venerdì 14 dicembre 2012

Natale 2012. 'La Verità è germogliata dalla terra': le parole che il Papa ha scelto per il biglietto di auguri alla Curia romana, ai dipendenti del Vaticano e a tutti i fedeli

"Veritas de terra orta est!" ("La Verità è germogliata dalla terra"): sono le parole, tratte dal Salmo 85, 12, che Benedetto XVI ha scelto quest'anno per il biglietto di auguri natalizi destinato alla Curia romana, ai dipendenti del Vaticano e a tutti i fedeli che parteciperanno nei prossimi giorni a udienze e celebrazioni. Il Papa le ha scritte di suo pugno, facendole riprodurre dalla Tipografia Vaticana su un bigliettino, insieme all’immagine del dipinto "La natività e l’adorazione dei pastori" di Leandro Bassano (1557-1622), conservato nell’appartamento privato del Palazzo Apostolico vaticano. Continua così la consuetudine dei Pontefici, inaugurata nel 1963 da Paolo VI, di stampare immaginette e cartoncini augurali a Natale, Pasqua e in altre particolari solennità, con una frase autografa, tratta dalle Scritture, dai padri della Chiesa o dal lezionario, e una raffigurazione artistica in tema con la ricorrenza liturgica.

L'Osservatore Romano

Avvento 2012. All'Angelus di domenica i bambini e i ragazzi degli oratori di Roma portano a Benedetto XVI i Bambinelli dei presepi per la tradizionale benedizione

Come da tradizione, domenica i bambini e i catechisti delle parrocchie e degli oratori romani si riuniranno a Piazza San Pietro per partecipare all’Angelus del Papa Benedetto XVI. In questa occasione il Pontefice benedirà le statuine di Gesù Bambino da porre nei presepi realizzati nelle famiglie, nelle parrocchie e nelle scuole. L’evento, organizzato da molti anni dal Centro Oratori Romani, radunerà migliaia di ragazzi, accompagnati da sacerdoti, animatori e moltissimi genitori per questo speciale momento di preghiera all’interno di un progetto educativo e spirituale sul tema “Vieni Gesù” che si sta sviluppando in queste settimane in decine di oratori sparsi per la nostra città. L’edizione dell’anno scorso radunò in Piazza quasi 5000 persone e anche quest’anno sono attesi centinaia di bambini e ragazzi che fra canti natalizi e animazioni attenderanno lo speciale saluto del Papa e la sua benedizione. Già dalle prime ore della mattinata i ragazzi si raccoglieranno nella Basilica Vaticana per vivere insieme la celebrazione dell’Eucarestia presieduta dal card. Angelo Comastri per poi spostarsi in piazza dove attendere con gioia l’affacciarsi del Papa dal suo studio per l’Angelus.

EZ Rome 

Mons Celli: su Twitter i followers del Papa più numerosi sono gli inglesi, tanti gli arabi. La Segreteria di Stato manda i testi insieme agli altri documenti per l’approvazione, altrimenti non si tratterebbe di suoi tweet

"Il Papa ha avuto bisogno di qualcuno che indicasse dove doveva premere per far partire il tweet perchè non ha grande dimestichezza con le nuove tecnologie. Quello che è importante è la disponibilità del Papa e la sua apertura a questo nuovo mondo comunicativo". Lo ha detto mons. Carlo Maria Celli, presidente del pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, che ha curato l’approdo del Papa su Twitter, parlando con l’agenzia Ansa a margine del convegno “Le notizie ad alta velocità” organizzato da Stampa Romana. "Ci ha stupito la risonanza mediatica mondiale, siamo quasi arrivati a 2 milioni di follower - ha aggiunto Celli -. I primi sono gli inglesi, poi ci sono gli spagnoli e gli italiani. È vero che i tedeschi sono in numero minore, mentre ci ha stupito che ci siano tanti arabi a seguirlo. Quando spiegavo al Santo Padre cosa significasse avere tanti follower e l’effetto del ritwittaggio nel mondo, il Papa ha capito perfettamente ed era consapevole che ciò aveva una possibilità comunicativa eccezionale". "In questo momento non riteniamo necessario aprire una pagina Facebook del Papa, perchè Facebook ha una dimensione molto più personale mentre YouTube e Twitter hanno una dimensione più istituzionale - ha proseguito -. Non è vero come ha detto qualcuno che il Papa neanche vede i tweet perché li deve approvare. La Segreteria di Stato manda i testi insieme agli altri documenti per l’approvazione. Se così non fosse non si tratterebbe di tweet del Papa. Tecnicamente li scrive qualcun altro ma possiamo dire che si tratta a tutto tondo di un messaggio del Papa".

Vatican Insider

Attesa per domani la grazia del Papa all'ex aiutante di camera Paolo Gabriele. Il futuro preparato sarà un lavoro ed una casa per lui e per la sua famiglia fuori le Mura vaticane

"Il Signore ha revocato la tua condanna". Questo versetto del profeta Sofonia che fa parte della liturgia delle letture di dopodomani, terza domenica di Avvento, la cosiddetta Dominica "Gaudete" ("Rallegratevi"), accompagnerà, forse, la prima giornata di libertà di Paolo Gabriele, (foto) l'ex maggiordomo di Benedetto XVI protagonista di Vatileaks. Salvo colpi di scena, sempre possibili in casi complessi come quello del Corvo, è attesa per domani la grazia papale, che nell'approssimarsi del Natale assumerà una forte connotazione religiosa, senza andarsi a sovrapporre alla preparazione della celebrazione vera e propria di una delle principali feste della cristianità. La grazia sopravanzerà la giustizia di una condanna a diciotto mesi, pur mite per il solo reato di furto aggravato. Il futuro preparato per Gabriele sarà un lavoro ed una casa per lui e per la sua famiglia fuori le Mura vaticane. Ma "grazia", ha voluto ricordare un comunicato della Segreteria di Stato a fine ottobre, quando Gabriele al passaggio in giudicato della sentenza dovette lasciare gli arresti domiciliari e fu riaccompagnato in cella, non vuol dire buonismo, non vuol dire un atto scontato, persino, in qualche modo dovuto. Il comunicato fu messo nero su bianco per correggere certe interpretazioni e richiamare la gravità di quanto accaduto e di quanto Gabriele ha fatto. Tanto che a fine novembre Gabriele aveva chiesto: "Come faccio ad espiare?". Una domanda che l'ex aiutante di camera di Benedetto XVI aveva rivolto a un prelato che era andato a trovarlo in carcere. Per evitare ogni indebita pressione si sono fermati nei giorni scorsi i preparativi di una possibile fiaccolata che "Amici di Gabriele" avrebbero voluto organizzare intorno a San Pietro. All'interno della piccola Città-stato qualcuno si è spinto, nelle settimane scorse, fino a chiedere un gesto di perdono in qualche modo pubblico di Bendetto XVI, sulle orme della storica visita di Giovanni Paolo II a Rebibbia al suo attentatore Alì Agca, nel 1983: una visita nella cella della Gendarmeria. Ma il perdono, neppure per Agca, volle dire subito scarcerazione, che arrivò per intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi, solo nel 2000, anno del Grande Giubileo. Nella ricordata nota della Segreteria di Stato si sottolineava che la grazia "è un atto sovrano del Santo Padre", e in quanto tale non è detto debba essere legato a pre-condizioni, ma subito dopo si precisava che "essa tuttavia presuppone ragionevolmente il ravvedimento del reo e la sincera richiesta di perdono al Sommo Pontefice e a quanti sono stati ingiustamente offesi", tra i quali c'è anche il cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, vero bersaglio dei Vatileaks.

Maria Antonietta Calabrò, Corriere della Sera

Avvento 2012. Domenica la visita di Benedetto XVI alla parrocchia romana di San Patrizio al Colle Prenestino. Ad accoglierlo le giovani coppie con bambini battezzati nel corso dell'anno. Don Fasciani: siamo il punto di riferimento della zona

Per Papa Benedetto XVI sarà come vivere un’anticipazione del presepe vivente. Domenica il Santo Padre visiterà la parrocchia romana di San Patrizio al Colle Prenestino e sarà accolto da giovani coppie con bambini battezzati nel 2012, che lo attenderanno, verso le 9.30, nella zona posteriore dell’oratorio. Alle 10.00 il Pontefice presiederà la Messa e, dopo aver incontrato brevemente i sacerdoti della parrocchia e della prefettura, si fermerà qualche minuto nella cappella feriale insieme agli anziani e agli ammalati. "La demografia del quartiere, abitato da circa 7-8 mila persone, è piuttosto mista", spiega il parroco don FabioFasciani, sacerdote romano di 42 anni, da tre alla guida della comunità di San Patrizio, nel quartiere Colle Prenestino, zona est della Capitale. "Ci sono molti anziani - prosegue don Fasciani - per lo più ex artigiani, ma anche coppie giovani con bambini. Infatti celebriamo circa cinquanta battesimi all’anno. La zona è abitata in prevalenza da famiglie italiane, con pochi romeni e qualche cinese". Il quartiere, per lo più di case a un piano, costruite, "di nascosto, durante la notte", sull’onda dell’abusivismo edilizio degli anni ’70 e ’80, si è sviluppato senza un piano regolatore che prevedesse piazze o luoghi di incontro. "La parrocchia è l’unico, vero punto di riferimento del quartiere - spiega ancora il parroco, subentrato nel settembre del 2009 a don Arnaldo D’Innocenzo, primo parroco della comunità nata nel 1973 - perché qui non ci sono altre strutture o servizi. Solo nel 2011 hanno costruito un parco accanto alla parrocchia. E così i ragazzi del quartiere vengono qui per incontrarsi". La parrocchia è aperta e frequentata tutti i giorni. La domenica il campo di calcetto dell’oratorio registra il numero maggiore di ingressi, durante la settimana invece ospita gli allenamenti della squadra parrocchiale, l’Associazione San Patrizio. L’accoglienza e la ricezione sono preludio all’evangelizzazione. "Il lunedì - elenca il parroco - si incontra il gruppo di 25-30 persone che animano la Messa domenicale, con l’attenzione alle letture della domenica. Il martedì sera si incontrano le venti persone del 'Laboratorio della fede', che quest’anno riflettono sulla preghiera del 'Credo'". Importante il seguito delle catechesi pre-sacramentali. Una ventina di coppie l’anno seguono il corso pre-matrimoniale, una quindicina di ragazzi del "dopo cresima" partecipa al corso per allievi catechisti, un centinaio di ragazzi segue il cammino triennale che conduce alla confermazione, e un’ottantina di bambini è iscritta ai due anni di catechismo che preparano alla comunione. "Ogni giovedì sera - aggiunge don Fasciani, che ricorda la sua amicizia con gli altri due 'don Fabio' dei Dieci comandamenti, Rosini e Pieroni - la parrocchia accoglie un’ottantina di persone che stanno seguendo il percorso catechetico dei Dieci comandamenti, giunto al 3° ciclo in questa parrocchia. Chi lo segue è molto soddisfatto, tanto che poi molti rimangono a collaborare in parrocchia". "Ho seguito la catechesi dei Dieci comandamenti nel 2010/2011 - spiega Paola Verticchio, direttore amministrativo della Procura della Repubblica di Tivoli - e ora, insieme con mio marito, sono catechista dei ragazzi che si preparano alla cresima. Faccio parte del coro e del gruppo di animazione della Messa domenicale". "Per accogliere il Papa, domenica, e animare la Messa, il coro di San Patrizio è diventato polifonico. Il numero ordinario di elementi è cresciuto a 50, accompagnato da 4-5 chitarre. Abbiamo perfino raddoppiato il numero di prove settimanali. I Dieci comandamenti danno a ciascuno una seconda possibilità, facendolo sentire amato dal Signore. È un’esperienza - conclude Verticchio - che mi porto dentro quando lavoro e ho a che fare con carcerati e tossicodipendenti: voglio che, attraverso la mia voce, calda e comprensiva, possano sentirsi rispettati".

RomaSette

Il Papa: questa luce altissima, di cui l’albero natalizio è segno e richiamo, non solo non ha subito alcun calo di tensione col passare dei secoli e dei millenni, ma continua a risplendere su di noi e a illuminare ogni uomo che viene al mondo, specialmente quando dobbiamo attraversare momenti di incertezza e difficoltà

A mezzogiorno di oggi, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza la delegazione giunta dal Molise, e in particolare dal Comune di Pescopennataro (Isernia) per il dono dell’albero di Natale in Piazza San Pietro. "L'abete bianco che avete voluto donarmi, cari pescolani e abitanti dell'intera Regione del Molise manifesta anche la fede e la religiosità della gente molisana, che attraverso i secoli ha custodito un importante tesoro spirituale espresso nella cultura, nell'arte e nelle tradizioni locali", ha detto Benedetto XVI. "E’ compito di ciascuno di voi e dei vostri conterranei attingere costantemente a questo patrimonio e incrementarlo, per poter affrontare le nuove urgenze sociali e le odierne sfide culturali nel solco della consolidata e feconda fedeltà al cristianesimo". "Dio si è fatto uomo ed è venuto in mezzo a noi, per dissipare le tenebre dell'errore e del peccato, recando all'umanità la sua luce divina. Questa luce altissima, di cui l'albero natalizio è segno e richiamo, non solo non ha subito alcun calo di tensione col passare dei secoli e dei millenni, ma continua a risplendere su di noi e a illuminare ogni uomo che viene al mondo, specialmente quando dobbiamo attraversare momenti di incertezza e difficoltà". "Quando nelle varie epoche - ha proseguito il Pontefice - si è tentato di spegnere la luce di Dio, per accendere bagliori illusori e ingannevoli, si sono aperte stagioni segnate da tragiche violenze sull'uomo. Questo perché, quando si cerca di cancellare il nome di Dio sulle pagine della storia, il risultato è che si tracciano righe storte, dove anche le parole più belle e nobili perdono il loro vero significato. Pensiamo a termini come 'libertà', 'bene comune', 'giustizia': privati del radicamento in Dio e nel suo amore, nel Dio che ha mostrato il suo volto in Gesù Cristo, queste realtà rimangono molto spesso in balia degli interessi umani, perdendo l'aggancio con le esigenze di verità e di civile responsabilità". “Il vostro Albero è quello dell’Anno della fede: voglia il Signore ricompensare il vostro dono rafforzando la fede in voi e nelle vostre comunità!”, ha concluso Benedetto XVI.

TMNews

UDIENZA ALLA DELEGAZIONE DEL COMUNE DI PESCOPENNATARO (ISERNIA) PER IL DONO DELL’ALBERO DI NATALE IN PIAZZA SAN PIETRO - il testo integrale del discorso del Papa

Presentazione del Messaggio del Papa: è importante per cooperare e realizzare la pace riconoscere i diritti all’uso del principio dell’obiezione di coscienza nei confronti della legge e di quelle misure governative che attentano contro la dignità umana

Dei punti salienti del Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace 2013, e delle prospettive di riflessione che apre, si è parlato nella conferenza stampa tenuta questa mattina dal direttore della Sala Stampa vaticana, padre federico Lombardi, con il card. Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, mons. Mario Toso, segretario del medesimo dicastero, e la dottoressa Flaminia Giovannelli, sottosegretario. Pace e sviluppo integrale dei popoli: questo il filo conduttore di una riflessione che va dalle criticità degli attuali criteri di profitto finanziari e sociali, alle emergenze per i prezzi delle derrate alimentari, del fenomeno dell’accaparramento di terre. “La crisi alimentare – si sottolinea – non è da meno di quella finanziaria”. In tutto questo, la Chiesa ribadisce la centralità del bene comune come fattore determinante per la crescita nella pace della famiglia umana. Mons. Toso: "Verità, amore, giustizia e libertà sono i quattro pilastri della pace". La Chiesa chiede nuove politiche del lavoro e nuovo sguardo sull’economia, ha sottolineato il card. Turkson. E ricorda l’importanza di non restare alla sola dimensione umana: "La pace è dono messianico, ma è anche opera umana e presuppone, pertanto, un umanesimo aperto alla trascendenza e all’etica della comunione e della condivisione". Il porporato ha sottolineato temi come la libertà religiosa che significa, spiega, non solo libertà di culto ma anche di impegno sociale. E il cardinale parla di difesa della vita: "E’ importante per cooperare e realizzare la pace, che gli ordinamenti giuridici e l’amministrazione della giustizia riconoscano i diritti all’uso del principio dell’obiezione di coscienza nei confronti della legge e di quelle misure governative che attentano contro la dignità umana". E poi Turkson ha parlato di speranza: "La pace non è illusoria e non è un’utopia. Radicata in Dio c’è sempre l’apertura verso il futuro e da qui scaturisce anche la speranza per tutte le iniziative della persona umana". Da mons. Toso l’invito a un impegno a livello internazionale concreto: "Non solo c’è da tener presente che, forse, si uscirà dalla crisi nel 2018. Ma c’è da tener presente anche che, probabilmente, stando al fatto che i fondamentali del mercato finanziario non sono sostanzialmente cambiati, sarà possibile anche un’altra crisi finanziaria. Questo lo dicono le persone che studiano la materia, e la studiano seriamente. Pertanto, bisogna dire che c’è da fare molto di più di quello che è stato fatto a livello internazionale e a livello europeo: in Europa, si sta cercando di rendere questi mercati più stabili, anche grazie all’opera della Banca centrale europea: ultimamente, la Banca centrale europea ha riconosciuto il compito del controllo delle banche e così via...Sono tutti piccoli passi, che denotano un cammino che però deve essere fatto, di fronte ad una crisi così grave, con più celerità, con più decisione, confidando soprattutto sul grande ideale – mi riferisco all’Europa – di un’Europa primariamente dei popoli e poi dei mercati. A Flaminia Giovannelli il compito di raccontare qualcosa dell’attività del Pontificio Consiglio per la Giustizia e Pace che gravita intorno a tutti questi temi. Con un appello in particolare perché ci sia attenzione ai piccoli agricoltori: "In realtà, sono i piccoli agricoltori quelli che sfamano ed è tramite istituzioni di piccole aziende agricole che si aiuta a fare sviluppo. E’ proprio lì che si impara lo sviluppo. Basti pensare un momento agli agricoltori, anche quelli dei Paesi poveri, che si dedicano alla coltivazione: un conto è coltivare e portare la loro opera per una grande piantagione di ananas, di caffè, di cacao, un altro è coltivare il proprio campo. Questo aiuta a commercializzare, ma aiuta anche a imparare a conservare ciò che si produce, perché uno dei problemi gravi dei Paesi poveri – mancando molte volte l’elettricità e altro – è la difficoltà di conservare gli alimenti che si hanno nei momenti in cui si possono produrre grazie alla presenza di acqua, rispetto a momenti di grande siccità. Però, è soltanto se uno ha a disposizione una sua fattoria personale di modeste dimensioni che riesce ad imparare a fare tutto questo, altrimenti non c’è neanche motivazione. Direi, quindi, che favorire lo sviluppo di piccole proprietà agricole e sostenere i piccoli agricoltori è una cosa positiva e propositiva molto importante". In definitiva, per tutte le problematiche emerge l’importanza di contestualizzare tutto all’interno della nuova evangelizzazione promossa dal Papa.

Radio Vaticana

CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA 46° GIORNATA MONDIALE DELLA PACE (1° GENNAIO 2013)

Il Papa: per diventare autentici operatori di pace sono fondamentali l’attenzione alla dimensione trascendente e il colloquio costante con Dio. Così l’uomo può vincere quel germe di oscuramento e di negazione della pace che è il peccato in tutte le sue forme

“La pace non è un sogno, non è un’utopia: è possibile. L’uomo è fatto per la pace che è dono di Dio”. Ma “per diventare autentici operatori di pace sono fondamentali l’attenzione alla dimensione trascendente e il colloquio costante con Dio. Così l’uomo può vincere quel germe di oscuramento e di negazione della pace che è il peccato in tutte le sue forme: egoismo e violenza, avidità e volontà di potenza e di dominio, intolleranza, odio e strutture ingiuste”. Lo scrive Benedetto XVI nel Messaggio per la 46° Giornata Mondiale della Pace, che si celebrerà il 1° gennaio 2013 sul temao “Beati gli operatori di pace” e presentato questa mattina in Vaticano. Un testo, nel quale il Pontefice tratteggia una sorta d’identikit dell’operatore di pace definito come “colui che ricerca il bene dell’altro, il bene pieno dell’anima e del corpo, oggi e domani. Proprio per questo si può ritenere che le vie di attuazione del bene comune siano anche le vie da percorrere per ottenere la pace”. Una di queste è “il rispetto per la vita umana”. Operatori di pace sono coloro che, afferma il Papa, “amano, difendono e promuovono la vita, dal suo concepimento e sino alla sua fine naturale, nella sua integralità, in tutte le sue dimensioni: personale, comunitaria e trascendente”. Per Benedetto XVI, “chi vuole la pace non può tollerare attentati e delitti contro la vita. Coloro che sostengono per esempio la liberalizzazione dell’aborto, forse non si rendono conto che in tal modo propongono l’inseguimento di una pace illusoria. Ogni lesione alla vita, specie nella sua origine, provoca inevitabilmente danni irreparabili allo sviluppo, alla pace, all’ambiente, senza che sia tutelato il diritto alla vita dei più deboli, a cominciare dai nascituri? Ogni lesione alla vita, specie nella sua origine, provoca inevitabilmente danni irreparabili allo sviluppo, alla pace, all'ambiente. Nemmeno è giusto codificare in maniera subdola falsi diritti o arbitrii, che, basati su una visione riduttiva e relativistica dell'essere umano e sull'abile utilizzo di espressioni ambigue, volte a favorire un preteso diritto all'aborto e all'eutanasia - scrive il Papa - minacciano il diritto fondamentale alla vita". Anche la struttura naturale del matrimonio “va riconosciuta - si legge nel messaggio - e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale”. "Questi principi - prosegue il Papa - non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l'umanità. L'azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi, perché ciò - scrive il Papa - costituisce un'offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace". Cooperazione alla pace è anche il riconoscimento del “diritto all’uso del principio dell’obiezione di coscienza nei confronti di leggi e misure governative che attentano contro la dignità umana, come l’aborto e l’eutanasia”. "Tra i diritti umani basilari, anche per la vita pacifica dei popoli - scrive il Papa - vi è quello dei singoli e delle comunità alla libertà religiosa. In questo momento storico, diventa sempre più importante che tale diritto sia promosso non solo dal punto di vista negativo, come libertà da - ad esempio, da obblighi e costrizioni circa la libertà di scegliere la propria religione -, ma anche dal punto di vista positivo, nelle sue varie articolazioni, come libertà di: ad esempio, di testimoniare la propria religione, di annunciare e comunicare il suo insegnamento; di compiere attività educative, di beneficenza e di assistenza che permettono di applicare i precetti religiosi; di esistere e agire come organismi sociali, strutturati secondo i principi dottrinali e i fini istituzionali che sono loro propri. Purtroppo - scrive Benedetto XVI - anche in Paesi di antica tradizione ne cristiana si stanno moltiplicando gli episodi di intolleranza religiosa, specie nei confronti del cristianesimo e di coloro che semplicemente indossano i segni identitari della propria religione". "L'operatore di pace deve anche tener presente che, presso porzioni crescenti dell'opinione pubblica, le ideologie del liberismo radicale e della tecnocrazia insinuano il convincimento che la crescita economica sia da conseguire anche a prezzo dell'erosione della funzione sociale dello Stato e delle reti di solidarietà della società civile, nonché dei diritti e dei doveri sociali". Tra i diritti oggi maggiormente minacciati vi è quello al lavoro: “Ciò è dovuto al fatto - scrive il Pontefice - che sempre più il lavoro e il giusto riconoscimento dello statuto giuridico dei lavoratori non vengono adeguatamente valorizzati, perché lo sviluppo economico dipenderebbe soprattutto dalla piena libertà dei mercati. A tale proposito, ribadisco che la dignità dell’uomo, nonché le ragioni economiche, sociali e politiche, esigono che si continui a perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti”. Ne consegue per Benedetto XVI la necessità di “un nuovo modello di sviluppo, come anche un nuovo sguardo sull’economia” che abbia Dio “come riferimento ultimo”. Riferendosi poi alla crisi finanziaria ed economica, il Papa afferma che “l’operatore di pace esercita l’attività economica per il bene comune, vive il suo impegno come qualcosa che va al di là del proprio interesse, a beneficio delle generazioni presenti e future”. Ben più grave della crisi finanziaria è, ad avviso di Benedetto XVI, quella alimentare. Per fronteggiarla, gli operatori di pace “sono chiamati a operare insieme in spirito di solidarietà, dal livello locale a quello internazionale, con l’obiettivo di mettere gli agricoltori, in particolare nelle piccole realtà rurali, in condizione di poter svolgere la loro attività in modo dignitoso e sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico”. Nella ricerca del bene comune, gli operatori di pace sono, inoltre, chiamati a “coltivare la passione per il bene comune della famiglia e per la giustizia sociale, nonché l’impegno di una valida educazione sociale. Nella famiglia nascono e crescono gli operatori di pace, i futuri promotori di una cultura della vita e dell’amore. In questo immenso compito di educazione alla pace sono coinvolte in particolare le comunità religiose, la Chiesa, attraverso la nuova evangelizzazione, e le istituzioni culturali, scolastiche ed universitarie”. Emerge, in conclusione, la necessità di promuovere una pedagogia della pace. Bisogna, scrive Benedetto XVI, “insegnare agli uomini ad amarsi e a educarsi alla pace, e a vivere con benevolenza, più che con semplice tolleranza. Ciò richiede il diffondersi di una pedagogia del perdono. È un lavoro lento, perché suppone un’evoluzione spirituale, un’educazione ai valori più alti, una visione nuova della storia umana. Occorre rinunciare alla falsa pace che promettono gli idoli di questo mondo e ai pericoli che la accompagnano. Al contrario, la pedagogia della pace implica azione, compassione, solidarietà, coraggio e perseveranza. E Gesù incarna l’insieme di questi atteggiamenti”.

SIR, TMNews

Messaggio per la XLVI Giornata Mondiale della Pace 2013, Beati gli Operatori di Pace

Cantalamessa: Concilio Vaticano II nuova desiderata Pentecoste. A 50 anni constatiamo il compimento da parte di Dio della promessa fatta alla Chiesa per bocca di Giovanni XXIII. Quale altra grande novità è apparsa nella storia della Chiesa senza sbavature umane?

Il Concilio Vaticano II ha mantenuto la promessa di una nuova Pentecoste per la Chiesa. Se ne è detto certo il cappuccino Raniero Cantalamessa, durante la seconda predica di Avvento tenuta questa mattina nella cappella Redemptoris Mater, alla presenza di Benedetto XVI. Dopo aver dedicato la settimana scorsa la prima riflessione all’Anno della fede, il predicatore della Casa Pontificia si è soffermato in questa circostanza sul cinquantesimo dell’apertura del Vaticano II per constatare "il compimento da parte di Dio della promessa fatta alla Chiesa per bocca di Giovanni XXIII", che nel discorso di chiusura della prima sessione, parlò dell’assise come di "una nuova desiderata Pentecoste". E se questo può sembrare un’esagerazione "visti tutti i problemi e le controversie sorti nella Chiesa dopo e a causa del Concilio", ha detto il predicatore, basta andare a rileggere gli Atti degli apostoli per vedere "come problemi e controversie non mancarono neppure dopo la prima Pentecoste. E non meno accesi di quelli di oggi". Ecco allora che alla domanda se ci sia stata una nuova Pentecoste occorre rispondere affermativamente. E il segno più convincente è "il rinnovamento della qualità della vita cristiana, laddove tale Pentecoste è stata accolta", ovvero nei movimenti ecclesiali. Da questo punto di vista, ha però fatto notare il predicatore, "movimenti e parrocchie non vanno visti in opposizione o in concorrenza, ma uniti nella realizzazione, in modo diverso, di uno stesso modello di vita cristiana". Per questo si "deve insistere sul corretto nome: movimenti 'ecclesiali', non 'laicali'. La maggioranza di essi sono formati da tutte le componenti ecclesiali: laici, certo, ma anche vescovi, sacerdoti, religiosi, suore. Rappresentano l’insieme dei carismi, il 'popolo di Dio'". Infine padre Cantalamessa ha notato che i movimenti ecclesiali e le nuove comunità non esauriscono tutte le potenzialità e le attese di rinnovamento del Concilio, ma comunque rispondono alla più importante di esse. Del resto "quale altra grande novità è apparsa nella storia della Chiesa senza sbavature umane? Non avvenne la stessa cosa - ha ricordato - quando, nel secolo XIII, apparvero gli ordini mendicanti? Anche allora furono i Pontefici a riconoscere ed accogliere per primi la grazia del momento e a incoraggiare il resto dell’episcopato a fare altrettanto". La predica è stata sostanzialmente incentrata sulle diverse chiavi di lettura date dell’avvenimento conciliare: aggiornamento, rottura, novità nella continuità. E se nell’annunciare al mondo il Concilio Papa Roncalli usò ripetutamente la parola 'aggiornamento', a mano a mano che i lavori e le sessioni del Concilio progredivano, si andarono delineando due schieramenti opposti: la continuità con il passato e la novità rispetto a esso? Per i fautori di questa seconda interpretazione poi la parola aggiornamento finì per essere sostituita dalla parola rottura. Ma con intenti diversi a seconda dell’orientamento: così per l’ala progressista si trattava di una conquista; per il fronte opposto, di una tragedia. Tra questi due fronti si colloca la posizione del magistero papale che parla di novità nella continuità. Da Paolo VI a Giovanni Paolo II fino a Benedetto XVI, che pochi mesi dopo la sua elezione, nel noto discorso programmatico alla Curia romana del 22 dicembre 2005, pur ammettendo una certa discontinuità e rottura, fece notare che essa non riguarda i principi e le verità di base della fede cristiana, bensì alcune decisioni storiche. "Per questo - ha commentato il predicatore - se dal piano assiologico, cioè dei principi e dei valori, passiamo al piano cronologico, potremmo dire che il Concilio rappresenta una rottura e una discontinuità rispetto al passato prossimo della Chiesa e rappresenta invece una continuità rispetto al suo passato remoto". Del resto la lettura della novità nella continuità aveva avuto un precursore nel Saggio sullo sviluppo della dottrina cristiana del card. Newman, definito "il Padre assente del Vaticano II". Ma per padre Cantalamessa esso non teneva sufficiente conto del ruolo che Gesù aveva riservato al Paraclito.

L'Osservatore Romano

Il Concilio Vaticano II: 50 anni dopo. Una chiave di lettura