sabato 9 maggio 2009

Vespri con il clero giordano. Il Papa: non abbiate paura di dare il vostro contributo alla vita pubblica del regno. Le Chiese orientali una ricchezza

Accoglienza festosa per il Papa alla Cattedrale greco-melkita di San Giorgio ad Amman, dove ha celebrato i Vespri con religiosi e religiose, seminaristi e movimenti ecclesiali. Papa Ratzinger, con mozzetta bianca sulla tonaca, è stato acclamato dai fedeli presenti, a molti dei quali ha stretto la mano, mentre il servizio d'ordine cercava di tenere a freno l'entusiasmo dei tanti che volevano scambiare un saluto con il Pontefice. Il rito orientale è stato in arabo, inglese, francese, italiano e spagnolo. Il patriarca Gregorio III Laham lo ha accolto con un discorso appassionato sulla sorte dei cristiani della Terra Santa e sul ruolo di Gerusalemme.
Nell'omelia, Benedetto XVI ha elogiato il contributo delle Chiese orientali alla fede cristiana. Il Pontefice ha affermato che, anche se è triste che il cristianesimo abbia attraversato periodi di scisma che hanno separato i cattolici dagli ortodossi e dalle altre chiese orientali, le diverse tradizioni hanno arricchito la fede nell'insieme. ''Purtroppo, alcuni di questi periodi hanno incluso tempi di dispute telogiche o periodi di repressione'', ha ricordato il Papa. ''Altri, tuttavia, sono stati momenti di riconciliazione - rafforzando incredibilmente la comunione della Chiesa - e tempi di ricca rinascita culturale, alla quale i cristiani orientali hanno contribuito straordinariamente'', ha aggiunto.
Pur riconoscendo l'autorità del Papa, la Chiesa melkita segue lo stesso rito utilizzato dalla Chiesa greco-ortodossa e usa l'arabo come linguaggio liturgico. ''Chiese particolari all'interno della Chiesa universale dimostrano il dinamismo del suo viaggio sulla terra e mostrano a tutti i fedeli un tesoro di tradizioni spirituali, liturgiche ed ecclesiastiche'', ha spiegato. Secondo il Papa, ''l'antico tesoro vivente di tradizioni della Chiese orientali arricchisce la Chiesa universale''. Il Pontefice ha osservato che, sebbene ora le comunità cristiane siano minoritarie nel Medio Oriente, le loro origini risalgno a una delle roccaforti della prima Chiesa. ''Molti di voi hanno legami con il patriarcato di Antiochia e le vostre comunità sono perciò radicate qui nel Vicino Oriente'', ha sottolineato. ''E, proprio come duemila anni fa' è stato ad Antiochia che i discepoli sono stati chiamati per la prima volta cristiani, così anche oggi, come piccole comunità sparse in queste terre, anche voi siete riconosciuti come seguaci del Signore'', ha concluso. Tra le Chiese del Medio Oriente, quelle melkita, maronita, armena, siriana e caldea riconoscono l'autorità del Papa e hanno mandato dei rappresentanti alla funzione religiosa di oggi.
Il Papa ha poi sottolineato la capacità della minoranza cristiana del Medio Oriente di aiutare tutta la popolazione - musulmani compresi - con i servizi sociali promossi dalla Chiesa cattolica. "Dagli asili infantili ai luoghi di istruzione superiore, dagli orfanotrofi alle case per anziani, dal lavoro con i rifugiati all'accademia di musica, alle cliniche mediche e agli ospedali, al dialogo interreligioso e alle iniziative culturali - ha detto il Papa - la vostra presenza in questa società è un meraviglioso segno della speranza che ci qualifica come cristiani. Tale speranza – ha continuato Benedetto XVI - giunge ben oltre i confini delle nostre comunità cristiane. Così spesso voi scoprite che le famiglie di altre religioni, per le quali voi lavorate e offrite il vostro servizio di carità universale, hanno preoccupazioni e difficoltà che oltrepassano i confini culturali e religiosi”. Tutto questo si fa particolarmente importante in un mondo sempre più difficile e secolarizzato. “Quale genitore o persona di buona volontà non si sentirebbe turbato di fronte agli influssi negativi così penetranti nel nostro mondo globalizzato, compresi gli elementi distruttivi dell'industria del divertimento che con tanta insensibilità sfruttano l'innocenza e la fragilità della persona vulnerabile e del giovane? Tuttavia, con i vostri occhi fissi su Cristo, la luce che disperde ogni male, ripristina l'innocenza perduta, ed umilia l'orgoglio terreno, porterete una magnifica visione di speranza a tutti quelli che incontrate e servite”.

Il saluto del principe giordano: il Papa ha il coraggio morale di dar voce alla propria coscienza. Grazie per i chiarimenti sulla lectio di Ratisbona

Il principe giordano Ghazi Bin Talal (nella foto con Benedetto XVI) ha ringraziato il Papa per i "chiarimenti" forniti dal Vaticano dopo la lectio magistralis tenuta da Papa Ratzinger a Ratisbona, il 12 settembre 2006. In quella 'lectio' Benedetto XVI citò un dialogo tra un imperatore bizantino e un saggio musulmano, nel quale si sosteneva che Maometto aveva portato nel mondo solo "cose cattive e disumane". Ricevendo il Papa alla moschea al-Hussein bin Talal di Amman, il principe - personalità nota per il suo impegno nel dialogo interreligioso - ha ringraziato per il chiarimento fornito dal Vaticano circa il fatto che quei concetti "non rispecchiano" il pensiero del Papa. L'esponente della casa regnante giordana ha anche denunciato le interpetazioni sbagliate che si danno dell'islam nel mondo occidentale, ed ha sottolineato che sta anche ai musulmani spiegare i veri valori della propria fede. Il principe Ghazi Bin Talal ha anche ringraziato per i "gesti amichevoli" del Papa, che ha ricevuto in Vaticano i re della Giordania e dell'Arabia Saudita e ha incontrato, in una "storica udienza", una delegazione dei 138 saggi musulmani che gli avevano scritto una lettera. Il principe ha sottolineato che il pontificato di Papa Ratzinger è stato "marcato dal coraggio morale di dar voce e tener fede alla propria coscienza, indipendentemente dalla moda del giorno". Più specificamente, Ghazi Bin Talal ha ricordato che Benedetto XVI ha scritto "storiche" encicliche papali sulla carità e la speranza, ha promosso il dialogo interreligioso ed "che ha liberalizzato la tradizionale Messa in latino per coloro che la seguono".
Le spiegazioni dal Vaticano dopo le polemiche islamiche sulla 'lectio' di Ratisbona sono state "sufficienti e buone", secondo il direttore della sala stampa vaticana. "Dopo quell'incomprensione sono accadute molte cose", ha detto padre Federico Lombardi nel corso di una conferenza stampa ad Amman tenuta dopo che il Papa ha visitato la moschea al-Hussein bin Talal. "Ci sono stati molti discorsi del Papa, molti passi nel dialogo. Chi voleva capire ha capito. Ora dobbiamo andare avanti. La visita alla moschea di questa mattina e i discorsi del Papa sono un buon esempio di come procedere. Sono segni di amicizia e comprensione da parte del Papa e bisogna saperli accogliere". Al cronista se domandava se da parte del Papa ci sia stato un "cambiamento" nei confronti dell'islam dall'epoca in cui pronunciò il discorso di Ratisbona, Lombardi ha risposto: "E' difficile dire cambiamento, certamente è un cammino, un progresso importante".

Visita alla moschea di Amman. Il Papa: amore e ragione a fondamento delle religioni. La libertà religiosa è più della libertà di culto

Il Papa è giunto attorno alle 10.45, 11.45 ora locale, alla moschea al-Hussein bin-Talal di Amman, in Giordania. E' la seconda volta - dopo la moschea blu di Istanbul nel 2006 - che Benedetto XVI entra in un luogo di culto musulmano. Papa Ratzinger, che ha visitato anche il vicino museo hashemita, ha poi incontrato una rappresentanza di capi religiosi musulmani, del corpo diplomatico e dei rettori delle università giordane, e terrà poi un discorso all'esterno della moschea.
Nel discorso pronunciato all'esterno della moschea, il Papa ha affermato che i cristiani e i musulmani, "proprio a causa del peso della nostra storia comune così spesso segnata da incomprensioni", devono "impegnarsi per essere individuati e riconosciuti come adoratori di Dio fedeli alla preghiera", "misericordiosi e compassionevoli", e smentire, così, nei fatti, la "manipolazione ideologica della religione" che, oltretutto, offre il fianco agli "oppositori della religione". "Non possiamo non essere preoccupati per il fatto che oggi, con insistenza crescente, alcuni ritengono che la religione fallisca nella sua pretesa di essere, per sua natura, costruttrice di unità e di armonia, un'espressione di comunione fra persone e con Dio"' è stato il ragionamento di Benedetto XVI. "Di fatto, alcuni asseriscono che la religione è necessariamente una causa di divisione nel nostro mondo. E per tale ragione affermano che quanto minor attenzione viene data alla religione nella sfera pubblica, tanto meglio è. Certamente - ha ammesso Papa Ratzinger - il contrasto di tensioni e divisioni fra seguaci di differenti tradizioni religiose, purtroppo, non può essere negato. Tuttavia - si è chiesto il Papa - non si dà anche il caso che spesso sia la manipolazione ideologica della religione, talvolta a scopi politici, il catalizzatore reale delle tensioni e delle divisioni e non di rado anche delle violenze nella società? A fronte di tale situazione, in cui gli oppositori della religione cercano non semplicemente di tacitarne la voce ma di sostituirla con la loro - secondo Papa Ratzinger - il bisogno che i credenti siano fedeli ai loro principi e alle loro credenze è sentito in modo quanto mai acuto". "Musulmani e Cristiani, proprio a causa del peso della nostra storia comune così spesso segnata da incomprensioni, devono oggi impegnarsi per essere individuati e riconosciuti come adoratori di Dio fedeli alla preghiera - ha detto il Papa concludendo il suo ragionamento - desiderosi di comportarsi e vivere secondo le disposizioni dell'Onnipotente, misericordiosi e compassionevoli, coerenti nel dare testimonianza di tutto ciò che è giusto e buono, sempre memori della comune origine e dignità di ogni persona umana, che resta al vertice del disegno creatore di Dio per il mondo e per la storia".
Benedetto XVI ha poi affrontato la questione della "ragionevolezza" della fede - che sembrava aver negato, per l'islam, a Ratisbona - e ha sottolineato come tanto i cristiani quanto i musulmani, "quali credenti nell'unico Dio", sanno che "la ragione umana è in se stessa dono di Dio". "Distinti amici - ha detto il Papa al principe Ghazi Bin Talal e agli altri leader e accademici musulmani presenti - "oggi desidero far menzione di un compito che ho indicato in diverse occasioni e che credo fermamente Cristiani e Musulmani possano assumersi, in particolare attraverso il loro contributo all'insegnamento e alla ricerca scientifica, come pure al servizio alla società. Tale compito costituisce la sfida a coltivare per il bene, nel contesto della fede e della verità, il vasto potenziale della ragione umana. I Cristiani - ha spiegato Ratzinger - in effetti descrivono Dio, fra gli altri modi, come Ragione creatrice, che ordina e guida il mondo. E Dio ci dota della capacità a partecipare a questa Ragione e così ad agire in accordo con ciò che è bene. I Musulmani adorano Dio, Creatore del Cielo e della Terra, che ha parlato all'umanità. E - ha affermato il Papa - quali credenti nell'unico Dio, sappiamo che la ragione umana è in se stessa dono di Dio, e si eleva al piano più alto quando viene illuminata dalla luce della verità di Dio". Il Papa ha citato, tra le altre iniziative di dialogo interreligioso di parte musulmana, la lettera di 138 intellettuali dell'islam, 'A common word', che inviarono a lui e ad altri leader musulmani nel 2007. La lettera dei 138 "faceva eco - ha detto oggi il Papa - ad un tema simile a quello da me trattato nella mia prima Enciclica: il vincolo indistruttibile fra l'amore di Dio e l'amore del prossimo, come pure la contraddizione fondamentale del ricorrere, nel nome di Dio, alla violenza o all'esclusione". Le iniziative di dialogo interreligioso, più in generale, "conducono ad una maggiore conoscenza reciproca e promuovono un crescente rispetto sia per quanto abbiamo in comune sia per ciò che comprendiamo in maniera differente. Pertanto, esse dovrebbero indurre Cristiani e Musulmani a sondare ancor più profondamente l'essenziale rapporto fra Dio ed il suo mondo, così che insieme possiamo darci da fare perché la società si accordi armoniosamente con l'ordine divino". Benedetto XVI ha poi tenuto a sottolineare che "quando la ragione umana umilmente consente ad essere purificata dalla fede non è per nulla indebolita, anzi, è rafforzata nel resistere alla presunzione di andare oltre ai propri limiti" e "amplia gli orizzonti della comprensione umana".
Non solo, la ragione umana, "rinvigorita" dalla fede, amplia, "piuttosto che manipolarlo o restringerlo, il pubblico dibattito". Di conseguenza, "insieme, Cristiani e Musulmani sono sospinti a cercare tutto ciò che è giusto e retto". La ragione – ha detto – spinge continuamente la mente umana oltre se stessa nella ricerca dell’Assoluto. Ha poi sottolineato l’universalità dei diritti umani che “valgono ugualmente per ogni uomo e donna, senza distinzione di gruppi religiosi, sociali o etnici” e ha affermato che “il diritto di libertà religiosa va oltre la questione del culto ed include il diritto – specie per le minoranze – di equo accesso al mercato dell’impiego e alle altre sfere della vita civile”. Il Papa ha poi chiesto "con insistenza" ai "diplomatici ed alla comunità internazionale da essi rappresentata", come anche "ai leader politici e religiosi locali", di compiere "tutto ciò che è possibile" per assicurare alla "antica comunità cristiana" dell'Iraq il "diritto di pacifica coesistenza con i propri concittadini". Benedetto XVI ha salutato in modo particolare il Patriarca di Baghdad Emmanuel III Delly. "La sua presenza - ha detto il Papa - richiama alla mente i cittadini del vicino Iraq, molti dei quali hanno trovato cordiale accoglienza qui in Giordania. Gli sforzi della comunità internazionale nel promuovere la pace e la riconciliazione, insieme con quelli dei leader locali, devono continuare in vista di portare frutto nella vita degli iracheni. Esprimo il mio apprezzamento per tutti coloro che sostengono gli sforzi volti ad approfondire la fiducia e a ricostruire le istituzioni e le infrastrutture essenziali al benessere di quella società".
Il Papa "ha sostato in raccoglimento" all'interno della moschea al-Hussein Bin Talal di Amman: lo ha riferito il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, che ha precisato che Benedetto XVI non ha "pregato" nel luogo di culto musulmano. "Non sarebbe esatto dire che il Papa ha pregato nella preghiera - ha spiegato Lombardi rispondendo alle domande dei giornalisti nel corso di una conferenza stampa ad Amman - ma è giusto dire che ha sostato in raccoglimento rispettoso in un luogo dove innumerevoli persone pregano e si rivolgono anch'esse davanti a Dio". Benedetto XVI, ad ogni modo, non ha recitato "una preghiera cristiana in un luogo di culto di un'altra religione". Papa Ratzinger, peraltro, non si è tolto le scarpe nell'entrare nella moschea giordana. "Il Papa - ha spiegato il direttore della sala stampa vaticana - non si è tolto le scarpe. Era pronto a farlo ed alcuni del suo seguito, tra cui io, lo abbiamo fatto, ma gli accompagnatori non hanno chiesto cche si togliessero le scarpe perché avevano preparato degli itinerari con stuoie molto spesse su cui era previsto che gli ospiti potessero camminare". Benedetto XVI è stato guidato, nella moschea, dal principe Ghazi Bin Talal e dall'architetto che aveva progettato la moschea. La visita è durata alcuni minuti.

Benedizione della pietra dell'università di Madaba. Il Papa: la fede in Dio incoraggia la ricerca della verità. Religione sfigurata dalla violenza

Papa Ratzinger ha benedetto la prima pietra dell'università cattolica di Madaba, scelta perché è la città natale del patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal. L'ateneo non accoglierà solo studenti cristiani, ma anche musulmani. Nel discoso, il Papa ha lodato l'impegno della regina Rania di Giordania nel promuovere l'educazione nel Regno. "Il Regno di Giordania ha giustamente dato priorità all'obiettivo di espandere e migliorare l'educazione", ha rilevato il Papa. "So che in questa nobile missione Sua Maestà la Regina Rania è particolarmente attiva e la sua dedizione è motivo di ispirazione per molti". "L'iniziativa - ha precisato il Papa - risponde alla richiesta di molte famiglie che, soddisfatte per la formazione ricevuta nelle scuole rette da autorità religiose, chiedono di poter avere un'analoga opzione a livello universitario". Il Papa ha poi messo in rilievo il ruolo che l'educazione può avere in Medio Oriente e ha sottolineato che la formazione intellettuale può "spezzare gli incantesimi creati da ideologie vecchie e nuove". "Plaudo ai promotori di questa nuova istituzione per la loro coraggiosa fiducia nella buona educazione quale primo passo per lo sviluppo personale e per la pace ed il progresso nella regione", ha detto il Papa. La "formazione intellettuale", ha detto, "affinerà i loro talenti critici, disperderà l'ignoranza e il pregiudizio, e li assisterà nello spezzare gli incantesimi creati da ideologie vecchie e nuove. Il risultato di tale processo è un'università che non è soltanto una tribuna per consolidare l'adesione alla verità e ai valori di una specifica cultura, ma anche un luogo di comprensione e di dialogo". Già nell'aereo che lo ha portato in Giordania il Papa aveva sottolineato l'importanza di formare una "elite" cristiana capace di lavorare alla pace nella regione. "I giovani della Giordania e gli altri studenti della regione saranno condotti ad una più profonda conoscenza delle conquiste dell'umanità, e saranno arricchiti da altri punti di vista e formati alla comprensione, alla tolleranza e alla pace", afferma oggi Benedetto XVI. E, rivolgendosi agli studenti: "Siete chiamati ad essere costruttori di una società giusta e pacifica composta di genti di varia estrazione religiosa ed etnica. Prego - ha detto ancora il Papa - affinché i vostri sogni diventino presto realtà, affinché possiate vedere generazioni di uomini e donne qualificati, sia cristiani che musulmani o di altre religioni, capaci di occupare il loro posto nella società, dotati di perizia professionale, bene informati nel loro campo ed educati ai valori della saggezza, dell'onestà, della tolleranza e della pace". "La religione, come la scienza e la tecnologia, come la filosofia ed ogni espressione della nostra ricerca della verità, possono corrompersi", ha detto il Papa. "La religione viene sfigurata quando viene costretta a servire l'ignoranza e il pregiudizio, il disprezzo, la violenza e l'abuso. Qui - ha sottolineato Papa Ratzinger - non vediamo soltanto la perversione della religione, ma anche la corruzione della libertà umana, il restringersi e l'obnubilarsi della mente. Evidentemente, un simile risultato non è inevitabile". Per il Papa teologo, "la fede in Dio non sopprime la ricerca della verità. Al contrario l'incoraggia". Il "cuore umano", ha rilevato Benedetto XVI, "può essere indurito da un ambiente ristretto, da interessi e da passioni. Ma ogni persona è anche chiamata alla saggezza e all'integrità, alla scelta basilare e più importante di tutte del bene sul male, della verità sulla disonestà, e può essere sostenuta in tale compito. La chiamata all'integrità morale - secondo il Papa - viene percepita dalla persona genuinamente religiosa dato che il Dio della verità, dell'amore e della bellezza non può essere servito in alcun altro modo".

Visita al Monte Nebo. Il Papa: la memoria di Mosè ci invita a guardare con fede e speranza al futuro. Inseparabile il vincolo con il popolo ebreo

Dal monte Nebo, in Giordania, dove, secondo la Bibbia, Mosè vide e indicò al popolo di Israele la "terra promessa", il Papa invita i contemporanei ad "alzare gli occhi" e - sullo sfondo di continue tensioni nel Medio Oriente - esorta i cristiani ad essere "lievito di riconciliazione, di perdono e di pace". "Qui, sulle alture del Monte Nebo, la memoria di Mosè ci invita ad 'innalzare gli occhi' per abbracciare con gratitudine non soltanto le opere meravigliose di Dio nel passato, ma anche a guardare con fede e speranza al futuro che egli ha in serbo per noi e per il mondo intero", ha detto il Papa. "Da questa santa montagna Mosè orienta il nostro sguardo verso l'alto, verso il compimento di tutte le promesse di Dio in Cristo. Mosè contemplò la Terra Promessa da lontano, al termine del suo pellegrinaggio terreno. Il suo esempio - ha detto Papa Ratzinger - ci ricorda che anche noi facciamo parte del pellegrinaggio senza tempo del Popolo di Dio lungo la storia. Sulle orme dei Profeti, degli Apostoli e dei Santi, siamo chiamati a portare avanti la missione del Signore, a rendere testimonianza al Vangelo dell'amore e della misericordia universali di Dio. Noi siamo chiamati ad accogliere la venuta del Regno di Cristo mediante la nostra carità, il nostro servizio ai poveri e - ha sottolineato Benedetto XVI - i nostri sforzi di essere lievito di riconciliazione, di perdono e di pace nel mondo che ci circonda".
"Sappiamo - ha detto ancora il Papa - che Dio, il quale ha rivelato il proprio nome a Mosè come promessa che sarebbe sempre stato al nostro fianco, ci darà la forza di perseverare in gioiosa speranza anche tra sofferenze, prove e tribolazioni". "Questa grande tradizione, che il mio odierno pellegrinaggio intende continuare e confermare, basata sul desiderio di vedere, toccare e assaporare in preghiera e in contemplazione, i luoghi benedetti dalla presenza fisica del nostro Salvatore, della sua Madre benedetta, degli Apostoli e dei primi discepoli che lo videro risorto dai morti". "Sin dai primi tempi - ha ricordato - i cristiani sono venuti in pellegrinaggio ai luoghi associati alla storia del Popolo eletto, agli eventi della vita di Cristo e della Chiesa nascente". "Qui, sulle orme degli innumerevoli pellegrini che ci hanno preceduto lungo i secoli - ha aggiunto - siamo spinti quasi come una sfida, ad apprezzare più pienamente il dono della nostra fede e a crescere in quella comunione che trascende ogni limite di lingua, di razza, di cultura". Benedetto XVI ha tenuto a sottolineare che "l'antica tradizione del pellegrinaggio ai luoghi santi ci ricorda l'inseparabile vincolo che unisce la Chiesa al popolo ebreo. Sin dagli inizi - ha proseguito Papa Ratzinger - la Chiesa in queste terre ha commemorato nella propria liturgia le grandi figure dell'Antico Testamento, quale segno del suo profondo apprezzamento per l'unità dei due Testamenti. Possa l'odierno nostro incontro ispirare in noi un rinnovato amore per il canone della Sacra Scrittura e - ha aggiunto - il desiderio di superare ogni ostacolo che si frappone alla riconciliazione fra cristiani ed ebrei, nel rispetto reciproco e nella cooperazione al servizio di quella pace alla quale la Parola di Dio ci chiama".
Dalla terrazza del Monte Nebo, Benedetto XVI ha potuto ammirare Gerico, Betlemme che si vedono dalla postazione dalla quale invece Mosè vide lo sconfinato territorio promesso dal Signore al suo popolo che fuggiva dall- Egitto. Padre Josè Carballo, il superiore generale dei francescani, che sono da 800 anni i custodi della Terra Santa, ha riferito ai giornalisti che il Papa ha anche chiesto il suo parere sulla controversia archeologica sul sito del battesimo di Gesù, senza esprimere alcun giudizio. Da parte sua il religioso gli ha ricordato padre Michele Piccirillo, archeologo di Terrasanta morto lo scorso autunno e sepolto sul Nebo.“Lei oggi ha voluto farsi pellegrino, ricordandoci che questa è la condizione del popolo di Dio”, aveva detto nel suo indirizzo di saluto al Papa, aggiungendo: “In questo viaggio non è solo. Vogliamo accompagnarla, anzi seguirla, come un tempo il popolo di Israele aveva seguito Mosè e da lui si era lasciato condurre. Anche noi oggi ci sentiamo come nel deserto e abbiamo bisogno di chi ci conduce al Signore”. In questo incantevole scenario, Papa Ratzinger si è sottoposto ai flash dei fotografi, ma dopo alcuni minuti ha esclamato "ora lasciatemi guardare", e si è raccolto in preghiera sulla piattaforma di roccia. Papa Ratzinger è poi sceso dal Monte Nebo in Papamobile, salutato da un centinaio di studenti cristiani che lo hanno festeggiato con canti e sventolando le bandiere giordana e vaticana.