mercoledì 17 ottobre 2012

Il 17 ottobre 1912 nasceva Giovanni Paolo I: il Signore ha attuato anche con me un suo vecchio sistema, certe cose, scriverle non sul bronzo o sul marmo, ma sulla polvere, affinché, se la scrittura resta risulti chiaro che il merito è tutto e solo di Dio

Il 17 ottobre 1912, esattamente cent’anni fa, nell’unica stanza un po’ riscaldata della casa in vicolo Rividella 8, a Forno di Canale (oggi Canale d’Agordo), nasceva Albino Luciani. Riporto ancora una volta le parole che usò mons. Luciani nell’omelia d’ingresso nella diocesi di Vittorio Veneto, alla guida della quale lo aveva chiamato, alla fine del 1958, il Beato Giovanni XXIII: "Appena designato vostro vescovo, ho pensato che il Signore venisse attuando anche con me un suo vecchio sistema: certe cose, scriverle non sul bronzo o sul marmo, ma addirittura sulla polvere, affinché, se la scrittura resta, non scompaginata o dispersa dal vento, risulti chiaro che il merito è tutto e solo di Dio. Io sono la polvere; la insigne dignità episcopale e la diocesi di Vittorio Veneto sono le belle cose che Dio si è degnato scrivere su me; se un po’ di bene verrà fuori da questa scrittura, è chiaro fin da adesso che sarà tutto merito della grazia e della misericordia del Signore. Ho anche pensato ad un’altra legge divina: che non si può fare del bene alle anime, se prima non si vuole loro bene. È per questo che San Pio X, entrando novello patriarca a Venezia, diceva al suo popolo: 'Che sarebbe di me, se non vi amassi?'. Miei cari sacerdoti, miei fedeli, io sarei un vescovo veramente sfortunato, se non vi volessi bene. Posso invece assicurarvi che vi amo, che desidero solo entrare al vostro servizio e mettere a disposizione di tutti le mie povere forze, quel poco che ho e che sono". Cent’anni dopo la nascita, e 34 anni dopo la nascita al cielo del Papa Giovanni Paolo I, la causa di Beatificazione procede speditamente: proprio oggi parte della “Positio”, i volumi che raccolgono le testimonianze del processo canonico, viene consegnata alla Congregazione per le cause dei Santi.

Andrea Tornielli, Sacri Palazzi

Il programma per i 100 anni della nascita di Papa Luciani

Dal Covolo: Luciani, modello del buon pastore

Card. Bertone: il Papa ha deciso di convocare a Roma a giugno tutti i nunzi, i delegati apostolici e gli osservatori permanenti per un incontro di riflessione, a più di dieci anni da quello tenuto durante il Giubileo del 2000

Il Papa ha deciso di convocare a Roma, nel prossimo mese di giugno, tutti i nunzi, i delegati apostolici e gli Osservatori permanenti della Santa Sede, per “un incontro di riflessione” che fa seguito a quello analogo tenuto durante il Giubileo del 2000. Ad annunciarlo ai Padri sinodali è stato questa mattina il Segretario di Stato, card. Tarcisio Bertone (nella foto con Benedetto XVI), durante la quindicesima Congregazione generale. Nel suo intervento, il cardinale si è soffermato sul “contributo che intendono offrire alla trasmissione della fede in contesto di nuova evangelizzazione i rappresentanti pontifici e l’insieme delle strutture della Santa Sede che ne coordina la missione”, definendolo “un servizio propedeutico alla missione della Chiesa, ma quanto mai necessario” anche oggi, mentre “si registrano ancora, in non poche regioni del mondo, restrizioni talora gravi al libero esercizio della missione della Chiesa”. “Garantire il diritto di cittadinanza per la Chiesa, per le istituzioni e per la visione cristiana dell’uomo, oggi minacciata in alcuni elementi di fondo dalla cosiddetta cultura dominante”: così il segretario di Stato ha sintetizzato il ruolo della diplomazia vaticana, che vuole “favorire la comunione tra i membri del Collegio episcopale e il Romano Pontefice” e “permette alle sensibilità diverse di tradursi in ricchezze e non in antagonismi”. "Il ministero dei Rappresentanti Pontifici - ha detto Bertone - vive nella storia, cammina con la Chiesa e ha sempre bisogno di rinnovarsi e perfezionarsi per essere all'altezza delle esigenze dei tempi. Per tale motivo il Santo Padre ha deciso di convocare a Roma nel prossimo mese di giugno, tutti i nunzi, i delegati apostolici e gli osservatori permanenti per un incontro di riflessione, che fa seguito a quello tenuto ormai più di dieci anni fa in occasione del Grande Giubileo del 2000. Sarà un'opportunità per uno scambio di esperienze e per approfondire il senso della missione dei Rappresentanti Pontifici nelle circostanze odierne. Sono certo - ha concluso il segretario di Stato vaticano rivolgendosi ai Padri sinodali - di contare per questo anche sulla vostra preghiera".

SIR, TMNews

Intervento del card. Tarcisio BERTONE, Segretario di Stato

Quindicesima Congregazione generale. La nuova evangelizzazione trova un suo ulteriore punto di forza nel rinnovamento dei rapporti tra vescovi e consacrati. La parrocchia, i movimenti ecclesiali e l'annuncio del Vangelo in contresti difficili

Nella mattinata di oggi, memoria di Sant'Ignazio di Antiochia, vescovo e martire, alle 9.00, con il canto dell’Ora Terza, ha avuto inizio la quindicesima Congregazione generale per la continuazione degli interventi in Aula dei Padri Sinodali sul tema "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana". Presidente Delegato di turno il card. Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa. Sono intervenuti anche alcuni Uditori e Uditrici. A questa Congregazione generale, che si è conclusa alle 12.35 con la preghiera dell'Angelus Domini, erano presenti 253 Padri.
Tra gli interventi di questa prima fase della Congregazione il card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, si eèsoffermato sui tanti inviti al rinnovamento della Chiesa ripetuti in queste giornate sinodali. Un rinnovamento, ha precisato, che deve riguardare tutti, anche i membri della vita consacrata. "Nelle relazioni tra gerarchia e vita consacrata - ha notato - sono sorti non pochi disagi: talora per una certa ignoranza dei carismi e del loro ruolo nella missione e nella comunione ecclesiale; tra l'altra per l'inclinazione di alcuni consacrati alla contestazione del magistero". La nuova evangelizzazione invece può trovare un suo ulteriore punto di forza nel rinnovamento dei rapporti tra vescovi e consacrati. Altro argomento spesso al centro del dibattito sinodale e la parrocchia. Questa mattina ne ha parlato il card. Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma. Ne ha sottolineato il ruolo fondamentale soprattutto nel contesto attuale ma ha denunciato una certa fatica ad aprirsi con più decisione verso una pastorale di evangelizzazione. "Una conversione pastorale di questo tipo è più che mai necessaria, ma - ha anche riconosciuto - non è semplice da realizzare". Ha quindi indicato alcune linee operative. Di evangelizzazione in contesti difficili si e parlato a lungo nella seconda parte della mattinata. Sono stati fatti alcuni esempi specifici: dalla Guinea, da cui nel 1967 furono cacciati tutti i missionari, all'Egitto, dove, come ha ricordato mons. Kyrillos William, vescovo di Assiut dei copti, nonostante la progressiva islamizzazione dello Stato "la presenza dei seguaci di Gesù va molto al di là delle dimensioni della comunità, con 170 scuole, frequentate spesso da allievi musulmani, e moltissimi ospedali e dispensari presenti su tutto il territorio". Un richiamo all'umiltà è venuto da mons. Soane Patita Paini Mafi, vescovo di Tonga. Tutti i cristiani, ha detto in sostanza il presule, non devono dimenticare la semplicità, e non devono farsi travolgere dal desiderio di essere famosi, conosciuti e rispettati, seguendo così la mentalità del "divo" prevalente nella nostra epoca: "In questo Gesù ci deve essere da modello, perchè tra i suoi era noto come 'il figlio del carpentiere'". Dello stesso tenore l'intervento di mons. Petro Herkulan Malchuk, arcivescovo-vescovo della diocesi ucraina di Kyiv-Zhytomyr. Ha parlato di una fede che sta fiorendo in Ucraina. "Se vuoi correre - ha detto tra l'faltro citando un proverbio locale - devi sapere due cose: perchè corri e dove devi andare"; per l'evangelizzazione, ha sottolineato il vescovo, è importante soprattutto capire la posta in gioco e il valore del dono ricevuto. Una nuova primavera per una nuova evangelizzazione: è ciò che i carismi, i movimenti ecclesiali e le comunità portano alla Chiesa. Ma essa deve essere incoraggiata ad accogliere tali frutti, discernendoli nel segno della comunione. Il Sinodo dei vescovi ha riflettuto su questo tema facendo anche autocritica: talvolta i sacerdoti sono poco preparati sull’argomento e non vogliono prendersene cura, rivelando una certa stagnazione spirituale. La nuova evangelizzazione, dunque, non li dimentichi e metta a frutto le loro potenzialità. Poi, il Sinodo ha affrontato la questione della crisi economica globale, ostacolo alla nuova evangelizzazione perché costringe l’uomo a soddisfare solo i bisogni vitali, come quello del cibo. Ma in questo modo, hanno detto i presuli, crisi sociale e crisi di fede si equivalgono e l’annuncio del Vangelo viene schiacciato dall’incudine economico. Di qui, il suggerimento di creare una struttura finanziaria basata su esperienze ecclesiali che mettano in atto un’economia di comunione e un credito sociale. Solo così, ha affermato il Sinodo, si otterrà un sistema finanziario immune dai debiti e a servizio dell’uomo. La Chiesa, quindi, deve essere capace di scoprire come affrontare il problema economico in un modo rispettoso dell’ecologia della persona umana. Sulla stessa linea, anche l’invito del Sinodo a migliorare la qualità della vita delle donne e dei bambini, perché la nuova evangelizzazione sarà significativa solo quando terrà conto di tale obiettivo.

L'Osservatore Romano, Radio Vaticana

QUINDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE

Vescovo armeno-cattolico di Aleppo: la visita in Siria di una delegazione del Sinodo motivo di speranza per i cristiani e per tutti gli abitanti. Sia una vera e propria missione di pace, per chiedere la riconciliazione tra le parti che si combattono

“La notizia che una delegazione del Sinodo dei vescovi in corso a Roma verrà in Siria è un motivo di speranza per i cristiani e per tutti gli abitanti della Siria. Tutti ci auguriamo che la visita assuma il profilo di una vera e propria missione di pace, per chiedere la riconciliazione tra le parti che si combattono”. Così dichiara all'agenzia Fides l'arcivescovo di Aleppo degli armeni cattolici, Boutros Marayati. Nella città martire da mesi al centro dei bombardamenti e degli scontri tra esercito governativo e milizie degli insorti, l'eventualità di essere visitati da una delegazione di cardinali e Vvscovi provenienti da Roma rappresenta già di per sé un segno potente: “La visita annunciata fa capire quanto la Santa Sede e i vescovi di tutto il mondo abbiano a cuore le sorti di tutti i popoli del Medio Oriente. Sarebbe bello che venissero a Aleppo. Li aspettiamo. Se vengono a trovarci saremo contenti” commenta mons. Marayati. Secondo il capo della comunità armeno-cattolica di Aleppo, la missione dei Pastori cattolici in Siria può realisticamente aprire uno spiraglio inedito per la soluzione del conflitto siriano, proprio in virtù del suo profilo sui generis: ”Finora - spiega l'arcivescovo Marayati - ci sono state perdite terribili, per tutti. Morti, distruzioni, sfollati, vite in fuga. La storia insegna che a volte i nemici possono trovare un'intesa e col tempo riconciliarsi. Anche in Europa i popoli si sono fatti la guerra, e ora sono amici e collaborano in pace. Ma questo chiede un intermediario che sappia parlare anche al cuore ferito delle persone, non usando solo il linguaggio del calcolo politico. La delegazione del Sinodo può avere questa funzione diplomatica, in senso umano. Testimoniando la passione per la dignità umana condivisa da musulmani, ebrei e cristiani, possiamo provare a salvare gli uomini, le donne e i bambini che qui soffrono e aspettano salvezza, in una situazione che sembra senza via d'uscita”. Riguardo ai motivi che alimentano il conflitto, Boutros Marayati invita a evitare letture superficiali e fuorvianti: “l vescovi - spiega ancora - conoscono bene la situazione. Ormai non è più solo questione di riforme democratiche richieste o osteggiate. In questa situazione disastrosa è entrato di tutto. La situazione è complicata. E tra le altre cose, quello che preoccupa è l'emergere del fanatismo religioso. Quando la religione diventa violenta e si combatte in nome di Dio, viene messa a repentaglio l’intesa con i fratelli delle altre religioni, che qui abbiamo condiviso per tanto tempo. Anche per questo attendo con speranza l'arrivo qui in Siria dei cardinali e dei vescovi provenienti da Roma: tutto quello che si muove in favore del popolo siriano, da qualunque parte venga, sarà benedetto dal Signore”.

Fides
 

Dalla regione tedesca di Borken-Steinfurt, dalla diocesi di Faenza-Modigliana e dalla Nigeria i primi pellegrini dell'Anno della fede all'Udienza generale di Benedetto XVI

I pellegrini dell’Anno della fede stanno arrivando in Piazza San Pietro. Il primo e più numeroso gruppo, 1.200 persone, ad aprire questa particolare stagione di pellegrinaggi all’Udienza generale di questa mattina è giunto dalla regione tedesca di Borken-Steinfurt, nella diocesi di Münster. A guidarlo il vescovo ausiliare Christoph Hegge. Accanto ai fedeli venuti dalla Germania, i ragazzi della diocesi di Faenza-Modigliana che hanno ricevuto la cresima, accompagnati dal loro vescovo Claudio Stagni. Sempre per l’Anno della fede erano presenti all’Udienza anche ottanta cattolici nigeriani. E l’Anno della fede interpella direttamente anche i responsabili dei santuari che, in questi giorni, stanno dando vita all’annuale convegno dell’asso ciazione nazionale che collega appunto i santuari italiani. In Piazza San Pietro in duecento, tra sacerdoti, religiose e collaboratori laici, hanno presentato al Papa "la realtà dei santuari che stanno registrando un aumento di pellegrini e visitatori". L’associazione, nata cinquant’anni fa, lavora in stretto contatto con la Congregazione per il Clero e offre ai rettori un sostegno teologico, spirituale e pastorale che assume un particolare valore proprio nell’ambito delle iniziative per l’Anno della fede. Particolarmente significativa, inoltre, la presenza di settantacinque rappresentanti della Jewish Federation of North America, venuti a Roma "per esprimere al Papa gratitudine per la sua amicizia con il popolo ebraico, a quarantasette anni dalla dichiarazione 'Nostra aetate' del Concilio Vaticano II". Sono state due donne a salutare il Pontefice a nome del gruppo. Un contributo al dialogo tra le religioni è venuto anche dalla testimonianza del gruppo composto da cattolici e musulmani australiani di Broken Bay. Tra i presenti, inoltre, i componenti della scuola di danza tradizionale hawaiana KeakìIkà Apunihonua Kèena A’O Hula, a Roma per partecipare alla cerimonia di canonizzazione di domenica prossima; e l’associazione dei parrucchieri e delle estetiste, a cinquant’anni dalla canonizzazione del loro patrono san Martino de Porres.

L'Osservatore Romano

Il Papa: la fede cristiana, operosa nella carità e forte nella speranza, non limita, ma umanizza la vita, anzi la rende pienamente umana. Dobbiamo tornare a Dio, riscoprire il messaggio del Vangelo, farlo entrare in modo più profondo nelle nostre coscienze e nella nostra vita

Udienza generale questa mattina in Piazza San Pietro dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi il Papa ha iniziato un nuovo ciclo dedicato all’Anno della fede "che interrompe - per questo periodo - il ciclo dedicato alla scuola della preghiera". Nell'annunciarlo oggi alle 30mila persone presenti, il Papa ha detto di aver indotto questo Anno "proprio perché la Chiesa rinnovi l'entusiasmo di credere in Gesù Cristo, unico salvatore del mondo, ravvivi la gioia di camminare sulla via che ci ha indicato, e testimoni in modo concreto la forza trasformante della fede". “La ricorrenza dei cinquant’anni dall’apertura del Concilio Vaticano II – ha rilevato - è un’occasione importante per ritornare a Dio, per approfondire e vivere con maggiore coraggio la propria fede, per rafforzare l’appartenenza alla Chiesa, 'maestra di umanità0, che, attraverso l’annuncio della Parola, la celebrazione dei Sacramenti e l’opera della carità ci guida ad incontrare e conoscere Cristo, vero Dio e vero uomo". Per il Papa è un "incontro non con un’idea o con un progetto di vita, ma con una Persona viva che trasforma in profondità noi stessi, rivelandoci la nostra vera identità di figli di Dio. L’incontro con Cristo rinnova i nostri rapporti umani, orientandoli, di giorno in giorno, a maggiore solidarietà e fraternità, nella logica dell’amore. Avere fede nel Signore - ha proseguito il Pontefice - non è un fatto che interessa solamente la nostra intelligenza, l’area del sapere intellettuale, ma è un cambiamento che coinvolge la vita, tutto noi stessi: sentimento, cuore, intelligenza, volontà, corporeità, emozioni, relazioni umane. Con la fede cambia veramente tutto in noi e per noi, e si rivela con chiarezza il nostro destino futuro, la verità della nostra vocazione dentro la storia, il senso della vita, il gusto di essere pellegrini verso la Patria celeste”. Quindi Benedetto XVI si è chiesto: “La fede è veramente la forza trasformante nella nostra vita, nella mia vita? Oppure è solo uno degli elementi che fanno parte dell’esistenza, senza essere quello determinante che la coinvolge totalmente?" Con le catechesi dell’Anno della fede il Papa propone "un cammino per rafforzare o ritrovare la gioia della fede, comprendendo che essa non è qualcosa di estraneo, di staccato dalla vita concreta, ma ne è l’anima. La fede in un Dio che è amore, e che si è fatto vicino all’uomo incarnandosi e donando se stesso sulla croce per salvarci e riaprirci le porte del Cielo, indica in modo luminoso che solo nell’amore consiste la pienezza dell’uomo". E "mentre le trasformazioni culturali in atto mostrano spesso tante forme di barbarie, che passano sotto il segno di 'conquiste di civiltà': la fede afferma che non c'è vera umanità se non nei luoghi, nei gesti, nei tempi e nelle forme in cui l'uomo è animato dall'amore che viene da Dio, si esprime come dono, si manifesta in relazioni ricche di amore, di compassione, di attenzione e di servizio disinteressato verso l'altro. Dove c'è dominio, possesso, sfruttamento, mercificazione dell'altro per il proprio egoismo, dove c'è l'arroganza dell'io chiuso in se stesso, l'uomo viene impoverito, degradato, sfigurato. La fede cristiana, operosa nella carità e forte nella speranza, non limita, ma umanizza la vita, anzi la rende pienamente umana". “La fede – ha proseguito - è accogliere questo messaggio trasformante nella nostra vita, è accogliere la rivelazione di Dio, che ci fa conoscere chi Egli è, come agisce, quali sono i suoi progetti per noi". "Il mistero di Dio resta sempre oltre i nostri concetti e la nostra ragione, i nostri riti e le nostre preghiere. Tuttavia, con la rivelazione è Dio stesso che si autocomunica, si racconta, si rende accessibile. E noi siamo resi capaci di ascoltare la sua parola e di ricevere la sua verità": " Dio, nel suo amore, crea in noi - attraverso l’opera dello Spirito Santo - le condizioni adeguate perché possiamo riconoscere la sua Parola. Dio stesso, nella sua volontà di manifestarsi, di entrare in contatto con noi, di farsi presente nella nostra storia, ci rende capaci di ascoltarlo e di accoglierlo". E c’è un modo perché questa riscoperta di Gesù e del Vangelo possa realizzarsi. Il Papa l'ha chiamata la “formula essenziale della fede”, dove le verità trasmesse sono presenti una ad una, il Credo: “Anche oggi abbiamo bisogno che il Credo sia meglio conosciuto, compreso e pregato. Soprattutto è importante che il Credo venga, per così dire, 'riconosciuto'. Conoscere, infatti, potrebbe essere un’operazione soltanto intellettuale, mentre 'riconoscere' vuole significare la necessità di scoprire il legame profondo tra le verità che professiamo nel Credo e la nostra esistenza quotidiana,  perché queste verità siano veramente e concretamente - come sempre sono state - luce per i passi del nostro vivere, acqua che irrora le arsure del nostro cammino, vita che vince certi deserti della vita contemporanea. Nel Credo si innesta la vita morale del cristiano, che in esso trova il suo fondamento e la sua giustificazione”. E sul Credo non a caso è stato impostato il Catechismo della Chiesa Cattolica, di cui quest’anno ricorre il ventennale. “Si è trattato – ha spiegato - di confermare e custodire questo nucleo centrale delle verità della fede, rendendolo in un linguaggio più intellegibile agli uomini del nostro tempo, a noi”. Perché “è un dovere della Chiesa trasmettere la fede, comunicare il Vangelo, affinché le verità cristiane siano luce nelle nuove trasformazioni culturali, e i cristiani siano capaci di rendere ragione della speranza che portano”. Nel mondo di oggi, "i processi della secolarizzazione e di una diffusa mentalità nichilista, in cui tutto è relativo, hanno segnato fortemente la mentalità comune. Così, la vita è vissuta spesso con leggerezza, senza ideali chiari e speranze solide, all'interno di legami sociali e familiari liquidi, provvisori. Soprattutto le nuove generazioni non vengono educate alla ricerca della verità e del senso profondo dell'esistenza che superi il contingente, alla stabilità degli affetti, alla fiducia. Al contrario, il relativismo porta a non avere punti fermi, sospetto e volubilità provocano rotture nei rapporti umani, mentre la vita è vissuta dentro esperimenti che durano poco, senza assunzione di responsabilità. Se l'individualismo e il relativismo sembrano dominare l'animo di molti contemporanei, non si può dire che i credenti restino totalmente immuni da questi pericoli, con cui siamo confrontati nella trasmissione della fede". Un’indagine promossa nei continenti in vista del Sinodo sulla nuova evangelizzazione rivela, ha evidenziato, che spesso la “fede è vissuta in modo passivo e privato”, che esiste un “rifiuto all’educazione alla fede” e, in definitiva, “una frattura tra fede e vita”. “Il cristiano oggi spesso non conosce neppure il nucleo centrale della propria fede cattolica, del Credo, così da lasciare spazio ad un certo sincretismo e relativismo religioso, senza chiarezza sulle verità da credere e sulla singolarità salvifica del cristianesimo. Non è così lontano oggi il rischio di costruirsi, per così dire, una religione del ‘fai-da-te’. Dobbiamo, invece, tornare a Dio, al Dio di Gesù Cristo, dobbiamo riscoprire il messaggio del Vangelo, farlo entrare in modo più profondo nelle nostre coscienze e nella nostra vita quotidiana”. Con questo ciclo di catechesi, Benedetto XVI intende offrire un aiuto "per riprendere e approfondire le verità centrali della fede su Dio, sull’uomo, sulla Chiesa, su tutta la realtà sociale e cosmica, meditando e riflettendo sulle affermazioni del Credo".
Al termine dell’Udienza generale, dopo aver salutato in varie lingue tra cui l’arabo i gruppi presenti in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha ricordato l’odierna Giornata Mondiale del Rifiuto della miseria, indetta dall’Onu, esortando a “preservare la dignità e i diritti di quanti sono condannati a subire il flagello della miseria, contro il quale – ha detto –l’umanità deve lottare senza sosta”.

AsiaNews, Radio Vaticana

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa
 

L'incontro tra Benedetto XVI e il metropolita ortodosso Hilarion. La solidarietà del Papa alla Chiesa Ortodossa russa per gli atti di vandalismo nella Cattedrale di Cristo Salvatore

Ieri pomeriggio, dopo la sessione ordinaria del Sinodo dei vescovi, Benedetto XVI ha incontrato il metropolita Hilarion (foto), presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, che aveva appena pronunciato il suo intervento nell’aula sinodale. Il metropolita Hilarion, si legge oggi in un lungo resoconto dell’incontro stilato dal Patriarcato di Mosca, ha portato al Papa i saluti del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill. Nel colloquio con il Pontefice, si sono affrontate “una vasta gamma di questioni”. Il metropolita ha parlato delle attività della Commissione sinodale per la ricerca biblica-teologica che presiede e dell’incontro che nella prima parte della giornata di ieri Hilarion ha avuto con il nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, mons. Gerhard Ludwig Müller, esprimendo “la speranza per lo sviluppo delle relazioni tra la Chiesa Ortodossa russa e la Chiesa  Cattolica romana nel campo delle ricerche teologiche”. Con il Papa, il metropolita Hilarion ha parlato anche della “profanazione dei luoghi sacri cristiani in diversi Paesi” ed ha fatto riferimento in particolare anche agli “atti di vandalismo che hanno avuto luogo presso la Cattedrale di Cristo Salvatore. “Papa Benedetto XVI - prosegue il comunicato del Patriarcato - ha espresso la sua solidarietà alla Chiesa Ortodossa russa sulla questione e la sua sorpresa per la reazione di alcuni dei mezzi di comunicazione a questi eventi”. Un importante argomento di conversazione è stata quindi la persecuzione dei cristiani in diverse parti del mondo. Il metropolita Hilarion ha sottolineato che “la protezione della popolazione cristiana in Medio Oriente e in altri paesi, in cui si trovano ad affrontare discriminazione e violenze, è una preoccupazione comune di ortodossi e cattolici”. Al termine dell’incontro, il metropolita Hilarion ha donato al Papa un’icona ed ha presentato il suo seguito tra cui il segretario dell‘Amministrazione delle parrocchie in Italia del Patriarcato di Mosca ieromonaco Anthony (Sevryuk).

SIR

Il Metropolita Hilarion: incontro col Papa

Gli interventi dell'invitato speciale fr. Alois e dei delegati fraterni al Sinodo: quando professiamo Cristo insieme il Vangelo risplende in modo diverso agli occhi di coloro che hanno difficoltà a credere

La divisione dei cristiani è un ostacolo alla trasmissione della fede”. Attorno a questo concetto, espresso dal priore della Comunità ecumenica di Taizè fr. Alois, sono ruotati ieri gli interventi dei “delegati fraterni”, i rappresentanti cioè delle altre Chiese cristiane che stanno partecipando al Sinodo dei vescovi sull’evangelizzazione. “Quando professiamo Cristo insieme - ha detto fr. Alois - il Vangelo risplende in modo diverso agli occhi di coloro che hanno difficoltà a credere”. Nel suo intervento in aula il metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, ha notato come “le sfide dei cinquant’anni trascorsi dall’inizio del Vaticano II non soltanto non hanno perso la loro importanza, ma sono diventate perfino più acute e minacciose”. Ed ha aggiunto: “Le nostre Chiese sono sempre più consapevoli della necessità di unire i propri sforzi affinché la risposta cristiana alle sfide della società moderna possa essere udita”. La missione evangelizzatrice della Chiesa - ha detto Massis Zobouian del Catholicosato della Grande Casa di Cilicia (Libano) - non è un compito che riguarda la sola Chiesa cattolica. Rappresenta la priorità di tutti i cristiani e un imperativo ecumenico. Le Chiese che rendono testimonianza nelle diverse parti del mondo sono chiamate a dare nuovo impulso all’urgenza cruciale dell’evangelizzazione e a infondere nuovo dinamismo nel loro impegno missionario”. Di “imperativo ecumenico”, ha parlato Timothy George, delegato fraterno in rappresentanza dell’Alleanza Battista Mondiale, perché, ha detto, "l’ecumenismo in sé non è mai un fine, ma è sempre a servizio dell’evangelizzazione”. Sarah F. Davis, vice-presidente del "World Methodist Council", ha detto: “Il mondo è ferito, perso, distratto, smarrito, malato e caduto in disgrazia e ha un disperato bisogno di guarigione, speranza e salvezza. In un tempo come quello presente non c’è altro nome da invocare che quello di Gesù Cristo. E per farlo - ha osservato il vescovo Siluan della diocesi ortodossa romena in Italia - occorrono “apostoli o missionari come furono gli apostoli di Cristo”. Ed ha aggiunto: “La santità è l’antidoto alla secolarizzazione”.

SIR

AUDITIO DELEGATORUM FRATERNORUM (IV)

INTERVENTO DELL’INVITATO SPECIALE, FR. ALOIS, PRIORE DELLA COMUNITÀ ECUMENICA DI TAIZÉ

Card. Bertone: non possiamo essere semplici spettatori di una tragedia come quella che si sta consumando in Siria, il Papa invia una delegazione per esprimere solidarietà, vicinanza e incoraggiamento a un accordo rispettoso dei diritti e doveri di tutti

“Non possiamo essere semplici spettatori di una tragedia come quella che si sta consumando in Siria: alcuni interventi sentiti in aula ne sono la prova”. Lo ha detto il card. Tarcisio Bertone (nella foto con Benedetto XVI), segretario di Stato vaticano, intervenendo ieri pomeriggio all'inizio della 14° Congregazione generale del Sinodo dei vescovi. “Convinti che la soluzione della crisi non può essere che politica e pensando alle immani sofferenze della popolazione, alla sorte degli sfollati nonché al futuro di quella nazione, alcuni di noi - ha detto il card. Bertone - hanno suggerito che la nostra assemblea sinodale possa esprimere la sua solidarietà. Il Santo Padre ha così disposto che una delegazione si rechi nei prossimi giorni a Damasco con lo scopo di esprimere, a nome suo e di tutti noi: la nostra fraterna solidarietà a tutta la popolazione, con un’offerta personale dei Padri sinodali, oltre che della Santa Sede; la nostra vicinanza spirituale ai nostri fratelli e sorelle cristiani; i nostri incoraggiamenti a quanti sono impegnati nella ricerca di un accordo rispettoso dei diritti e dei doveri di tutti, con una particolare attenzione a quanto previsto dal diritto umanitario”. “Della delegazione - ha fatto sapere il card. Bertone - fanno parte: il card. Laurent Mosengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa; il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso; il card. Timothy Dolan, arcivescovo di New York; mons. Fabio Suescun Mutis, ordinario militare in Colombia; mons. Joseph Nguyen Nang, vescovo di Phat Diem", e "mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato; mons. Alberto Ortega, officiale della Segreteria di Stato. Si presume che esperite le formalità necessarie con il nunzio apostolico e con le autorità locali, la delegazione si recherà a Damasco la settimana prossima. Nel frattempo preghiamo perché prevalgano la ragione e la compassione”.

SIR

INTERVENTO DEL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO: ANNUNCIO DELEGAZIONE IN SIRIA

Quattordicesima Congregazione generale. Bagnasco: aver bisogno non è una debolezza ma un valore. Bode: maggiore responsabilità dei laici. Erdö:annuncio anche attraverso il dialogo con la scienza

Ieri pomeriggio, alle 16.30, alla presenza del Santo Padre, con la preghiera "Pro felici Synodi exitu", ha avuto inizio la quattordicesima Congregazione generale per la continuazione degli interventi in Aula dei Padri sinodali sul tema "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana". Presidente delegato di turno il card. Francisco Robles Ortega, arcivescovo di Guadalajara in Messico. Durante la Congregazione generale sono intervenuti alcuni delegati fraterni. Successivamente il presidente delegato ha dato la parola all’Invitato speciale, Fr. Alois, priore della Comunità Ecumenica di Taizé. È seguito un tempo di interventi liberi. A questa Congregazione generale, che si è conclusa alle 19.00 con la preghiera dell'Angelus Domini, erano presenti 246 Padri.
“Occorre essere uomini di fede per essere maestri di fede”. È quanto ha ricordato il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale italiana, nel suo intervento. Parlando della situazione in Italia, il cardinale ha sottolineato “la presenza di 25.000 parrocchie” che “costituisce una rete di prossimità e un patrimonio da non disperdere”. L’arcivescovo ha indicato tra i diversi compiti “quello di fare con animo nuovo le cose di sempre, consapevoli cioè che la gente che incontriamo nelle nostre comunità spesso deve riscoprire la fede o scoprirla. Questa coscienza richiede ardore, generosità e fiducia, senza dimenticare che la presenza di tanti emigrati cristiani è una grazia che spesso edifica i credenti del nostro Paese”. Per il cardinale, “il nuovo slancio della pastorale territoriale si deve, poi, coniugare con la pastorale degli ambienti, realtà vastissima del vivere umano che forse dobbiamo guardare con maggiore attenzione (scuola, università, ospedali, sport, media…)”. Infine, “la pastorale ordinaria e occasionale, territoriale e d’ambiente, con pazienza deve diventare una pastorale integrata con le molteplici aggregazioni laicali, associazioni, movimenti, gruppi ecclesiali”. “L’evangelizzazione - ha sottolineato il cardinale - ha un carattere profetico”. Per questo, ha spiegato, “il giudizio che a volte si legge, secondo cui nella Chiesa mancherebbe la profezia, è ingiustificato. Cristo deve essere annunciato per intero, nella sua Persona e nelle sue implicazioni antropologiche, etiche e sociali. Senza, la fede resterebbe emotiva e irrilevante per la vita concreta”. Per il presidente della Cei, “se è evidente che alcune tendenze culturali sono contrarie al Vangelo, è anche vero che dalla parte del Vangelo c’è l’uomo. La cultura contemporanea, ad esempio, demonizza la categoria del ‘limite’ perché è intesa come negazione della libertà individuale e dello slancio vitale. Tale pregiudizio stravolge l’etica, le relazioni, la famiglia, l’esperienza della malattia. Ma l’esperienza del limite - ontologico, morale, affettivo, psichico - è un grande alleato del Vangelo, poiché dice che l’uomo ha bisogno degli altri e, innanzitutto, dell’Altro che è Dio”. Questo “aver bisogno”, ha concluso il cardinale, “non è una debolezza ma un valore, perché spinge ad aprirsi nella reciprocità dell’Amore che non solo corrisponde ma salva”.
Più spazio ai laici nella vita delle comunità parrocchiali: è l’auspicio di mons. mons. Franz-Josef Bode, vescovo di Osnabrück, nel suo intervento. Mons. Bode ha auspicato un ruolo di “maggior responsabilità” dei laici nella Chiesa, “nella liturgia, nella diaconia per uomini e donne” poiché “una pastorale vitale richiede l’interazione di battezzati, cresimati, incaricati, inviati e consacrati”. Il vescovo ha illustrato la situazione tedesca di forte decremento di sacerdoti che impone la creazione di “unità pastorali più grandi”, dirette da un parroco con un gruppo di dipendenti e volontari per “relazioni personali in gruppi, associazioni, circoli biblici, piccole comunità cristiane, affinché i singoli possano rafforzarsi reciprocamente nella fede”. “Anche i grandi eventi come la Gmg, giornate della Chiesa, incontri su scala continentale e nazionale non vanno sottovalutati per la loro importanza ai fini della conferma della fede” mentre i “mezzi di comunicazione sociale in rapida diffusione” sono un’opportunità: “un contatto mediatico che diventa sempre più importante per la comunicazione della fede”. “Nonostante i numeri in diminuzione - ha concluso mons. Bode - e le interruzioni nelle manifestazioni di fede, stanno crescendo i germogli di una nuova vita per un nuovo modo di essere Chiesa missionaria”.
Viviamo “in un’epoca di grandi opportunità per annunciare la nostra fede anche attraverso il dialogo con le scienze naturali e quelle storiche”. Ad affermarlo è stato il card. Péter Erdö, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa. Rammentando che il n. 54 dell’"Instrumentum laboris" “parla del cortile dei gentili”, il card. Erdö ha spiegato: “Per l’evangelizzazione è necessario partire dalle cose fondamentali della nostra esistenza” giacché “la nostra fede si riferisce alla realtà. Alla totalità di tutto ciò che esiste”. Secondo il presidente Ccee, “l’odierna visione scientifica del mondo ci offre una prospettiva larghissima. Se cerchiamo di immaginarci l’Universo, la nostra fantasia si apre verso Dio, verso la sua immensa realtà”, e “le scienze naturali, la fisica, l’astronomia, ci dimostrano l’elasticità e la ricchezza di concetti fondamentali come la materia o l’energia. Pongono la domanda dell’inizio e della fine dell’universo”. Non mancano, ha assicurato il cardinale, “ricercatori che sono aperti all’accettazione dell’esistenza di un Dio trascendente, il quale non è identico quindi con lo stesso universo”.
SIR

QUATTORDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE

La 'rottamazione' silenziosa di Benedetto XVI: negli ultimi sette anni il Papa ha condotto un'azione purificatrice che ha portato alle dimissioni di 77 vescovi

"La grande azione purificatrice di Benedetto XVI ha creato qualche fastidio". Nel mezzo della bufera dello scandalo Vatileaks, lo scorso 18 giugno, il Segretario di Stato della Santa Sede, card. Tarcisio Bertone, ha collegato la crisi nata dalla pubblicazione di documenti confidenziali, rubati dall’appartamento papale, con le decisioni difficili dell’odierno Pontificato. Alcune scelte “impopolari” come l’intervento diretto contro i sacerdoti colpevoli di abusi sessuali. Ma non solo. Anche una epurazione dell’Episcopato mondiale: una “pulizia silenziosa” nella quale hanno perso i loro posti decine di pastori considerati poco adeguati. Non ci sono statistiche ufficiali sui vescovi che si sono visti obbligati a presentare le loro dimissioni anticipate negli ultimi sei anni. Quando un prelato lascia il posto per malattia o per “cause di forza maggiore”, la Sala Stampa vaticana diffonde una nota di tre righe per informare che la dimissione è stata accettata dal Papa, secondo il numero 401.2 del Codice di Diritto Canonico, la legge fondamentale della Chiesa. Sin dall’arrivo di Joseph Ratzinger sul trono di Pietro, le dimissioni obbligatorie si sono moltiplicate. Secondo un calcolo di Vatican Insider, da aprile 2005 a oggi hanno lasciato con questa formula 77 vescovi, una media di uno ogni 36 giorni. Rispetto al numero totale, una cifra minore di dimissioni è dovuta a malattia, come nei casi degli statunitensi John Jeremiah McRaith, della diocesi di Owensboro (si è dimesso il 5 gennaio 2009), Ignatius Anthony Catanello, di Brooklyn (20 settembre 2010) e Daniel Buechlein di Indianapolis (21/ settembre 2011), gli italiani Karl Golser, di Bolzano-Bressanone (27 luglio 2011) e Filippo Strofaldi di Ischia (07 luglio 2012). Il resto dei presuli si è dimesso, tra l’altro, o per una cattiva amministrazione economica, o per problemi di natura sessuale, oppure per difficoltà dottrinali e aperta ribellione verso il Papa. Alcuni sono stati esonerati direttamente dalle loro funzioni, dopo aver rifiutati di lasciare l’incarico. Per alcuni scandali pubblici, la Congregazione per i vescovi ha concesso uscite di scena velocissime, come nei casi dell’argentino Fernando María Bargalló, della diocesi di Merlo-Moreno (26 giugno 2012), che è stato ripreso mentre faceva le vacanze con una amante, o il cileno Marco Antonio Órdenes Fernández di Iquique (09 ottobre 2012), sotto inchiesta per abusi. Tra i vescovi dimissionari ci sono anche religiosi e diocesani. Uno dei primi a uscire di scena dopo l’inizio del ministero di Benedetto XVI è stato il vescovo di Linz, Maximiliam Aichern (18 maggio 2005), noto per le sue posizioni chiaramente progressiste. Quattro anni dopo (2 marzo 2009), Gerhard Maria Wagner ha rifiutato la nomina del Papa a pastore della stessa diocesi austriaca per una rivolta di sacerdoti che lo consideravano "troppo conservatore". In conseguenza delle loro posizioni dottrinali, si sono dimessi anche gli argentini Marcelo Angiolo Melani, di Neuquén (0 novembre 2011), e Juan Carlos Romanín, di Río Gallegos (26 aprile 2012); gli australiani Patrick Percival Power, ausiliare di Camberra (7 giugno 2012), e William Morris, di Toowoomba (2 maggio 2011). Benedetto XVI non ha tollerato le condotte sessuali dei prelati. Ha sanzionato gli abusi contro minori, il concubinato, la “doppia vita” con figli compresi o atteggiamenti morali sospetti. Per questi motivi hanno lasciato il loro posto Tamás Szabó, ordinario militare dell’Ungheria (15 marzo 2007); i centroafricani Paulin Pomodino, di Bangui, e Francois-Xavier Yombandje, di Bossangoa (26 maggio 2009); l’uruguaiano vescovo di Minas, Francisco Domingo Barbosa Da Silveira (1 luglio 2009); il prelato territoriale di Trondheim, Norvegia, Georg Müller (8 giugno 2009); l’indiano di Cochin, John Thattumkal (09/05/2009); il canadese di Antigonish, Raymond Lahey (26 settembre 2009); il belga di Bruge, Roger Vangheluwe (23 aprile 2010); il messicano e vicario apostolico di San José del Amazonas, Alberto Campos Hernández (8 agosto 2011), e il ausiliare di Los Ángeles, California, Gabino Zavala (04 gennaio 2012). In diversi paesi (soprattutto in Irlanda, Stati Uniti e Australia) la cattiva gestione della crisi degli abusi sessuali commessi da preti cattolici ha interrotto bruscamente altre numerose carriere ecclesiastiche. Mentre nel Burkina Faso, in Ungheria, in Italia, nel Congo, in Slovacchia e Croazia si sono registrati diversi episodi di pessima amministrazione economica che non sono stati ignorati da un Papa impegnato in una chiara “pulizia” della Chiesa. Per farla, però, non bastano le buone intenzioni. Occorrono i fatti.
 
Andrés Beltramo Álvarez, Vatican Insider

Padre Byrne: importante per i rapporti con la Chiesa Cattolica chi verrà scelto come primate della Chiesa anglicana, perché potrebbe avere molta simpatia per l’obiettivo dell’unità ma il dialogo è così ben stabilito che chiunque verrà dovrà sostenerlo

La scelta del successore di Rowan Williams (nella foto con Benedetto XVI), alla guida della “Chiesa di Inghilterra” e della Comunione anglicana, avrà un impatto sul dialogo ecumenico con i cattolici che non sarà determinante perché i rapporti tra le due Chiese sono ben avviati da tempo. A dirlo all'agenzia SIR è padre Robert Byrne, portavoce per l’ecumenismo della Conferenza eEiscopale cattolica di Inghilterra e Galles. “È importante, dal punto di vista dei rapporti con la Chiesa Cattolica, chi verrà scelto come successore di Rowan Williams, perché potrebbe avere molta simpatia per l’obiettivo dell’unità tra le due Chiese, ma il dialogo è così ben stabilito che chiunque verrà al posto di Williams dovrà sostenerlo”. “Rowan Williams - aggiunge padre Byrne - davvero credeva che l’unità con la Chiesa cattolica fosse la strada del futuro ma chiunque venga al suo posto continuerà il dialogo e non lo interromperà”. “Tutti i nomi che vengono fatti dalla stampa, come possibili successori di Williams, sembrano aperti nei confronti della Chiesa cattolica, ma non sono in grado di dire chi lavorerebbe con più impegno per il dialogo ecumenico. È difficile dirlo prima di avere una scelta ufficiale”, dice ancora padre Byrne. Il portavoce per l’ecumenismo della Conferenza episcopale cattolica di Inghilterra e Galles pensa che il compromesso trovato dai vescovi anglicani sull’ordinazione delle donne vescovo, ovvero la possibilità, concessa ai fedeli che si oppongono ai vescovi rosa, di chiedere di essere seguiti da un vescovo uomo, verrà approvato al prossimo sinodo di novembre della “Chiesa di Inghilterra”. “Penso che il nuovo compromesso otterrà la maggioranza necessaria per essere approvato. È meno favorevole agli anglocattolici, vicini alla Chiesa cattolica, ma più favorevole alle donne rispetto al precedente”. “Non penso che molti anglicani contrari all’ordinazione delle donne passeranno alla Chiesa Cattolica. Alcuni potrebbero farlo, ma non molti”, dice ancora padre Byrne. Secondo il portavoce per l’ecumenismo della Conferenza episcopale con 80 sacerdoti e 1.500 fedeli, l’Ordinariato di Nostra Signora di Walsingham, avviato nel 2011, grazie alla Costituzione Apostolica del Papa "Anglicanorum coetibus", pensata per anglicani che vogliono diventare cattolici senza rinunciare alla loro liturgia, avrebbe accolto quasi tutti gli anglicani che vogliono diventare cattolici.

SIR 

'Campane d'Europa - Un viaggio nella fede in Europa'. Tutte le interviste del film realizzato dal 'Centro Televisivo Vaticano'