lunedì 9 febbraio 2009

Williamson al 'Der Spiegel': mi hanno attaccato per colpire il Papa. Respinto il ricorso contro la tv svedese che ha divulgato l'intervista

Il vescovo negazionista Richard Williamson ha affermato che le sue dichiarazioni sulla Shoah sono state strumentalizzate da chi aveva interesse ad attaccare Benedetto XVI. Gli attacchi nei miei confronti, ha dichiarato nell'intervista al Der Spiegel di cui era stata diffusa un'anticipazione, sono state "lo strumento per attaccare la Fraternità di San Pio X e il Papa". "Il cattolicesimo di sinistra tedesco non ha evidentemente ancora perdonato a Ratzinger di essere diventato Papa". Williamson ha ribadito che non si recherà a Auschwitz, ma ha detto di aver ordinato il libro di Jean-Claude Pressac "Auschwitz. Tecnica e funzionamento delle camere a gas": "La copia è già in viaggio, la leggerò e la studierò attentamente". Il vescovo lefebvriano britannico ha spiegato la revoca della scomunica della Chiesa nei suoi confronti con quello che ha definito il "fallimento" del Concilio Vaticano II: "E' sempre così con noi conservatori: abbiamo ragione, ma dobbiamo aspettare parecchio per vederla riconosciuta". Sul probabile viaggio di Benedetto XVI in Israele, Williamson ha detto di augurarsi che il Papa "abbia anche a cuore le donne e i bambini feriti nella Striscia di Gaza e si impegni in favore della popolazione cristiana di Betlemme, che attualmente è circondata da un muro".
Intanto ha incassato una sconfitta legale. Williamson voleva vietare alla tv svedese Sveriges Television AB di trasmettere all'estero e su internet la controversa intervista in cui il vescovo nega l'Olocausto. Il tribunale di Norimberga-Fuerth ha però respinto la sua richiesta di ingiunzione contro l'emittente. In particolare il tribunale non ha accolto l'argomentazione di Williamson, secondo il quale, prima del colloquio, Sveriges Television AB non lo ha informato del fatto che l'intervista sarebbe stata trasmessa anche fuori dai confini svedesi.
L'intervista era stata concessa il primo novembre nei pressi di Ratisbona, in Baviera.

Il Papa all'ambasciatore del Brasile: il bene della persona e il bene della nazione, punto di convergenza tra Chiesa e Stato

“Sincero affetto e ampia stima per la nobile nazione” brasiliana il Papa ha espresso oggi ricevendo le Lettere credenziali del nuovo ambasciatore del Brasile, Luiz Felipe de Seixas Correa (nella foto con Benedetto XVI), al quale ha raccomandato l’impegno del suo Paese per la pace mondiale e la difesa dei principi fondamentali, specie della sacralità della vita umana. Sposato con quattro figli, laureato in Diritto, de Siexas Correa è stato ambasciatore in Messico, Spagna, Argentina, Germania, oltre che rappresentante a Ginevra, e presso diverse istituzioni dell'ONU. “Obiettivo, e della Chiesa, nella sua missione di natura religiosa e spirituale, e dello Stato, sebbene distinti, è quello di confluire in un punto di convergenza: il bene della persona umana e il bene comune della Nazione”, lo ha ribadito Benedetto XVI, citando pure il recente accordo che definisce lo statuto giuridico civile della Chiesa cattolica brasiliana, segno di “sincera collaborazione” con il Governo. Il Papa ha ricordato che “il Brasile è un Paese che conserva nella sua grande maggioranza una fede cristiana, che attiene alle origini del suo popolo evangelizzato da oltre 5 secoli”. Il Papa ha lodato la convergenza di principi tra la Sede apostolica e il Governo brasiliano riguardo “le minacce alla Pace mondiale”, quando questa manchi di “una visione rispettosa del prossimo nella sua dignità umana”. Benedetto XVI ha citato il recente conflitto in Medio Oriente, che “prova la necessità di sostenere - ha detto - tutte le iniziative rivolte a risolvere pacificamente le divergenze”. Da qui l’auspicio che il Governo brasiliano “prosegua in questa direzione”. Per altro verso il Papa ha detto di sperare che “in conformità con i principi che tutelano la dignità umana, dei quali il Brasile è sempre stato paladino, si continui a promuovere e divulgare quei valori umani fondamentali”, riconoscendo “in modo esplicito la sacralità della vita familiare e la salvaguardia del nascituro dal concepimento al suo termine naturale”. Riguardo ancora le sperimentazioni biologiche, Benedetto XVI ha raccomandato “la difesa di un’etica che non deturpi e protegga l’esistenza dell’embrione e il suo diritto a nascere”. Si è complimentato poi il Papa per il ritorno in Brasile di “un clima di accentuata prosperità, fattore di stimolo per lo sviluppo di aree limitrofe e per vari Paesi africani” e per l’impegno di solidarietà del Governo nel lottare contro la povertà e l’arretratezza tecnologica. Benedetto XVI ha infine messo in guardia dai “rischi del consumismo e dell’edonismo associati alla mancanza di solidi principi morali”, che rendono vulnerabili la struttura della società e della famiglia brasiliana. Da qui l’urgenza di “una solida formazione morale a tutti i livelli incluso l’ambito politico”, di fronte alle minacce generate dalle dominanti ideologie materialiste, e la tentazione della corruzione nella gestione del denaro pubblico e privato.

Il vaticanista Andrea Tornielli anticipa il viaggio del Papa in Terra Santa. Andrà in una moschea e al museo della Shoah

di Andrea Tornielli
Il Giornale

Il viaggio del Papa in Israele non è ancora stato annunciato ufficialmente e fino all’ultimo potrà essere rinviato, nel caso la situazione a Gaza non sia pacificata, ma la diplomazia d’Oltretevere e quella israeliana hanno già concordato nei dettagli il programma. E l’agenda messa a punto nelle ultime settimane prevede il giorno stesso dell’arrivo a Gerusalemme una sosta al museo della Shoah di Yad Vashem, dove si trova il padiglione con la contestata didascalia sotto l’immagine di Pio XII. Così come prevede anche la visita a una moschea in Giordania.
Il viaggio in Israele era sembrato in forse nel momento più difficile della crisi scaturita dalle dichiarazioni del vescovo lefebvriano Williamson sulle camere a gas, ma la macchina dei preparativi non si è in realtà mai interrotta. Com’era accaduto per lo storico pellegrinaggio di Giovanni Paolo II nel 2000, la visita papale inizierà da Amman, in Giordania, dove l’arrivo di Benedetto XVI è previsto l’8 maggio. Il giorno successivo Ratzinger entrerà nell’antica Basilica dedicata a Mosè sul monte Nebo e si affaccerà dal parapetto che permette di vedere dall’alto la Terra Promessa. Qualche ora dopo il Papa entrerà per la seconda volta in una moschea, dopo la visita e l’inattesa preghiera nella moschea Blu di Istanbul, nel novembre 2006.Il 10 maggio è prevista la celebrazione della Messa per la comunità cattolica nello stadio di Amman, seguita dalla visita al sito del battesimo di Gesù sul fiume Giordano. L’11 maggio da Amman il Pontefice volerà a Tel Aviv. Quel pomeriggio, dopo l’incontro con il presidente di Israele, Ratzinger andrà nel museo di Yad Vashem, recentemente rinnovato.
La Santa Sede spera ancora che per quella data, la contestata didascalia che presenta Pio XII come insensibile al dramma degli israeliti perseguitati possa essere rivista e formulata diversamente, come peraltro hanno già chiesto diverse autorevoli personalità del mondo ebraico, tra le quali lo storico inglese sir Martin Gilbert. In ogni caso, la didascalia non dovrebbe costituire un intralcio e l’omaggio al memoriale delle vittime dell’Olocausto si terrà comunque, anche se con tutta probabilità Benedetto XVI eviterà di attraversare il padiglione contestato con la fotografia del predecessore.Martedì 12 maggio Ratzinger incontrerà il Gran Mufti di Gerusalemme, poi sosterà davanti al Muro del Pianto, quindi visiterà il Cenacolo e incontrerà i due Gran Rabbini d’Israele. Una Messa all’aperto è prevista nella Josafat Valley, sotto l’Orto degli Ulivi. Il 13 maggio sarà la giornata dedicata all’Autorità palestinese. Benedetto XVI giungerà in elicottero nei Territori, incontrerà Abu Mazen, quindi celebrerà la Messa nella piazza della Mangiatoia, come fece Giovanni Paolo II. E nel pomeriggio visiterà un campo profughi palestinese. Il penultimo giorno del viaggio, giovedì 14 maggio, sarà dedicato alla Galilea. Il Papa arriverà a Nazareth e celebrerà la Messa al Monte del Precipizio. La mattina del 15 maggio, qualche ora prima di ripartire per Roma, Ratzinger entrerà nella basilica del Santo Sepolcro. «La presenza di Benedetto XVI in Israele è un fatto positivo – dice al Giornale il presidente dell’assemblea dei rabbini italiani, Giuseppe Laras – e speriamo che da qui a maggio le tensioni e le difficoltà scaturite dalla recente crisi siano state superate».
Rimane invece un’incognita la situazione di Gaza. È infatti molto improbabile che il viaggio possa avvenire se nell’area sono in corso operazioni belliche.

Williamson rimosso dalla direzione del seminario di La Reja. Il 31 gennaio la decisione di mons. Fellay. Si dedicherà allo studio della Shoah

Richard Williamson, il vescovo lefebvriano che ha negato l'Olocausto, è stato sostituito alla guida del seminario che dirige dal 2003 a La Reja, una cinquantina di chilometri dal centro di Buenos Aires. A rendere noto l'allontanamento del vescovo negazionista è stato padre Christian Bouchacourt, responsabile per l'America Latina della Fratenità San Pio X, alla quale appartiene Williamson, che ormai da anni vive, tra un viaggio e l'altro, in Argentina, da sempre uno dei paesi del mondo dove i lefebvriani sono più presenti. Un vescovo cattolico può parlare "con autorità ecclesiastica" solo su materie riguardanti "la fede e la morale", ha detto in un comunicato reso, precisando che le "affermazioni" di Williamson "non riflettono in modo alcuno la posizione" della Congregazione. Bouchacourt ha inoltre respinto "con tristezza" le accuse lanciate negli ultimi tempi contro la stessa Congregazione "al fine di screditarla".
La Fraternità sacerdotale San Pio X ha chiesto al vescovo Richard Williamson di approfondire la storia della Shoah - che il presule negazionista si è impegnato a fare sul testo "Auschwitz. Tecnica e operazione delle camere a gas" (Jean-Claude Pressac, 1989) - "in un lasso di tempo ragionevole". In una nota pubblicata dall'ufficio stampa dei lefebvriani, si conferma che Williamson ha "accettato", lo scorso 31 gennaio, la decisione del superiore generale, mons. Bernard Fellay, di rimuoverlo dalla direzione del seminario che dirigeva dal 2003 a La Reja, vicino Buenos Aires. "Prima ancora che venisse pubblicata - afferma la nota - l'intervista che mons. Williamson ha concesso a Der Spiegel il 9 febbraio è stata presentata come un rinvio al mittente della richiesta formulata il 4 febbraio dalla Santa Sede" di rinnegare le affermazioni sulla Shoah. "Oggi i lettori dispongono non di qualche estratto ma dell'intervista integrale e possono così notare che mons. Williamson non rifiuta di tornare sulle affermazioni fatte alla televisione svedese il primo novembre 2008 (diffuse il 21 gennaio 2009), ma che non vuole 'affermare nulla di cui non è convinto'. E' il motivo per il quale ha iniziato a studiare l'opera di Jean-Claude Pressac che rifiuta le tesi negazionistiche 'Auschwitz. Tecnica e operazione delle camere a gas' (1989)". "Lungi dall'essere un rinvio al mittente, o addirittura una manovra delatorio - aggiunge la nota - l'iniziativa di mons. Williasmon traduce una volontà di informarsi oggettivamente, informandosi la tesi avversa a quella alla quale egli ha aderito sinora. Si preferirebbe - si domandano i lefebvriani - vedere mons. Williamson tenere una posizione anti-negazionista unicamente su ordinazione? La sincerità di una simile posizione sarebbe più che sospetta agli occhi di tutti. Ma senza attendere, egli rinnova le condanne della Chiesa contro l'antisemitismo. 'Va da sé in una religione il cui fondatore e le persone principali sono ebrei di nascita', afferma. Egli dichiara che il suo studio prenderà del tempo. La verità storica soffrirà di questo ritardo? I fatti scientifici rischiano di non essere più dei fatti col passare del tempo? Certamente no! Contrariamente a quanto afferma il giornalista de Der Spiegel, la Fraternità non ha posto alcun ultimatum a mons. Williamson, ma gli ha domandato di studiare queste questioni in un lasso di tempo ragionevole. Non si può rimproverargli di prender tempo per arrivare a delle conclusioni convincenti". Poiché, infine, mons. Williamson "non intende nuocere in alcun modo all'opera della Fraternità", egli "ha accettato, il 31 gennaio, la decisione del superiore generale di rimuoverlo dall'incarico di direttore del seminario de La Reja (Argentina)". Williamson, Fellay e gli altri due vescovi ai quali il Papa, il 21 gennaio, ha revocato la scomunica in cui erano incorsi 'latae sententiae' nel 1988, sottolinea la nota, hanno scritto al Papa il 29 gennaio per esprimere "la loro unanime gratitudine".

Revoca della scomunica ai lefebvriani. Il tardivo e patetico appello di mons. Zollitsch: restiamo uniti accanto a Benedetto XVI

Il Presidente dei vescovi tedeschi, mons. Robert Zollitsch, esorta ad ''evitare una divisione all'interno della comunità cattolica'' tedesca, lacerata in queste settimane dalla revoca della scomunica al vescovo lefebvriano negazionista Richard Williamson, e l'invita a stringersi attorno al Pontefice. In un articolo pubblicato sul sito della Conferenza Episcopale Tedesca, ripreso dall'edizione domenicale della Frankfurter Allgemeine Zeitung, l'arcivescovo difende Benedetto XVI dalle accuse di conservatorismo. ''In particolare sul Papa e non su altri, grava la responsabilita' di prendere decisioni per tutta la Chiesa mondiale”, tra cui l'impegno di ''mantenere vivi i grandi temi del Concilio Vaticano II''. ''Egli non e' assente e lontano dalla storia o dalle persone ne' difende ad ogni costo una dottrina rigida'', ma al contrario il Papa ''vuole continuità e investe acume ed energia per fare in modo che la Chiesa pre e post-conciliare sia una unica chiesa, quella di Gesù Cristo''. ''Ciò che è successo - prosegue il presule - ha dato l'impressione che la Chiesa si sia ''precipitosamente impegnata a riavvicinarsi a persone piuttosto ambigue'', dando l'idea di un ''ritorno al passato''. ''Questo - conclude il presidente dei vescovi tedeschi - addolora tutti coloro che si sentono legati alla Chiesa e apprezzano la forza della fede cristiana''.

La conferma del rabbino Rosen: l'incontro ebraico-cattolico in Vaticano si terrà a marzo

L'incontro interreligioso ebraico-cattolico in programma per i primi di marzo a Roma e messo in discussione dopo le dichiarazioni negazioniste del vescovo lefebvriano Richard Williamson, si fara', anche se forse con qualche giorno di ritardo. Lo ha assicurato alla stampa il rabbino David Rosen (nella foto con Benedetto XVI), Presidente del Comitato ebraico per il dialogo interreligioso, che fa parte della delegazione ebraica che partecipa all'incontro. Rosen ha confermato che il summit si terrà ma ''probabilmente non agli inizi di marzo, come previsto originariamente: dovrebbe slittare di qualche giorno''. Secondo Rosen, il colloquio telefonico tra Benedetto XVI e il cancelliere tedesco Angela Merkel, in cui il Papa ha nuovamente condannato la Shoah, ''e' molto positivo'' anche per i rapporti con gli ebrei, divenuti molto tesi in conseguenza della riabilitazione di Williamson. ''Mi rallegro della conversazione tra Ratzinger e Merkel - ha affermato Rosen -, anche se però voglio precisare che da noi non era richiesta''. ''Ci riteniamo già soddisfatti - ha spiegato il rabbino - da quanto affermato dalla Santa Sede con una nota ufficiale mercoledì scorso in cui è stata richiesta la ritrattazione di Williamson ed è stato specificato che il Papa non era a conoscenza delle sue posizioni''. ''Dopo quella nota - ha aggiunto - per noi la questione è da ritenersi risolta''. Infine, in merito al viaggio che Benedetto XVI dovrebbe compiere a maggio in Israele, notizia emersa da indiscrezioni di stampa e non ancora annunciata ufficialmente, Rosen ha sottolineato che ''stiamo lavorando affinchè avvenga, soprattutto adesso''.