giovedì 10 marzo 2011

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. Già in corso o concluso le traduzioni in 20 tra le lingue principali al mondo, presto anche in arabo e giapponese

“Siamo partiti oggi con un milione e 200 mila copie. Solo in Italia la Rizzoli per la distribuzione ne ha assunte 280 mila senza diritto di resa. Sono certo che entro pochi mesi le vendite di questo libro avranno superato quelle del primo volume su Gesù di papa Benedetto XVI”: lo ha detto questa sera alla conferenza stampa di presentazione del libro del Papa, don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana. “Il 50% del compenso all’autore – ha poi spiegato – verrà destinato dal Papa stesso a sostenere la nuova Fondazione Joseps Ratzinger-Benedetto XVI per promuovere gli studi teologici. L’altro 50% verrà invece destinato ad opere varie, tra cui la carità del Papa”. Don Costa ha poi notato che “si registra una decisa crescita di interesse mondiale su Benedetto XVI, le sue opere, il suo pensiero”. Il direttore della LEV ha confermato i dati circa la trentina di contratti già siglati e operativi e ha aggiunto che “diversi editori, a loro volta, si faranno tramite con altri editori nei loro Paesi per allargare la diffusione del libro in ogni parte del mondo”. Benedetto XVI si sta confermando uno degli autori più ambiti al mondo. La diffusione del volume “Gesù di Nazaret - Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione” è stata accompagnata dalla Sala Stampa Vaticana con una informazione sui contratti editoriali in essere. Sono già in corso o concluse le traduzioni in 20 tra le lingue principali al mondo, comprese catalano, ceco, malayalam, ucraino, ungherese. In trattative la traduzione in arabo, coreano, greco, giapponese. Per quanto riguarda i Paesi e gli editori che hanno già siglato contratti di pubblicazione, sono una trentina nei principali Paesi compresi Croazia, Bosnia, Erzegovina, India, Malta, mentre le trattative sono avanzate per Libano e Medio Oriente, Korea, Grecia e Giappone. Alcuni tra i principali editori hanno già siglato contratti di pubblicazione: tra di loro Ed. Claret in Spagna, Verbum in Croazia e Bosnia, Ignatius Press (mondo anglofono), Biblia Publication (India), Lannoo (Olanda), Wyd. Jednosc (Polonia), Planeta (Brasile), Encuentro (America Latina), Herder (Germania, Austria, Svizzera). Per il Medio Oriente c’è la San Paolo Editrice, in Korea la Gimm-Young, in Grecia Pshicologos, e in Giappone Shunju-Sha.

SIR

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. Magris: più vigoroso e incalzante del primo. Benedetto XVI dialoga con teologi ed esegeti come 'fratello maggiore'

“Sono stato colpito dalla forza di questo libro, che va a fondo su diverse questioni essenziali”: è stato il commento iniziale dello scrittore e germanista Claudio Magris (foto), docente all’Università di Trieste di letteratura tedesca, chiamato, insieme al card. Marc Ouellet, a presentare questa sera il volume di Benedetto XVI. “Sono stato particolarmente colpito – ha spiegato – dalle parole del Papa laddove scrive a proposito del metodo storico-critico dell’esegesi che il metodo storico stesso non può dimostrare che Gesù è il Figlio di Dio, ma può dimostrare che la fede non è una cosa impossibile e può essere vissuta anche utilizzando la ragione”. Secondo Magris, è molto interessante “anche lo stile di Benedetto XVI che nel libro dialoga con alcuni dei principali teologi ed esegeti come ‘fratello maggiore’ più che come ‘padre che si impone’”. Un altro aspetto che ha colpito Magris nel volume è la descrizione delle “due nature, umana e divina, di Gesù. La prima non viene assorbita dalla seconda e Gesù fino alla fine, nel Getsemani, giustamente ‘resiste’ di fronte al sacrificio, provando – scrive il Papa – una ‘paura abissale’. Solo assumendo l’angoscia di tutti di fronte alla morte – ha poi commentato Magris – Gesù può offrirsi in sacrificio supremo per tutti”. Anche il prof. Magris ha sottolineato l’aspetto della volontà di dialogo, anche con i non credenti, portata avanti dal Papa con questo libro: “Credo che questo libro di per sé dovrebbe assolutamente favorire il dialogo proprio perché non c’è assolutamente niente di impositivo. E’ un libro che è fatto per il dialogo”. Magris ha aggiunto che il libro mostra i limiti di un certo razionalismo nello studio della figura storica di Gesù. Al contempo, rileva come in questo volume, il Papa scriva con uno stile vivo e non professorale pur ponendosi in dialogo con altri grandi esegeti. "Questo secondo volume - ha continuato - è ancora più vigoroso e incalzante del primo".

SIR, Radio Vaticana

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. Ouellet: testimonianza commovente, in mezzo alle onde che agitano la Chiesa il Papa tiene la mano del Signore

“L’importanza storica della risurrezione si manifesta nella testimonianza delle prime comunità che hanno dato vita alla tradizione della domenica come segno identificativo d’appartenenza al Signore”: lo ha detto questa sera nella Sala stampa della Santa Sede, durante la conferenza stampa di presentazione del libro del Papa "Gesù di Nazaret - Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione", il prefetto della Congregazione dei vescovi, card. Marc Ouellet (foto). Circa l’evento centrale del cristianesimo, la risurrezione di Gesù, considerata nei suoi aspetti “storici”, il cardinale ha citato le parole dirette del testo: “Per me - scrive il Santo Padre - la celebrazione del Giorno del Signore, che fin dall’inizio distingue la comunità cristiana, è una delle prove più forti del fatto che in quel giorno è successa una cosa straordinaria, la scoperta del sepolcro vuoto e l’incontro con il Signore risorto”. Il cardinale ha anche spiegato che “il Papa insorge contro le elucubrazioni esegetiche che dichiarano compatibili l’annuncio della risurrezione di Cristo e la permanenza del suo cadavere nel sepolcro. Egli – ha proseguito – esclude queste assurde teorie osservando che il sepolcro vuoto, anche se non è una prova della risurrezione, di cui nessuno è stato diretto testimone, resta un segno, un presupposto, una traccia lasciata nella storia da un evento trascendente. ‘Solo un avvenimento reale – scrive il Papa – d’una qualità radicalmente nuova era in grado di rendere possibile l’annuncio apostolico, che non è spiegabile con speculazioni o esperienze interiori, mistiche’”. “Un’opera che avvicina il lettore al vero volto di Dio in Gesù Cristo” l'ha definito il card. Ouellet. Un testo, ha proseguito, che rappresenta “l’aurora di una nuova era dell’esegesi” teologica, ma che al tempo stesso susciterà interesse non solo tra gli esperti ma anche tra i fedeli: “'Gesù di Nazaret' è più di un libro, è una testimonianza commovente, affascinante e liberatrice”. Tra il primo volume del libro di Benedetto XVI su Gesù di Nazaret, pubblicato nel 2007, e il secondo uscito oggi nelle librerie, ''un gran numero di eventi felici ma anche di penose esperienze ha segnato la vita della Chiesa e del mondo. Ci si chiede come il Papa sia riuscito a scrivere quest'opera molto personale e molto impegnativa''. ''E' come se in mezzo alle onde che agitano la barca della Chiesa - ha detto -, Pietro avesse ancora una volta afferrato la mano del Signore che ci viene incontro sulle acque, per salvarci''. ''Il Papa - ha concluso - tiene la mano di Gesù sulle acque burrascose e ci tende l'altra mano. Chi afferrerà questa mano tesa che ci trasmette le parole della vita eterna?''. Riflettendo sugli aspetti teologico-culturali del volume di Benedetto XVI e anche sulle conseguenze nei rapporti ecumenici e interreligiosi, il card. Ouellet ha sottolineato che “grazie all’esempio che dà e ai risultati che ottiene, questo libro eserciterà una mediazione tra l’esegesi contemporanea e l’esegesi patristica, da un lato, come anche nel necessario dialogo tra esegeti, teologi e pastori, da un altro. In quest’opera – ha proseguito – vedo un grande invito al dialogo su ciò che è essenziale del cristianesimo, in un mondo in cerca di punti di riferimento, in cui le differenti tradizioni religiose faticano a trasmettere alle nuove generazioni l’eredità della saggezza religiosa dell’umanità”. Secondo il cardinale, il volume sarà anzi occasione di una crescita del “dialogo” a 360 gradi con le altre religioni. “Dialogo dunque all’interno della Chiesa – ha detto – dialogo con le altre Confessioni cristiane, dialogo con gli ebrei il cui coinvolgimento storico in quanto popolo nella condanna a morte di Gesù viene una volta di più escluso. Dialogo infine con altre tradizioni religiose sul senso di Dio e dell’uomo che emana dalla figura di Gesù, così propizia alla pace e all’unità del genere umano”.

SIR, Radio Vaticana, Asca

Sacerdoti del Pakistan incontrano il Papa: ci ha espresso solidarietà, sostegno e la speranza che possa esserci pieno rispetto della libertà religiosa

''Abbiamo spiegato al Papa la situazione dei cristiani in Pakistan, dove testimoniare la fede a volte può portare alla morte. Il Santo Padre si è mostrato molto preoccupato, ci ha espresso la sua solidarietà, il suo sostegno e ci ha assicurato le sue preghiere'': è quanto ha raccontato all'agenzia vaticana Fides padre Shahzad Niamat, sacerdote pakistano della diocesi di Multan, che questa mattina, durante l'incontro di Papa Benedetto XVI con i sacerdoti della diocesi di Roma, ha potuto parlare con il Pontefice per alcuni minuti, in rappresentanza di sacerdoti, religiosi e seminaristi pakistani presenti a Roma. ''Abbiamo anche ringraziato il Santo Padre per le sue parole e i suoi recenti appelli dedicati al Ministro Shahbaz Bhatti, per Asia Bibi, per la legge sulla blasfemia. Il Santo Padre ci ha comunicato la speranza che le cose possano cambiare e che in Pakistan possa esserci il pieno rispetto della dignità umana e della libertà religiosa. Quindi ci ha impartito la sua Benedizione'', racconta padre Niamat.

Asca

Il Papa: il sacerdozio non è una professione, è un’elezione dallo Spirito Santo. Annunciare tutta la volontà di Dio, anche la volontà scomoda

Il sacerdote non è un “amministratore”, ma un uomo scelto da Dio per imitare Cristo, che sa come Lui essere umile, amare l’umanità, avere sensibilità per i poveri, sostenere con coraggio la Chiesa là dove essa è minacciata. Con un’articolata lectio divina ispirata dal capitolo 20 degli Atti degli apostoli, Benedetto XVI si è intrattenuto questa mattina con i sacerdoti della diocesi di Roma, guidati dal cardinale vicario Agostino Vallini, nel tradizionale incontro annuale d'inizio Quaresima svoltosi nell’Aula della Benedizione.
Avere l’occhio di Dio, non quello del burocrate. Non c’è alternativa per un sacerdote. San Paolo lo aveva compreso e San Luca descritto in quel capitolo degli Atti degli Apostoli che il Papa ha definito come “destinato agli uomini di ogni tempo”. L’attualità del testo antico è diventata materia di riflessione per il prete del tempo moderno, centellinata dal Pontefice frase dopo frase. Il sacerdote, ha affermato, anzitutto “non è un padrone della fede”. “Prete non si è a tempo solo parziale; si è sempre, con tutta l’anima, con tutto il nostro cuore. Questo essere con Cristo ed essere ambasciatore di Cristo, questo essere per gli altri è una missione che penetra il nostro essere e deve sempre più penetrare nella totalità del nostro essere”. I sacerdoti, ha detto il Pontefice, devono ''risvegliare la curiosità in Dio'': ''Il mondo di oggi è curioso di conoscere tutto, tanto più dovrebbe voler sapere quale è la volontà di Dio'' perchè ''cosa c'è di più importante che conoscere questo, la sua volontà, il suo volto?''. ''Dobbiamo risvegliare - ha aggiunto Papa Ratzinger - la volontà degli altri di conoscere tutta la volontà di Dio, e quindi come dobbiamo vivere, quale è la strada della nostra vita''. Il servizio, ha proseguito Benedetto XVI, chiama l’umiltà. Che non è esibizione di “falsa modestia” ma amore per la volontà di Dio, che proprio grazie all’umiltà del servitore può essere annunciata nella sua integrità, senza condizionamenti o preferenze, e senza “creare l’idea che il cristianesimo sia un pacchetto immenso di cose da imparare”. “Questo è importante: non predica un cristianesimo à la carte, secondo i gusti propri, predicando un Vangelo secondo le proprie idee preferite, secondo le proprie idee teologiche: non si sottrae dall'annunciare tutta, tutta la volontà di Dio, anche la volontà scomoda, anche i temi che personalmente non mi piacciano tanto”. Il testo paolino ha poi suggerito al Pontefice spunti di riflessione sul tema della conversione del cuore. “Conversione”, ha detto il Papa, è soprattutto quella del pensiero e del cuore, per cui la realtà non sono le cose tangibili o i fatti del mondo così come si presentano, ma realtà è riconoscere la presenza di Dio nel mondo. Da questa visione il sacerdote deve condurre la sua “corsa” nel mondo, senza mai perdere, ha raccomandato Benedetto XVI, lo smalto degli inizi: “Non perdiamo lo zelo, la gioia di essere chiamati dal Signore...lasciamoci rinnovare la nostra gioventù spirituale...la gioia di poter andare con Cristo fino alla fine, di ‘condurre a termine la corsa’ sempre nell’entusiasmo di essere chiamati da Cristo per questo grande servizio”. Il sacerdote, come Paolo, ha affermato il Papa non deve pensare alla sua mera “sopravvivenza biologica”. ''Per me - ha detto il Pontefice spiegando il senso delle parole dell'Apostolo delle Genti - il primo valore è la mia missione'' perchè ''anche se perdo la vita biologica, non perdo vita con Cristo''.''Dobbiamo essere attenti alla nostra salute - ha concluso il Papa -, alla morale con ragione, ma anche sapere che il valore ultimo è stare in comunione con Cristo''. "Solo Dio può farci sacerdoti, solo Dio può scegliere i suoi sacerdoti e se siamo scelti, siamo scelti da Lui. Qui appare chiaramente il carattere sacramentale del presbiterato e del sacerdozio, che non è una professione che dev’essere fatta perché qualcuno deve amministrare tutte le cose...E’ un’elezione dallo Spirito Santo”. Pio XI, ha ricordato Benedetto XVI, rimarcava il problema della “la sonnolenza dei buoni”, cioè la mancanza di argini che spesso gli stessi cristiani oppongono alle forze del male. Il sacerdote, ha ribadito, è chiamato a “vegliare” e a pregare intensamente: “’Vegliate su voi stessi’: siamo attenti anche alla nostra vita spirituale, al nostro essere con Cristo...pregare e meditare la Parola di Dio non è tempo perso per la cura delle anime, ma è condizione perché possiamo essere realmente in contatto con il Signore e così parlare di prima mano dal Signore agli altri”. ''La Chiesa è sempre minacciata. C'è sempre il pericolo dell'opposizione del diavolo, che non acccetta la presenza di Dio in una comunità vivente, tra gli uomini''. ''Non deve meravigliarci - ha proseguito il Pontefice - che c'è sempre difficoltà, erba cattiva nella Chiesa. Era sempre così e sarà sempre così, ma dobbiamo confortarci che la verità è più forte della menzogna, l'amore è più forte dell'odio, Dio è più forte di tutte le forze controverse e con questa consapevolezza prendiamo la nostra strada nelle consolazioni di Dio e nelle persecuzioni del mondo''.
Nell’indirizzo di saluto a Benedetto XVI, il card. Vallini aveva definito la lectio divina l’ideale conclusione del recente pellegrinaggio a Cipro dei sacerdoti romani, quindi, ringraziando il Pontefice per il suo nuovo libro su Gesù, ha definito il volume “un buon compagno” per la Quaresima. Affettuose e toccanti, poi, le parole che il cardinale vicario ha rivolto al Papa ricordandone il 60° di Ordinazione sacerdotale, il prossimo 29 giugno, e mettendo in risalto le qualità sacerdotali di Benedetto XVI più apprezzate dal clero: “La fedeltà, umile e gioiosa, senza incrinature, al Signore Gesù; la disponibilità totale a servire la Chiesa dove la Provvidenza L’ha chiamata, fino al formidabile peso del supremo Pontificato; l’amore alla Parola di Dio e alla Liturgia e alla gioia di vivere il tempo secondo il ritmo dell’Anno Liturgico; l’esercizio dell’intelligenza e la passione per la ricerca della verità da proporre e difendere senza compromessi; la dolcezza del tratto e la magnanimità del cuore; la serenità dell’anima interamente donata a Cristo”.

Radio Vaticana, Asca

INCONTRO CON I PARROCI E I SACERDOTI DELLA DIOCESI DI ROMA - il testo integrale della lectio divina del Papa

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. Prospettive: la vittoria dell'amore l'ultima parola della storia del mondo, non rimarrà niente privo di senso

E’ salito al cielo, siede alla destra di Dio Padre e di nuovo verrà nella gloria. La testimonianza dei discepoli di Gesù “si traduce essenzialmente in una missione: devono annunciare al mondo che Gesù è il Vivente – la Vita stessa”. Luca, nel racconto dell’ascensione “ci dice che i discepoli erano pieni di gioia dopo che il Signore si era allontanato definitivamente da loro”. “Non si sentono abbandonati...Sono sicuri che il Risorto...proprio ora è presente in mezzo a loro in una maniera nuova e potente”, una presenza “che non si può più perdere”: ora è “sempre presente accanto a noi e per noi”. “E’ presente accanto a tutti ed invocabile da parte di tutti – attraverso tutta la storia – e in tutti i luoghi”. Eppure, spesso, i discepoli di Gesù continuano ad aver paura, come gli apostoli sul Lago di Tiberiade durante una tempesta: “Anche oggi la barca della Chiesa, col vento contrario della storia, naviga attraverso l’oceano agitato del tempo. Spesso si ha l’impressione che debba affondare. Ma il Signore è presente e viene nel momento opportuno...è questa la fiducia dei cristiani, la ragione della nostra gioia”, nell’attesa che Gesù di nuovo verrà nella gloria. “La fede nel ritorno di Cristo è il secondo pilastro della professione cristiana...Questo implica la certezza nella speranza che Dio asciugherà ogni lacrima, non rimarrà niente che sia privo di senso, ogni ingiustizia sarà superata e stabilita la giustizia. La vittoria dell’amore sarà l’ultima parola della storia del mondo. Per il ‘tempo intermedio’ ai cristiani è richiesta...la vigilanza...Vigilanza significa soprattutto apertura al bene, alla verità, a Dio, in mezzo a un mondo spesso inspiegabile e in mezzo al potere del male”. “I cristiani invocano la venuta definitiva di Gesù e vedono al contempo con gioia e gratitudine che Egli già ora anticipa questa sua venuta, già ora entra in mezzo a noi...‘Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo’”. “Nell’andarsene Egli viene per sollevarci al di sopra di noi stessi ed aprire il mondo a Dio. Per questo i discepoli poterono gioire, quando da Betania tornarono a casa. Nella fede sappiamo che Gesù, benedicendo, tiene le sue mani stese su di noi. E’ questa la ragione permanente della gioia cristiana”.

Radio Vaticana

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. Capitoli 6-9: il Getsèmani, il processo, la crocifissione e la deposizione, la risurrezione dalla morte

Capitolo 6. Nel Getsèmani Gesù “ha sperimentato l’ultima solitudine, tutta la tribolazione dell’essere uomo. Qui l’abisso del peccato e di tutto il male gli è penetrato nel più profondo dell’anima. Qui è stato toccato dallo sconvolgimento della morte imminente. Qui il traditore lo ha baciato. Qui tutti i discepoli lo hanno lasciato. Qui Egli ha lottato anche per me”. Al contrario di quanto accaduto nel giardino del Paradiso terrestre, in questo giardino degli ulivi “Gesù ha accettato fino in fondo la volontà del Padre, l’ha fatta sua e così ha capovolto la storia”. Il Pontefice ricorda che Pietro ''poichè è contrario alla croce, non può percepire la parola sulla resurrezione e vorrebbe il successo senza la croce. Egli confida nelle proprie forze''. ''Chi potrebbe negare - si chiede Papa Ratzinger - che il suo atteggiamento rispecchi la tentazione continua dei cristiani, anzi, anche della Chiesa: senza la croce arrivare al successo''. Nessuno, ricorda il Pontefice, ''da sè è abbastanza forte per percorrere la via della salvezza fino alla fine. Tutti hanno peccato, tutti hanno bisogno della misericordia del Signore, dell'amore del Crocifisso''. Gesù chiede ai discepoli di vegliare, ma invano. “La sonnolenza dei discepoli rimane lungo i secoli l’occasione favorevole per il potere del male. Questa sonnolenza è un intorpidimento dell’anima, che non si lascia scuotere dal potere del male nel mondo, da tutta l’ingiustizia e da tutta la sofferenza che devastano la terra...Ma questa insensibilità...conferisce al maligno un potere nel mondo”. Un’immane angoscia assale Gesù nella consapevolezza di prendere su di sé tutto il male del mondo perché “in Lui sia privato di potere e superato”. E’ un’angoscia radicale: “E' lo scontro stesso tra luce e tenebre, tra vita e morte – il vero dramma della scelta che caratterizza la storia umana”. Gesù eleva la sua supplica al Padre, a Colui che può salvarlo da morte e “per il suo pieno abbandono a lui venne esaudito”. Infatti “sulla croce, Gesù diventa fonte di vita per sé e per tutti. Sulla croce, la morte viene vinta”.
Capitolo 7. Parlando del processo a Gesù il Papa sottolinea che a volere la sua morte non è stato “il popolo” degli Ebrei come tale, anche perché Gesù e gli stessi discepoli erano ebrei. Ad accusarlo era l’aristocrazia del tempio, ma con eccezioni (vedi Nicodemo), e, nel contesto dell’amnistia proposta da Pilato, la massa dei sostenitori di Barabba. “Se secondo Matteo – scrive il Papa – ‘tutto il popolo’ avrebbe detto: ‘Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli’, il cristiano ricorderà che il sangue di Gesù...non chiede vendetta e punizione, ma è riconciliazione. Non viene versato contro qualcuno, ma è sangue versato per molti, per tutti...non è maledizione, ma redenzione, salvezza”. Durante il processo Pilato chiede: “Che cos’è la verità?”. “La non-redenzione del mondo consiste...nella non-riconoscibilità della verità, una situazione che poi conduce inevitabilmente al dominio del pragmatismo, e in questo modo fa sì che il potere dei più forti diventi il dio di questo mondo”. “Non è forse vero che le grandi dittature sono vissute in virtù della menzogna ideologica e che soltanto la verità potè portare la liberazione?”. Verità e menzogna “sono continuamente mescolate in modo quasi inestricabile. La verità in tutta la sua grandezza e purezza non appare”. E come Pilato, in molti oggi hanno accantonato la domanda sulla verità come “irrisolvibile”. “Anche oggi, nella disputa politica come nella discussione circa la formazione del diritto, per lo più si prova fastidio per essa. Ma senza la verità l’uomo non coglie il senso della vita, lascia...il campo ai più forti”. La verità “diventa riconoscibile in Gesù Cristo”. “La verità esternamente è impotente nel mondo; come Cristo, secondo i criteri del mondo, è senza potere...Viene crocifisso. Ma proprio così, nella totale mancanza di potere, egli è potente, e solo così la verità diviene sempre nuovamente una potenza”. Nella passione di Gesù, “nella sua miseria si rispecchia la disumanità del potere umano, che schiaccia l’impotente”. “ Da quando Gesù si è lasciato percuotere, proprio i feriti e i percossi sono immagine del Dio che ha voluto soffrire per noi. Così, nel mezzo della sua passione, Gesù è immagine di speranza: Dio sta dalla parte dei sofferenti”.
Capitolo 8. La crocifissione e la deposizione di Gesù nel sepolcro. “Nessuno...si era aspettato una fine in croce del Messia”. “I fatti in un primo tempo incomprensibili hanno condotto ad una nuova comprensione della Scrittura”. La prima parola di Gesù sulla croce è la richiesta di perdono per i crocifissori, perché “non sanno quello che fanno”. Il Papa sottolinea che questa richiesta del Signore “rimane una consolazione per tutti i tempi e per tutti gli uomini”, anche se l’ignoranza rivela un’ottusità del cuore. Nota poi che la combinazione di erudizione e ignoranza, conoscenza materiale e profonda incomprensione, esiste in tutti i tempi. Si sofferma sul buon ladrone che “proprio sulla croce ha capito che quest’uomo privo di potere è il vero re”. “Il buon ladrone è diventato l’immagine della speranza – la certezza consolante che la misericordia di Dio può raggiungerci anche nell’ultimo istante; la certezza, anzi, che dopo una vita sbagliata, la preghiera che implora la sua bontà non è vana”. Dal costato trafitto di Gesù escono sangue e acqua. Il Papa cita la Prima Lettera di Giovanni: Gesù è colui che è venuto con acqua e sangue, non con l’acqua soltanto. Un riferimento a quanti considerano “importante solo la parola, la dottrina, il messaggio di Gesù, ma non la ‘carne’, il corpo vivente di Cristo, dissanguato sulla croce”, ovvero “un cristianesimo del pensiero e delle idee” dal quale si toglie via “la realtà della carne: il sacrificio e il Sacramento”. “Nella passione di Gesù, tutto lo sporco del mondo viene a contatto con l’immensamente Puro...Se di solito la cosa impura mediante il contatto contagia ed inquina la cosa pura, qui abbiamo il contrario...lo sporco del mondo viene realmente assorbito, annullato, trasformato mediante il dolore dell’amore infinito”. Così il Papa può affermare che “ il bene è sempre infinitamente più grande di tutta la massa del male, per quanto essa sia terribile”. “Per questo, al centro del ministero apostolico e dell’annuncio del Vangelo...deve stare l’ingresso nel mistero della croce”. “Nella croce l’oscurità e l’illogicità del peccato s’incontrano con la santità di Dio nella sua luminosità abbagliante per i nostri occhi e questo va al di là della nostra logica. E tuttavia, nel messaggio del Nuovo Testamento e nel suo verificarsi nella vita dei Santi, il grande mistero è diventato del tutto luminoso. Il mistero dell’espiazione non deve essere sacrificato a nessun razionalismo saccente”.
Capitolo 9. La risurrezione di Gesù dalla morte. Senza fede nella risurrezione, afferma il Papa, “la fede cristiana è morta”. “Solo se Gesù è risorto è avvenuto qualcosa di veramente nuovo che cambia il mondo e la situazione dell’uomo”. Non è stato il miracolo di un cadavere rianimato. “La risurrezione di Gesù è stata l’evasione verso un genere di vita totalmente nuovo, verso una vita non più soggetta alla legge del morire e del divenire, ma posta al di là di ciò – una vita che ha inaugurato una nuova dimensione dell’essere uomini”. “La risurrezione di Gesù...è una sorta di ‘mutazione decisiva’...un salto di qualità. Nella risurrezione di Gesù è stata raggiunta una nuova possibilità di essere uomo, una possibilità che interessa tutti e apre un futuro, un nuovo genere di futuro per gli uomini”. I discepoli, testimoni della risurrezione, furono sopraffatti da una realtà che fino ad allora semplicemente non contemplavano. E “con un coraggio assolutamente nuovo si presentarono davanti al mondo per testimoniare: Cristo è veramente risorto”. Un’audacia impensabile per dei seguaci impauriti di un Maestro crocifisso, senza un contatto reale con Gesù veramente risorto. Nella risurrezione, scrive il Papa, “non può esserci alcun contrasto con ciò che costituisce un chiaro dato scientifico. Nelle testimonianze sulla risurrezione, certo, si parla di qualcosa che non rientra nel mondo della nostra esperienza. Si parla di qualcosa di nuovo...Non si contesta la realtà esistente. Ci viene detto piuttosto: esiste un’ulteriore dimensione rispetto a quelle che finora conosciamo. Ciò sta forse in contrasto con la scienza?”. “Nell’intera storia di ciò che vive – afferma il Papa – gli inizi delle novità sono piccoli, quasi invisibili – possono essere ignorati. Il Signore stesso ha detto che il ‘regno dei cieli’, in questo mondo, è come un granello di senape, il più piccolo di tutti i semi. Ma reca in sé le potenzialità infinite di Dio. La risurrezione di Gesù, dal punto di vista della storia del mondo, è poco appariscente, è il seme più piccolo della storia. Questo capovolgimento delle proporzioni fa parte dei misteri di Dio. In fin dei conti, ciò che è grande, potente, è la cosa piccola. E il seme piccolo è la cosa veramente grande”. La risurrezione “è un evento dentro la storia che, tuttavia, infrange l’ambito della storia e va al di là di essa”. Con Giuda Taddeo il Papa si chiede perché Gesù si sia manifestato solo a pochi e non si sia opposto con tutta la sua potenza ai nemici che lo hanno crocifisso. “E’ proprio del mistero di Dio agire in modo sommesso. Solo pian piano Egli costruisce nella grande storia dell’umanità la sua storia...Di continuo Egli bussa sommessamente alle porte dei nostri cuori e, se gli apriamo, lentamente ci rende capaci di ‘vedere’. E tuttavia – non è forse proprio questo lo stile divino? Non sopraffare con la potenza esteriore, ma dare libertà, donare e suscitare amore”.

Radio Vaticana, Asca

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. Capitoli 1-5: ingresso in Gerusalemme, discorso escatologico, lavanda dei piedi, preghiera sacedotale, Ultima Cena

Capitolo 1. Il Papa inizia il libro parlando dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme, accolto dalla folla festante, seduto su un’asina, come “un re della pace e un re della semplicità, un re dei poveri”. Non è un rivoluzionario politico, “non si fonda sulla violenza; non avvia un’insurrezione militare contro Roma. Il suo potere è di carattere diverso: è nella povertà di Dio, nella pace di Dio che Egli individua l’unico potere salvifico”. Benedetto XVI, in particolare, non condivide la tendenza di alcuni esegeti che collocarono Gesù "nella linea del movimento zelota", che, all'interno di Israele, contestava la "dittatura ellenistica" con metodi rivoluzionari. Questa tesi "negli anni sessanta ha suscitato un'onda di teologie politiche e di teologie della rivoluzione", scrive Benedetto XVI. "Come prova centrale di questa teoria si adduce ora la purificazione del tempio, che sarebbe stata evidentemente un atto di violenza, perché senza violenza non avrebbe neppure potuto svolgersi, sebbene gli evangelisti abbiano tentato di nasconderlo". Per Benedetto XVI, invece, Gesù "lotta contro una politicizzazione della fede, secondo la quale Dio dovrebbe in ogni caso difendere il suo tempio per non perdere il culto". Il Papa, peraltro, rileva che "nel frattempo si è calmata l'onda delle teologie della rivoluzione che, in base ad un Gesù interpretato come zelota, avevano cercato di legittimare la violenza come mezzo per instaurare un mondo migliore - il 'Regno'. I risultati terribili di una violenza motivata religiosamente stanno in modo troppo drastico davanti agli occhi di tutti noi. La violenza non instaura il regno di Dio, il regno dell'umanesimo. E', al contrario, uno strumento preferito dall'anticrito - per quanto possa essere motivata in chiave religioso-idealistico. Non serva all'umanesimo, bensì alla disumanità". “Gesù non viene come distruttore; non viene con la spada del rivoluzionario. Viene col dono della guarigione. Si dedica a coloro che a causa della loro infermità vengono spinti ai margini della propria vita ed ai margini della società. Egli mostra Dio come Colui che ama, e il suo potere come il potere dell’amore”. In particolare viene accolto con gioia dai piccoli, “da coloro che sono in grado di vedere con cuore puro e semplice e che sono aperti alla sua bontà”. Il giorno dopo l’ingresso a Gerusalemme Gesù caccia i mercanti dal tempio: combatte la “connessione tra culto e affari”, un tempio “diventato un covo di ladri”.
Capitolo 2. Dopo l’ingresso a Gerusalemme si inserisce “il grande discorso escatologico di Gesù con i temi centrali della distruzione del tempio, della distruzione di Gerusalemme, del Giudizio finale e della fine del mondo”. Gesù tante volte ha voluto raccogliere i figli di Gerusalemme “come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali”: ma non hanno voluto. E’ il “libero arbitrio dei pulcini”. I Romani distruggeranno il tempio e faranno grande strage degli ebrei. “Dio lascia una misura grande – stragrande secondo la nostra impressione – di libertà al male e ai cattivi; ciononostante la storia non gli sfugge dalle mani”. Per il giudaismo, “la distruzione del tempio dovette essere uno shock tremendo”: con la fine dei sacrifici espiatori niente più poteva “far da contrappeso” al male crescente nel mondo. Ma con Gesù “è superata l’epoca del tempio di pietra”. “E’ iniziato qualcosa di nuovo”. “Gesù stesso ha preso il posto del tempio, è Lui il nuovo tempio”, “è la presenza del Dio vivente. In Lui Dio e uomo, Dio e il mondo sono in contatto”. Nel suo amore si scioglie tutto il peccato del mondo. Gesù, nel discorso escatologico, parla del tempo dei pagani, situato tra la distruzione di Gerusalemme e la fine del mondo: durante questo tempo “il Vangelo deve essere portato in tutto il mondo e a tutti gli uomini: solo dopo, la storia può raggiungere la sua meta”. Allora finirà anche l’ostinazione di una parte di Israele e “tutto Israele sarà salvato”. Dio vuole salvare tutti. Gesù dice: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. “La parola, quasi un nulla a confronto col potere enorme dell’immenso cosmo materiale...è più reale e più durevole che l’intero mondo materiale. E’ la realtà vera ed affidabile...Gli elementi cosmici passano; la parola di Gesù è il vero ‘firmamento’, sotto il quale l’uomo può stare e restare”.
Capitolo 3. Con la lavanda dei piedi Gesù si spoglia del suo splendore divino per purificarci dalla nostra sporcizia e “renderci capaci di partecipare al banchetto nuziale di Dio”. Attua “una svolta radicale” nella storia della religione: davanti a Dio “non sono azioni rituali che purificano”, ma è “la fede che purifica il cuore”. Secondo l’esegesi liberale “Gesù avrebbe sostituito la concezione rituale della purità con quella morale”, ma “allora il cristianesimo sarebbe essenzialmente una morale”, ridotto all’ “estremo sforzo morale” di amare gli altri fino a sacrificare la propria vita. “Ma con ciò non si rende giustizia alla novità del Nuovo Testamento”. La novità del Vangelo “non può consistere nell’elevatezza della prestazione morale”. “La nuova Legge è la grazia dello Spirito Santo, non una nuova norma, ma l’interiorità nuova donata dallo stesso Spirito di Dio”. Solo se ci lasciamo ripetutamente lavare, ‘rendere puri’ dal Signore stesso, possiamo imparare a fare insieme con Lui ciò che Egli ha fatto”. “Dobbiamo lasciarci immergere nella misericordia del Signore; allora anche il nostro cuore ‘cuore’ troverà la via giusta”. Il comandamento nuovo dell’amore “non è semplicemente un’esigenza nuova e superiore: esso è legato alla novità di Gesù Cristo – al crescente essere immersi in Lui”. “La purezza è un dono”, come l’essere cristiani è un dono, che poi “si sviluppa nella dinamica del vivere ed agire insieme con questo dono”. Pietro e Giuda sono due modi diversi di reagire a questo dono. Entrambi lo accolgono, ma poi uno rinnega, l’altro tradisce. Pietro, pentitosi, crede nel perdono. Anche Giuda si pente, ma non “riesce più a credere ad un perdono. Il suo pentimento diventa disperazione...vede ormai solo il proprio buio, è distruttivo e non è un vero pentimento”. “In Giuda incontriamo il pericolo che pervade tutti i tempi”, il pericolo cioè che anche chi è stato una volta illuminato, “attraverso una serie di forme apparentemente minute di infedeltà, decada spiritualmente e così alla fine, uscendo dalla luce, entri nella notte e non sia più capace di conversione”. Inoltre, in Giuda che lo tradisce, Gesù sperimenta “l’incomprensione, l’infedeltà fino all’interno del cerchio più intimo degli amici”. “La rottura dell’amicizia giunge fin nella comunità sacramentale della Chiesa, dove sempre di nuovo ci sono persone che prendono ‘il suo pane’ e lo tradiscono”. Come diceva Pascal “la sofferenza di Gesù, la sua agonia, perdura sino alla fine del mondo”. “Gesù in quell’ora si è caricato del tradimento di tutti i tempi, della sofferenza che viene in ogni tempo dall’essere traditi, sopportando così fino in fondo le miserie della storia”.
Capitolo 4. La preghiera sacerdotale di Gesù “è comprensibile solo sullo sfondo della liturgia della festa giudaica dell’Espiazione (Yom kippùr)”. L’innalzamento di Gesù sulla Croce costituisce “il giorno dell’Espiazione del mondo, in cui l’intera storia del mondo, contro tutta la colpa umana e tutte le sue distruzioni, trova il suo senso”: quello di riconciliarsi con Dio. Il non essere riconciliati con Dio, “con il Dio silenzioso, misterioso, apparentemente assente e tuttavia onnipresente, costituisce il problema essenziale di tutta la storia del mondo”. La missione di Gesù è universale: “Non riguarda soltanto un circolo limitato di eletti; il suo obiettivo è il cosmo – il mondo nella sua totalità. Mediante i discepoli e la loro missione il mondo intero nel suo insieme deve essere strappato dalla sua alienazione, deve ritrovare l’unità con Dio”. La sua missione è che “l’uomo, nel diventare una cosa sola con Dio, torni ad essere totalmente se stesso. Questa trasformazione, però, ha il prezzo della croce e per i testimoni di Cristo quello della disponibilità al martirio”.
Capitolo 5. Il Papa affronta la questione della diversa datazione dell’Ultima Cena nei Sinottici e in Giovanni. In proposito parla di “groviglio di ipotesi tra loro contrastanti”. Sottolinea che “una ricerca storica può condurre sempre solo fino ad un alto grado di probabilità, mai ad una certezza ultima...Se la certezza della fede si basasse esclusivamente su un accertamento storico-scientifico, essa rimarrebbe sempre rivedibile”. “L’ultima certezza, sulla quale fondiamo l’intera nostra esistenza, ci è donata dalla fede – dall’umile credere insieme con la Chiesa di tutti i secoli, guidata dallo Spirito Santo”. I Sinottici parlano di una cena pasquale. Il giorno dopo, festa della Pasqua, Gesù viene processato e crocifisso. In Giovanni, l’Ultima Cena avviene nell'antivigilia della Pasqua e Gesù viene crocifisso non nel giorno della festa, ma nella sua vigilia. “Ciò significa che Gesù è morto nell’ora in cui nel tempio venivano immolati gli agnelli pasquali”: Gesù è “il vero Agnello”. Il Papa ritiene la cronologia giovannea più probabile. Cosa è stata allora, si chiede il Papa, l’Ultima Cena? Con Meier, spiega che Gesù, nella consapevolezza che non avrebbe più potuto mangiare la Pasqua invitò i discepoli “ad un’ultima cena di carattere molto particolare, una cena che non apparteneva a nessun determinato rito giudaico, ma era il suo congedo, in cui Egli dava qualcosa di nuovo, donava se stesso come il vero Agnello, istituendo così la sua Pasqua”. Il Papa affronta quindi il concetto di espiazione che per certa teologia moderna sarebbe inconcepibile e in contrasto “con un’immagine pura di Dio”. “Dio – afferma – non può semplicemente ignorare tutta la disobbedienza degli uomini, tutto il male della storia, non può trattarlo come cosa irrilevante ed insignificante...L’ingiustizia, il male...deve essere smaltito, vinto. Solo questa è la vera misericordia. E che ora, poiché gli uomini non ne sono in grado, lo faccia Dio stesso – questa è la bontà ‘incondizionata’ di Dio, una bontà che non può mai essere in contraddizione con la verità e la connessa giustizia”. “A tutta la marea sporca del male si oppone l’obbedienza del Figlio, nel quale Dio stesso ha sofferto e la cui obbedienza pertanto è sempre infinitamente più grande della massa crescente del male”. Il Papa sottolinea quindi che “ciò che la Chiesa celebra nella Messa non è l’ultima cena, ma ciò che il Signore, durante l’ultima cena, ha istituito ed affidato alla Chiesa: la memoria della sua morte sacrificale”. E poiché il dono di Gesù è radicato nella risurrezione, la celebrazione del Sacramento doveva svolgersi nel Giorno del Signore, la domenica. Già nel periodo degli apostoli “l’Eucaristia veniva celebrata come incontro con il Risorto”. “Un arcaismo, che volesse tornare a prima della risurrezione e della sua dinamica ed imitare soltanto l’ultima cena, non corrisponderebbe affatto alla natura del dono che il Signore ha lasciato ai discepoli”.

Radio Vaticana, TMNews

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. Il Papa nella premessa: ho cercato di sviluppare uno sguardo e un ascolto di Lui che potesse diventare un incontro

“Anche se naturalmente resteranno sempre dettagli da discutere, spero tuttavia che mi sia stato dato di avvicinarmi alla figura del nostro Signore in un modo che possa essere utile a tutti i lettori che vogliono incontrare Gesù e credergli”. Così, con una doppia firma “Joseph Ratzinger – Benedetto XVI", il Papa presenta l’obiettivo principale del suo lavoro su “Gesù di Nazaret” nella premessa al secondo volume. Già nella premessa alla prima parte il Papa aveva detto che era suo desiderio illustrare la figura e il messaggio di Gesù. “Esagerando un po’ – scrive Benedetto XVI -, si potrebbe dire che io volevo trovare il Gesù reale”. “Ho cercato – prosegue il Papa - di sviluppare uno sguardo sul Gesù dei Vangeli e un ascolto di Lui che potesse diventare un incontro e tuttavia, nell’ascolto in comunione con i discepoli di Gesù di tutti i tempi, giungere anche alla certezza della figura veramente storica di Gesù. Questo compito era nella Seconda Parte ancora più difficile che non nella Prima, perché solo nella Seconda s’incontrano le parole e gli avvenimenti decisivi della vita di Gesù”. Nella premessa, Papa Benedetto XVI confessa che è stato per lui un motivo di gioia il fatto che il suo primo volume sia stato accolto anche dal teologo protestante Joachim Ringleben, “per così dire, un fratello ecumenico”. Ciò dimostra che “pur con approcci teologici differenti, è la stessa fede che agisce, avviene un incontro con lo stesso Signore Gesù. Spero che ambedue i libri, nella loro diversità e nella loro essenziale sintonia, possano costituire una testimonianza ecumenica che in questa ora, a modo suo, può servire alla comune missione fondamentale dei cristiani”. Infine, Benedetto XVI annuncia l’intenzione di mantenere la promessa fatta nella prima parte del libro, ribadendo cioè la volontà di scrivere un "piccolo fascicolo" sull'infanzia di Gesù, "se per questo mi sarà ancora data la forza". "I racconti dell'infanzia - dice il Pontefice - non potevano rientrare direttamente nell'intenzione essenziale di quest'opera" che ha l'obiettivo di "illustrare" e "comprendere la figura di Gesù, la sua parola e il suo agire".

SIR

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. Vittorio Messori, Walter Kasper, Romano Guardini e anche Karl Marx tra le personalità citate dal Papa

Cita autori italiani come Vittorio Messori, il gesuita francese Albert Vanhoye, svariati Padri della Chiesa, molti teologi ed alcuni esegeti, Papa Benedetto XVI, nel suo nuovo libro "Gesù di Nazaret - Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione". La maggior parte degli autori citati da Joseph Ratzinger, tuttavia, appartiene a quel mondo delle università tedesche dal quale Benedetto XVI proviene e dove, prima di divenire arcivescovo e poi trasferirsi a Roma, ha insegnato teologia. Tra le personalità menzionate, il card. Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani che, nel corso degli anni, non sempre si è trovato d'accordo con Papa Ratzinger su diverse questioni teologiche ed ecclesiali; l'ex allievo del Papa Christoph Schoenborn, ora arcivescovo di Vienna; e poi il teologo italo-tedesco Romano Guardini, i teologi Rudolf Pesch e Rudolf Schnackenburg, nonché celebri teologi protestanti come Dietrich Bonhoeffer e Rudolf Bultman. Viene menzionato anche Karl Marx.

TMNews

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. Benedetto XVI incontra gli editori del suo libro. In tedesco anche l'edizione regalo e l'audiolibro

"Durante incontri personali, udienze o discorsi ho potuto ascoltare spesso Benedetto XVI. Mi entusiasma la sua capacità di mostrare come possiamo intendere e vivere la fede". Così Manuel Herder, dell'omonima editrice tedesca, sul nuovo libro del Papa "Gesù di Nazaret - Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione". Gli editori dell'opera nelle diverse lingue sono stati ricevuti dal Pontefice nell'auletta dell'Aula Paolo VI, al termine dell'Udienza generale di ieri. L'incontro anticipa la presentazione ufficiale, che avrà luogo questo pomeriggio nella Sala Stampa della Santa Sede, in vista dell'uscita contemporanea in vari Paesi prevista nelle librerie venerdì 11. Con Herder, accompagnato dalla consorte e da Burkhard Menke, c'era il salesiano Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana, che ha dato alle stampe la versione italiana. Per la LEV erano presenti anche mons. Giuseppe Antonio Scotti, presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI, il carmelitano Edmondo Caruana e il curatore dell'edizione italiana dell'opera Pier Luca Azzaro. Le altre editrici rappresentate erano la francese Parole et Silence, con Sabine Larivé, la spagnola Encuentro, con José Miguel Oriol, la statunitense Ignatius Press, con il gesuita Joseph Fessio, e la portoghese Principia, con Henrique Mota. "Noi abbiamo stampato trecentomila copie - dice don Costa - alle quali vanno aggiunte le duecentomila dei tedeschi, le centocinquantamila per la lingua inglese, le centomila in spagnolo e altrettante in francese, più ventimila in portoghese. È pronto - aggiunge - anche il polacco, per i tipi di Jedność: dunque possiamo parlare di un milione e duecentomila prenotazioni". "Avendo esaurito le centocinquantamila copie che già sono in libreria - gli fa eco Manuel Herder - i depositi sono di nuovo vuoti, così possiamo passare alla stampa di altre cinquantamila". L'editore tedesco ha presentato al Pontefice, oltre all'edizione standard, anche quella regalo e l'audiolibro. La versione regalo per il mercato tedesco, ha il contenitore rosso e la copertina in tela rigida. "All'interno - spiega Herder - vengono riprodotti lo stemma papale e la foto dell'autore al lavoro, come ulteriori omaggi al nostro Pontefice", aggiunge invitando a notare come nell'immagine si vedano matita, temperino e gomma da cancellare, quasi ad autenticare l'originalità dello scatto. Arricchiscono la pubblicazione una pagina autografa del Papa e il segnalibro ha i colori bianco e giallo del Vaticano. Molte le aspettative anche per l'audiolibro in dieci cd. "In Germania ci sono molti anziani - spiega Menke - che grazie a quest'opera possono ascoltare i contenuti senza doversi sforzare nella lettura".

L'Osservatore Romano