palazzo Apostolico di Castelgandolfo, dove Benedetto XVI trascorre le sue vacanze da martedì scorso. Lo ha confermato padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede. "Ma - ha assicurato il religioso - non c'è stata alcunae conseguenza nelle Ville Pontificie", complesso del quale fa parte anche l'edificio che ospita il Papa.

Agi