giovedì 7 giugno 2012

Il Papa: grazie a Cristo la sacralità è più vera, più intensa e anche più esigente! Chiede la purificazione del cuore e il coinvolgimento della vita

Nella serata di oggi, Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, il Santo Padre Benedetto XVI ha celebrato la Santa Messa sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano.“Questa sera vorrei meditare con voi su due aspetti, tra loro connessi, del Mistero eucaristico: il culto dell’Eucaristia e la sua sacralità. È importante riprenderli in considerazione per preservarli da visioni non complete del Mistero stesso, come quelle che si sono riscontrate nel recente passato”: con queste parole il Papa ha aperto la sua omelia. "Una interpretazione unilaterale del Concilio Vaticano II ha penalizzato” la dimensione dell’adorazione “restringendo in pratica l’Eucaristia al momento celebrativo”. Per il Papa che la “valorizzazione dell’assemblea liturgica, in cui il Signore opera e realizza il suo mistero di comunione, rimane naturalmente valida, ma essa va ricollocata nel giusto equilibrio”. "L'accentuazione posta sulla celebrazione dell'Eucaristia - ha spiegato Papa Ratzinger - è andata a scapito dell'adorazione, come atto di fede e di preghiera rivolto al Signore Gesù, realmente presente nel Sacramento dell'altare". Si genera uno sbilanciamento che allontana l’Eucaristia, Dio stesso, dalla vita e dalle città. “Concentrando tutto il rapporto con Gesù Eucaristia - ha dettoil Papa- nel solo momento della Santa Messa, si rischia di svuotare della sua presenza il resto del tempo e dello spazio esistenziali. E così si percepisce meno il senso della presenza costante di Gesù in mezzo a noi e con noi, una presenza concreta, vicina, tra le nostre case, come 'Cuore pulsante' della città, del paese, del territorio con le sue varie espressioni e attività. Il Sacramento della Carità di Cristo deve permeare tutta la vita quotidiana”. "E' sbagliato - ha affermato il Pontefice - contrapporre la celebrazione e l'adorazione, come se fossero in concorrenza l'una con l'altra. E' proprio il contrario: il culto del Santissimo Sacramento costituisce come l''ambiente' spirituale entro il quale la comunità
può celebrare bene e in verità l'Eucaristia. Solo se è preceduta, accompagnata e seguita da questo atteggiamento interiore di fede e di adorazione, l'azione liturgica può esprimere il suo pieno significato e valore".
Per questo motivo “l’incontro con Gesù nella Santa Messa si attua veramente e pienamente quando la comunità è in grado di riconoscere che Egli, nel Sacramento, abita la sua casa, ci attende, ci invita alla sua mensa, e poi, dopo che l’assemblea si è sciolta, rimane con noi, con la sua presenza discreta e silenziosa, e ci accompagna con la sua intercessione, continuando a raccogliere i nostri sacrifici spirituali e ad offrirli al Padre”. Il Papa ha ricordato le grandi adorazioni celebrate con i giovani a Colonia, Madrid, Zagabria. Una occasione che mette in evidenza come davanti all’ Eucaristia siamo tutti uguali. “Mi piace sottolineare l’esperienza che vivremo anche stasera insieme. Nel momento dell’adorazione, noi siamo tutti sullo stesso piano, in ginocchio davanti al Sacramento dell’Amore. Il sacerdozio comune e quello ministeriale si trovano accomunati nel culto eucaristico”. Ecco allora l’insegnamento per una vita sacramentale più intensa. “Comunione e contemplazione non si possono separare, vanno insieme. Per comunicare veramente con un’altra persona devo conoscerla, saper stare in silenzio vicino a lei, ascoltarla, guardarla con amore. Il vero amore e la vera amicizia vivono sempre di questa reciprocità di sguardi, di silenzi intensi, eloquenti, pieni di rispetto e di venerazione, così che l’incontro sia vissuto profondamente, in modo personale e non superficiale. E purtroppo, se manca questa dimensione, anche la stessa comunione sacramentale può diventare, da parte nostra, un gesto superficiale”. Il Pontefice è quindi passato "brevemente al secondo aspetto: la sacralità dell'Eucaristia. Anche qui abbiamo risentito nel passato recente di un certo fraintendimento del messaggio autentico della Sacra Scrittura. La novità cristiana riguardo al culto è stata influenzata da una certa mentalità secolaristica degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso", ha detto Benedetto XVI. "E' vero, e rimane sempre valido, che il centro del culto ormai non sta più nei riti e nei sacrifici antichi, ma in Cristo stesso, nella sua persona, nella sua vita, nel suo mistero pasquale. E tuttavia da questa novità fondamentale non si deve concludere che il sacro non esista più, ma che esso ha trovato il suo compimento in Gesù Cristo, Amore divino incarnato". Gesù, "sommo sacerdote dei beni futuri", "non ha abolito il sacro, ma lo ha portato a compimento, inaugurando un nuovo culto, che è sì pienamente spirituale, ma che tuttavia, finché siamo in cammino nel tempo, si serve ancora di segni e di riti, che verranno meno solo alla fine, nella Gerusalemme celeste, dove non ci sarà più alcun tempio. Grazie a Cristo, la sacralità è più vera, più intensa, e, come avviene per i comandamenti, anche più esigente! Non basta l'osservanza rituale, ma si richiede la purificazione del cuore e il coinvolgimento della vita". Il "sacro" ha "una funzione educativa", secondo il Papa, "e la sua scomparsa inevitabilmente impoverisce la cultura, in particolare la formazione delle nuove generazioni". Benedetto XVI ha proseguito: "Se, per esempio, in nome di una fede secolarizzata e non più bisognosa di segni sacri, venisse abolita questa processione cittadina del Corpus Domini, il profilo spirituale di Roma risulterebbe 'appiattito', e la nostra coscienza personale e comunitaria ne resterebbe indebolita. Oppure pensiamo a una mamma e a un papà che, in nome di una fede desacralizzata, privassero i loro figli di ogni ritualità religiosa: in realtà finirebbero per lasciare campo libero ai tanti surrogati presenti nella società dei consumi, ad altri riti e altri segni, che più facilmente potrebbero diventare idoli". “Dio, nostro Padre - ha proseguito - non ha fatto così con l’umanità: ha mandato il suo Figlio nel mondo non per abolire, ma per dare il compimento anche al sacro. Al culmine di questa missione, nell’Ultima Cena, Gesù istituì il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, il Memoriale del suo Sacrificio pasquale. Così facendo Egli pose se stesso al posto dei sacrifici antichi, ma lo fece all’interno di un rito, che comandò agli Apostoli di perpetuare, quale segno supremo del vero Sacro, che è Lui stesso”. “Con questa fede, - ha concluso Benedetto XVI - cari fratelli e sorelle, noi celebriamo oggi e ogni giorno il Mistero eucaristico e lo adoriamo quale centro della nostra vita e cuore del mondo”. Dopo la Celebrazione Eucaristica, il Papa ha presieduto la tradizionale processione del Corpus domini, dalla Basilica di San Giovanni in Laterano alla Basilica di Santa Maria Maggiore, sulla pedana, sovrastata da una tettoia di telo, installata su un'autovettura. Benedetto XVI ha percorso il tragitto su un inginocchiatoio posto di fronte all'ostensorio per l'adorazione eucaristica. La processione lungo via Merulana si è snodato nel seguente ordine: Cavalieri del Santo Sepolcro, Confraternite e Sodalizi, Associazioni Eucaristiche, Religiose, Bambini della Prima Comunione, Seminaristi, Religiosi, Sacerdoti, Parroci, Cappellani e Prelati di Sua Santità, Vescovi e Arcivescovi, Cardinali. Tutti i fedeli delle Parrocchie e gli appartenenti ad Associazioni e Movimenti ecclesiali hanno seguito il Santissimo Sacramento. La vettura del Papa ha preceduto la grande folla di decine di migliaia fedeli. Moltissimi romani e turisti hanno atteso invece il passaggio del Papa lungo le transenne che sbarravano gli incroci della via Merulana. Si è conclusa pochi minuti prima delle 22.00 la processione: Benedetto XVI ha concluso il rito con una preghiera di benedizione.

SIR, TMNews, Agi

SANTA MESSA E PROCESSIONE EUCARISTICA NELLA SOLENNITÀ DEL SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO - il testo integrale dell'omelia del Papa

Il giurista ebreo Weiler: Benedetto XVI è un Papa che ha il carisma della ragione universale. Le sue sono parole per uscire dal bunker positivista

"Come riconoscere ciò che è giusto? Si può ancora usare la ragione? Possono essere ancora accolte le domande di senso che ogni uomo ha nel cuore?". Sono le domande cui Papa Benedetto XVI non si stanca di dar voce. Risuonate ieri nell’aula magna dell’Università Cattolica di Milano, in un incontro organizzato dal Centro culturale di Milano. A ripeterle è stato don Stefano Alberto, docente di teologia dell’ateneo cattolico, che le ha rivolte a un interlocutore di fama internazionale. A rispondergli il giurista ebreo Joseph Weiler, professore della New York University, che ha studiato i discorsi di Papa Benedetto XVI per analizzarli durante l’incontro titolato “Da Regensburg al Bundestag: ripensando Cesare e Dio”. Chiaro il suo giudizio su Papa Ratzinger: è un Papa che "ha il carisma della ragione". "Nel suo discorso al Bundestag – ricorda il teologo – il Papa parla del bunker della ragione positivista in cui ci siamo chiusi. Un bunker dove non esiste il creato, ma solo le cose artificiali costruite dall’uomo. Peccato che all’uomo non basta ciò che produce da sé. Ha bisogno di altro per respirare a pieni polmoni". Per questo il Pontefice svegliò persino i parlamentari tedeschi sonnecchianti che lo ascoltavano, spiega don Stefano Alberto, "quando inaspettatamente fece riferimento ai Verdi. Affermando che le loro richieste nascevano da un desiderio buono. Quello di aprire le finestre sulla realtà creata. Spiegando che l’ecologia naturale è necessaria per rispettare quella umana". I discorsi del Pontefice sono dunque comprensibili a tutti. Perché allora tanto astio nei confronti dei cattolici che pretendono di contribuire al raggiungimento del bene comune? Weiler esemplifica: "Se domani viene eletto un governo e le femministe dicono che la nuova formazione non è loro gradita per via del fatto che ci sono poche donne, noi accettiamo tranquillamente la loro critica. E se i verdi fanno lo stesso perché ci sono pochi ambientalisti pure. Quando invece ci sono cattolici che dicono che il governo ha troppi pochi uomini di fede tutti si scandalizzano. Perché?". Passano almeno dieci secondi di silenzio prima che Weiler risponda così: "Siamo in un mondo dove tutti possono parlare tranne i cattolici. Perché la fede è ormai considerata come qualcosa di incomprensibile e non valido universalmente. Ad aggravare il problema sono poi i molti cristiani che credono lo stesso. Concepiscono la religione cattolica come una regola non dimostrabile a cui obbedire. Una regola che Dio ha dato ad alcuni e che dunque non si può comunicare a tutti". Weiler ride sottolineando che questo dovrebbe essere vero per lui che è ebreo e per gli islamici. Ma non per un cattolico. "Il Papa, però, sa che non è così e sta combattendo questa idea. Infatti, i suoi discordi affrontano proprio questo tema: Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio". Cosa significa per il Papa dare a Cesare e dare a Dio? La risposta si trova nella concezione di libertà religiosa presente in questi discorsi: "La libertà religiosa è quella che garantisce tutte le altre. Questa è anche la tesi di Giovanni Paolo II. Perché? È un pallino dei cattolici? Non credo. La libertà religiosa è quella duplice 'di professare' e 'dal professare'. Il Papa nei suoi discorsi difende la seconda: la libertà dalla religione, ossia di rinnegare Dio. Solo questa salva poi la libertà di professarla, cioè di aderire liberamente a Dio". Questa posizione dovrebbe essere accolta da tutti secondo Weiler perché libera dal potere ogni uomo, non solo i cattolici. "Ma perché queste parole allora sono rifiutate?". Forse perché il potere preferisce obbligare gli uomini togliendo loro proprio la facoltà di ragionare? Weiler risponde sottolineando il secondo messaggio del Papa a Ratisbona: "Rompe un tabù irragionevole: 'Le religioni non sono tutte uguali', afferma Benedetto XVI". Il giurista spiega perché questo è considerato un tabù: "Non c’è nulla di male nel dire che due cose sono diverse: io sono ebreo e non mangio il prosciutto diversamente da un cattolico. Io sono anche un po’ invidioso di lui, ma non lo discrimino se ammetto questa diversità oggettiva". Qui sta la ragione principale per cui il cattolico può parlare a nome di ogni uomo, "mentre io o un islamico no. E non mi sento discriminato per questo. Io, infatti, non mangio il prosciutto e un musulmano nemmeno perché Dio ha detto così. Non c’è spiegazione razionale a questo, semplicemente mi fido di Dio, motivo per cui per me è ragionevole seguirlo ma non per chi non lo riconosce come Padre. Pertanto noi ebrei non imponiamo le nostre regole a tutti". Con il cristianesimo invece avviene una rivoluzione: "Il cristianesimo distrugge questi precetti. La rivelazione di Dio in Cristo è rivoluzionaria perché dal momento in cui Dio si incarna all’uomo per seguirlo basta seguire la sua ragione. Per il cristiano la morale, come dice San Paolo, è universale perché coincide con quella naturale. Ogni uomo seguendo la sua natura si realizza. Quello che 'bisogna fare' nel cristianesimo ha sempre un contenuto ragionevole e quindi comprensibile e valido per tutti". Il giurista prosegue poi con un altro esempio pregando la platea di non scandalizzarsi: "Se io dico a mio figlio che l’omosessualità è sbagliata gli posso dire che è così perché lo dice Dio. La mia ragione non è ragionevole per tutti. Un cristiano invece si riferisce alla sua natura umana che gli dice che è possibile compiersi solo nel rapporto con l’altro sesso perché siamo fatti oggettivamente così. Questo è comprensibile a tutti quindi il cristiano può e deve dirlo. Ha la responsabilità di illuminare tutti. Come Cristo ha fatto con lui rivelandogli chi è". Così Weiler risponde al rifiuto moderno dei cristiani, attaccati e sconfessati come irrazionali: "Se parlo io non do fastidio a nessuno, mente il loro parlare giudica anche gli altri avendo un contenuto universale". Per questo il Papa prosegue dicendo quello che per ogni costituzionalista dovrebbe essere normale: "La maggioranza non basta per garantire la democrazia. Perché non si trasformi in dittatura è necessario che non usurpi i diritti universalmente riconosciuti come tali da tutti gli uomini". Ma come si fa a riconoscerli come validi per tutti? "Faccio un esempio. Dio stava per distruggere Sodoma e Gomorra perché in queste città c’erano dei farabutti. Abramo si ribella perché ci sono anche dei giusti e dice a Dio: 'E se ci fossero 30 giusti distruggeresti lo stesso la città? E ce ne fossero 20? E 10?…' Dio sorride perché Abramo ha passato la prova. Qual’è la prova? Se Dio è Dio non può essere ingiusto. Questo ad Abramo non l’ha detto Dio. Questo senso di giustizia è dentro il suo cuore. Cosa significa? Che tutti gli uomini possono capire che se uno è giusto non deve pagare e se uno uccide sì. Non è Dio a dircelo. Tutti siamo accomunati da una legge dentro di noi che ci fa concordare su questo. Una legge a cui Dio stesso si sottopone". Cosa intendono allora i cristiani quando dicono che ogni autorità è data da Dio? "Ogni autorità ha dentro questo principio che accomuna ogni uomo e che per il cristiano è dato da Dio. Se il governante lo segue fa un servizio a tutte le creature insieme alla volontà del creatore". La ricchezza degli spunti e delle suggestioni del professore fanno concludere don Stefano Alberto con un ringraziamento e un auspicio: "Ringrazio il professore che ci ricorda quanto disse il Pontefice nel suo discorso mai pronunciato alla sapienza di Roma in cui si spiega la necessaria responsabilità e il diritto dei cristiani a usare la ragione in un processo di argomentazione sensibile alla verità". Non dobbiamo partire da tesi già precostituite per imporle, chiosa don Stefano Alberto, "come ormai sempre più spesso accade a tanti laici che si dicono tali. Ci vuole invece una passione per la conoscenza della realtà. Vincendo il dualismo che tanti cattolici vivono o perché pensano che la religione sia irragionevole o per pigrizia. È urgente tornare a rivendicare la propria cittadinanza pubblica, da qui l’insistenza del Pontefice. E per farlo occorre avere un’esperienza di fede non consolatoria o vissuta come un rifugio, ma che parta dell’incontro rinnovato con Cristo vivente nella Chiesa, che illumina e valorizza la ragione e la libertà umane. Solo se c’è questa fede l’uomo può essere libero. Per questo il Papa ripete: 'Ubi fides ibi libertas'".

Benedetta Frigerio, Tempi

Tra i documenti fuorusciti dal Vaticano due mettono in imbarazzo la Comunità di Sant'Egidio e la Compagnia di Gesù. A vantaggio di due cardinali

Continua senza posa la fuga di documenti riservati dal Vaticano. E nessuno sa prevedere quanto durerà ancora. Certamente la mole di documenti fuorusciti è notevole e sembra riguardare quasi esclusivamente le carte conservate nel Palazzo Apostolico, il cuore della Curia romana, l'edificio affacciato su Piazza San Pietro nel quale abitano Benedetto XVI e il suo segretario particolare Georg Gänswein, nel quale la Segreteria di Stato ha gli uffici e nel quale il sSgretario di Stato Tarcisio Bertone ha l'abitazione e lo studio. A tutt'oggi, infatti, quasi nessuno dei documenti pubblicati in varie ondate sembra che sia stato trafugato direttamente da altri dicasteri o uffici della Santa Sede. Quasi sempre, le carte intestate a questi uffici sono finite in pasto al pubblico solo dopo che sono transitate per il Palazzo Apostolico.F inora l’unico imputato d'aver sottratto documenti è l’aiutante di camera del Papa Paolo Gabriele, che certamente poteva aver accesso a una parte della documentazione pubblicata, ma non a tutta. Rimangono da verificare le motivazioni che avrebbero spinto i ladri di documenti a compiere le loro azioni: soldi, volontà di far pulizia o altro. E non si sa se dietro questa operazione ci sia un disegno unitario o una regia occulta. A questo proposito i retroscena si sprecano, tanto suggestivi quanto poveri di fatti accertati. C’è chi favoleggia di complotti in atto "da destra”, per far dimettere un Papa considerato troppo debole. E c'è chi si augura che una conseguenza di questo marasma sia la messa in mora del reintegro dei lefebvriani nella Chiesa Cattolica, evento aborrito dalle schiere progressiste del mondo ecclesiale. Mentre proseguono le indagini in Vaticano, tramite la commissione d’inchiesta cardinalizia e la magistratura dello Stato della Città del Vaticano, il solo dato certo sono quindi le carte fin qui divenute pubbliche, la cui autenticità non è stata smentita. Alcune di queste carte hanno avuto un rumoroso rilancio giornalistico da parte di coloro che le hanno ricevute e pubblicate, poco esperti di questioni vaticane e quindi non sempre capaci di valutarne appieno il significato. Invece, non hanno avuto risonanza sui media, tra le carte trafugate, i documenti riguardanti due realtà di primo piano della Chiesa Cattolica, una antica e una nuova: la Compagnia di Gesù e la Comunità di Sant’Egidio. Della Comunità di Sant'Egidio, la cosiddetta "ONU di Trastevere", è nota l'attività diplomatica "parallela", che gli episcopati locali poco apprezzano e che la Santa Sede ha sempre giudicato più un ostacolo che una risorsa. Così come accade per il dialogo interreligioso promosso da questa comunità, in concorrenza con il competente dicastero vaticano. Una prova eclatante dell'irritazione che suscita questo attivismo della comunità fondata da Andrea Riccardi, che oggi è anche ministro del governo italiano, è data proprio da uno dei documenti vaticani oggi divenuti pubblici. Si tratta di un cablogramma cifrato spedito dalla nunziatura apostolica di Washington alla Segreteria di Stato vaticana, il 3 novembre 2011. In esso si riferisce il parere contrario del cardinale di Chicago, Francis E. George, all’intenzione della Comunità di Sant’Egidio di conferire una onorificenza al governatore dell’Illinois, il cattolico Pat Quinn, per aver firmato la legge con cui questo Stato ha abolito la pena di morte.Il cardinale definisce "inopportuna" tale onorificenza, poiché, spiega, lo stesso Quinn ha promosso la legge sul matrimonio omosessuale, è a favore dell’aborto libero e ha estromesso di fatto le istituzioni ecclesiali dalle adozioni di minori, non esentandole dall’obbligo di dover dare i bambini anche a coppie gay. George conosce bene non solo i politici del suo Stato, ma anche Sant'Egidio, in quanto cardinale titolare della chiesa romana di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, affidata alla Comunità. E la nunziatura apostolica a Washington ha preso molto sul serio le sue osservazioni. Le ha fatte proprie e le ha trasmesse a Roma, nel cablogramma firmato da mons. Jean-François Lantheaume, all'epoca incaricato d'affari in attesa dell'arrivo del nuovo nunzio Carlo Maria Viganò. Il doppio no sembra che sia stato efficace. Infatti non si ha avuto notizia che l'onorificenza al governatore Quinn sia stata conferita. L'altro interessante documento sottratto alla Santa Sede che non ha avuto risalto sui media, con l'eccezione dei Paesi Bassi, è la lettera di accompagnamento con cui il generale dei gesuiti Adolfo Nicolás ha fatto pervenire a Benedetto XVI una missiva scritta da una coppia olandese molto facoltosa, i coniugi Hubert e Aldegonde Brenninkmeijer. Il successore di Sant’Ignazio, dopo aver ricordato che i due sono antichi e generosi benefattori della Chiesa e della Compagnia di Gesù, non entra nel contenuto della loro lettera ma sottolinea di "condividere le preoccupazioni" che essi hanno voluto manifestare direttamente al Papa. La lettera di padre Nicolás, in italiano, è stata resa pubblica in fotocopia. Non invece quella dei coniugi, di cui è stata diffusa solo una traduzione, in un italiano un po' incerto. Il contenuto della lettera è comunque chiaro. Essa è un duro atto di accusa contro la Curia vaticana e la gerarchia cattolica in genere. I ricchi coniugi Brenninkmeijer denunciano che il denaro giochi un ruolo centrale in diversi uffici della Curia, in alcune diocesi europee e nel patriarcato di Gerusalemme. Accusano il Pontificio Consiglio della Famiglia di servirsi di collaboratori creduloni e acritici invece di impiegare personaggi che possano e vogliano agire nel senso dell'"aggiornamento" del Vaticano II. Insinuano che nella cerchia più ristretta attorno al Papa si sia accumulata in modo visibile e tangibile una quantità considerevole di potere, aggiungendo di possedere prove scritte a sostegno di quanto denunciato. I Brenninkmeijer non accusano nessuno per nome, tranne in un caso. Dopo aver sostenuto che in Europa aumentano i credenti istruiti che si separano dalla Chiesa gerarchica senza, a loro dire, abbandonare la fede, e dopo aver lamentato la mancanza di pastori "non fondamentalisti" che sappiano guidare il gregge con criteri moderni, i due coniugi manifestano al Papa lo scoraggiamento non solo loro ma anche di molti laici, preti, religiosi e vescovi per la nomina del nuovo arcivescovo di Utrecht, Jacobus Eijk. Questo si è legge nei due documenti. Ma nessuno ha fatto notare ciò che è accaduto poco dopo l’arrivo di queste lettere. Willem Jacobus Eijk, 59 anni, colto ma "conservatore" sia in campo teologico-liturgico che nel campo della morale, è stato nominato arcivescovo di Utrecht da Benedetto XVI nel dicembre 2007. La lettera di padre Nicolás è pervenuta in Vaticano il 12 dicembre 2011 ed stata, come si legge nella fotocopia diffusa, vista e siglata dal Papa il 14 dicembre 2011. Ebbene, proprio in quei giorni era in fase di completamento la lista dei cardinali da creare nel Concistoro poi annunciato il 6 gennaio 2012. E tra i naturali candidati alla porpora c’era proprio mons. Eijk, dato che Utrecht è una sede di consolidata tradizione cardinalizia e il suo predecessore Adrianus Simonis aveva già compiuto 80 anni.Il 6 gennaio di quest'anno, infatti, il nome di Eijk è stato incluso tra gli ecclesiastici che nel Concistoro del 18 febbraio hanno ricevuto la berretta, diventando così il terzo tra i cardinali più giovani del Sacro Collegio. Dunque, le "preoccupazioni" nei suoi confronti espresse dai facoltosi coniugi Brenninkmeijer e sottoscritte dal generale dei gesuiti non sembrano aver scalfito in Papa Joseph Ratzinger la convinzione di aver scelto la persona giusta per la guida della più importante diocesi della Chiesa in Olanda. Semmai, sembrano averla rafforzata.

Sandro Magister, www. chiesa

VII IMF-Il Papa a Milano. Il pranzo offerto da Benedetto XVI alle famiglie in difficoltà e il filo con quelle terremotate dell'Emilia Romagna

"E' stato un momento felice, vissuto in un clima molto familiare. Molti i bambini festosi. Un giorno davvero speciale. Ci siamo sentiti non soli, ma accolti. Ora guardo al futuro con più speranza e desiderio di lottare anche di più per la vita". Così la signora Carolina Cabezas, peruviana, a Milano da dodici anni, che domenica scorsa ha partecipato al pranzo offerto dal Papa e organizzato dalla Caritas ambrosiana alla mensa dell'Università Cattolica per un centinaio di famiglie della città, tra cui molte in difficoltà. Il filo con le famiglie terremotate non si spezza. Giuditta Frassoldati, sfollata di Finale Emilia (epicentro del sisma del 20 maggio), incinta di nove mesi, ci racconta come ha trovato ospitalità grazie ad una ragazza che ha lasciato il proprio appartamento per dare accoglienza. E racconta di aver usufruito in questi giorni dei pasti avanzati all'Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano, che sono stati distribuiti proprio nelle zone dei crolli. Antonella Diègoli, responsabile del Movimento alla Vita per la Regione Reggio Emilia, descrive gli aiuti mai venuti meno e invoca ancora sostegno dal Paese intero.

Antonella Palermo, Radio Vaticana

Benedetta dal Papa al termine dell'Udienza generale la fiaccola della pace del Pellegrinaggio Macerata-Loreto: ma siete in tanti! Io vi accompagno

"Il Pellegrinaggio… ma siete in tanti!". Con queste parole di ammirazione il Papa ha salutato e “benedetto” ieri mattina, in Piazza San Pietro, la fiaccola della pace del Pellegrinaggio Macerata-Loreto. A salire sul palco, al termine dell’Udienza generale, sono stati i due vescovi, mons. Giancarlo Vecerrica, ideatore del cammino e vescovo di Fabriano-Matelica e mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, che hanno accompagnato il giovane atleta Andrea Trippetta di Macerata che teneva in mano la fiaccola per la benedizione. "Io vi accompagno" ha poi concluso Benedetto XVI salutando il gruppo di atleti ed un drappello del comitato del Pellegrinaggio presenti a Roma con la fiaccola che ha subito iniziato il cammino di avvicinamento verso lo stadio Helvia Recina di Macerata, il cui arrivo è previsto per sabato 9 giugno, prima della Santa Messa d’inizio Pellegrinaggio. La fiaccola, portata da venticinque tedofori appartenenti a gruppi sportivi marchigiani e pugliesi che si alterneranno nel cammino, sempre scortati da una pattuglia della Polizia Stradale, è partita verso Terni dopo 104 km di percorso. L’organizzazione è curata insieme al Centro Sportivo Italiano e con il patrocinio del servizio nazionale della pastorale giovanile, dell’ufficio nazionale sport e tempo libero della CEI e del Centro Giovanni Paolo II. Il gruppo verrà poi integrato lungo il percorso dalle società sportive podistiche presenti nelle città attraversate dalla fiaccola, in modo particolare la Società Amatori di Terni e la Bracaccini di Osimo. Questa sera dunque arrivo a Terni e domani sosta a Perugia nella Cattedrale di San Lorenzo dopo aver corso per 84 km. L’8 giugno, dopo una sosta presso la tomba di San Francesco in Assisi ed aver attraversato Spello, si varcherà il confine marchigiano per approdare a San Severino. Infine, sabato 9 giugno sosta tradizionale ad Osimo presso la Basilica di San Giuseppe da Copertino per ricordare Padre Giulio Berrettoni, grande amico del Pellegrinaggio fin dalla prima edizione quando era Rettore della Basilica di San Francesco, e quindi l’arrivo in serata allo stadio Helvia Recina di Macerata, prima della partenza del Pellegrinaggio, per un totale di 311 km.

Zenit

www.pellegrinaggio.org

Solennità del Corpus Domini. Il Papa: Eucaristia Sacramento del Dio che non ci lascia soli nel cammino ma si pone al nostro fianco e indica direzione

“I credenti sappiano riconoscere nell'Eucaristia la presenza vivente del Risorto, che li accompagna nella vita quotidiana”. Recita così l’intenzione di preghiera generale di Benedetto XVI per il mese di giugno. La frase rimanda alla solennità del Corpus Domini, che il Papa celebrerà questa sera, alle 19.00, presiedendo la Messa sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano. Gesù ci chiede di entrare nel nostro cuore “non soltanto per lo spazio di un giorno, ma per sempre”. E l’anima di un cristiano ha l’“udito interiore” in grado di percepire il suo bussare, rispettoso, che chiede spazio con una delicatezza spesso destinata a non essere nemmeno intesa per la disabitudine a fare silenzio dentro. Eppure non c’è quasi angolo di mondo privo di quel tipo di silenzio. Dovunque vi sia la porta di una chiesa, e quella più piccola di un tabernacolo: "L’Eucaristia è il Sacramento del Dio che non ci lascia soli nel cammino, ma si pone al nostro fianco e ci indica la direzione...Dio ci ha creati liberi, ma non ci ha lasciati soli: si è fatto Lui stesso 'via' ed è venuto a camminare insieme con noi, perché la nostra libertà abbia anche il criterio per discernere la strada giusta e percorrerla" (7 giugno 2007).
Essere liberi di inginocchiarsi davanti al Dio fatto pane vuol dire, affermò qualche tempo fa Benedetto XVI, non doversi inginocchiare davanti a nessuna potenza terrena. È questa la strada della Chiesa da quel primo pane spezzato nel Cenacolo. Un corpo libero di dividere l’ostia in mezzo agli uomini e alle donne di ogni epoca: “Per ogni generazione cristiana l’Eucaristia è l’indispensabile nutrimento che la sostiene mentre attraversa il deserto di questo mondo, inaridito da sistemi ideologici ed economici che non promuovono la vita, ma piuttosto la mortificano; un mondo dove domina la logica del potere e dell’avere piuttosto che quella del servizio e dell’amore; un mondo dove non di rado trionfa la cultura della violenza e della morte” (22 maggio 2008).
Dunque, non solo “un mistero di intimità”, come ebbe a dire il Papa, ma un dono per tutti, “pubblico” nel senso più alto e sacro della parola. Come le migliaia di processioni del Corpus Domini oggi rendono evidente per le strade del pianeta, e come Benedetto XVI farà percorrendo la strada che da San Giovanni arriva a Santa Maria Maggiore: “In questo sacramento il Signore è sempre in cammino verso il mondo e questo aspetto universale della
presenza eucaristica appare nella processione della nostra festa: noi portiamo Cristo, presente nella figura del pane, sulle strade della nostra città. Noi affidiamo queste strade, queste case, la nostra vita quotidiana alla sua bontà”
(26 maggio 2005)


Radio Vaticana

Sandri: la gente crede che c'è una guerra di bande, in realtà siamo tutti dietro al Papa e facciamo fronte comune. Stupiti meravigliosamente da lui

Il card. Leonardo Sandri (nella foto con Benedetto XVI), prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, smentisce che nel Vaticano ci sia una guerra tra bande. Interpellato dai cronisti a margine della presentazione del Meeting di Rimini all'ambasciata italiana presso la Santa Sede, il porporato ha commentato così l'intervista odierna a L'Osservatore Romano nella quale il cardinale decano Angelo Sodano contestava l'idea che i cardinali di Curia siano divisi in questo frangente segnato dalle fughe di documenti riservati: "E' una delle cose più sagge che io abbia ascoltato, perché c'è gente che crede che c'è una guerra tra bande. Per carità! Siamo tutti dietro al Papa e facciamo fronte comune come ha detto anche il card. Bertone. Siamo tutti accanto al Papa e con il Papa e siamo stupiti meravigliosamente da lui e, per esempio, dal suo viaggio a Milano". Ai cronisti che gli domandavano come stia vivendo il momento attuale, Sandri ha risposto: "Lo sto vivendo in grande unione con il Santo Padre, con la stessa adesione totale che gli ho promesso il giorno in cui mi ha creato cardinale, essere con lui 'usque ad effusionem sanguinis' e tutti i cardinali siamo sulla stessa scia". Il porporato ha accennato al ruolo di cassa di risonanza negativa che possono svolgere i mass media in questo frangente quando, pur senza negare che ci possano essere episodi da "deprecare", ha confessato di provare "una specie di sazietà" di fronte alle continue notizie di queste settimane ed ha caldeggiato un senso di "misura" da parte dei "testimoni della realtà" anziché "continuare a rievocare, riprendere, inventare, far crescere".

TMNews

Lombardi: nuovo interrogatorio di Paolo Gabriele. Non lascerà il Vaticano. Il Papa è sereno, punto di riferimento per la Chiesa e i suoi collaboratori

“È in corso di nuovo l’interrogatorio di Paolo Gabriele (nella foto con Benedetto XVI)”, che è cominciato martedì ed è continuato ieri mattina. Quanto ai contenuti, “le cose riportate dalla stampa non hanno fondamento in rapporto all’interrogatorio, perché di questo non si dà e non si è data nessuna notizia”. A precisarlo ai giornalisti è stato ieri padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa della Santa Sede, in un briefing in cui ha definito “pure illazioni” le indiscrezioni dei media in materia. Oggi è festa in Vaticano, e dunque non ci sarà l’interrogatorio, ha riferito padre Lombardi, e domani “non si prevede che ci sia, perché non è stato messo n calendario. Se ci sarà sabato, non lo posso né affermare né negare, lo deve decidere il giudice istruttore a seconda di come si sviluppa l’indagine”. Quanto alla notizia circolata in base alla quale Paolo Gabriele lascerà il Vaticano, per padre Lombardi si tratta di “un’informazione che è una pura elucubrazione, non ha riferimento concreto tra chi ha la responsabilità adesso delle cose”. Tale notizia, ha precisato il direttore della Sala Stampa, “non corrisponde alle fonti autorevoli a cui faccio riferimento”, e cioè alle “verifiche” da lui fatte “sul versante della magistratura e sul versante della Segreteria di Stato”, oltre che su quello della Commissione d’indagine cardinalizia, guidata dal card. Herranz. “È vero che gli interrogatori continuano”, ha assicurato il portavoce vaticano, così come continuano “le riflessioni per vedere se ci sono altre responsabilità. Il fatto che si dica che Paolo Gabriele è l’unico imputato - ha precisato Lombardi - non vuol dire che diciamo che sia l’unica persona ad avere responsabilità”. Il procedimento, dunque, è “aperto, ma attualmente non ho elementi concreti, né mi risulta che ci siano, altre persone coinvolte”. Il fatto che “l’interrogatorio non è segreto, ma non è pubblico”, ha spiegato padre Lombardi, codifica una situazione analoga a quella che in Italia si verifica con il “segreto istruttorio”. Padre Lombardi ha ribadito la differenza tra l’attività della magistratura inquirente vaticana, che conduce “un’indagine penale per un reato preciso”, e quella della Commissione cardinalizia, che ha “un mandato molto più ampio e non di natura penale processuale”, portato avanti da “una Commissione autorevole che ha il diritto di convocare audizioni”, anche di cardinali se necessario. Circa le perquisizioni in casa di Ettore Gotti Tedeschi, padre Lombardi ha precisato che “non c’è legame con la vicenda dello Ior, sono due procedure distinte”. “Non è vero che ci sia una spaccatura” nella Commissione cardinalizia in merito alla mozione di sfiducia verso il suo ex presidente, ha poi affermato. Qual è il “clima” in Vaticano rispetto alle vicende dei documenti riservati trafugati? “È vero che è una situazione che continua ad essere di dolore, di prova continua - ha risposto padre Lombardi - ma il Santo Padre ha intenzione di portare avanti il suo ministero in modo normale, efficace”. “Lo abbiamo visto sereno - ha testimoniato il portavoce - in occasione del viaggio a Milano. Continua la sua attività serenamente, è un punto di riferimento solido per la Chiesa che non si lascia turbare da questa situazione, e anche per i suoi collaboratori”. Altra testimonianza di questa “serenità” e “chiarezza” del Papa sono i due procedimenti “messi in cammino”: quello della Commissione cardinalizia, “più globale e mirato ad approfondire di più le problematiche dell’insieme della Curia romana” e quello della magistratura vaticana che “ha cominciato il suo corso con chiarezza, competenza, con i tempi che sono necessari, senza dare l’impressione di affanno o di disorientamento”. “Naturalmente si tratta di un cammino per recuperare pienamente la serenità e il clima di fiducia”, ha commentato padre Lombardi, ma è “una strada che si percorre con pazienza e regolarità per capire e rimediare ai problemi che ci sono stati”.

SIR

Sodano: insinuazione di manovre varie mi ha meravigliato, diversità di opinione non significa divisione. Legato a Bertone dal comune servizio al Papa

Sul caso 'Vatileaks' interviene il card. Angelo Sodano (nella foto con Benedetto XVI), decano del Collegio cardinalizio e predecessore di Tarcisio Bertone come Segretario di Stato vaticano. In un'intervista di prima pagina a L'Osservatore Romano'sostiene che i mass media hanno deformato le notizie e afferma: "L'insinuazione di manovre varie mi ha meravigliato, perché diversità di opinione non significa divisione". "La stampa - afferma Sodano - ha certamente la missione di informare l'opinione pubblica sulla Santa Sede. Ad esempio, ho visto con piacere che si è dato grande risalto alla visita di Benedetto XVI a Milano per l'Incontro Mondiale delle Famiglie; e così al contributo del Papa e della Chiesa per aiutare i terremotati in Emilia e per sostenere i cristiani della Nigeria, provati da avvenimenti drammatici. Un giudizio diverso viene però spontaneo quando dall'informazione si passa alla deformazione delle notizie. In realtà, di fronte ai fenomeni negativi c'è talora la tentazione di inquadrarli in un'ottica sfalsata che può offuscare la bellezza del tutto". La Curia romana "è l'insieme dei dicasteri e degli organismi che coadiuvano il Romano Pontefice nel servizio alla Chiesa universale". "Il Governatorato invece è preposto alla guida dello Stato della Città del Vaticano", prosegue Sodano, che ora è decano del collegio cardinalizio. "Data la natura della Curia, il suo personale è soprattutto ecclesiastico, mentre quello del Governatorato è in prevalenza laico. Sono uomini e donne delle nazionalità più diverse, che conoscono bene l'importanza del loro lavoro per il successore di Pietro, Pastore della Chiesa universale. Secondo le ultime statistiche, prestano il loro servizio in Curia 2.843 persone e nel Governatorato 2.001. Per esperienza personale posso assicurare che in generale vi è l'impegno a costituire una vera comunità di lavoro, al servizio del Papa. Ovviamente, in una comunità così numerosa, qualcuno può anche venire meno ai suoi doveri. Impeccabili sono solo gli angeli e i Santi del Paradiso!". Quanto alle divisioni fra i cardinali di Curia di cui hanno parlato i giornali, "a dire il vero - dice Sodano - questa affermazione mi ha meravigliato. In realtà non avrei dovuto sorprendermi. Il nostro vecchio professore di filosofia, durante gli studi liceali nel Seminario di Asti, ci diceva: 'Non meravigliatevi di nulla, meravigliatevi solo quando vedrete che il Po non ha più le sponde!'. Eppure l'insinuazione di manovre varie mi ha meravigliato, perché diversità di opinione non significa divisione". "Quante volte ho votato in riunioni di cardinali, senza mai stupirmi che un confratello votasse a favore e l'altro contro. Amici eravamo e amici rimanevamo", afferma il card. Sodano. "Alla fine, alla luce dei vari voti, il Santo Padre poteva così decidere liberamente, con tutti gli elementi di giudizio che gli venivano offerti. Ciò succede pure nei Concistori, ai quali sono invitati tutti i porporati del mondo. Come è noto, oggi i cardinali sono 209. E lo stesso accade nelle riunioni di quelli preposti ai dicasteri di Curia o comunque residenti a Roma qui in tutto siamo 75. E' quindi ben comprensibile che fra personalità diverse, diverse per nazionalità, per cultura, per sensibilità sociale, esistano giudizi differenti sui vari metodi di lavoro". "Chi non ricorda - afferma ancora Sodano - che già all'inizio della Chiesa vi erano discussioni? Ad esempio, fra Paolo e Barnaba nell'annuncio del Vangelo. 'Il dissenso fu tale che si separarono l'uno dall'altro' si legge negli Atti degli apostoli. E Barnaba andò a Cipro, mentre Paolo si diresse in Siria. Nei secoli sono poi sorti nella Chiesa gli ordini religiosi più diversi. Fra i loro metodi apostolici appaiono talora antinomie, ma tutto poi si ricompone nell'unità fondamentale dello stesso spirito di servizio alla Chiesa di Cristo". "Ognuno ha la sua personalità e ognuno trova problemi differenti, a seconda dei tempi". "Anche se per breve tempo - dice Sodano dei predecessori - ho conosciuto il card. Domenico Tardini, morto nel 1961. Ho avuto poi contatti frequenti con i successivi compianti segretari di Stato: Amleto Cicognani, Jean Villot e Agostino Casaroli. Ora sono lieto di collaborare, in ciò che ancora posso, con il mio successore, il card. Tarcisio Bertone, al quale mi legano un'antica familiarità e un comune spirito di servizio al Romano Pontefice. Tutti noi cardinali di Curia cerchiamo di costituire un 'cenacolo apostolico' riunito intorno al successore di Pietro, senza meravigliarci delle difficoltà del momento. In ciò siamo ogni giorno incoraggiati dalla grande bontà di Benedetto XVI e dalle sue sapienti direttive, lieti di potergli prestare il nostro servizio". "Mons. Giuseppe Del Ton che era un grande latinista, in una poesia composta nella lingua di Virgilio e di Orazio aveva descritto la cupola di San Pietro come simbolo della stabilità della Chiesa. Erano gli anni difficili dell'ultima guerra mondiale e al prelato sembrava che il Cupolone dicesse: ho visto altri venti, ho visto altre tempeste (alios vidi ventos, aliasque tempestates). Questa è la serenità che la storia, maestra di vita, insegna anche a noi".

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Intervista al decano del Collegio cardinalizio: tra le mura vaticane

Lombardi: non mi risulta in agenda che il Papa vada al Meeting di Rimini. La presidente Guarnieri: conosciamo i tempi vaticani, siamo sereni

''Non mi risulta in agenda che il Papa vada ad agosto al Meeting di Rimini'': lo ha detto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, nel corso di un briefing in Vaticano. Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting per l'amicizia fra i popoli, l'annuale kermesse organizzata a Rimini da Comunione e Liberazione ''prende atto'' della dichiarazione del portavoce vaticano. ''E' uscita oggi la nota di padre Lombardi che dice non è nell'agenda papale e noi ne abbiamo preso atto. Non diciamo nulla ufficialmente'', ha detto Guarnieri a margine della presentazione ufficiale del Meeting nella sede dell'ambasciata d'Italia presso la Santa Sede, alla presenza del ministro della Salute Renato Balduzzi, del sottosegretario agli Esteri Staffan de Mistura, del card. Leonardo Sandri e del presidente della Compagnia delle Opere Bernhard Scholz. ''Noi avevamo invitato il Santo Padre come ogni anno da 33 anni facciamo - ha aggiunto Guarnieri -. Conosciamo i tempi vaticani, siamo sereni''.

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VII IMF-Il Papa a Milano. L'impatto sui media stranieri: una scossa positiva per la città e un gradito rifugio per Benedetto dopo i recenti scandali

Un formidabile ritorno d’immagine sulle principali testate giornalistiche internazionali (Le Figaro, The Independent, Los Angeles Times) con un’esposizione stimata dagli esperti attorno agli 11 milioni di euro. E’ questo l’effetto “pubblicitario” della visita del Papa a Milano secondo le prime rilevazioni degli addetti ai lavori all’indomani del settimo incontro mondiale delle famiglie. “A livello di ritorno d’immagine la recente visita pastorale di Benedetto XVI a Milano non ha prezzo. L’esposizione delle immagini della città su tutte le televisioni del mondo è pari a una serie di spot il cui controvalore, stimabile in circa 11 milioni di euro, sorpassa abbondantemente le spese sostenute dall’amministrazione. E’ ora che Milano prenda di nuovo coscienza di una sua dimensione internazionale che sembrava perduta”. Marco Bussinello, AD della casa di produzione pubblicitaria internazionale BRWFilmland, valuta così l’impatto mediatico della trasferta lombarda del Pontefice, grazie alla quale Milano è finita su tutte le pagine delle più autorevoli testate giornalistiche mondiali, superando a pieni voti quello che è apparso un importante esame in vista di Expo 2015. Dal prestigioso quotidiano francese Le Figaro al britannico The Independent fino all’americano Los Angeles Times, tutti i giornali stranieri hanno elogiato il capoluogo lombardo per la perfetta riuscita dell’evento. Jean-Marie Guénois scrive su Le Figaro: “Il sostegno caloroso e popolare ricevuto questo week end da Milano ha fatto dimenticare al Papa le fatiche romane”. Conferme anche da Jamie Wetherbe del Los Angeles Times: “Il Pontefice per la tre giorni a Milano è stato accolto da migliaia di persone festanti, un gradito rifugio per il Papa dopo i recenti scandali”. Per Albert Link del popolarissimo giornale tedesco Bild “la città ha risposto gioiosamente e con grande partecipazione alla visita del Papa. Il bellissimo concerto alla Scala è stato un’ulteriore dimostrazione di come Milano abbia fatto tutto il possibile per rendere questo primo viaggio di Benedetto XVI davvero indimenticabile”. “La visita del Papa a Milano - ha concluso quindi Bussinello - ha acceso indubbiamente i riflettori sul capoluogo lombardo. E’ stata una scossa positiva per l’immagine della città, che ha peraltro gestito benissimo a livello logistico l’arrivo di milioni di persone. E’ stato un ottimo banco di prova per il prossimo big event di Expo 2015. L’impatto positivo è stato duplice. A livello psicologico fa bene vedere migliaia di famiglie di etnie differenti, provenienti da tutto il mondo, camminare allegramente per le strade di Milano. A livello mediatico, i benefici sono altrettanto notevoli e se ne raccoglieranno concretamente i frutti da qui ai prossimi mesi”.

Iris Press