lunedì 2 aprile 2012

La Via Crucis di Joseph Ratzinger prima (e dopo) di diventare Benedetto XVI. Rilettura di un Pontificato alle soglie del suo ottavo anno

Sono trascorsi sette anni da quel famoso Venerdì Santo del 2005. Le meditazioni della Via Crucis al Colosseo, affidate alla competenza teologica e spirituale del card. Joseph Ratzinger, fecero sobbalzare tanti uomini di Chiesa (vescovi e sacerdoti). Giovanni Paolo II viveva in quei giorni i momenti più drammatici della sua vita terrena; da lì a poco il buon Dio lo avrebbe richiamato a sé, tra il sabato (giorno tradizionalmente dedicato a Maria) e la domenica della Divina Misericordia del 2 aprile (a cui Karol Wojtyła era particolarmente legato). Le meditazioni di quella Via Crucis portavano la firma del prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che sarebbe diventato Papa il 19 aprile di quello stesso anno. A suscitare particolare sorpresa e clamore fu il testo della nona Stazione, dove joseph Ratzinger, senza mezzi termini, per nulla preoccupato di salvaguardare una ipotetica ascesa al Soglio pontificio, denunciò un certo disvalore morale presente tra gli uomini di Chiesa: “Non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Quanto poco rispettiamo il sacramento della riconciliazione, nel quale egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute!”. Se questo cardinale diventa Papa (avrà mormorato qualcuno) siamo nei guai! Una preoccupazione che si rivelò assolutamente fondata, ma soprattutto provvidenziale per tutta la Chiesa. Il prezzo da pagare non è stato però irrilevante. In questi sette anni di Pontificato, infatti, Benedetto XVI si è ritrovato a superare tutta una serie di ostacoli destinati a colpire e a rallentare l’azione pastorale del suo ministero petrino. Il primo passo di questa diabolica strategia fu quello di sminuire la figura di Benedetto XVI ponendola subito a confronto con quella di Giovanni Paolo II. Un tentativo fallito miseramente dopo qualche mese! Poi si produssero una serie di illazioni (false ovviamente) circa una appartenenza del giovane Ratzinger all’ideologia nazista. Nel luglio 2007 fu la pubblicazione del Motu Proprio "Summorum Pontificum", che riapriva il dialogo con il movimento lefebvriano, a dividere l’episcopato e a mettere in discussione, attraverso tale documento, l’iniziativa del Pontefice. Difficile da dimenticare poi, per la cultura e soprattutto per lo Stato italiano, l’incresciosa protesta mossa da alcuni facinorosi per impedire al Papa, nel gennaio del 2008, di pronunciare la sua ‘lectio magistralis’ presso la prestigiosa Università romana della Sapienza. Il testo del suo messaggio fece ugualmente il giro del mondo suscitando l’attenzione di tutti i mezzi di comunicazione. Un effetto boomerang che nessuno aveva calcolato! Non sono mancati in questi sette anni (e non mancano!) riferimenti e attacchi contro la morale cristiana (aborto, eutanasia, immigrazione, celibato dei sacerdoti, pillola RU486) dove persino alcuni vescovi (“uomini di Chiesa” grazie a Dio e non la Chiesa!) si discostano dal pensiero ufficiale della fede cristiana. Nel settembre del 2009 viene aspramente attaccato il direttore del quotidiano cattolico Avvenire. Anche in questo caso furono pubblicate notizie (poi rivelatesi false) sulla integrità morale del direttore Dino Boffo, costretto alle dimissioni. Negli ultimi anni lo scandalo della pedofilia mette in discussione la moralità di alcuni “uomini di Chiesa”. Tra le nazioni coinvolte anche la patria di Benedetto XVI. I giornali italiani (“solo” quelli italiani!) cercano di coinvolgere nello scandalo il fratello del Papa mons. Georg Ratzinger. Poi sarà il Papa stesso ad essere coinvolto in un clamoroso scandalo, per una leggerezza pastorale prodotta da terzi quando il card. Ratzinger era arcivescovo di Monaco. Ne “L'ultimo esorcista. La mia battaglia contro Satana” scritto da Gabriele Amorth con Paolo Rodari, Amorth afferma: “Benedetto XVI è temutissimo da Satana. Le sue Messe, le sue benedizioni, le sue parole sono come dei potenti esorcismi...Il modo con cui Benedetto XVI vive la liturgia. Il suo rispetto delle regole. Il suo rigore. La sua postura sono efficacissimi contro Satana. La liturgia celebrata dal Pontefice è potente. Satana è ferito ogni volta che il Papa celebra l’eucaristia. Satana molto ha temuto l’elezione di Ratzinger al soglio di Pietro. Perché vedeva in lui la continuazione della grande battaglia che contro di lui ha fatto per ventisei anni e mezzo il suo predecessore, Giovanni Paolo II”. Nelle ultime ore continuano a piovere calunnie e scorrettezze nei confronti di Papa Ratzinger. Si ha l’impressione, una fondata ed eclatante impressione, che Papa Ratzinger sia molto temuto. Si cerca di colpirlo alle spalle, vigliaccamente, con le inside della calunnia e della menzogna, creando attorno a lui un clima di sospetto. La barca di Pietro, però, non colerà a picco, se ne facciano una ragione coloro che prestano il fianco a strumentalizzazioni destabilizzanti per tutta la Chiesa. Sembra ancora di sentir parlare il Signore: "E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (Mt 16, 18).

Michelangelo Nasca, Vatican Insider

Card. Rylko: giunto il tempo per GMG in Africa. Fiduciosi e determinati nel cercare di portare l'evento in un continente giovane, davvero lo merita

“Siamo molto fiduciosi e determinati nel cercare di portare la GMG in Africa, un continente giovane, perché davvero lo merita”. Lo ha detto il presidente del Pontificio Consiglio per i laici (Pcl), card. Stanislaw Rylko, durante la conferenza stampa in Vaticano sulla preparazione della GMG di Rio De Janeiro (23-28 luglio 2013). Riferendo sul recente incontro internazionale dei delegati per la GMG, "Madrid 2011 - Rio 2013", promosso dal dicastero vaticano a Rocca di Papa, il cardinale ha affermato che “uno dei frutti più importanti dell’incontro è stato l’aver ripreso il dialogo con i nostri amici africani a proposito di una GMG da svolgersi nel loro Continente. Con il Secam, la Conferenza episcopale delle chiese africane, siamo alla ricerca di un posto adatto ad accogliere questo evento sotto il profilo della comunicazione, della sicurezza e anche sanitario. C’è molta determinazione e un senso di orgoglio per ospitare almeno una volta la Giornata in Africa. Il primo passo è stato fatto diversi anni fa con la Croce dei giovani che ha pellegrinato in diversi Stati africani suscitando tanto entusiasmo”. “Ora - ha concluso il cardinale - siamo convinti che sia giunto il tempo anche per una GMG in Africa”.

SIR

Giornata Mondiale della Gioventù 2013. Presentazione in Vaticano: grande occasione per l'America Latina. Rylko: è già cominciata, non solo in Brasile

“Andate e fate discepoli tutti i popoli”. Con questo titolo è stata presentata presso la Sala Stampa vaticana la Giornata Mondiale della Gioventù del 2013, che si svolgerà a Rio de Janeiro, in Brasile, tra il 23 e il 28 luglio. A presentare l’evento, il card. Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, mons. Orani Joao Tempesta, arcivescovo di Rio de Janeiro, mons. Eduardo Pinheiro da Silva, presidente della Commissione episcopale per la Gioventù della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile. Introducendo l’evento, mons. Rylko ha definito la GMG, che dopo 26 anni torna in America Latina, un elemento importante della pastorale giovanile, che ha come scopo la crescita della fede dei giovani del mondo per la missione. Il titolo della GMG 2013 riassume in sé uno degli obiettivi che i vescovi dell’America Latina hanno posto come prioritari ad Aparecida nel 2007: quella della missione continentale. Lo ha sottolineato l’arcivescovo di Rio, mons. Orani Joao Tempesta che ha spiegato che l’obiettivo della GMG è proprio quello di favorire la crescita della fede dei giovani del mondo per la missione. A loro, infatti, appartiene il compito di cambiare il mondo, rendendolo un posto migliore: “Credo che per noi, per Rio de Janeiro, sia un’opportunità bellissima avere non solo il Santo Padre, ma anche tutti i giovani del mondo insieme. Come le braccia del Cristo Redentore del Corcovado, noi vogliamo aprire il nostro cuore per ricevere a tutti. Questo giorno per noi è bellissimo, perché ricorda Giovanni Paolo II quando è tornato al cielo, e - come ha detto il card. Rylko - dopo 25 anni nel 2012 - e quindi 26 nel 2013 - la Giornata Mondiale della Gioventù ritorna in America Latina: prima a Buenos Aires e ora a Rio de Janeiro, il prossimo anno, dal 23 al 28 luglio. Un’America Latina che oggi conta il 44% dei cattolici del mondo". A sottolineare il forte legame che corre tra gli appuntamenti delle diverse GMG è stato il presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, dicastero competente per le Giornate Mondiali della Gioventù. Il porporato ha ricordato l’importanza di questi eventi per la crescita della fede attraverso le parole di Benedetto XVI, che aveva parlato di “una cascata di luce e di speranza” sui giovani. La GMG, ha spiegato il card. Rylko, non si riduce ai soli cinque giorni a Rio de Janeiro, ma include la sua preparazione. Un vero e proprio pellegrinaggio da una GMG all’altra, che forma nuove generazioni di cristiani capaci di vivere pienamente il Vangelo e di trasmetterlo con gioia: “Questo pellegrinaggio porta veramente frutti straordinari. E’ impressionante la forza attrattiva di questa semplice Croce nei confronti dei giovani. Alle celebrazioni di accoglienza della Croce, in molte diocesi arrivano anche più di 100 mila giovani… Possiamo veramente dire che la GMG in Brasile è ormai iniziata, è ormai in corso”. “Prima di ricevere il Mondiale di Calcio nel 2014 e i Giochi olimpici nel 2016 – ha proseguito il porporato - le autorità civili del Brasile s’impegnano ad accogliere nel migliore dei modi i giovani della GMG, perché hanno capito che, in un certo senso, si tratterà di un evento più importante ancora: sia per il numero dei partecipanti, sia perché i giovani di oggi hanno bisogno prima di tutto di radicarsi nella fede e nella grande famiglia della Chiesa per contribuire di più e meglio alla vita della società”. La pastorale giovanile in Brasile crescerà ancora grazie all’appuntamento del luglio 2013. Di questo sono consapevoli tutti i vescovi del Brasile, il cui immenso lavoro è stato descritto da mons. Pinheiro da Silva: “Con questa Giornata, abbiamo assunto una grande sfida, ma abbiamo avuto un grande regalo di Dio, della Chiesa. Una sfida perché il Brasile è grande: abbiamo 276 diocesi, 460 vescovi, 22 mila sacerdoti… Potete immaginare l'enormità della sfida e il lavoro che ci attende. E’ però un’opportunità grande quella che vedo”. Per l’evento di Rio, si prevede una mobilitazione di oltre 60 mila volontari. Al momento, se ne sono già presentati circa 17 mila, mentre per la scelta dell’inno sono in corso d’esame circa 180 testi. Già scelto invece il logo della GMG 2013, che può essere visionato sul sito Internet www.rio2013.com. Inevitabile il ricorso a Facebook e Twitter, tra i social network più utilizzati dai giovani, che hanno già registrato oltre 600 mila contatti. Nel corso della conferenza stampa sono state inoltre illustrate alcune peculiarità della Giornata di Rio: l’elemento che più di altri la distinguerà dalle precedenti sarà la trasformazione delle "Giornate nelle diocesi" in una Settimana missionaria. Mons. Pinheiro da Silva ha evidenziato come sia le conclusioni di Aparecida sia il tema stesso della prossima GMG, oltre al fatto che essa si svolgerà nell’Anno della fede, impongano una riflessione più accurata sulla dimensione missionaria della fede. C’è poi l’aspetto gioioso, caratteristico della cultura locale: una felicità che non è espressione di superficialità, ha specificato, ma della profonda religiosità e spiritualità del popolo brasiliano. Infine, rispondendo ad alcune domande dei giornalisti, il card. Ryłko ha anticipato che probabilmente una delle tappe della Via Crucis alla GMG di Rio sarà ambientata in una favela.

Radio Vaticana, Zenit, L'Osservatore Romano

CONFERENZA STAMPA SULLA PREPARAZIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ A RIO DE JANEIRO, BRASILE (23-28 LUGLIO 2013)

Il Papa: giovani, siate missionari di Cristo. Parlate del suo amore e bontà con semplicità, senza complessi né timori, Lui vi darà la forza

Questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza cinquemila giovani dell’arcidiocesi di Madrid e di altre diocesi della Spagna che hanno partecipato alla Giornata Mondiale della Gioventù 2011. I ragazzi, accompagnati tra gli altri dall’arcivescovo della capitale spagnola, il card. Antonio Maria Rouco Varela, sono giunti in Vaticano per ringraziare il Pontefice per il viaggio apostolico a Madrid, in occasione della GMG, dedicata al tema “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”. Un viaggio che ha portato la grazia della presenza del Papa “nella nostra vita e nella nostra patria”, ha detto il porporato, salutando il Santo Padre e ricordando anche la sua recente visita in Messico e a Cuba.
“Ogni volta che penso alla ventiseiesima Giornata Mondiale della Gioventù vissuta a Madrid, il mio cuore si riempie di gratitudine verso Dio per l’esperienza di grazia di quei giorni indimenticabili”, ha esordito nel suo discorso Benedetto XVI. Per il Papa, “quello splendido incontro si può capire solo alla luce della presenza dello Spirito Santo nella Chiesa”, che “non smette di infondere incoraggiamento nei cuori, e continuamente ci mette nella piazza pubblica della storia, come a Pentecoste, per testimoniare le meraviglie di Dio. Voi siete chiamati a cooperare in questo appassionante lavoro e vale la pena dedicarsi ad esso senza riserve. Cristo ha bisogno di avervi al suo fianco per estendere ed edificare il suo Regno di carità”. Questo sarà possibile “se lo tenete come il migliore degli amici e lo svelate conducendo una vita secondo il Vangelo, con coraggio e fedeltà”. “Qualcuno - ha aggiunto il Pontefice - potrebbe ritenere che questo non ha niente a che vedere con se stesso o che è un’impresa che supera le sue capacità e i suoi talenti. Ma non è così. In questa avventura nessuno è di troppo”. Perciò, “non smettete di interrogarvi sul fatto che il Signore vi chiama e come potete aiutarlo”. “Tutti - ha osservato il Santo Padre - avete una vocazione personale che Egli ha voluto proporvi per la vostra felicità e santità. Quando uno viene conquistato dal fuoco del suo sguardo, nessun sacrificio sembra già grande per seguirlo e dargli il meglio di se stesso. Così hanno fatto sempre i Santi diffondendo la luce del Signore e la potenza del suo amore, trasformando il mondo fino a convertirlo in una casa accogliente per tutti, dove Dio è glorificato e i suoi figli benedetti”.
Di qui l’invito: “Cari giovani, come gli apostoli della prima ora, anche voi siate missionari di Cristo tra i vostri parenti, amici e conoscenti, nei vostri ambienti di studio o lavoro, tra i poveri e gli ammalati. Parlate del suo amore e bontà con semplicità, senza complessi né timori. Lo stesso Cristo vi darà la forza per farlo”. “Da parte vostra - ha aggiunto -, ascoltatelo e tenete una relazione frequente e sincera con lui. Raccontategli con confidenza i vostri aneliti e aspirazioni, anche le vostre pene e quelle delle persone che vedete mancanti di consolazione e speranza”. Benedetto XVI, ricordando quegli splendidi giorni della GMG, ha esortato i giovani a non risparmiare alcuno sforzo affinché quelli che li circondano scoprano il Signore “personalmente e s’incontrino con Lui, che è vivo e con la sua Chiesa”. Nella Settimana Santa il Papa ha invitato i giovani a unirsi pienamente al Redentore, “ricordando quella solenne Via Crucis della Giornata Mondiale della Gioventù”. “Con Lui - ha detto - preghiamo commossi di fronte alla bellezza di quelle immagini sacre, che esprimevano con profondità i misteri della nostra fede. Vi incoraggio a portare anche voi la vostra croce, e la croce del dolore e dei peccati del mondo, affinché capiate meglio l’amore di Cristo per l’umanità”. Così, ha proseguito, “vi sentirete chiamati a proclamare che Dio ama l’uomo e gli ha inviato il suo Figlio, non per condannarlo, ma perché raggiunga una vita piena e significativa”. Il Pontefice si è anche detto sicuro che i ragazzi spagnoli stanno già pensando di andare a Rio de Janeiro, “dove molti giovani del mondo intero torneranno a incontrarsi”, appuntamento che sarà “senza dubbio” una “pietra miliare in più del cammino della Chiesa, sempre giovane, che vuole ampliare l’orizzonte delle nuove generazioni con il tesoro del Vangelo, forza di vita per il mondo”. Infine l’auspicio finale: “Che la celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù in Brasile sia una nuova e gioiosa esperienza di Cristo resuscitato, che conduce tutta l’umanità alla luminosità della vita che viene da Dio”.

Radio Vaticana, SIR

Ai giovani dell'arcidiocesi di Madrid - il testo integrale del discorso del Papa

Sacerdote irlandese accusato di pedofilia torna al ministero: la denuncia non era motivata. Si era fatto da parte per consentire le indagini

Ritirarsi dal ministero sacerdotale in caso di una denuncia “non vuol dire che ciò che viene indagato è vero o falso. Si tratta di un passo di precauzione necessaria poiché la sicurezza e il benessere dei bambini devono essere la preoccupazione preminente quando un’accusa è fatta. Il ritirarsi comporta un sacrificio personale profondo da parte di una persona innocente”. Lo afferma mons. Dermot Clifford, arcivescovo di Cashel ed Emly, nel comunicare oggi ai fedeli il ritorno al ministero sacerdotale di don Tadgh Furlong che per 36 anni ha servito la parrocchia di Cappawhite. Nel maggio 2010, il sacerdote ha accettato di farsi temporaneamente da parte dall’esercizio del suo ministero per consentire l’indagine su una denuncia a suo carico. È stato così possibile fare un esame approfondito del caso. I risultati dell’indagine sono stati esaminati dal Consiglio consultivo istituito dal Consiglio nazionale per la tutela dei bambini nella Chiesa Cattolica confermando che “la denuncia non era motivata”. L’arcivescovo scrive: “Don Tadgh ha sopportato la prolungata prova con eccezionale coraggio e onore”. Nel ringraziare il sacerdote e quanti lo hanno sostenuto, l’arcivescovo assicura: “L’arcidiocesi di Cashel ed Emly continuerà a sottolineare e incoraggiare una cultura di vigilanza in materia di salvaguardia. Spetta a tutti noi, come individui, come comunità parrocchiali e come società, garantire che le nostre pratiche di protezione dei bambini e dei giovani siano ai più elevati standard”.

SIR

Scola ridisegna la mappa del potere ambrosiano. Il 29 giugno saranno effettivi i cambi nella diocesi di Milano, che il porporato fa sempre più sua

In Curia i rumors giravano già da settembre, il mese che ha visto l'ex Patriarca di Venezia Angelo Scola (nella foto con Benedetto XVI) arrivare a Milano per sostituire il card. Dionigi Tettamanzi. Ma ora è ufficiale, giovedì nel corso della Messa crismale, Scola annuncerà il "giro di fieno" in Curia, il cambio tra i suoi primi collaboratori di piazza Fontana. Da tempo Scola si è privato di mons. Franco Giulio Brambilla, vicario per la cultura diventato vescovo di Novara. Il nome del sostituto è ancora top secret, anche se molti credono che questa casella possa venire occupata da Pierangelo Sequeri, apprezzato teologo, musicista e scrittore. Cambierà anche il vicario generale, incarico ricoperto oggi da Carlo Radaelli. Tra i nomi che circolano ci sono quelli di Carlo Faccendini, vicario per la scuola e don Luca Bressan, docente presso il seminario di Milano e presso la Facoltà teologica dell'Italia settentrionale. E sembra che sia in procinto di lasciare anche il vicario per la città di Milano Erminio De Scalzi, nonostante sia contestualmente abate di Sant'Ambrogio e responsabile dell'evento delle Famiglie che vedrà il Papa a Milano ai primi di giugno 2012 e delegato a Expo 2015. Di certo c'è un fatto: ogni cambio sarà reso effettivo soltanto il 29 giugno, Solennità dei Santi Pietro e Paolo. Da giovedì a fine giugno, insomma, vecchi e nuovi lavoreranno assieme. Le nomine dicono di una diocesi che Scola fa sempre più sua. Beninteso, il feeling con Tettamanzi è stato totale in questi mesi. Scola ha fatto sue tutte le iniziative già avviate dal suo predecessore, seppure il suo mandato sulla Cattedra di Ambrogio soffrisse di una governance curiale molto indipendente e ancora legata parecchio alla poliedrica personalità del card. Carlo Maria Martini, predecessore di Tettamanzi e oggi in pensione in un grande centro gesuitico di Gallarate. Il legame con Tettamanzi è stato proficuo per la risoluzione del "caso Toniolo". Anche qui Scola ha imposto la sua linea. Ha resistito, come prima di lui Tettamanzi, alle richieste della Santa Sede che voleva un suo uomo di fiducia alla presidenza della cassaforte dell'Università Cattolica di Milano, appunto l'Istituto Toniolo. E recentemente, divenuti i tempi maturi, è subentrato in prima persona alla presidenza. Da qui sarà più semplice, per lui, gestire l'altra nomina clou attesa in diocesi: il nuovo rettore dell'Università Cattolica. Lorenzo Ornaghi resterà senz'altro in carica fino al 3 maggio, il giorno in cui Papa Benedetto XVI andrà a fare visita al Gemelli. Dopo si dimetterà e partirà il procedimento elettorale per l'Università. Un procedimento che dovrebbe concludersi prima dell'arrivo, a fine maggio, del Papa a Milano per il VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Chi andrà al posto di Ornaghi? "In Curia - dicono fonti informate - il nome ripetuto con maggiore insistenza è quello di Antonella Sciarrone Alibrandi, classe 1965, giurista che dirige Educatt (i pensionati dell'ateneo) ed è membro dell'organo di arbitrato di Banca d'Italia a Milano". Ma in verità nulla sembra essere ancora deciso. Di certo c'è un fatto: Scola è chiamato ad agire con oculatezza, senza farsi schiacciare (così è riuscito a fare anche nei suoi precedenti incarichi, non solo a Venezia ma anche a Roma quando era rettore della Pontificia Università Lateranense) dall'etichetta di presule ciellino.A febbraio fu Franco Monaco, già presidente dell'Azione cattolica ambrosiana (e capo ufficio stampa della Cattolica), attuale deputato teodem del Pd, ad attaccare sulla cronaca milanese di La Repubblica il movimento fondato dal sacerdote brianzolo Luigi Giussani. Non ce l'aveva tanto con le vicende che hanno visto esponenti di Cl impelagati nelle vicende del San Raffaele, quanto con la natura stessa del movimento: "Al fondo del machiavellismo - ha scritto - forse, non sta solo la debolezza degli uomini, la loro natura ferita dal peccato, ma anche un'idea del cristianesimo e della Chiesa e del loro rapporto con la società sulla quale meriterebbe riflettere". Milano in questo senso non è una diocesi facile, il cattolicesimo ambrosiano infatti muove da radici differenti da quelle cielline. Per molti osservatori Milano sarebbe per Scola non altro che un trampolino per il papato. Per chi conosce invece il cardinale brianzolo, Milano sembra essere più che altro per lui l'occasione per far tornare la diocesi (almeno nelle intenzioni) ai fasti di san Carlo Borromeo, quando i fedeli accorrevano in massa per ascoltare le sue omelie. Qualcosa di simile, in sostanza, a quanto capitato in questi venerdì di quaresima a Milano. Scola ha risposto su Telenova, emittente locale legata alla diocesi, alle domande dei fedeli e inaspettatamente ha strappato il primato di ascolto alle altre emittenti locali.

Paolo Rodari, Il Giornale

Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, un confronto inutile. Le cause per cui non sempre il messaggio di Papa Ratzinger è stato correttamente recepito

Uno era alto e atletico, l'altro no. Uno è stato capace di gesti muscolari, l'altro è sempre sereno e tranquillo. Del primo Roberto Gervaso scrisse: "Si sente che Dio crede in lui", l'altro è un fine teologo. E tutto sommato questo è un paragone inutile. Stiamo parlando di Karol Wojtyla, oggi Beato, e Joseph Ratzinger, ascesi al Soglio pontificio come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Un confronto inutile per due personalità completamente differenti e con un vissuto agli antipodi. Eppure, da sette anni, continuiamo ad accostare il Papa teologo a quello polacco. Sbagliando. Di chi è la colpa? Per un terzo dei cattolici, la maggioranza dei quali (soprattutto i giovani) a causa della durata record del pontificato d Wojtyla non hanno mai visto un altro pontefice al di fuori di Benedetto XVI. Con cui fanno pedissequamente il paragone. Giulio Andreotti, uno che di Papi (quelli che stanno in Vaticano) se ne intende, e molto, avendone conosciuti cinque, ha detto: "A noi è stato insegnato ad amare IL Papa, non UN Papa". È assurdo considerare figure come Giovanni XXIII, Paolo VI o Giovanni Paolo I come pontefici da relegare al bianco e nero della Storia. Soprattutto Paolo VI, dal momento che gli ultimi tre Papi sono stati tre cardinali creati da lui. L'altra parte della colpa ricade su una certa pubblicistica che si è ritrovata improvvisamente orfana, il 2 aprile 2005, di un personaggio che ormai conosceva benissimo (anche in virtù degli ampi "spifferi" che provenivano allora dall'Appartamento papale), e che ha immediatamente iniziato il gioco più semplice e tipico delle grandi famiglie del nostro Sud: a chi somiglia il nuovo eletto? Non c'è stato, cioè, il tempo e l'esercizio approfondito di una seria analisi di Papa Ratzinger, mostrato prima come il Grande Inquisitore (le barzellette vaticane sul card. Ratzinger si sprecano, come quella in cui va in Paradiso e impone a San Pietro una penitenza di 300 Ave Maria), poi accostato al Papa più mediatico della Storia, il Grande Comunicatore che negli anni '80 aveva un concorrente solo in Ronald Reagan, per capirci. Con risultati catastrofici: un conservatore, un duro e puro, uno che non fa la stessa audience oceanica del predecessore, e così via. Benedetto XVI nel corso del tempo ha mostrato di essere un conservatore (se vogliamo proprio iscriverlo in una categoria) molto più intelligente dei suoi critici, a volte anche con gesti che hanno suscitato polemiche molto pesanti. È il caso del discorso di Ratisbona, del 2006, nel quale ha preso posizione contro il terrorismo religioso (in quel caso islamico), togliendo l'acqua ai pesci che nuotavano in un ambiente grigio, quello del fondamentalismo. O la recente rottura di un tabù, quello delle dimissioni del Papa, espresso nel libro "Luce del Mondo" del 2010. Una frase innocente, nella quale Papa Ratzinger parlava delle possibili dimissioni di un Pontefice che sentisse di non essere in grado di svolgere la sua missione, trasformata in un preannuncio di chissà quali sfracelli. In realtà, come ha poi chiarito più volte (l'ultima volta nel corso del Concistoro con cui, nel febbraio scorso, ha creato 22 cardinali), le sue dimissioni non ci saranno, ma è lecito aspettarsele da uno dei suoi immediati successori, a questo punto, che potranno compiere un gesto così clamoroso. La terza parte della colpa, involontariamente, è dello stesso Giovanni Paolo II e del suo stile papale. Che all'inizio sconvolse, e non poco, giornalisti e fedeli. Mai si era visto un Papa sciare, nuotare in piscina, impugnare il pastorale con così tanta sicurezza brandendolo verso la folla (come ad esempio fece il 22 ottobre 1978, al termine della Messa di inizio Pontificato). Dopo l'austero e slanciato Pacelli, il tozzo Roncalli, il meditabondo Montini e il flebile (nella voce e nella durata del papato, ma non nella fede e nella forza morale) Luciani, il ciclone Wojtyla scappellò eminenze e fedeli, ma piacque da subito alla gente. Un Papato durato quasi 30 anni che ha imposto ai fedeli un'unica figura con cui rapportarsi, cancellando l'idea stessa di successione papale, di Pontificati diversi tra loro. Nessuno, o quasi, dei 30enni di oggi, credenti e praticanti ovviamente, potrebbe o saprebbe rispondere a una domanda molto semplice: a chi assomiglia Papa Wojtyla? Di questo fa le spese Benedetto XVI, infilato in un paragone inutile con un amico, prim'ancora che con un Papa, imparagonabile a lui (e viceversa). Per effetto di queste tre cause non sempre il suo messaggio è stato correttamente recepito (come ad esempio la polemica sulle scarpe rosse che tutti i Papi portano). E a sette anni dalla morte di Giovanni Paolo II, mentre Joseph Ratzinger si avvia il 16 aprile a compiere serenamente 85 anni (e probabilmente veleggia verso i multos annos come Leone XIII), forse sarebbe ora di finirla con un paragone inutile. Che segue l'attuale Pontefice, come un'ombra, in qualsiasi cosa egli faccia. Ad majora.

Antonino D'Anna, Affaritaliani.it

Il Papa in Messico e a Cuba. Quello che Benedetto XVI ha visto nell'isola: rilettura critica del viaggio nel Paese dell'America Latina

Centinaia di migliaia di persone hanno visto il Papa a Cuba, hanno udito i suoi discorsi e contemplato ciò che è successo. Ognuno di questi testimoni, come è naturale, ha percepito la visita in maniera differente. Adesso interessa soprattutto sapere quale sia stata la percezione del Papa e del suo entourage. Questo è quel che ho potuto sapere da fonti ecclesiastiche (e non solo) che desiderano rimanere nel più totale anonimato. Alcune di queste fonti sono molto vicine al Santo Padre. Primo. Benedetto XVI è rimasto molto sorpreso dall’enorme contrasto tra l’accoglienza messicana, allegra, libera, molto partecipata e spontanea, in mezzo a una città viva ed economicamente vibrante, e le contratte cerimonie cubane, controllate dalla polizia politica, celebrate in un paese impoverito fino alla miseria, precedute da centinaia di detenzioni. Lo spettacolo orrendo di un giovane selvaggiamente picchiato da un poliziotto travestito da barelliere della Croce Rossa ha colpito il cuore del Papa che si è interessato personalmente per la sua sorte. In fin dei conti, il povero uomo aveva solo gridato “Abbasso il comunismo”, versione popolare dello stesso pensiero del Papa in viaggio verso Cuba, quando aveva dichiarato che il marxismo era un’ideologia fallita che doveva essere sepolta. Secondo. Al Papa e al suo seguito è sembrato disdicevole che Raúl Castro pronunciasse a Santiago de Cuba il classico discorso stalinista da guerra fredda per cercare di giustificare la dittatura. Attendevano un messaggio di cambiamento e di speranza, non di reiterazione delle linee maestre del regime. Quel testo, insieme ai discorsi pronunciati dal cancelliere Bruno Rodríguez e dal vicepresidente con delega al settore economico, Marino Alberto Murillo, hanno convinto il Santo Padre che Raúl Castro è molto più interessato a mantenersi ancorato al passato che a preparare un futuro migliore per i cubani. Terzo. La delegazione papale ha comprovato, con dolore, che la richiesta del precedente Papa, Giovanni Paolo II, fatta durante il viaggio compiuto 14 anni prima, che doveva servire a far perdere la paura ai cubani, era stata inutile. A parte alcune centinaia democratici oppositori, tenuti sotto assedio in maniera permanente, picchiati e a volte persino incarcerati, Cuba resta una società corrotta dalla paura. In ogni caso la manifestazione di paura più eclatante non è stata quella degli oppositori, ma di coloro che in apparenza sono fedeli al regime. La delegazione papale ha conosciuto molto da vicino il doppio linguaggio. Quando i funzionari ecclesiastici parlavano da soli con i politici cubani questi si mostravano aperti, tolleranti e desiderosi di operare riforme profonde in campo politico ed economico. Uno di loro, in privato, è arrivato pure ad ammettere che a Cuba servirebbe un sistema democratico basato sulla pluralità dei partiti politici e le libere elezioni, per far avanzare la società verso la modernità, anche se i comunisti potrebbero rischiare di perdere il potere. Ma, quando si aggiungeva un’altra persona alla conversazione, o arrivavano i giornalisti, tornavano al discorso ortodosso più inflessibile e stalinista, ripetendo il copione ufficiale senza omettere neppure una virgola. Era uno spettacolo davvero penoso. Quarto. Il Papa e la sua comitiva hanno avuto la conferma di quanto già intuivano. La Chiesa cubana è divisa in due linee molto chiare: quella del cardinale Jaime Ortega, accomodante fino all’estremo e collaborazionista al punto di chiedere alla forza pubblica di far evacuare un tempio occupato da alcuni fedeli che volevano protestare contro la dittatura, ben sapendo che sarebbero stati detenuti e di sicuro maltrattati, e quella di vescovi come Dionisio García Ibáñez, che è stato ingegnere prima di essere ordinato sacerdote, ben più fermi nel contrastare il regime cubano. Mentre Jaime Ortega si limita a compatire alcune vittime del governo (ma non tutte), Dionisio (pur continuando a essere amico del cardinale) e altri sacerdoti, come il famoso José Conrado Rodríguez, parroco in una chiesa di Santiago de Cuba, sono convinti che non ci sarà sollievo né riconciliazione tra i cubani fino a quando il regime non verrà pacificamente sostituito da una vera democrazia che tenga di conto delle opinioni di tutta la società e non solamente di un pugno di ultracomunisti avvinghiati alla ragnatela del passato. Quinto. Il Papa ha comprovato che il suo coetaneo Fidel Castro è in peggiori condizioni fisiche e mentali di lui. Ha incontrato un vecchietto fisicamente invalido, mentalmente incerto e con gravi difficoltà comunicative. Un uomo fuori dal gioco. Il Papa, che è un uomo buono, ha pregato per lui. Come abitudine cristiana.

Carlos Alberto Montaner, Vatican Insider