giovedì 2 febbraio 2012

Il Papa: approfondire di più il rapporto con Dio. I consigli evangelici, accettati come autentica regola di vita, rafforzano fede, speranza e carità

Questo pomeriggio, nella Festa della Presentazione del Signore e XVI Giornata della Vita Consacrata, il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto nella Basilica Vaticana la celebrazione dei Vespri con i Membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica. Il rito si è aperto con l’Esposizione del Santissimo Sacramento e si è concluso con la Benedizione eucaristica. La festa cade esattamente quaranta giorni dopo la Natività, quindi, “il tempo liturgico rispecchia quello storico”, ha osservato il Santo Padre all’inizio dell’omelia. Il tema di “Cristo luce”, ha aggiunto il Papa, “che ha caratterizzato il ciclo delle feste natalizie ed è culminato nella solennità dell’Epifania, viene ripreso e prolungato nella festa odierna”. Il gesto rituale con cui Giuseppe e Maria presentano il piccolo Gesù al Tempio, avviene “nello stile di umile nascondimento che caratterizza l’Incarnazione del Figlio di Dio” e trova una “singolare accoglienza” da parte dell’anziano Simeone e della profetessa Anna che riconoscono in Gesù "il Messia annunciato dai profeti". "Nel giorno in cui la Chiesa fa memoria della presentazione di Gesù al tempio, si celebra la Giornata della vita consacrata”, ha ricordato il Papa, secondo il quale “l’episodio evangelico a cui ci riferiamo costituisce una significativa icona della donazione della propria vita da parte di quanti sono stati chiamati a ripresentare nella Chiesa e nel mondo, mediante i consigli evangelici, i tratti caratteristici di Gesù, vergine, povero e obbediente, il Consacrato del Padre. Nella festa odierna celebriamo, pertanto, il mistero della consacrazione: consacrazione di Cristo, consacrazione di Maria, consacrazione di tutti coloro che si pongono alla sequela di Gesù per amore del Regno di Dio”. La Giornata per la Vita Consacrata, celebrata per la prima volta dal Beato Giovanni Paolo II nel 1997 si prefigge alcuni scopi particolari. Tra questi, ha ricordato Benedetto XVI, figurano la lode e il ringraziamento al Signore per “il dono di questo stato di vita, che appartiene alla santità della Chiesa”. “Ad ogni persona consacrata è dedicata oggi la preghiera dell’intera Comunità, che rende grazie a Dio Padre, datore di ogni bene, per il dono di questa vocazione, e con fede nuovamente lo invoca". Inoltre, in tale occasione s’intende “valorizzare sempre più la testimonianza di coloro che hanno scelto di seguire Cristo mediante la pratica dei consigli evangelici con il promuovere la conoscenza e la stima della vita consacrata all’interno del Popolo di Dio”. Infine, la Giornata di oggi vuole essere, “soprattutto per voi, cari fratelli e sorelle che avete abbracciato questa condizione nella Chiesa, una preziosa occasione di rinnovare i propositi e ravvivare i sentimenti che ispirano la donazione di voi stessi al Signore. Questo vogliamo fare oggi, questo è l’impegno che siete chiamati a realizzare ogni giorno della vostra vita”. "In occasione del cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, ho indetto - come sapete - l'Anno della fede, che si aprirà nel prossimo mese di ottobre". "Tutti i fedeli, ma in modo particolare i membri degli istituti di vita consacrata - ha detto Papa Ratzinger - hanno accolto come un dono tale iniziativa, ed auspico che vivranno l'Anno della fede come tempo favorevole per il rinnovamento interiore, di cui sempre si avverte il bisogno, con un approfondimento dei valori essenziali e delle esigenze della propria consacrazione". Il Santo Padre ha quindi esortato ad approfondire i valori essenziali e le esigenze della consacrazione: “Nell’Anno della fede voi, che avete accolto la chiamata a seguire Cristo più da vicino mediante la professione dei consigli evangelici, siete invitati ad approfondire ancora di più il rapporto con Dio. I consigli evangelici, accettati come autentica regola di vita, rafforzano la fede, la speranza e la carità, che uniscono a Dio". "Questa profonda vicinanza al Signore - ha proseguito Benedetto XVI -, che deve essere l’elemento prioritario e caratterizzante della vostra esistenza, vi porterà ad una rinnovata adesione a Lui e avrà un positivo influsso sulla vostra particolare presenza e forma di apostolato all’interno del Popolo di Dio, mediante l’apporto dei vostri carismi, nella fedeltà al Magistero, al fine di essere testimoni della fede e della grazia, testimoni credibili per la Chiesa e per il mondo di oggi”. "La Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, con i mezzi che riterrà più adeguati - ha detto il Papa - suggerirà indirizzi e si adopererà per favorire che questo anno della fede costituisca per tutti voi un anno di rinnovamento e di fedeltà, affinché tutti i consacrati e le consacrate si impegnino con entusiasmo nella nuova evangelizzazione".

Zenit, SIR, TMNews

CELEBRAZIONE DEI VESPRI NELLA FESTA DELLA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE - XVI GIORNATA DELLA VITA CONSACRATA - il testo integrale dell'omelia del Papa

La Santa Sede migliora la legge 127 del 2010 sull'antiriciclaggio per rispettare gli standard internazionali. Non di facciata la trasparenza dello Ior

La “nuova” legge 127 dello Stato di Città del Vaticano sull’antiriciclaggio ha al primo punto la trasparenza finanziaria; prevede una distribuzione di poteri tra diverse autorità, tra le quali la Segreteria di Stato, la Pontificia Commissione per lo Stato di Città del Vaticano e l’Autorità di informazione finanziaria; riconosce il diritto alla riservatezza, ma allo stesso tempo sgombra il campo dal “mito oscurantista” della segretezza vaticana. La legge 127 tende piuttosto alla tutela del diritto alla privacy riconosciuto in tutti i Paesi civili, e contenuto anche nel documento conciliare "Gaudium et spes", e allo stesso tempo prevede lo scambio internazionale di informazioni finanziarie. Una scelta che tende all’adesione allo standard internazionale, ma che prevede un bilanciamento tra diversi interessi, tra i quali appunto la tutela della riservatezza e lo scambio di informazioni. Il Vaticano puntella così la legge 127 del 2010 sull’antiriciclaggio. Una legge che era stata stilata in fretta e furia per diverse ragioni, tra le quali quella di attuare la Convenzione Monetaria con l’Unione Europea del 2009, e quella di risolvere il recente “caso Ior”. Ci si riferisce al “congelamento” da magistrati italiani per sospetta operazione di riciclaggio di 23 milioni di euro movimentati dallo Ior da un suo conto presso il Credito Artigiano verso Jp Morgan (20 milioni) e Banca del Fucino (3 milioni). Le modifiche sembrano indicare che non si è voluta mettere la classica “foglia di fico” a un problema contingente, e che si va verso un adeguamento allo standard internazionale, cui tutti gli Stati sono chiamati (non solo la Santa Sede) ad aderire. Non sembra del resto una coincidenza che, il giorno in cui entravano in vigore i miglioramenti della legge 127 con un decreto d’urgenza, che dovrà passare al vaglio della Pontifica Commissione entro 90 giorni, come nel caso dei decreti-legge italiani, veniva data notizia della ratifica, da parte della Santa Sede, della Convenzione Internazionale per la repressione del finanziamento al terrorismo (ONU, New York 1999), della Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale (Palermo 2000) e della Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito dei narcotici e delle sostanze psicotrope (Vienna 1988), che aveva già firmato nello stesso anno in cui venne adottata, come si legge nel comunicato distribuito dalla Sala Stampa della Santa Sede. Era il 25 gennaio. In quelli stessi giorni scoppiava il caso Viganò, che veniva trattato come se il Vaticano fosse una “multinazionale” con sede in territorio italiano. Qualche giorno dopo, un memo riservato sui rapporti Ior-Aif è stato dato “sotto banco” alla stampa. Un documento che in maniera equivoca gettava un’ombra sulla trasparenza del Vaticano rispetto alle autorità italiane. Tuttavia, proprio nel recente caso Ior sembra evidente quasi un eccesso di solerzia da parte di Ettore Gotti Tedeschi (nella foto con Benedetto XVI), presidente della Commissione di sovrintendenza dello Ior, che si presentò spontaneamente davanti ai giudici italiani, senza che da loro fosse richiesta una rogatoria internazionale. Una scelta considerata da molti discutibile, perché sembrerebbe quasi una rinuncia di fatto all’immunità non solo di Gotti Tedeschi stesso, ma anche dell’organo di Stato che lui è chiamato a presiedere. Ma si sbaglia a pensare che la questione sia solo tra Vaticano e Italia. Con il miglioramento della legge 127, la Santa Sede tende infatti all’adeguamento agli standard internazionali. Tutto lascia presagire ad una scelta politica di lungo periodo, e di fatto Jeffrey Owens, numero uno della politica fiscale per l’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo Economico (Ocse), ha voluto sottolineare alla Associated Press che “il Vaticano sta andando nella giusta direzione”. “Il Vaticano – ha detto Owens - ha riconosciuto che nel contesto finanziario odierno c'è un premio per la trasparenza e che, per raggiungere questo obiettivo, è necessario essere conformi agli standard internazionali, sia nel campo del riciclaggio di denaro, sia in quello dell'evasione fiscale e della corruzione”. Se la prima legge 127 sul riciclaggio era stata scritta in fretta, per rispondere a due esigenze contingenti, con questi ulteriori aggiustamenti la Santa Sede sul tema dell’antiriciclaggio mostra di fare sul serio. Ed è una politica di lungo periodo. Basti pensare che, dopo solo un anno, la Santa Sede ha rimesso mano alla propria legge. E la riforma è stata richiesta dagli stessi Commissari Moneyval, organismo del Consiglio d’Europa, in visita in Vaticano lo scorso novembre. I commissari avevano infatti rilevato delle inadeguatezze nella normativa vaticana. Si legge infatti nel comunicato di Moneyval che “al termine della missione, il team di Moneyval ha condiviso e discusso le sue prime conclusioni con i rappresentanti della Santa Sede”. Erano, in fondo, inadeguatezze delle quali la Santa Sede era consapevole, vista la genesi della legge stessa. I riferimenti sono infatti gli standard internazionali, le 40+9 Raccomandazioni del Gafi (Gruppo di Azione Finanziaria del Fondo Monetario Internazionale), le coordinate da seguire per tutti gli Stati. Le novità sono importanti. Ad esempio, il vecchio testo della 127 indicava una sola autorità competente per il contrasto del riciclaggio, l’Autorità di Informazione Finanziaria istituita da Benedetto XVI nel 2010. Ora, risulta chiaro il ruolo di altre autorità, tra le quali la Segreteria di Stato, la Pontificia Commissione del Governatorato dello Stato di Città del Vaticano, l’Autorità di Informazione Finanziaria, e anche la Gendarmeria Vaticana. È un dato tecnico che conferma una politica lungimirante. Le giurisdizioni, infatti, sono chiamate a coinvolgere tutte le proprie istituzioni, in maniera coerente al principio di rule of law, per cui le autorità competenti sono chiamate a perseguire la medesima politica di rigore e trasparenza per la prevenzione e il contrasto del riciclaggio e del finanziamento al terrorismo. Un altro aspetto interessante è che nel nuovo testo si nota, oltre allo sforzo di attuare lo standard internazionale, anche quello di adattarlo al contesto vaticano, dove non c’è mercato e non ci sono delle banche. Come ammette la stessa Cassazione italiana, infatti, lo Ior è un “ente centrale della Chiesa”, cioè un ente di natura governativa, che non ha come scopo di distribuzione degli utili.La sfida accettata dalla Santa Sede sembra quindi essere quella di adeguarsi agli standard internazionali in materia finanziaria senza snaturare le proprie istituzioni. Uno sforzo che si può vedere ad esempio in materia di liste dei terroristi stilate dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Secondo il nuovo testo della legge 127, infatti, la Santa Sede non prevede un recepimento meccanico delle liste dell’Onu. Questa scelta sembra preservare la neutralità della Santa Sede e del Vaticano. Le liste infatti sono adottate sotto il capo 7 della Carta Onu, applicabile in tempo di guerra. Accettare meccanicamente le liste metterebbe in imbarazzo o sarebbe in contraddizione con l’orientamento della Santa Sede, storicamente neutrale e a favore della pace. La Santa Sede del resto non è uno Stato membro dell’Onu, ma è Osservatore Permanente. Così la Santa Sede mantiene la propria autonomia, ma si mostra sensibile agli obiettivi di sicurezza internazionale. È infatti la Segreteria di Stato che, come recita il nuovo articolo 24, elaborerà le liste, anche se sulla base delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Insomma, tutto lascia pensare che la Santa Sede, al contrario di quanto una lettura superficiale degli eventi possa indurre a pensare, stia facendo sul serio. Non per rispondere a dei problemi interni, o per dei richiami europei o italiani, ma probabilmente per offrire il proprio contributo per il perseguimento di obiettivi strategici come il contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo a livello internazionale.

Andrea Gagliarducci, Korazym.org

Ior, trasparenza non di facciata

Il 2 febbraio del 1962 Giovanni XXIII fissava la data di apertura del Concilio Vaticano II: l'11 ottobre, per affidarlo al cuore materno di Maria

A tre anni dal primo annuncio, quel 25 gennaio 1959 nella Basilica di San Paolo, di lavoro ne era stato fatto perché il Concilio si potesse celebrare regolarmente nel 1962 secondo la volontà espressa fin dal primo momento da Giovanni XXIII. L’intensa attività delle undici commissioni preparatorie volgeva al termine. La complessa logistica era a buon punto. Lo stesso Pontefice, con la Costituzione Apostolica “Humanae salutis” promulgata il 25 dicembre 1961, aveva provveduto all’atto formale di convocazione della grande assemblea ecumenica. Mancava un ultimo particolare, il più importante: la data di apertura. Papa Giovanni la comunicò il 2 febbraio 1962: “Perciò, tutto attentamente considerato, di nostra iniziativa e con la nostra autorità apostolica, stabiliamo e decretiamo che il Concilio ecumenico Vaticano II abbia inizio il giorno 11 ottobre di quest’anno”. È la parte finale della lettera in forma di “Motu Proprio”, dal titolo “Consilium”, firmata il 2 febbraio di cinquanta anni fa, con la quale Giovanni XXIII, nel dare l’annuncio, spiegava di aver scelto la data dell’11 ottobre “soprattutto perché si ricollega al ricordo del grande Concilio di Efeso, che ha la massima importanza nella storia della Chiesa”. In quel Concilio, svoltosi, nel 431, fu proclamata la Maternità divina della Vergine, la cui festa una volta si celebrava proprio l’11 di ottobre. In tal modo il Papa intendeva affidare al cuore materno di Maria la buona riuscita del Concilio, per la quale, nella medesima lettera, come aveva fatto in precedenti occasioni, esortava tutti i fedeli “a rivolgere ancora più frequenti preghiere a Dio”. Oltre che in forma scritta, Giovanni XXIII volle dare personalmente a voce la comunicazione della data d’inizio del Concilio, nello stesso giorno del 2 febbraio 1962, in occasione dell’annuale festività liturgica della Presentazione di Gesù al Tempio. Allora, in questa ricorrenza, ancora non si celebrava la Giornata Mondiale della Vita Consacrata, come si celebra oggi da sedici anni a questa parte per volontà di Giovanni Paolo II che la istituì nel 1997. Però era in uso, già allora, che appartenenti al clero secolare e regolare, religiosi e religiose di Roma si raccogliessero attorno al Santo Padre per un momento di preghiera e per la tradizionale offerta dei ceri benedetti. A questo uditorio, quanto mai vario e internazionale, Papa Giovanni, dopo aver ricordato tutti i motivi di tristezza e preoccupazione che affliggevano il suo cuore per gli avvenimenti tragici e funesti che si susseguivano in quei giorni sullo scenario internazionale (era tra l’altro il momento della sanguinosa guerriglia in Algeria), volle dare “una notizia bene augurale e incoraggiante”: il Concilio ecumenico Vaticano II si sarebbe aperto solennemente l’11 ottobre di quell’anno. Aggiunse poi, profeticamente, con una punta di mestizia: “Noi confidiamo nel Signore: ma chi conosce il mistero dell’avvenire circa tutte le circostanze della sua celebrazione?”. La dolorosa “circostanza” della malattia, i cui sintomi aveva avvertito ben prima dell’apertura, non consentirono al Papa Buono di portare a termine la celebrazione del Concilio. Ma la “macchina” da lui avviata andò avanti ugualmente fino a destino nel segno della continuità di Pietro e della sua Chiesa.

SIR

La mappa dei 'conservatori creativi', la nuova generazione di vescovi di Benedetto XVI: fedeli alla dottrina, ma capaci di stare nella modernità

“Conservatore creativo" è un termine coniato negli Stati Uniti. Sono una nuova leva di presuli, conservatori perché fedeli alla dottrina della Chiesa ma nello stesso tempo creativi e cioè capaci di innestare la stessa dottrina nella modernità senza tradimenti, senza cedimenti di sorta. E’ il Magistero che il Papa teologo e pastore vuole che i suoi vescovi mettano in pratica: non chiusure pretestuose di fronte alle sfide della modernità, ma aperture coraggiose e fedeli al bimillenario insegnamento della Chiesa stessa. "A conservative bishop for Los Angeles", titolarono i giornali Usa quando ad aprile 2010 mons. José H. Gomez venne indicato come successore del cardinale "liberal" Roger Mahony. Nell'identikit del "conservatore creativo" si riconoscono figure di primo piano della Chiesa mondiale come il prefetto della Congregazione dei vescovi Ouellet, l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola, il cardinale di Budapest Erdo, Christoph Schönborn, il prima del Belgio Leonard, il capo della Chiesa Cattolica inglese Nichols, Dolan, Di Nardo,il neo-arcivescovo di Filadelfia Chaput, Wuerl, George, il prossimo patriarca di Venezia, Moraglia, il vescovo di Bolzano e Bressanone, Ivo Muser, l'arcivescovo polacco Budzik. Mons. Gomez è il capofila di quei presuli "conservatori creativi" di cui Benedetto XVI sta riempiendo le diocesi dei cinque continenti. Una scelta di discontinuità quella del messicano Gomez, che fa parte dell’Opus Dei ed è stato inserito dalla rivista Time nel 2005 tra i 25 ispanici più influenti degli Stati Uniti, vincitore del premio "Buon Pastore" nel 2003 quand’era arcivescovo di San Antonio. Tra i "conservatori creativi" il "Ratzinger di L.A." non è certamente il più conosciuto al di fuori dei Sacri Palazzi, ma la sua ascesa è costante. Mons. Gómez è nato a Monterrey, in Messico, il 26 dicembre del 1951 ed ha scoperto la sua chiamata al sacerdozio quando era molto giovane, come racconta ad h2onews. "Per circostanze familiari quando cominciai a pensarci più seriamente è stato appena finita la scuola secondaria. Allora sentii che Dio mi chiamava al sacerdozio ma decisi di aspettare fino alla fine dell'università. Credo che il punto chiave della mia vocazione sacerdotale sia stato che una volta finita la scuola secondaria decisi di andare ogni giorno a messa, pensando che se ero cattolico dovevo prendere sul serio la mia fede". Nonostante gli ostacoli familiari e le paure personali che precedettero la sua ordinazione, l'arcivescovo José Gómez ricorda quel giorno con grande gioia e soddisfazione, per sé e per la sua famiglia: "Quindi alla fine, nonostante le piccole scaramucce tra di noi per il fatto che non erano molto convinti, Dio ha concesso loro l'allegria più grande che mai si potessero aspettare e a me la più grande benedizione". Da allora mons. Gómez è uno dei sacerdoti più attivi degli Stati Uniti ed ha svolto un ruolo fondamentale nel lavoro con le comunità ispaniche del paese. Nel 2007 la CNN lo indicò come uno degli ispanici più in vista in occasione del "Mese della Tradizione Ispanica”, e tra gli altri ruoli è membro fondatore dell'Associazione Cattolica dei Leader Latino-americani (C.A.L.L). Mons. Gomez è un nome che farà molto parlare di sé in futuro. Leader dei cattolici ispanici americani deve molto al periodo in cui ha collaborato come ausiliare dell’arcivescovo di Denver, Charles Chaput, che ha lavorato per “sponsorizzarlo” a Roma. Ma molto ha fatto per lui anche il card. Justin Francis Rigali, arcivescovo di Philadelphia, tra i più influenti cardinali statunitensi. Gomez diverrà cardinale, e il suo peso nel mondo ispanico non sarà secondario in caso di conclave. Gomez sostiene la necessità di non sottovalutare la spinta e l’impulso che gli immigrati possono dare al Paese e al suo cattolicesimo. Più di due terzi dei latinos negli Stati Uniti (il 68%) sono cattolici. Come racconta Gomez stesso, gli ispanici sono una "benedizione" per gli Stati Uniti, per la Chiesa e per i vescovi. "Gli ispanici e i latino-americani – afferma – sono persone di fede dotate di alcune profonde tradizioni culturali basate sui fondamenti della fede, che è una novità nella Chiesa degli Stati Uniti". Sui temi bioetici a guidare la «crociata» della Chiesa Usa è, sul campo, proprio il nuovo arcivescovo di Los Angeles, José Gómez, fiero oppositore della decisione dell’amministrazione Obama di obbligare tutte le strutture ospedaliere americane, comprese quelle cattoliche, a fornire (a partire dal prossimo anno) contraccettivi e prodotti abortivi nei propri programmi sanitari. Mons. Gomez ha pubblicamente invocato una levata di scudi dei credenti contro la nuova regolamentazione con cui la Casa Bianca, a giudizio dell’episcopato statunitense, "viola i principi non negoziabili". Secondo l’arcivescovo José H. Gomez, l’America sta perdendo il senso della libertà religiosa. Sulla rivista First Things mons. Gomez ha osservato che sia i tribunali che gli enti pubblici trascurano sempre di più i diritti di coscienza, a fronte di altri diritti o libertà ritenuti più importanti. Gomez ha citato a tal proposito il recente caso del rigetto di una richiesta di finanziamento avanzata dall’organismo della Conferenza Episcopale Usa che si occupa dei servizi ai migranti e ai rifugiati. L’organizzazione ha ricevuto finanziamenti per diversi anni, destinati alle sue attività di aiuto alle vittime della tratta degli esseri umani. Gomez guida una delle diocesi statunitensi che più di altre ha pagato, anche in senso letterale, lo scandalo dei preti pedofili: il suo predecessore Mahony ha sborsato più di seicento milioni di dollari per risarcire le vittime. Per farlo, ha svenduto gli immobili di proprietà della diocesi creando non pochi malumori nel clero locale e nei fedeli. Tanto che in molti gli contestano una linea troppo soft nella gestione degli scandali: perché un conto è risarcire le vittime, un altro è dilapidare un patrimonio senza valutare a dovere se le denunce si riferiscono ad abusi effettivamente avvenuti. Da una parte Mahony ha pagato per ogni denuncia. In Vaticano le perplessità per il modo con cui Mahony ha gestito gli scandali non sono poche. La risposta dell’arcidiocesi è stata esagerata: e altro non ha fatto che provocare un effetto valanga. Come Los Angeles, moltissime altre diocesi sono state sommerse da denunce per fatti verificatisi anche più di cinquant’anni fa. La nomina di Gomez è un segnale chiaro che Papa Ratzinger ha deciso di dare.

Giacomo Galeazzi, Vatican Insider

Nel libro 'L'ultimo esorcista' di padre Amorth e Paolo Rodari anche un episodio accaduto prima di un'Udienza generale di Benedetto XVI nel maggio 2009

C'è anche un rito esorcistico operato da Papa Ratzinger del maggio 2009 in Piazza San Pietro, nel libro "L'ultimo esorcista" scritto dall'esorcista Gabriele Amorth e del giornalista Paolo Rodari, in uscita il 7 febbraio. "E' mercoledì, il giorno dell'Udienza generale", racconta il sacerdote in un brano anticipato domani da Panorama. "I fedeli sono arrivati da tutto il mondo. Dal fondo della piazza entra un gruppetto di quattro persone. Due donne e due giovani uomini. Le donne sono due mie assistenti. Mi aiutano durante gli esorcismi, pregano per me e per i posseduti e assistono per quanto è loro possibile i posseduti nel loro lungo e difficile percorso di liberazione. I due giovani uomini sono due posseduti. Nessuno lo sa. Lo sanno soltanto loro e le due donne che li 'scortano'". Quando suonano le 10 "dall'arco delle campane, il portone a fianco della basilica vaticana, esce una jeep bianca. Sopra tre uomini. Un guidatore, il Papa in piedi e, seduto al suo fianco, il suo segretario particolare monsignor Georg Gänswein. Le due donne si girano verso Giovanni e Marco. Istintivamente li sorreggono con le braccia. I due, infatti, iniziano ad avere comportamenti strani. Giovanni trema e batte i denti. Le due donne capiscono che qualcuno sta cominciando ad agire nel corpo di Giovanni e di Marco. Qualcuno che col passare dei minuti si mostra sempre più agitato". Il racconto prosegue: "Il Papa scende dall'auto e saluta le persone poste nelle prime file. Giovanni e Marco, insieme, iniziano a ululare. Sdraiati per terra ululano. Ululano fortissimo. 'Santità, santità, siamo qui!', urla al Papa una delle due donne cercando di attirare la sua attenzione. Benedetto XVI si gira ma non si avvicina. Vede le due donne e vede i due giovani uomini per terra che urlano, sbavano, tremano, danno in escandescenze. Vede lo sguardo d'odio dei due uomini. Uno sguardo diretto contro di lui. Il Papa non si scompone. Guarda da lontano. Alza un braccio e benedice i quattro. Per i due posseduti è una scossa furente. Una frustata assestata su tutto il corpo. Tanto che cadono 3 metri indietro, sbattuti per terra. Adesso non urlano più. Ma piangono, piangono, piangono. Gemono per tutta l'udienza. Quando poi il Papa se ne va, rientrano in se stessi. Tornano se stessi. E non ricordano nulla".

TMNews

Satana in Vaticano: il libro dell’esorcista padre Amorth

Mons. Braz de Aviz: molti consacrati lasciano perché non si sentono più felici nella comunità. Non sappiamo rapportarci, come autorità e obbedienza

In molti Paesi Occidentali, il crollo del numero dei religiosi è in caduta verticale: "In dieci anni - ad esempio - le suore in Francia sono calate da 36.000 a 6.000". Lo sottolinea mons.
João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, in un'intervista rilasciata a L'Osservatore Romano alla vigilia della XVI Giornata Mondiale della Vita Consacrata. Il 18 febbraio il presule brasiliano sarà creato cardinale da Benedetto XVI. "Una delle questioni basilari - afferma il capo dicastero - è che i rapporti interpersonali sono malati. Non sappiamo rapportarci, né come autorità e obbedienza, né come fraternità. Tutto ciò provoca un male molto grande, perché questa solitudine che nel mondo è individualismo, nella comunità può diventare angoscia e non risolve il problema interiore". "Non a caso - osserva il prefetto - molti consacrati e consacrate escono dagli istituti non perché non sentano la vocazione, ma perché non si sentono più felici nella comunità. È un fenomeno che desta attenzione, perché in un certo senso è un po’ nuovo, essendo legato alla globalizzazione e alla ricerca della felicità umana. E perché viene fuori? Perché la maggior qualità evangelica va di pari passo all’attenzione a questo nuovo momento della storia umana". "Abbiamo anche sentito dai vescovi dell’Australia - rivela Braz de Aviz - che quasi non si percepisce più la presenza e l’importanza dei religiosi. Abbiamo dialogato con loro su questo, perché ci sembrava che occorresse, al contrario, maggiore attenzione. Ci sono nazioni, invece, dove c’è una crescita enorme. Penso all’India, alla Corea e ad altri Paesi d’Oriente, nei quali il numero dei consacrati è in aumento. Anche in Africa ci sono tantissime vocazioni, che devono essere ben vagliate per comprenderne le motivazioni profonde. Notiamo poi che nei luoghi dove c’è una maggiore qualità di vita evangelica, proprio lì comincia una nuova sensibilità". "Si nota che individualmente i religiosi non possiedono niente, però l'istituzione non dà sempre la stessa testimonianza". "Non è che siamo contro i beni o diciamo che la Chiesa non possa avere tutto ciò di cui ha bisogno", afferma il presule nell'intervista. "Ma la domanda - prosegue - è un'altra: perché non circolano? Mettiamo il caso di una congregazione che abbia in banca una somma consistente, in vista di una maggiore sicurezza per la vecchiaia dei suoi membri. E' questa la finalità? Quei soldi non potrebbero servire a un altro istituto? A un pezzo di Chiesa sofferente che ha bisogno? Perché non sappiamo dire che mettiamo i nostri averi a disposizione di tanti altri? Notiamo che non sempre c'è questa sensibilità o questa disponibilità a far circolare i beni. E ciò, invece, aiuterebbe tanto e potremmo soccorrere situazioni molto difficili, divenendo anche più liberi da tutto quello che abbiamo. Alle volte ho l'impressione che manca un senso profondo della Provvidenza di Dio. Siamo entrati un po' in un'ottica consumistica. Assisto anche alle volte a divisioni a causa dei beni e questo indica che lo spirito non è corretto. C'è una figura nuova che sta prendendo corpo in Australia, in Canada e negli Stati Uniti d'America, dove molti religiosi si stanno organizzando in 'corporazioni'. Si tratta di un'entità nuova, che accomuna membri di vari ordini o opere dello stesso ordine per una maggiore sicurezza, efficacia ed economia. Come Congregazione stiamo seguendo questa realtà, ma ancora non sappiamo bene come si evolverà, perché è una cosa nuova".


Agi, TMNews

Intenzione di preghiera del Papa per febbraio: tutti i popoli abbiano pieno accesso all'acqua e alle risorse necessarie al sostentamento quotidiano

Nel mese di febbraio, appena iniziato, Papa Benedetto XVI chiede ai fedeli di pregare perché non manchi acqua e cibo per nessun popolo della terra e per l’assistenza sanitaria nei paesi più arretrati. È la proposta che il Santo Padre rivolge nelle intenzioni contenute nella lettera pontificia che ha affidato all’Apostolato della Preghiera, iniziativa seguita in tutto il mondo da circa 50 milioni di persone. Il Pontefice affida ogni mese due intenzioni, una generale e una missionaria.Quella generale per il mese di febbraio recita: “Perché tutti i popoli abbiano pieno accesso all'acqua e alle risorse necessarie al sostentamento quotidiano”. L’intenzione missionaria invece afferma: “Perché il Signore sostenga lo sforzo degli operatori sanitari delle regioni più povere nell’assistenza ai malati e agli anziani”.

Zenit

Concilio Vaticano II. Traditore o tradito? No, è ancora davanti a noi. L'interpretazione teologica: autorità e autorevolezza

Vaticano II: traditore o tradito? No, è ancora davanti a noi

L’interpretazione teologica del Vaticano II: autorità e autorevolezza