sabato 17 gennaio 2009

Il Papa al fratello Georg al termine del concerto per il suo 85° compleanno: Dio ti doni ancora tanti anni

Hanno assistito in religioso silenzio e con grande attenzione l'intero concerto dell'Orchestra e del Coro dei 'Regensburger Domspatzen'. Uno a fianco all'altro; uno vestito di bianco, l'altro con il lungo talare nero. Papa Ratzinger e il fratello mons. Georg (foto) si sono goduti un'ora di musica classica, quella che amano di più, nella splendida cornice della Cappella Sistina. L'omaggio dell'Orchestra tedesca è a mons. Georg Ratzinger, per i suoi 85 anni. Per la speciale ricorrenza, l'orchestra diretta dal Maestro Roland Buchner, ha eseguito la 'Grosse Messe c-Moll' di Wolfgang Amadeus Mozart, insieme all'Orfeo Barockorchester e con i solisti Simona Saturovà e Stella Doufexis, soprani, e Robert Buckland, tenore. "E' motivo di particolare gioia poter riascoltare questa magnifica e profonda composizione sacra del grande figlio della città di Salisburgo Mozart", ha detto il Papa al termine del concerto salutando i presenti. E ha ricordato le numerose volte che, a Salisburgo, con il fratello ha assistito all'esecuzione della messa in Mi minore. Il servizio alla Chiesa e l’amore per la musica hanno sempre contraddistinto la vita di Joseph e Georg Ratzinger. Benedetto XVI è tornato con la mente al lontano 1941 quando su iniziativa del fratello si recarono assieme al Festival di Salisburgo: “Potemmo allora assistere ad alcuni splendidi concerti e, tra questi, nella Basilica abbaziale di San Pietro, all’esecuzione della Messa in do minore. Fu un momento indimenticabile, il vertice spirituale, direi, di quella nostra gita culturale”. Anche se allora ero un ragazzino, ha proseguito a braccio in tedesco, “ho capito che avevamo vissuto qualcosa di diverso da un semplice concerto: quello era stata musica in preghiera”. In quella Messa di Mozart, ha detto ancora, “avevamo potuto sfiorare qualcosa della magnificenza e della bellezza di Dio stesso”. Benedetto XVI ha quindi ricordato le difficoltà degli anni giovanili del fratello. “Quando sei nato – ha rammentato – l’inflazione era appena finita e la gente, anche i nostri genitori, avevano perso tutti i loro risparmi. Poi è venuta la crisi economica mondiale, la dittatura nazista, la guerra, la prigionia”. Dopo il conflitto, ha ricordato il Papa, “con nuova speranza e gioia, in una Germania distrutta e dissanguata, abbiamo iniziato la nostra strada”. Ha così sottolineato la duplice vocazione del fratello Georg alla musica e al sacerdozio, “una che abbracciava l’altra”, ed ha messo l’accento sull’esperienza con i “Regensburger Domspatzen”. Un incarico, ha rilevato, in cui mons. Ratzinger ha potuto “servire sacerdotalmente la musica e trasmettere al mondo e all’umanità la gioia per l’esistenza di Dio tramite la bellezza della musica e del canto”. Quel coro, nato più di mille anni fa, ha ribadito, “portava nel mondo la gioia e la bellezza di Dio”. E ha concluso con una preghiera affinchè "Dio conceda a mio fratello ancora tanti anni".
Al termine del Concerto nella Cappela Sistina, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta ha conferito all’anziano sacerdote tedesco la Gran Croce della Repubblica. Il neo-cavaliere ha subito indossato l’insegna verde, aiutato in questo dal fratello minore, un Benedetto XVI sorridente e in gran forma.



La Vigna del Signore, in ritardo di un giorno, esprime di vero cuore a mons. Georg Ratzinger, fratello del nostro amato Papa Benedetto, i migliori e sentiti auguri per il suo 85° genetliaco. Ad multos annos!
Scenron

La Chiesa avrà presto cinque nuovi Beati. Tra loro don Carlo Gnocchi, apostolo dei 'mutilatini'

Don Carlo Gnocchi (foto), il sacerdote dei 'mutilatini' sarà presto beato. Benedetto XVI ha infatti riconosciuto, con un decreto pubblicato oggi dalla Congregazione per le Cause dei Santi, un miracolo attribuito alla intercessione di don Gnocchi, prete e fondatore della opera 'Pro Juventute', nato a Colombano al Lambro il 25 ottobre 1902 e morto a Milano il 28 febbraio 1956. Don Gnocchi è famoso per essere stato anche uno dei promotori della donazione d'organi in Italia: le sue cornee hanno ridato la vista a due suoi ex assistiti.
Nato a San Colombano al Lambro il 25 ottobre 1902, don Gnocchi si spense a Milano a 54 anni dopo una lunga sofferenza: morendo fece dono delle sue cornee a due giovani ciechi. Cappellano militare degli alpini durante la Seconda guerra mondiale, si adoperò per alleviare le piaghe di sofferenza e di miseria provocate dal conflitto. A guerra finita, Don Gnocchi sentì come suo dovere di accorrere in aiuto di quella parte dell'infanzia che era stata colpita più duramente. Rivolse dapprima la sua opera assistenziale agli orfani degli alpini, ospitandoli nell'Istituto Arosio; successivamente dedicò le sue cure ai mutilatini e ai piccoli invalidi di guerra e civili, fondando per essi una vastissima rete di collegi in molte città d'Italia; infine, aprì le porte di modernissimi Centri di rieducazione ai bambini affetti di poliomelite.
Il Papa ha poi firmato il decreto per altri quattro analoghi riconoscimenti di miracoli che porteranno sugli altari anche il cardinale Ciriaco Maria Sanchez Hervas, arcivescovo di Toledo e primate di Spagna nei primi anni del '900, il gesuita Bernardo Francisco De Hoyos, anche lui spagnolo, il religioso del Madagascar Raffaele Rafringa e il fatebenefratello tedesco Eustachio Kugler, morto a Ratisbona nel 1946, un religioso che, afferma l'Ordine Ospedaliero al quale appartenne, eletto provinciale di Germania negli anni '40 "dovette affrontare tutte le difficoltà del nazismo e di una guerra feroce e disumana".


PROMULGAZIONE DI DECRETI DELLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI

Giornata del dialogo ebraico-cristiano. Il card. Kasper: gli ebrei italiani hanno una sensiblità particolare, il dialogo universale va molto bene

Si celebra oggi in Italia e in altri Paesi del mondo la Giornata del dialogo tra cattolici ed ebrei. Quest'anno, tuttavia, la Conferenza rabbinica italiana ha deciso di non partecipare all'evento, a causa delle controversie suscitate dalla riformulazione della preghiera del Venerdì Santo per gli ebrei, nel Messale del 1962, che invoca il riconoscimento di 'Gesù Cristo Salvatore di tutti gli uomini'.
"Certamente è un segno preoccupante - dice il card. Walter Kasper (foto), Presidente del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani e della Commissione vaticana per i rapporti religiosi con l'ebraismo - ma devo dire che gli ebrei italiani non hanno un diretto dialogo con il Vaticano: hanno un dialogo con la Conferenza Episcopale Italiana e non con il Vaticano. Il nostro dialogo a livello universale con gli ebrei, soprattutto negli Stati Uniti, in Canada, ma anche altrove nel mondo, e anche quello che abbiamo con il Gran Rabbinato a Gerusalemme, va molto bene e loro partecipano a queste giornate di dialogo. Sono solo gli ebrei in Italia - prosegue il card. Kasper intervistato dalla Radio Vaticana - che hanno una sensibilità particolare, che hanno interrotto il loro dialogo. Ma noi speriamo che possano tornare ad un serio dialogo". La comunità ebraica italiana "protesta contro una cosiddetta 'superiorità' del cristianesimo - prosegue il porporato - ma devo dire che la parola 'superiorità' non appartiene alla nostra terminologia. Noi diciamo che l'Antico Testamento, che abbiamo in comune, è compiuto dal Nuovo Testamento e da Gesù Cristo: ma questa è una posizione che abbiamo avuto sempre. Tutti sanno che sulla Cristologia siamo divisi. E' essenziale che due partner, che hanno posizioni diverse, debbano rispettarsi su questi punti. Quindi - ribadisce Kasper - è importante avere un dialogo, ma anche più importante, in questo contesto, è avere una base comune e su questa base comune avere valori comuni che sono molto importanti per l'attuale società secolarizzata. Siamo chiamati con forza a dare una testimonianza comune per la famiglia, per i diritti umani, per la pace, per la giustizia e così via. Facciamo questo con gli ebrei dappertutto nel mondo. E io spero che anche gli ebrei italiani - conclude - vogliano di nuovo condividere con noi questo impegno nel rispetto delle posizioni dell'altro".

VI Incontro Mondiale delle Famiglie. La conclusione del Congresso teologico-pastorale e i momenti finali con il Papa in video collegamento

Un videomessaggio del Papa sarà proiettato oggi sul sagrato della Basilica di Nostra Signora di Guadalupe al VI Incontro Mondiale delle Famiglie a Città del Messico. Con la Veglia mariana quando in Italia saranno già le 24 e con la solenne Concelebrazione Eucaristica di domani mattina presieduta dal card. Tarcisio Bertone (foto), segretario di Stato e Legato pontificio, che Benedetto XVI seguirà in video collegamento, si concluderà il VI Incontro Mondiale delle Famiglie. Oltre 20 milioni di pellegrini raggiungono ogni anno questa meta mariana della patrona dell’America per rinnovare la loro scelta di fede, condire di carità la loro vita quotidiana, rinnovare la speranza in un mondo nuovo. Con l’intervento del card. Tarcisio Bertone, si è concluso, ieri sera, il Congresso teologico-pastorale che ha avuto per tema “La famiglia formatrice ai valori umani e cristiani”. Il cardinale ha ripercorso, attualizzandolo, il Magistero della Chiesa, in tema di famiglia, di giustizia e di pace. Ha auspicato che la famiglia delle Nazioni cresca e si sviluppi nel segno della giustizia e della pace: due pilastri, questi, che la sostengono, la fortificano, la rendono testimone. La giornata conclusiva del congresso teologico pastorale ha approfondito il tema della vocazione e della vocazione educatrice della famiglia. A questa vocazione, che si trasforma in missione, hanno collaborato, e collaborano, istituzioni e testimoni di ieri e di oggi che hanno dato la vita per la causa della famiglia. Nella terza tavola rotonda sono stati analizzati i requisiti che deve avere la famiglia per formarsi e per formare: aspetti quindi psicologici, spirituali, morali ed economici. Tanti risvolti di vita quotidiana da tenere sempre presenti nella loro realtà unitiva e nella priorità delle situazioni che si susseguono nella quotidianità della vita. Al tema dell’incontro si è voluto anche dare una significativa visione globale: dall’Africa all’Asia, dall’Europa all’America Latina, dall’Australia agli Stati Uniti e al Canada. Tanti i volti ed i risvolti internazionali legati alla storia, alla pietà popolare, alla cultura, alla trasmissione della fede e dei valori. La famiglia dei popoli che si è ritrovata a Città del Messico ha voluto con questo Congresso teologico-pastorale, analizzare il passato, approfondire il presente e cercare di programmare il proprio futuro.

Accordo tra la Santa Sede e il portale 'Google': canale web con i discorsi e le immagini del Papa

La Santa Sede ha stretto accordi di collaborazione con Google per favorire la fruizione diretta delle parole e delle immagini del Papa su Internet. Il contenuto di tali accordi sarà illustrato venerdì durante la conferenza stampa per la presentazione del messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, alla quale prenderà parte anche Henrique de Castro, managing director media solutions di Google. Secondo quanto si è appreso, la collaborazione con Google dovrebbe prevedere due aspetti: l'allestimento di un vero e proprio canale con brevi filmati e news curati dal Centro Televisivo Vaticano e la possibilità di reperire direttamente su Google tutti i testi dei discorsi e dei documenti in modo ordinato. Oggi invece la ricerca delle parole "Papa" e "Vaticano" sul più importante motore di ricerca del mondo offrono rispettivamente 102 milioni e 14 milioni 900 mila link, e nel primo caso in vetta c'e' Wikipedia. Il bilancio dei rapporti fra i media e Benedetto XVI è fino ad oggi "fortemente negativo", come afferma il Papa Ratzinger blog che monitora quotidianamente quanto viene scritto sul Pontefice.

Il Papa seguirà in tv l'insediamento del Presidente americano Obama. I timori e le aspettative della Santa Sede e dei vescovi americani

Secondo quando riporta l'ADNKRONOS, anche in Vaticano, dalla Segreteria di Stato all'appartamento del Papa ai diversi dicasteri della Curia, si seguirà in televisione con molta attenzione la cerimonia d'insediamento di martedì prossimo del nuovo Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. La diretta televisiva del giuramento di Obama avverrà verso le 12.30 ora locale, 18.30 ora italiana. Per quella ora gli apparecchi televisivi della Santa Sede saranno sintonizzati sulla cerimonia in corso a Washington, anche perchè per l'occasione Barack Obama pronuncerà il suo primo discorso da Presidente degli Stati Uniti. E sono molti, Oltretevere, i timori e le aspettative per questo nuovo inquilino della Casa Bianca, il primo presidente di colore americano. Il Papa, all'indomani della sua elezione, aveva definito in un telegramma inviato al nuovo Presidente, il voto che aveva portato Obama alla Casa Bianca, come ''un'occasione storica''. Quindi aveva ricordato le sue ''alte responsabilità al servizio della nazione e nella comunita' internazionale''. Benedetto XVI, in quel primo messaggio, aggiungeva inoltre: ''Possano le abbondanti benedizioni del Signore sostenere lei e l'amato popolo americano nei vostri sforzi, insieme a tutti gli uomini e alle donne di buona volontà, per costruire un mondo di pace, solidarieta' e giustizia''. Già il fatto che il telegramma del Papa veniva inviato e diffuso subito dopo l'elezione era un fatto nuovo: normalmente infatti la Santa Sede rendeva noto un telegramma di felicitazioni proprio in occasione della cerimonia d'insediamento. La rottura della tradizione era indice di quanto anche nei Sacri Palazzi si considerasse eccezionale l'evento del primo presidente di colore alla Casa Bianca. I vescovi americani, da parte loro, nei giorni scorsi - attraverso il presidente della Conferenza episcopale Usa, il card. Francis George arcivescovo o di Chicago - hanno scritto una lettera aperta al nuovo Presidente e al nuovo Congresso degli Stati Uniti nella quale si chiedono impegni precisi su temi quali la pace in Medio Oriente, la grave crisi economica che colpisce la fasce deboli della popolazione, il rispetto della vita. I vescovi chiedono ancora una nuova politica dell'immigrazione che non colpisca le popolazioni che arrivano dal centro e sud american negli Stati Uniti; inoltre a Obama in modo specifico si domanda una politica che non persegua politiche favorevoli all'aborto. Molte sono dunque le attese della Chiesa americana e della Santa Sede per quanto dirà il nuovo presidente, anche perchè nei Sacri Palazzi non si sottovaluta un dato rilevante delle ultime elezioni americane: la maggioranza degli elettori cattolici ha votato per Barack Obama.

Il card. Cordes dal 19 al 14 gennaio nelle Filippine per riflettere sulla 'Deus Caritas est" di Benedetto XVI

Missione del card. Paul Josef Cordes (nella foto con Benedetto XVI), Presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, nelle Filippine. Su invito della Catholic Bishops Conference of the Philippines, infatti, il porporato si recherà nelle Filippine dal 19 al 24 gennaio prossimi in occasione dell'assemblea plenaria dei presuli filippini, che si terrà a Manila. Il card. Cordes - informa una nota della Sala Stampa della Santa Sede - rifletterà con i vescovi sugli elementi teologici evidenziati dalla prima Enciclica di Papa Benedetto XVI, "Deus Caritas est", anche per acquisire, a partire dall'attività delle chiese particolari, elementi utili alle responsabilità che ha il Pontificio Consiglio a livello mondiale. I cattolici filippini costituiscono circa il 90% della popolazione, la percentuale più alta in tutta l'Asia. Nel corso della visita - prosegue il comunicato - il card. Cordes terrà incontri e conferenze sulla carità davanti a sacerdoti, seminaristi, dirigenti ed operatori di organismi caritativi e gruppi di laici. Incontrerà anche il presidente delle Filippine e riceverà inoltre una laurea honoris causa della 'Pontifical and Royal University of Santo Tomas' di Manila, la più antica Università dell'Asia e uno dei più grandi atenei cattolici nel mondo.

Il Papa nomina il card. Herranz suo inviato alle celebrazioni per il 1.750° anniversario del martirio di San Fruttuoso, di Sant’Augurio e Sant’Eulogio

Sarà il card. Julián Herranz (foto), Presidente emerito del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, a presiedere il 24 e 25 gennaio, a Tarragona, in Spagna, le solenni celebrazioni per il 1.750° anniversario del martirio del vescovo San Fruttuoso e dei diaconi Sant’Augurio e Sant’Eulogio. Il porporato è stato nominato dal Papa come proprio inviato speciale in una lettera resa pubblica il 22 novembre scorso. Nella sua missiva Benedetto XVI ricorda il supplizio subito da questi testimoni della fede - noti come “Protomartiri ispanici” - che furono arsi nell’Anfiteatro di Tarragona, il 21 gennaio dell’anno 259, vittime della persecuzione contro i cristiani decretata dagli imperatori Valeriano e Gallieno. Chiedendo intercessione ai santi Fruttuoso, Augurio ed Eulogio, il Papa manifesta la sua vicinanza ai fedeli che celebreranno la ricorrenza del loro martirio, ricordando, in particolare, le parole che il vescovo Fruttuoso pronunciò prima della morte e che sono ritenute il suo testamento spirituale: “E’ necessario pregare per la Chiesa estesa da Oriente a Occidente”. La città di Tarragona, per ricordare i suoi patroni, ha inaugurato il 20 gennaio 2008 un “Anno Giubilare”, dando vita a diversi eventi. In occasione delle prossime celebrazioni, impartendo la sua benedizione apostolica, Benedetto XVI invita i fedeli ad imitare le virtù dei protomartiri ispanici che si distinsero per la loro condotta onesta, per la carità mostrata durante la loro vita e l’intrepida fedeltà alla fede cristiana: “furono uomini virtuosi – ha concluso il Papa citando il Siracide - i cui meriti non sono stati dimenticati”.

VI Incontro Mondiale delle Famiglie. Il card. Bertone ai vescovi messicani: il matrimonio è l’ambito naturale in cui accogliere la vita umana

Il vincolo del dono sponsale, fatto di tenerezza, rispetto e dedizione responsabile, "è l'ambito naturale in cui la vita umana e' concepita, accolta e protetta". Per questo, adoperarsi per il bene della famiglia, "nata dal matrimonio tra un uomo e una donna", significa lottare "per il bene dell'essere umano e della società": lo ha detto il card. Tarcisio Bertone (nella foto con Benedetto XVI), segretario di Stato vaticano, ai vescovi messicani, incontrati ieri a margine del VI Incontro Mondiale delle Famiglie. "I coniugi cristiani sono chiamati - ha ricordato il porporato, braccio destro del Papa - a rendere una speciale testimonianza della santita' del matrimonio e anche della sua importanza nella società. Sono loro a poter mostrare meglio dinanzi agli altri la bellezza del disegno di Dio sull'amore umano, il matrimonio e la famiglia. Quest'ultima, fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna, è la base e la cellula primaria della societa' umana".

La nuova persecuzione dei cristiani. Riscatto bloccato dal governo kenyano per le suore rapite. Ieri ucciso a Nairobi un missionario italiano

Il riscatto da pagare per la liberazione di Maria Teresa Oliviero e Caterina Giraudo (foto), le due suore italiane rapite nel novembre scorso in Kenya da una banda di miliziani somali, sarebbe stato bloccato dal governo di Nairobi che non vuole che il denaro raggiunga la Jabhad al Islamiya, considerata un'organizzazione terroristica: è quanto scrive il Corriere della Sera. L'entità del riscatto è stata fissata: si tratterebbe di una somma vicina ai due milioni di dollari, oltre ad aiuti da destinare alla popolazione: ma rimangono da sistemare alcuni "dettagli essenziali", quali appunto la cooperazione del governo kenyano e quali debbano essere i contributi al pagamento da parte dello Stato italiano e del Vaticano.
Intanto, un missionario italiano è stato ucciso in Kenya ieri mattina in un tentativo di rapina. Si tratta di padre Giuseppe Bertaina, missionario della Consolata, 82 anni, colpito a morte mentre si trovava nel suo ufficio di amministratore dell’istituto “Philosophicum” di Langata, a 21 chilometri dal centro di Nairobi. Tra le 11 e le 12 (tra le 9 e le 10 ora italiana) - ha raccontato al telefono il suo confratello, padre Gigi Anatolini - due ladri vestiti bene sono entrati nell’istituto filosofico gestito dai missionari della Consolata confondendosi tra gli studenti e arrivando all’ufficio di padre Bertaina. «Essendo l’inizio del trimestre, probabilmente pensavano di trovare i soldi delle rette. In realtà non c’era nulla perché ormai non si paga più in contanti», spiega padre Anatolini. Il corpo è stato rinvenuto da uno studente che è entrato nell’ufficio intorno a mezzogiorno: padre Bertaina era riverso a terra, con il volto insanguinato, i segni di un pestaggio, e dei sacchetti di plastica in bocca. Uno dei presunti assassini del missionario italiano ucciso oggi a Nairobi sarebbe un ex seminarista dell'Istituto dove è avvenuto l'omicidio. Lo riferisce l'Agenzia Misna, citando fonti ben informate e spiegando che quindi "avrebbe già un nome e un cognome uno dei due uomini sospettati". Il giovane studente che ha scoperto il cadavere di padre Bertaina avrebbe infatti riconosciuto - spiega la Misna - in uno dei presunti assassini un suo ex-compagno di seminario che era stato allontanato dalla scuola. "Il giovane stava andando da padre Bertaina per ritirare alcuni documenti. Prima di bussare si è accorto che in ufficio col missionario c'erano altre persone e ha aspettato. Poco dopo due uomini e una donna sono usciti dalla stanza. Lui ne ha salutato uno, un suo ex-compagno di classe che era stato cacciato dalla scuola. Entrando nella stanza poi ha trovato il cadavere di padre Bertaina e ha dato l'allarme", racconta la fonte della Misna spiegando che i guardiani sono invece riusciti a fermare la donna che, consegnata alla polizia, aveva con sè alcuni libretti degli assegni di padre Bertaina. Padre Bertaina era nato nel 1927 a Madonna dell’Olmo, in provincia di Cuneo. Ordinato sacerdote nel 1951, da allora è sempre stato in Africa come insegnante, girando diverse missioni. Ha insegnato perciò a generazioni di africani finché venti anni fa è stato tra i fondatori dell’Istituto Philosophicum a Langata, dove studiano filosofia i seminaristi di diversi istituti religiosi, ma anche suore e fratelli. Al Philosophicum, che sorge nelle vicinanze dell’Università Cattolica, attualmente vi sono iscritti circa 300 studenti.

Papa Benedetto invia aiuti umanitari al parroco e alle suore presenti nella Striscia di Gaza. L'appello di padre Musallam

Papa Benedetto XVI ha inviato a padre Manuel Musallam, parroco della Chiesa della Santa Famiglia a Gaza, alle Missionarie della Carità e ad altre Congregazione religiose, che sono al servizio delle persone più vulnerabili nella terra natale di Gesù un "segno personale e concreto per aiutare e sostenere la piccola ma fervente presenza cattolica a Gaza". Lo annuncia un comunicato del Pontificio consiglio "Cor unum", il dicastero della Santa Sede che ha il compito di realizzare le iniziative caritative del Pontefice. Benedetto XVI, si legge nel comunicato, "ha espresso più volte la Sua vicinanza ai nostri fratelli e sorelle che abitano nella Striscia di Gaza".
''Noi speriamo che il Papa, insieme a tutti i cristiani del mondo, riesca a fermare questa guerra. Il Papa l'ha chiesto; ora noi ci rivolgiamo a lui, come i suoi figli, e gli chiediamo di dire al mondo che questa guerra e' illegale, non e' una guerra giusta questa contro i palestinesi, e questa guerra deve essere fermata''. Lo afferma ai microfoni della Radio Vaticana padre Manuel Musallam, parroco della Chiesa della Santa Famiglia a Gaza, per il quale ''le comunita' cristiane, le nazioni cristiane devono impedire questo massacro che si sta perpetrando a Gaza. Noi siamo terrorizzati, siamo privati di tutto, stiamo morendo, tremiamo di paura''. ''Qui a Gaza - sottolinea il religioso palestinese - stiamo vivendo la guerra, e con la guerra, la sofferenza. Abbiamo scoperto anche una nuova sofferenza: la sofferenza dopo la guerra. Oggi scopriamo che centinaia di famiglie non hanno piu' speranza: la casa distrutta, la terra distrutta, ora la gente scappa qua e la', e a Gaza non trovano riparo. Stiamo predicando la speranza contro ogni speranza. In questo tempo di disperazione, noi cerchiamo di dire una parola di speranza''.

COMUNICATO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO COR UNUM

Oggi la Giornata del dialogo ebraico-cristiano ma senza i rabbini. Che si dividono sul rapporto con la Chiesa

Una Giornata del dialogo ebraico-cristiano verrà celebrata oggi in tutta Italia senza gli ebrei. La singolare situazione si è venuta a creare quando la comunità ebraica ha dato forfait per protestare con la preghiera del Venerdì Santo, un'invocazione che, nonostante la riformulazione voluta dal Papa proprio per andare incontro alla sensibilità ebraica, è finita, invece, col riattizzare le tensioni. L'ultima fiammata di polemica è scaturita da un intervento del rabbino di Venezia pubblicato questa settimana dal mensile dei gesuiti Popoli. "E' vero, non sta agli ebrei insegnare ai cristiani come devono pregare o che cosa devono pensare, e nessuno fra gli ebrei o i rabbini italiani pretende di farlo", ha scritto Elia Enrico Richetti. "Ma è chiaro che dialogare vuol dire rispettare ognuno il diritto dell'altro ad essere se stesso, cogliere la possibilità di imparare qualcosa dalla sensibilità dell'altro, qualcosa che mi può arricchire". Poi l'affondo contro la recente affermazione di Papa Ratzinger circa l'impossibilità del dialogo interreligioso in senso stretto: "Stiamo andando verso la cancellazione degli ultimi cinquant'anni di storia della Chiesa". Immediata, ma molto cauta, è stata la reazione della Chiesa Cattolica che - per bocca dei responsabili della CEI e del Vaticano per i rapporti con l'ebraismo, mons. Vincenzo Paglia e card. Walter Kasper - ha gettato acqua sul fuoco. Sulla stessa linea L'Osservatore Romano che, proprio ieri, ha spiegato che "Benedetto XVI nell'anno 2008 si è dedicato in modo particolare al dialogo con l'ebraismo, tanto più che si tratta per lui di una istanza del cuore".
Anche all'interno del collegio rabbinico - e, più in generale, della galassia ebraica italiana - le valutazioni sono in realtà le più disparate. Certo, unanime è stato il malumore nei confronti della preghiera del Venerdì Santo tornata in uso con il Messale preconciliare liberalizzato da Papa Joseph Ratzinger. Già Giovanni XXIII, nel 1959, aveva 'ammorbidito' la preghiera, eliminando il riferimento alla "perfidia" giudaica. Ma nella preghiera erano rimasti riferimenti all'"accecamento" e alle "tenebre" del popolo ebraico, che il Pontefice ha voluto depennare. La nuova formula di preghiera per gli ebrei, introdotta a febbraio dell'anno scorso, invoca comunque Dio perché "illumini" i cuori degli ebrei "perché riconoscano Gesù Cristo Salvatore di tutti gli uomini". Un auspicio considerato dagli ebrei indebito proselitismo, nonostante il Vaticano abbia spiegato che si tratta di una preghiera "escatologica" che esclude il proselitismo e affida a Dio il cuore dei 'fratelli maggiori'. Su questo sfondo, però, le analisi differiscono. Lo dimostra, ad esempio, il fatto che il presidente dell'assemblea rabbinica, Giuseppe Laras, aveva usato toni meno duri del 'j'accuse' del rabbino di Venezia al momento di annunciare la sospensione della giornata ebraico-cristiana. E il rabbino di Roma Riccardo Di Segni si è sentito in dovere di intervenire, a sua volta, per puntualizzare che Benedetto XVI dà "un suo originale e determinante contributo" all'incontro ebraico-cristiano, "anche se le sue posizioni non sempre sono condivisibili dal nostro punto di vista". Lo stesso Di Segni parteciperà, questa sera, quando finisce lo shabbat, ad un incontro con il fondatore della "Comunità di Sant'Egidio" Andrea Riccardi che rappresenta forse l'unico appuntamento congiunto della giornata di domani.
E se sfaccettate sono le posizioni all'interno dell'ebraismo e del cattolicesimo, ancor più complesse sono le questioni che si intrecciano nel rapporto tra ebrei e cattolici: dalle difficoltà di ordine teologico emerse nella vicenda dela preghiera del Venerdì Santo alle questioni politiche come le recenti frizioni tra Israele e Vaticano sulla striscia di Gaza, dai nodi del passato (quale la beatificazione di Pio XII) e del presente (ad esempio, il pendente negoziato bilaterale sullo statuto giuridico e patrimoniale della Chiesa cattolica in Terra Santa).
"Per molti forse basti che una dichiarazione, sia pure la più inverosimile, sia attribuita ad un rabbino, perché pensino che debba esprimere la mente dell'intero mondo ebraico", commenta sul portale
www.terrasanta.it il francescano di origini ebraiche David M. Jaeger, figura-chiave nei negoziati bilaterali tra Santa Sede e governo israeliano. "La verità non potrebbe essere più diversa. L'ebraismo non ha una gerarchia, e i rabbini non sono né sacerdoti né, molto meno, vescovi, ma sono piuttosto periti e docenti della Torah e delle leggi religiose, autorevolissimi certo all'interno di questa sfera, ma quando si esprimono su altre materie, non manifestano che i loro giudizi personali, da rispettare certamente sempre, ma non da ritenere proclami che impegnano l'intera collettività, e meno ancora collettività diverse da quelle rispettivamente da loro servite". Oggi, comunque, nessun rabbino sarà presente agli incontri cattolici. E non perché è shabbat, giorno di inattività dell'ebraismo.