martedì 26 aprile 2011

Il 4 maggio il Papa avrà un collegamento satellitare con la stazione spaziale internazionale in occasione dell'ultima missione dello Shuttle Endeavour

Benedetto XVI ''avrà un collegamento satellitare con la stazione spaziale internazionale in occasione dell'ultima missione dello Shuttle Endeavour''. Accadrà mercoledi' 4 maggio, alle 17.30. E' quanto ha riferito nei giorni scorsi L'Osservatore Romano. ''Ne da' notizia la Prefettura della Casa Pontificia - si è letto sul quotidiano vaticano - informando che, per la seconda volta nella storia delle attività spaziali italiane, due astronauti italiani si incontreranno sulla stazione spaziale: il colonnello Roberto Vittori - che porterà la medaglia d'argento, dono del Papa - troverà l'ingegnere Paolo Nespoli, insieme ad altri membri dell'equipaggio di diverse nazioni''. Dopo quest’ultima missione, gli americani non effettueranno più viaggi con gli Shuttle. Una scelta presa dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, nel 2009 e che ha fatto eco in tutto il mondo. La storia dello Space Shuttle inizia dopo gli esaltanti risultati dei viaggi lunari del 1969: dopo l’arrivo e l’atterraggio sulla Luna, gli americani vollero incominciare a viaggiare per lo spazio. Così nacque l’idea di una navetta riutilizzabile e, con il passare degli anni, si perfezionò l’idea. Oggi, a quasi 40 anni di carriera, il mezzo spaziale più famoso al mondo terminerà la sua missione e per ultimare la sua vita nell’universo, il Papa ha deciso di visitarlo prima della pensione in qualche hangar di aeroporto.

Adnkronos, Il quotidiano italiano

Il Papa ad Aquileia e Venezia. Sarà una 'dogaressa' la gondola su cui salirà Benedetto XVI. 425 i gondolieri che si contengono la guida

A Venezia è 'guerra' tra gondolieri, che si contendono l'onore di condurre Papa Benedetto XVI, in visita nel capoluogo lagunare il 7 e l'8 maggio, quando la domenica pomeriggio transiterà dalla Basilica di San Marco alla Basilica della Madonna della Salute (foto). Tra gli amletici dubbi quello sul numero dei gondolieri: ci sarà una coppia di gondolieri o saranno addirittura due coppie sulla gondola papale? Intanto, Venezia è già pronta per l'arrivo del Papa: sul Ponte di Rialto, da entrambe le parti, c'è uno striscione in cui si legge 'Venezia saluta Benedetto XVI', con l'immagine sorridente del Pontefice. Per quanto riguarda la gondola papale e il suo nocchiero, su 425 gondolieri registrati ufficialmente a Venezia, la scelta sarà estremamente ardua e, del resto, portare il Pontefice sulla gondola bardata per le occasioni speciali è una opportunità che nessuno dei vogatori vorrebbe farsi sfuggire. Il responso si conoscerà solo tra due giorni, quando finalmente la coppia di gondolieri papali, o le due coppie, verrà annunciata. Nel frattempo, indiscrezioni dicono che la gondola sulla quale il Santo Padre viaggerà non sarà un'imbarcazione privata di proprietà del gondoliere, ma sarà una gondola pubblica: forse la 'dogaressa', una gondola di proprietà del comune adatta alle grandi occasioni e più grande rispetto a una gondola tradizionale. La gondola 'dogaressa' potrebbe quindi ospitare comodamente, date le dimensioni, anche due coppie di vogatori, una a poppa e l'altra a prua. Il tutto nel segno di una maggiore sicurezza e stabilità dell'imbarcazione che ospiterà Benedetto XVI.

TMNews

Vian: con la sua parola il Papa sta restituendo alla tradizione cristiana forza e comprensibilità in un mondo sommerso da un'infinità di messaggi

“L’omelia di Benedetto XVI per la Veglia di Pasqua di quest’anno, all’inizio del settimo anno di pontificato, è un testo impressionante”. A sostenerlo è Gian Maria Vian, direttore de L’Osservatore Romano, nell’editoriale del numero in edicola oggi, che parla di “un Papa che con la sua parola sta restituendo alla tradizione cristiana forza e comprensibilità in un mondo sommerso da un’infinità di messaggi”. “Quest’anno – prosegue Vian - Benedetto XVI ha scelto di concentrare la sua riflessione, che ha il dono di arrivare all’essenziale, sulla parola della Scrittura ispirata da Dio e proclamata nella Liturgia. In particolare, le antiche profezie veterotestamentarie. Che non solo raccontano la storia della salvezza, ma mostrano il ‘fondamento e l’orientamento’ di tutta la storia. A partire dalla creazione”. La “specificità della Chiesa”, spiega il Papa, non è “soddisfare bisogni religiosi”, ma portare “l’uomo in contatto con Dio”, riconoscendo “la realtà di un universo non casuale ma creato da una Parola e da una Ragione buona: il lògos, che era ‘in principio’, quando Dio creò il cielo e la terra”. Per il Papa, “voluta da una Ragione buona, la creazione rimane buona nonostante ‘una spessa linea oscura’ che vi si manifesta e le si oppone, per l’uso indebito della libertà voluta dalla stessa Ragione. Contro ogni gnosticismo avverso alla creazione, questo era e rimane il convincimento della Chiesa”.

SIR

La Ragione buona

Pasqua 2011. Nelle parole di Benedetto XVI la straordinaria storia dell'amore di Dio: Egli è sceso perchè l'uomo possa salire verso di Lui

Nella Settimana Santa appena trascorsa, centro di tutto l’Anno liturgico, Benedetto XVI ha pronunciato parole intense, parole forti: una sorta di appello accorato all’umanità per ribadire che la porta del Cielo per raggiungere Dio è stata aperta. Il Papa ha illustrato la straordinaria storia dell’amore di Dio per l’uomo. A quanti negano Dio o sono dubbiosi ha ricordato che le perfezioni del cosmo non si sono prodotte da sé: l’ordine non è generato dal caso o dall’irrazionalità. Dietro una cosa ben fatta c’è un’intelligenza che la produce. Questa Intelligenza, questa Ragione creatrice, è Dio, e Dio è Amore e ha voluto comunicare in modo particolare il suo amore a una creatura, l’uomo: “Se l’uomo fosse soltanto un prodotto casuale dell’evoluzione in qualche posto al margine dell’universo, allora la sua vita sarebbe priva di senso o addirittura un disturbo della natura. Invece no: la Ragione è all’inizio, la Ragione creatrice, divina” (23 aprile 2011, Veglia Pasquale nella Notte Santa).
Senza libertà non c’è vero amore. Per questo l’uomo è libero di rifiutare Dio, di negare addirittura la sua esistenza. E Dio non s’impone. Ma nel cuore dell’uomo resta pur sempre l’impronta divina e senza Dio è perennemente inquieto. Aspira a raggiungere l’infinito, ad essere come Dio, totalmente libero, perfetto, e ci prova con le sue forze: “Noi da soli siamo troppo deboli per sollevare il nostro cuore fino all’altezza di Dio. Non ne siamo in grado. Proprio la superbia di poterlo fare da soli ci tira verso il basso e ci allontana da Dio. Dio stesso deve tirarci in alto, ed è questo che Cristo ha iniziato sulla Croce. Egli è disceso fin nell’estrema bassezza dell’esistenza umana, per tirarci in alto verso di sé, verso il Dio vivente. Egli è diventato umile...Soltanto così la nostra superbia poteva essere superata: l’umiltà di Dio è la forma estrema del suo amore, e questo amore umile attrae verso l’alto” (17 aprile 2011, Domenica delle Palme).
Dio è sceso perché l’uomo possa salire. Salire è difficile, non è comodo. La nostra volontà è un’altra. Seguire la volontà di un Altro è duro: è la nostra croce, la nostra morte. Ma Gesù ci ha mostrato che da questa morte viene la vita. Lui ha fatto la volontà del Padre ed è risorto: “La Risurrezione di Cristo non è il frutto di una speculazione, di un’esperienza mistica: è un avvenimento, che certamente oltrepassa la storia, ma che avviene in un momento preciso della storia e lascia in essa un’impronta indelebile” (Messaggio Urbi et Orbi, Pasqua 2011).
La Risurrezione di Gesù è un fatto inaudito che cambia la storia, cambia la vita di tutti. I discepoli, già in fuga davanti al Maestro arrestato e crocifisso, si sarebbero dispersi se non avessero visto con i loro occhi qualcosa di inimmaginabile. Per questo hanno potuto dare la vita per il loro Signore: perché l’hanno visto risorto. Ora non avevano più paura della morte. Nasce la Chiesa: “La Chiesa non è una qualsiasi associazione che si occupa dei bisogni religiosi degli uomini, ma che ha, appunto, lo scopo limitato di tale associazione. No, essa porta l’uomo in contatto con Dio” (23 aprile 2011, Veglia Pasquale nella Notte Santa).
La Chiesa è fatta di uomini deboli che devono annunciare cose ben più grandi di loro, la Parola di Dio. Per questo è attaccata da Satana davanti al mondo. Noi la vorremmo diversa, perfetta come Dio è perfetto. Anche gli apostoli non accettavano l’idea di un Cristo debole, umile, crocifisso: “Tutti noi dobbiamo sempre di nuovo imparare ad accettare Dio e Gesù Cristo così come Egli è, e non come noi vorremmo che fosse. Anche noi stentiamo ad accettare che Egli si sia legato ai limiti della sua Chiesa e dei suoi ministri. Anche noi non vogliamo accettare che Egli sia senza potere in questo mondo. Anche noi ci nascondiamo dietro pretesti, quando l’appartenenza a Lui ci diventa troppo costosa e troppo pericolosa. Tutti noi abbiamo bisogno di conversione che accoglie Gesù nel suo essere-Dio ed essere-Uomo. Abbiamo bisogno dell’umiltà del discepolo che segue la volontà del Maestro” (21 aprile 2011, Santa Messa nella Cena del Signore).
Essere cristiani non è un vanto, ma una responsabilità: significa testimoniare al mondo il Dio vivente. Il Papa si rivolge ai cristiani: ai cristiani che si credono migliori perché hanno fatto un lungo percorso di fede. Li esorta ad essere umili come catecumeni, sempre all’inizio del cammino, sempre in cerca del Volto di Dio. Si rivolge ai cristiani sonnolenti, insensibili dinanzi al male che sconvolge il mondo perché insensibili a Dio e all’amore. E senza amore la fede è morta. Si rivolge ai popoli dell’Occidente, stanchi della propria fede, e li invita a non disprezzare la Croce: è l’unica speranza dell’umanità: “La Croce non è il segno della vittoria della morte, del peccato, del male ma è il segno luminoso dell’amore, anzi della vastità dell’amore di Dio, di ciò che non avremmo mai potuto chiedere, immaginare o sperare: Dio si è piegato su di noi, si è abbassato fino a giungere nell’angolo più buio della nostra vita per tenderci la mano e tirarci a sé, portarci fino a Lui” (Via Crucis al Colosseo, 22 aprile 2011).

Radio Vaticana

Il Papa: la Risurrezione il rinnovamento della condizione umana. Se sappiamo rivolgerci a Dio possiamo scoprire il significato più profondo della vita

"Surrexit Dominus vere! Alleluja!". Con queste parole ieri amattina, Lunedì dell’Angelo, Benedetto XVI ha introdotto la preghiera mariana del Regina Cæli, che per tutto il tempo pasquale sostituisce l’Angelus, dal Cortile del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, dove si è recato da domenica pomeriggio per un breve periodo di riposo. "La Risurrezione del Signore – ha detto - segna il rinnovamento della nostra condizione umana. Cristo ha sconfitto la morte, causata dal nostro peccato, e ci riporta alla vita immortale. Da tale evento promana l’intera vita della Chiesa e l’esistenza stessa dei cristiani". Lo leggiamo proprio oggi, Lunedì dell’Angelo, ha ricordato il Papa, nel primo discorso missionario della Chiesa nascente: "Questo Gesù – proclama l’apostolo Pietro – Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire". Uno dei segni caratteristici della fede nella Risurrezione, ha osservato, "è il saluto tra i cristiani nel tempo pasquale, ispirato dall’antico inno liturgico: ‘Cristo è risorto! È veramente risorto!’". È "una professione di fede e un impegno di vita", proprio come è accaduto alle donne descritte nel Vangelo di San Matteo: "Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: ‘Salute a voi!’. Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: ‘Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno’". Tutta la Chiesa, ha affermato il Pontefice riprendendo le parole di Paolo VI, "riceve la missione di evangelizzare, e l’opera di ciascuno è importante per il tutto. Essa resta come un segno insieme opaco e luminoso di una nuova presenza di Gesù, della sua dipartita e della sua permanenza. Essa la prolunga e lo continua". Illuminati dalla luce del Risorto. "In che modo possiamo incontrare il Signore e diventare sempre più suoi autentici testimoni?", ha chiesto il Santo Padre. Riprendendo le parole di San Massimo di Torino, ha sostenuto: "Chiunque vuole raggiungere il Salvatore, per prima cosa lo deve porre con la propria fede alla destra della divinità e collocarlo con la persuasione del cuore nei cieli". "Deve cioè imparare – ha chiarito Benedetto XVI - a rivolgere costantemente lo sguardo della mente e del cuore verso l’altezza di Dio, dove è il Cristo risorto. Nella preghiera, nell’adorazione, dunque, Dio incontra l’uomo". Il Papa ha ricordato anche il teologo Romano Guardini: "L’adorazione non è qualcosa di accessorio, secondario...si tratta dell’interesse ultimo, del senso e dell’essere. Nell’adorazione l’uomo riconosce ciò che vale in senso puro e semplice e santo". "Solo se sappiamo rivolgerci a Dio, pregarLo – ha aggiunto il Pontefice -, noi possiamo scoprire il significato più profondo della nostra vita, e il cammino quotidiano viene illuminato dalla luce del Risorto". Il Santo Padre ha, quindi, rammentato che "la Chiesa, in Oriente e in Occidente, oggi festeggia San Marco evangelista, sapiente annunciatore del Verbo e scrittore delle dottrine di Cristo – come in antico veniva definito. Egli è anche il patrono della città di Venezia, dove, a Dio piacendo, mi recherò in visita pastorale il 7 e 8 maggio prossimo". Infine, l’invocazione alla Vergine Maria, "affinché ci aiuti a compiere fedelmente e nella gioia la missione che il Signore Risorto affida a ciascuno".
Dopo la recita della preghiera mariana, nei saluti in italiano il Papa ha espresso un "ricordo particolare per le autorità e gli abitanti di Castel Gandolfo sempre così ospitali". Infine ha rivolto "uno speciale saluto ai rappresentanti dell'Associazione 'Meter', promotrice della Giornata nazionale per i bambini vittime della violenza, dello sfruttamento e dell'indifferenza, e li incoraggio a proseguire la loro opera di prevenzione e di sensibilizzazione delle coscienze al fianco delle varie agenzie educative: penso in particolare alle parrocchie, agli oratori e alle altre realtà ecclesiali che si dedicano con generosità alla formazione delle nuove generazioni".

SIR, TMNews

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DEL REGINA CÆLI