venerdì 10 giugno 2011

Cresce il numero dei zingari e rom che domani incontrano Benedetto XVI. Mons. Vegliò: il Papa ha manifestato preoccupazione e ha voluto incontrarli

L'idea di un'udienza al mondo zingaro e gitano in Vaticano è venuta direttamente da Papa Benedetto XVI: lo ha spiegato il presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, mons. Antonio Maria Vegliò, in un'intervista alla Radio Vaticana: "Il Papa ha manifestato particolare preoccupazione per la minoranza zingara ed ha espresso il desiderio di incontrare gli Zingari in Vaticano, affidando a questo Pontificio Consiglio la promozione dell'evento''. Il numero dei partecipanti all'evento, intanto, cresce: ''Il numero dei partecipanti - si legge in una nota della Prefettura della Casa Pontificia - è salito a duemila con possibilità di ulteriore aumento'', e si terrà nell'Aula Paolo VI. ''Aumenta di giorno in giorno - spiega mons. Vegliò in un'intervista a L'Osservatore Romano - il numero di quanti chiedono di incontrare il Papa. Manifestano così il loro desiderio di essere ascoltati e di suscitare comprensione. Nel Pontefice vedono la persona capace di dare un nuovo impulso al processo della loro integrazione nella società''. ''E' nostro desiderio - aggiunge il presule - assicurare gli zingari che sono al centro della preoccupazione della Chiesa, in quanto figli dello stesso Padre. In effetti, essi sono spesso relegati ai margini delle società e discriminati, ma continuano a occupare il posto che spetta loro, come disse Paolo VI, 'nel cuore della Chiesa'''. Gli Stati, conclude, ''dovrebbero adottare normative che veramente tutelino i diritti delle popolazioni zingare e le proteggano dalla discriminazione, dal razzismo e dall'emarginazione''.

Asca

Domani l'incontro di Benedetto XVI con gli zingari europei, a 75 anni dal martirio del Beato gitano Ceferino Giménez Malla

A colloquio con l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò alla vigilia dell’incontro del Pontefice con gli zingari d’Europa: la ricerca di una dignità negata

La Santa Sede specifica le attenuanti soggettive ed oggettive che non fanno incorrere nella scomunica un vescovo ordinato senza mandato pontificio

La Santa Sede specifica le attenuanti di natura soggettiva ed oggettiva che possono permettere ad un vescovo ordinato senza l'assenso vaticano di non incorrere nella scomunica. Sullo sfondo delle polemiche circa le ordinazioni episcopali illegittime in Cina, L'Osservatore Romano pubblica una nota esplicativa in materia, non limitata al caso cinese, elaborata dal Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi. Il dicastero vaticano guidato da mons. Francesco Coccopalmerio ricorda che il canone 1382 del Codice di Diritto canonico punisce con scomunica 'latae sententiae' "il vescovo che senza mandato apostolico consacra qualcuno vescovo e anche quanti in questo modo ricevono l'ordinazione episcopale". Inoltre, "coloro che assumono detto compito di co-consacranti, e cioè impongono le mani e recitano la preghiera consacratoria nell'ordinazione, risultano coautori del reato e quindi ugualmente sottoposti alla sanzione penale". La nota vaticana menziona, però, il caso nel quale "la persona, che commette il delitto come ordinante o come ordinato, è 'costretta da timore grave, anche se soltanto relativamente tale, o per necessità o per grave incomodo'. Nel concreto caso di una consacrazione episcopale senza mandato, l'attenuante del timore grave o del grave incomodo (o l'esimente della violenza fisica) - spiega la nota - va, dunque, verificata in merito a ciascuno dei soggetti che intervengono nel rito: i ministri consacranti e i chierici consacrati. Ciascuno di loro - puntualizza il Pontificio Consiglio dei Testi legislativi - conosce in cuor suo il grado del personale coinvolgimento e la retta coscienza indicherà a ognuno se è incorso in una pena 'latae sententiae'". La nota pubblicata su L'Osservatore Romano aggiunge che la Santa Sede può trovarsi nella necessità di "infliggere direttamente al soggetto delle censure, per esempio, qualora dalla sua condotta successiva o dalla sua riluttanza a fornire le necessarie spiegazioni circa il proprio grado di partecipazione al delitto emergesse un atteggiamento non compatibile con le esigenze della comunione" e può "addirittura trovarsi nella necessità di dichiarare la scomunica latae sententiae, o di imporre altre sanzioni o penitenze, se ciò si rendesse necessario per riparare lo scandalo, per dissipare la confusione dei fedeli e, più in generale, per salvaguardare la disciplina ecclesiastica". La nota vaticana, ad ogni modo, ricorda che la scomunica "è una pena detta 'medicinale', perché ha per finalità muovere il reo al pentimento" ed "essendo riservata alla Santa Sede, solo ad essa può rivolgersi il reo pentito per ottenere l'assoluzione dalla scomunica, riconciliandosi con la Chiesa".

TMNews

Il card. Bertone incassa tre sconfitte di fila, si indebolisce il suo ruolo di Segretario di Stato. Chi e perchè lo vorrebbe quanto prima in pensione

Ha preso tre schiaffi in pochi giorni. Il card. Tarcisio Bertone (nella foto con Benedetto XVI), Segretario di Stato vaticano, ha incassato tre sconfitte in fila che indeboliscono il suo potere, o, forse, segnalano che quel potere è ormai pericolante. Prima c’è stata la grana di Caritas internationalis. In vista dell’assemblea quadriennale che si è svolta a fine maggio in Vaticano, il braccio destro del Papa ha bloccato la ricandidatura della segretaria uscente, Lesley Anne Knight, britannica nata in Zimbabwe, apprezzatissima tra le tante strutture che compongono l’agenzia caritativa, ma rea, secondo Bertone, di aver annacquato il profilo cattolico della Caritas. Che, è stata l’accusa mormorata nel Palazzo Apostolico, era divenuta una onlus internazionale che metteva in secondo piano la missione evangelizzatrice e, in certi casi, non prendeva le giuste distanze da altre organizzazioni internazionali per i diritti dell’uomo che hanno posizioni diametralmente opposte rispetto alla Santa Sede su questioni come l’aborto e la pianificazione familiare. Quinta colonna del secolarismo che avanza, la Knight è piaciuta sempre meno a un Segreterio di Stato che voleva riprendere in mano le redini dell’organizzazione, e che ha pertanto negato alla Knight il nihil obstat per il secondo mandato. Ma, vinta una battaglia, Bertone ha perso la guerra. Sia perché al posto della Knight i delegati della Caritas internazionale hanno eletto il francese Michel Roy, toni più felpati, temperamento più diplomatico, ma, nel merito, assestato sulle stesse posizioni della Knight. Sia, soprattutto, perché, per rimarcare la continuità rispetto ai quattro anni passati, alla presidenza dell’organizzazione è stato riconfermato a furor di popolo il cardinale honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga. Il quale, oltretutto, nel suo intervento all’assemblea non le ha mandate a dire: “Avremmo tutti voluto continuare il nostro viaggio con l’attuale segretario”, ha detto il porporato, “il modo in cui non le è stato permesso di essere candidata ha causato il reclamo nella nostra confederazione, soprattutto tra le molte donne impegnate nella Caritas”. Uno schiaffo in piena faccia a Bertone. Al quale è seguito, qualche giorno dopo, un’altra sparata ad alzo zero. La scena, stavolta, è stata Dublino, dove a inizio giugno si sono riuniti 75 delegati provenienti da tutto il mondo per una seduta preparatoria del Congresso Eucaristico Internazionale che si svolgerà nella capitale irlandese l’anno prossimo. Parterre internazionale al quale l’arcivescovo di Dublino, mons. Diarmuid Martin, capofila dei sostenitori della tolleranza zero nei confronti dei preti pedofili, ha criticato il Vaticano per la visitazione apostolica inviata in Irlanda dopo lo scoppio dello scandalo. “Sono sempre più impaziente per la lentezza di questo processo, iniziato ancora più di un anno fa”, ha detto il presule. “Questa non è una critica al Santo Padre. E' piuttosto un appello ai suoi collaboratori”. Ovvero, a Bertone. La replica della Santa Sede è stata immediata, con la diffusione di una nota nella quale si annunciava la prossima conclusione dell’indagine e la pubblicazione di una sintesi dei risultati nel 2012. Risposta tempestiva che segnala, però, il fatto che il Segretario di Stato di Sua Santità è stato punto nel vivo. E’ la partita milanese, però, quella che può bruciare di più al cardinal Bertone. La scelta del successore al cardinale Dionigi Tettamanzi ancora non è stata fatta. Ma è da mesi che il Segretario di Stato tenta di boicottare il candidato preferito di Benedetto XVI, il card. Angelo Scola, Patriarca di Venezia apprezzato dal Papa come teologo, vicino a Comunione e liberazione. Bertone ha puntato dapprima sul card. Gianfranco Ravasi, poi sul meno noto vescovo di Piacenza, mons. Gianni Ambrosio. Ma entrambi i suoi candidati non hanno passato il vaglio del Santo Padre. E Bertone, che già non era riuscito a far passare un suo uomo per l’arcidiocesi di Torino, dove alla fine è stato nominato mons. Cesare Nosiglia, vescovo di stretta osservanza ruiniana, ora sembra pronto ad abbandonare il campo di battaglia a favore del ciellino Scola. Contro Scola, Bertone era già sceso in campo nel 2007, quando Ruini voleva che fosse il Patriarca di Venezia a succedergli alla guida della Conferenza Episcopale italiana. All’epoca, però, Ruini era in posizione di debolezza, mentre Bertone, che allora teneva saldamente in mano la macchina vaticana, la spuntò. E ottenne che il Papa nominasse presidente della CEI Angelo Bagnasco, successore di Bertone all’arcidiocesi di Genova. La luna di miele, però, durò poco. Nel corso dei mesi il feeling tra i due si affievolì, fino a trasformarsi in reciproca diffidenza. Tanto che Bertone non vorrebbe che Bagnasco fosse riconfermato l’anno prossimo alla guida dell’episcopato italiano. Ma Bagnasco, che nel frattempo ha annodato rapporti diretti con il Papa, procede invece a spron battuto verso un nuovo quinquennato. Alla faccia, ancora una volta, del card. Bertone, suo ex mentore sempre meno potente. Bertone, 77 anni il prossimo dicembre, sinora ha sempre goduto della fiducia del Papa. Benedetto XVI lo volle strenuamente accanto a sé perché lo aveva apprezzato all’epoca in cui era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e Bertone ne era segretario. Questione di fiducia personale e di sintonia caratteriale che fece superare al nuovo Papa ogni obiezione che nel Palazzo Apostolico suscitava il nome di Bertone, accusato dalla vecchia guardia wojtyliana di non avere alcune esperienza di Curia e nessuna preparazione diplomatica. Una fronda che è aumentata nel corso degli anni e che, ora, punta a mandare in pensione Bertone al prossimo compleanno. In pochi scommettono, in realtà, che il Pontefice si risolva per una decisione così rivoluzionaria. E di certo Bertone è riuscito a piazzare molti suoi fedelissimi in posti chiave, dal nunzio apostolico in Italia, mons. Giuseppe Bertello, al viceministro degli Esteri della Santa Sede, mons. Ettore Balestrero, a numerosi vescovi legati a lui per l’appartenenza alla società salesiana di don Bosco o per un passato comune a Genova o a Vercelli. Così come è riuscito ad allontanare alcuni suoi nemici, come mons. Fernando Filoni, che lui stesso aveva chiamato a ricoprire il ruolo di potentissimo Sostituto della Segreteria di Stato, in pratica il suo braccio destro, ma con il quale è esplosa fin da subito un’irrecuperabile idiosincrasia, tanto che alla fine Bertone ha destinato Filoni a Propaganda Fide. Ma la fronda anti-bertoniana si ingrossa col passare del tempo. Contro il porporato salesiano si sta mobilitando innanzitutto l’ala diplomatica della Santa Sede, che non perdona al Segretario di Stato di Papa Ratzinger errori e smagliature che si sono susseguiti in questi anni, dagli strappi col mondo ebraico, al fallito tentativo di mediare sulla vicenda di Cipro, al peggioramento dei rapporti con la Cina, alla gestione incerta, da ultimo, delle rivolte in Egitto, in Libia e nel resto del mondo arabo. Sono insoddisfatti dalla gestione Bertone diversi vescovi in giro per il mondo. E quattro big della Chiesa Cattolica mondiale, i cardinali Ruini, Bagnasco, Scola e Schoenborn, arrivarono a consigliare al Papa di liberarsi di Bertone in un pranzo di due estati fa a Castel Gandolfo che doveva rimanere segreto ma che qualcuno dei partecipanti spifferò ai giornali. Molti, dentro e fuori il Vaticano, ritengono poi che le tante gaffes di cui è punteggiato il Pontificato di Joseph Ratzinger non sarebbero avvenute con un Segretario di Stato maggiormente capace di controbilanciare la poca dimestichezza di Benedetto XVI con i mass media, con la politica e con le questioni diplomatiche. Tra gli arcinemici di Bertone, poi, c’è il card. Angelo Sodano, suo predecessore alla guida della macchina vaticana. Non è un segreto che Sodano avrebbe voluto rimanere Segretario di Stato e non gradi l’avvicendamento. Tanto che, a mo’ di sgarbo, impiegò diversi mesi a lasciare l’appartamento che spetta al principale collaboratore del Papa. Le male lingue sostengono che Sodano lesse in anteprima il discorso che Benedetto XVI pronunciò il 12 settembre del 2006 a Ratisbona, si rese conto che conteneva alcuni passaggi quantomeno controversi, e non avvertì il Papa del rischio di un incidente diplomatico con il mondo islamico. Perché da lì a qualche giorno, precisamente il 15 settembre, Bertone assunse l’incarico di Segretario di Stato e si trovò sin da subito a gestire, peraltro con abilità, la prima tempesta che investì il Vaticano di Papa Ratzinger. In questi anni Sodano non ha mai smesso di contestare sottotraccia la gestione di Bertone. Ma, ora, si comincia a parlare della possibilità che lui stesso lasci il posto di decano del Collegio cardinalizio in ragione delle molte magagne che emergono ora della sua gestione, a partire dall’insabbiamento dell’indagine per pedofilia sul fondatore dei Legionari di Cristo Marcial Maciel. E Sodano, forse, si accoda a quanti sperano che l’epoca Bertone sia ormai al tramonto.

Michele Tornabuoni, Linkiesta.it

Tarquinio: la tentazione di usare le parole del Papa per promuovere idee politiche è un vecchio vizio, lampante che non si riferisce all'Italia

Attenzione a non farsi dominare dalla tecnica perché se al centro non c'è l'uomo e se la scienza non è uno strumento al suo servizio rischiamo di esserne dominati. Questo, in nuce, il discorso di ieri di Papa Benedetto XVI ai nuovi ambasciatori presso la Santa Sede provenienti dalla Moldova, dalla Guinea Equatoriale, dal Belize, dalla Repubblica Araba di Siria, dal Ghana e dalla Nuova Zelanda. Le parole usate da Benedetto XVI sono chiarissime e fanno riferimento al Magistero della Chiesa. Purtroppo sono state strumentalizzate a mezzo stampa anche da chi di solito urla all'ingerenza ogni volta che il Pontefice si pronuncia", spiega a Tempi.it Marco Tarquinio, direttore di Avvenire. Il Papa è contro il nucleare, hanno infatti sintetizzato alcuni fra i quotidiani più letti in Italia. "Il discorso va invece letto tutto per essere compreso – continua Tarquinio -. Inizialmente il Papa chiede agli ambasciatori di utilizzare l'energia mettendo al centro la custodia del creato ma attenzione, non per il benessere della natura in quanto tale, bensì per quello dell'uomo". Per questo, continua Tarquinio, "il Pontefice non parla mai di ecologia ma di creato umano: ripeto, per lui la natura deve essere rispettata perché sia rispettato l'uomo". Il discorso del Pontefice, letto per intero, ha il suo perno nella natura trascendente e religiosa dell'uomo, che deve essere rispettata dagli Stati e a cui la tecnica si deve sottomettere: "Occorre – ha detto il Santo Padre – interrogarsi sul giusto posto che deve avere la tecnica. I prodigi di cui è capace vanno di pari passo con i disastri sociali ed economici...La tecnica che domina l'uomo lo priva della sua umanità...consapevoli del rischio che corre l'umanità dinanzi a una tecnica vista come una risposta più efficiente del volontarismo politico o dello sforzo paziente educativo, i governi devono promuovere un umanesimo rispettoso della dimensione spirituale e religiosa dell'uomo". Ma queste frasi del Papa non sono state considerate dalla grande stampa per cui la "tecno-scienza – ribadisce Tarquinio – è la dea che libererà l'uomo mentre, come dice Benedetto XVI e come si vede oggi, lo sta rendendo suo schiavo". Ma il direttore di Avvenire non è sorpreso: "La tentazione di usare le parole del Papa e di ridurle a spot per promuovere le proprie idee politiche di breve respiro è un vecchio vizio. Inoltre, in questo caso, è ancora più lampante che il Santo Padre non si riferisca a questioni inerenti la politica italiana: le sue indicazioni sono rivolte a paesi diversissimi dal nostro e hanno una profondità che richiede un'attenzione ben maggiore di quella che gli viene rivolta". Ma perché nessuno si sofferma su queste indicazioni? "Prendere in considerazione – risponde Tarquinio – per intero quanto dice il Pontefice, ad esempio sul progresso che crea disastri se assolutizzato, significherebbe rinunciare a interessi politici ed economici di parte". Resta che Benedetto XVI ha espresso una reale preoccupazione circa l'energia nucleare. "Sicuramente – conclude il direttore di Avvenire – anche noi dobbiamo riflettere sul nucleare così come sull'acqua. Ma non come è avvenuto finora: questo referendum è stato politicizzato e usato per fini di parte, quando in ballo c'è la salvaguardia di aspetti importantissimi che riguardano il bene comune. Non mi pare questo il modo più appropriato per decidere di cose tanto importanti per il futuro del nostro Paese".

Benedetta Frigerio, Tempi.it

Il Papa erige l'Eparchia caldea del Canada, mons. Hanna Zora il primo vescovo. Mons. Ernesto Mandara nuovo vescovo di Sabina-Poggio Mirteto

Papa Benedetto XVI ha eretto l'Eparchia caldea del Canada con il titolo di Mar Addai di Toronto dei Caldei, ha reso noto la Sala Stampa della Santa Sede oggi. La nota vaticana riferisce che il Pontefice ha nominato mons. Hanna Zora primo vescovo della nuova Eparchia, trasferendolo dalla Sede di Ahwaz e conservandogli il titolo di arcivescovo ad personam. In Canada i fedeli caldei sono circa 38.000. La loro cura pastorale era finora offerta dall’arcivescovo Zora in qualità di responsabile della comunità di Toronto, sotto la giurisdizione dell’arcivescovo latino di Toronto, e da quattro sacerdoti. La maggior parte dei fedeli caldei è concentrata in alcune aree del Paese: Toronto, Montréal, London-Windsor, Hamilton con London-Ontario e Oakville, Saskatoon, Vancouver e Ottawa. La chiesa di Mar Addai di Toronto, recentemente consacrata dal Patriarca caldeo, il card. Emmanuel III Delly, è stata elevata a Cattedrale Eparchiale.
Benedetto XVI ha anche nominato vescovo di Sabina-Poggio Mirteto, in Italia, mons. Ernesto Mandara, finora vescovo titolare di Torre di Mauritania ed ausiliare della diocesi di Roma.

Zenit, Asca

RINUNCE E NOMINE

Nuova grafica per la home del sito web della Santa Sede. In attesa del lancio, a breve, di 'news.va'

Tutti stanno aspettando il lancio di news.va. E’ questione di tempo, dicono, poco tempo. Ma intanto a stupire è vatican.va, con un ammodernamento grafico dove al centro di tutto c’è, in gran bella vista, il Papa.

Paolo Rodari, Palazzo Apostolico.it

'Maria, i giovani, il Creato: un comune percorso': mostra fotografica su Giovanni Paolo II e Benedetto XVI nella sede dell'Unitalsi a Lourdes

“Maria, i giovani, il Creato: un comune percorso” è il titolo della mostra fotografica sul Beato Giovanni Paolo II e su Papa Benedetto XVI che viene inaugurata oggi a Lourdes, presso la sede dell’Unitalsi (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali). Le immagini ripercorreranno i tanti anni del pontificato di Karol Wojtyla insieme a quelli più recenti di Benedetto XVI. In totale saranno 72 pannelli, divisi in due parti: una presso la sede “Salus Infirmorum”, mentre la seconda al piano terra della struttura alberghiera “La Source”. La mostra è ad ingresso gratuito e rimarrà aperta fino al 22 ottobre prossimo. Le immagini provengono dall’archivio fotografico de L’Osservatore Romano e dall’archivio personale del fotografo Adam Bujak, di Cracovia.

SIR

Il Papa: il diplomatico vaticano è chiamato a porre non solo le proprie qualità ma anche l’intera persona al servizio di una parola che non è sua

Questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, Papa Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i Superiori e gli Alunni della Pontificia Accademia Ecclesiastica.
“La diplomazia pontificia, come viene comunemente chiamata, ha una lunghissima tradizione e la sua attività ha contribuito in maniera non irrilevante a plasmare, in età moderna, la fisionomia stessa delle relazioni diplomatiche tra gli Stati”. Riflettendo sulla figura dell’ “ambasciatore”, nel suo discorso Benedetto XVI ha affermato che “nella concezione tradizionale, già propria del mondo antico, l’inviato, l’ambasciatore, è essenzialmente colui che è stato investito dell’incarico di portare in maniera autorevole la parola del Sovrano e, per questo, può rappresentarlo e trattare in suo nome. Le solennità del cerimoniale, gli onori tradizionalmente resi alla persona dell’inviato, che assumevano anche tratti religiosi, sono, in realtà, un tributo reso a colui che rappresenta e al messaggio di cui si fa interprete”. Il Papa ha poi notato che “il rispetto verso l’inviato costituisce una delle forme più alte di riconoscimento, da parte di un’autorità sovrana, del diritto ad esistere, su di un piano di pari dignità, di soggetti altri da sé”. All'emissario diplomatico, ha aggiunto il Pontefice, è richiesta ''la capacità di porgere tale parola in maniera al tempo stesso fedele, il più possibile rispettosa della sensibilità e dell'opinione altrui, ed efficace''. La ''vera abilità'' non sta nella ''astuzia'' o in simili ''atteggiamenti che rappresentano piuttsto delle degenerazioni della pratica diplomatica'' ma nelle ''virtù fondamentali'' di ''lealtà, coerenza e profonda umanità". “Le rapide trasformazioni della nostra epoca – ha proseguito il Papa - hanno riconfigurato in maniera profonda la figura e il ruolo dei rappresentanti diplomatici; la loro missione rimane tuttavia essenzialmente la stessa: quella di essere il tramite di una corretta comunicazione tra coloro che esercitano la funzione del governo e, di conseguenza, strumento di costruzione della comunione possibile tra i popoli e del consolidarsi tra di essi di rapporti pacifici e solidali”. Il “diplomatico” vaticano “presenta aspetti del tutto particolari”, ha proseguito il Papa. “Egli, in primo luogo, è un sacerdote, un vescovo...che ha già scelto di vivere al servizio di una Parola che non è la sua. Infatti, egli è un servitore della Parola di Dio”. E, quindi, ha aggiunto Benedetto XVI, è investito “di una missione che non può essere svolta a tempo parziale”. Insieme alla “identità sacerdotale, ben chiara e vissuta in modo profondo”, il diplomatico vaticano “ha il compito specifico di farsi portatore della parola del Papa, dell’orizzonte universale del suo ministero e della sua carità pastorale”. Quindi, “è chiamato a mettere a frutto tutte le proprie doti umane e soprannaturali” perché tale ministero “è delicato” ed esige “un profondo equilibrio interiore”, “capacità di apertura all’altro, equanimità di giudizio, distanza critica dalle opinioni personali, sacrificio, pazienza, costanza e talora anche fermezza nel dialogo verso tutti”. Benedetto XVI ha riassunto queste caratteristiche con il pensiero “apertura all’oggettività della cattolicità”, quale “principio di autentica personalizzazione”. “La vita spesa al servizio del Papa e della comunione ecclesiale – ha concluso – è, sotto questo profilo, estremamente arricchente”.

SIR, Asca

UDIENZA ALLA COMUNITÀ DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA ECCLESIASTICA - il testo integrale del discorso del Papa

60° anniversario di Ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI. Dalla Baviera una parata: costumi tradizionali e sei modelli di chiese della regione

Quarantadue cavalli bavaresi bardati a festa trasporteranno sei grandi modelli di chiese bavaresi per Benedetto XVI: è l'omaggio al Papa in occasione del suo 60° anniversario di Ordinazione sacerdotale da parte della Baviera, sua terra natale. Sfileranno, a partire dalle 18.00, nel pomeriggio di sabato 11 giugno attraverso le strade del Quartiere romano “Prati” per concludere poi con l'ingresso a Piazza San Pietro, accompagnati da oltre 200 musicisti appartenenti alle più famose bande tedesche e dai rappresentanti della Baviera nei loro tradizionali costumi. Una parata per esprimere gioia, amicizia e riconoscenza, che sarà rinnovata all'Angelus domenica 12 giugno. I modelli trasportati sono quelli delle chiese tedesche che hanno segnato la storia umana e cristiana di Joseph Ratzinger, dal battesimo alla sua ordinazione episcopale, quando ha retto la diocesi di Monaco-Frisinga per cinque anni, dal 1977 al 1982: sono il Duomo di Monaco, quello di Frisinga, le Chiese di Altötting, Birkenstein, Aschau, Georg von Traunstein e di Bad Tölz. Cavalli e cavalieri sono partiti domenica scorsa da Monaco di Baviera, dopo essere stati benedetti dal card. Reinhard Marx nella piazza del duomo. La manifestazione si svolge per la sesta volta a Roma con l’organizzazione tecnica della Courtial International ed il sostegno dell’Associazione Internazionale Amici della Musica Sacra.

SIR

Dalla Plenaria della Congregazione dei vescovi esce il nome di Angelo Scola per la diocesi di Milano. Sabato il 'dossier' sulla scrivania del Papa

Arriverà sabato sulla scrivania del Papa il 'dossier' sulla successione al card. Dionigi Tettamanzi come arcivescovo di Milano. A quanto si apprende, la Congregazione dei vescovi ha svolto ieri un dibattito vivace, ricco ed articolato. Erano presenti i membri dell'Assemblea plenaria del dicastero vaticano responsabile delle nomine episcopali che hanno analizzato diverse provviste tra le quali quella milanese. Tra gli altri, il card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, e il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della CEI e 'ponente' del dossier milanese. Il nome che Benedetto XVI aveva in mente fin dall'inizio come nuovo arcivescovo di Milano coincide con quello uscito ieri dalla "provvista" fatta dai vescovi. Sarà dunque con molta probabilità l'attuale Patriarca di Venezia, Angelo Scola (nella foto con Benedetto XVI), 69 anni, il successore di Tettamanzi alla testa della Curia milanese. Il prefetto della Congregazione, il cardinale canadese Marc Ouellet, ad ogni modo, salirà dopodomani alla terza loggia del Palazzo apostolico, come ogni sabato, e dovrebbe riferire a Benedetto XVI i contenuti della discussione odierna. Poi Papa Ratzinger deciderà, forse a fine mese o a inizio luglio, chi sostituirà il card. Tettamanzi sulla Cattedra di Ambrogio. Com’era prevedibile, è stata sollevata un’obiezione riguardo all’età di Scola, che ha 69 anni e mezzo e dunque ha davanti a sé un episcopato non lungo. Ma anche questa riserva sembra superata. Del resto, altre due recenti nomine per importanti sedi europee e americane hanno visto Benedetto XVI scegliere candidati non giovani: nel gennaio 2010 il Papa ha infatti designato arcivescovo di Bruxelles il settantenne André-Joseph Léonard, e undici mesi dopo ha nominato arcivescovo di Santiago del Cile l’ormai sessantanovenne Ricardo Ezzati Andrello. Lo stesso arcivescovo uscente, il cardinale Dionigi Tettamanzi, aveva 68 anni e mezzo al momento dell’ingresso a Milano. Dopo una prima consultazione svolta dal nunzio apostolico in Italia, mons. Giuseppe Bertello, ed altre due consultazioni supplementari, alla riunione odierna dei vescovi e cardinali della Congregazione vaticana sarebbe arrivata una quaterna di candidati da discutere: oltre al card. Scola, il vescovo di Rimini Francesco Lambiasi, l'osservatore della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa, il focolarino Aldo Giordano, e il nunzio apostolico in Venezuela, Piero Parolin. Sulle nomine episcopali, la plenaria dei vescovi, ad ogni modo, fornisce solo delle indicazioni al Papa, che poi decide quando e come vuole e può anche scartare le terne o le quaterne che gli vengono proposte e scegliere un altro candidato. Il prossimo arcivescovo, ad ogni modo, dovrebbe entrare in carica l'8 settembre, data di avvio dell'anno pastorale ambrosiano.

TMNews, La Repubblica, La Stampa