mercoledì 27 giugno 2012

'L'Osservatore Romano': tra suore statunitensi e Dottrina della Fede colloquio sereno e collaborativo fra soggetti che si ascoltano e si rispettano

L'Osservatore Romano affida a Lucetta Scaraffia, storica e editorialista, un corsivo di prima pagina dedicato al confronto tra suore statunitensi e Congregazione per la Dottrina della Fede nel giorno in cui il quotidiano vaticano pubblica il secondo numero del suo inserto femminile, "Donne, Chiesa, mondo", dedicato, questa volta, al tema della "cura". "Con il titolo provocatorio Bullying the Nuns ('Fare i bulli con le suore') sulla New York Review of Books del 7 giugno è stato pubblicato l'articolo di uno scrittore cattolico, Garry Wills, dedicato alla questione che è sembrata contrapporre la Congregazione per la Dottrina della Fede e la Leadership Conference of Women Religious, l'organizzazione che raccoglie la maggior parte delle suore statunitensi. In sintesi, secondo Wills, le suore sono accusate di occuparsi troppo dell'impegno sociale (di cui si parlerebbe nel Vangelo) e di interessarsi troppo poco di aborto e contraccezione (di cui invece non si parlerebbe nel Vangelo)", scrive Scaraffia, secondo la quale l'articolo "non convince" relativamente al controverso tema della salute riproduttiva, ma è apprezzabile per "le parole di elogio che Wills rivolge alle suore che ha conosciuto da vicino, alla loro missione svolta quasi sempre in modo silenzioso e umile, ma non per questo priva di acuto discernimento storico e spirituale". Scaraffia conclude il suo articolo, intitolato "Elogio delle suore", scrivendo che "ciò che viene rappresentato come uno scontro fra uomini potenti e donne umili, oggi, non viene tollerato dall'opinione pubblica. Ma il recente colloquio del prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il card. William Joseph Levada (nella foto con Benedetto XVI), con le rappresentanti della Leadership Conference of Women Religious sembra avere rimesso le cose a posto, trasformando quello che sembrava un atto di autoritarismo maschile in un colloquio sereno e collaborativo fra soggetti che si ascoltano e si rispettano".

TMNews

Elogio delle suore

Benedetto XVI, un agnello tra i lupi vestiti da corvi. Chi, nella Curia romana, ieri come oggi, vuole ostacolare il Papa e indebolirne la figura

L'ultima da Vatileaks è che in autunno, forse ad ottobre, il card. Tarcisio Bertone lascerà il suo incarico di Segretario di Stato vaticano ad un esponente dell'ala diplomatica della Santa Sede che da sempre, per tradizione, esprime questa figura scegliendola tra i porporati di maggiore esperienza. Se è vero che Bertone, dal 2006 ad oggi, ha dimostrato incertezza nella gestione di alcune vicende, dal discorso di Benedetto XVI a Ratisbona alle proteste dei vescovi per la revoca della scomunica ai lefebvriani, dalle frizioni con la CEI alle relazioni complicate con la politica italiana, è altrettanto vero che l'ex arcivescovo di Genova rischia di diventare il (comodo) parafulmini di un Pontificato che a fatica, tra intrighi e sospetti, sta cercando di fare pulizia all'interno della Chiesa. L'obiettivo di questa guerra di corvi, è stato detto più volte, è proprio il Pontefice che, con grande onestà intellettuale, già nel 1977 spiegò che "la Chiesa sta divenendo per molti l’ostacolo principale alla fede. Non riescono a vedere in essa altro che l’ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo". E nella Via Crucis del 2005 al Colosseo, con Giovanni Paolo II ormai morente, pronunciò queste parole altrettanto drammatiche: "Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!". Parole che spiegano benissimo la linea della “tolleranza zero” nei confronti dei casi di pedofilia nel clero che il Papa sta portando avanti con tenacia e molti ostacoli da quando è stato eletto. Prendiamo un documento, tra i tanti pubblicati da Gianluigi Nuzzi nel libro "Sua Santità", che curiosamente è passato quasi inosservato sui media e tra gli analisti. Eppure, è molto importante per capire il grado di ostilità che una parte della Curia romana nutre nei confronti di Joseph Ratzinger al quale, mentre guidava la Congregazione per la Dottrina della Fede, gli fu a lungo impedito di procedere nei confronti di Maciel, il potentissimo e ricchissimo sacerdote messicano a capo dei Legionari di Cristo che aveva una doppia vita, era coinvolto in numerosi casi di pedofilia e assolse in confessionale anche alcuni stupratori. Molto chiaro, su di lui, il giudizio del Pontefice che nel libro-intervista "Luce del mondo" definì Maciel "un falso profeta" con una vita condotta "al di là di ciò che è morale: un'esistenza avventurosa, sprecata, distorta". Il documento in questione è l'appunto choc del segretario personale del Papa, don Georg Gänswein, dopo il colloquio con il legionario stuprato da Maciel, il quale nella Curia romana ha potuto godere, per anni, di ampie coperture perché erano in molti a non credere al suo reale coinvolgimento in casi di pedofilia. Molti, tranne il card. Ratzinger che, impossibilitato a procedere nei suoi confronti, chiese addirittura a Papa Wojtyla di poter lasciare il suo incarico. L'altro tassello importante di quest'ostilità nei confronti del Pontefice riguarda l'ex presule di Vienna Hans Hermann Groer. Nel maggio 2010, l’attuale arcivescovo della capitale austriaca, il card. Christoph Schönborn, grande amico di Benedetto XVI, ha attaccato senza molti giri di parole l’ex Segretario di Stato vaticano Angelo Sodano accusandolo di aver insabbiato l’inchiesta sugli abusi compiuti da Groer. In quell'occasione, Schönborn ha affermato esplicitamente che Sodano impedì la creazione di una commissione di inchiesta sul caso a differenza di Joseph Ratzinger, che propendeva per l’indagine, e restò “accerchiato” da quei settori vaticani che invece tendevano ad insabbiare. Groer nel 1995 venne accusato di molestie sessuali da un suo ex studente. Di lì a poco diversi altri ex studenti denunciarono di aver subito simili violenze e il presule fu costretto a dimettersi da arcivescovo di Vienna e venne trasferito al monastero di Roggendorf, dove restò fino al 1998 sostanzialmente impunito. A dimostrazione che l'obiettivo dello svolazzare dei corvi sia il Pontefice e la sua azione di purificazione della Chiesa va ricordato che alcuni cardinali di Curia si sono rifiutati di testimoniare al processo di Beatificazione di Giovanni Paolo II. Sarebbero gli stessi che fermarono le indagini della Congregazione per la Dottrina della Fede sui casi Maciel e Groer. Qualcosa di molto ingombrante che, se fosse venuta fuori nel processo, sarebbe stato un boomerang. Non solo, ma l'unico cardinale che ha restituito al mittente le generose offerte in denaro arrivate dai Legionari è stato proprio Joseph Ratzinger mentre un nunzio apostolico, oggi cardinale, fece lo stesso rimandando al mittente il dono di una vettura nuova già immatricolata a suo nome. Molti, infine, che hanno ostacolato le indagini su Maciel e Groer hanno anche ingannato Giovanni Paolo II fino a convincerlo della loro innocenza. Il Papa polacco si fidava dei Legionari al punto che indirizzò alla loro Congregazione il figlio di un suo collaboratore che voleva diventare prete. E, se avesse conosciuto tutta la verità, probabilmente non avrebbe consentito alla sospensione “a divinis” di una vittima di Groer che dopo anni trovò il coraggio di denunciare gli abusi. È evidente, quindi, che Joseph Ratzinger, già da cardinale, su questi due casi ha pestato i piedi a molti in Vaticano proseguendo con la sua opera anche quando è diventato Papa. Sta qui la spiegazione di quello svolazzare di corvi che, tra scandali e documenti trafugati, vuole, ieri come oggi, ostacolare Benedetto XVI e indebolirne la figura.

Antonio Sanfrancesco, Linkiesta

Sembrano fragili e poi vivono cento anni: il compleanno di Joseph Ratzinger cardinale. Il ricordo della notizia della morte di Giovanni Paolo I

Trentacinque anni fa giusti, il 27 giugno del 1977, Joseph Ratzinger fu fatto cardinale. Fu l’ultimo Concistoro tenuto da Paolo VI. Un Concistoro per pochi, con soli cinque neoeletti. “Sì, eravamo un piccolo gruppo, interessante e simpatico. Oltre a me, c’era Bernardin Gantin. E poi Mario Luigi Ciappi, il teologo della Casa pontificia, Giovanni Benelli e Frantisek Tomasek che era stato nominato ‘in pectore’ già l’anno prima e che ricevette la porpora insieme a noi”. A raccontare di quel concistoro e degli avvenimenti dell’anno seguente, l’anno dei due conclavi inframmezzati dalla morte di Giovanni Paolo I (foto), è lo stesso card. Ratzinger, nell’unica sua intervista con particolari inediti su quei fatti, data a Gianni Cardinale e apparsa su 30 Giorni di agosto-settembre del 2003. Quando Papa Albino Luciani morì, il card. Ratzinger si trovava in Ecuador per un congresso mariano. E nell’intervista raccontò di averlo saputo e di avervi reagito così: “Quando ero là mi raggiunse la notizia della morte del Papa. In un modo un po’ strano. Dormivo nell’Episcopio di Quito. Non avevo chiuso la porta perché nell’Episcopio mi sento come nel seno di Abramo. Era notte fonda quando entrò nella mia stanza un fascio di luce e si affacciò una persona con un abito da carmelitano. Rimasi un po’ sbigottito da questa luce e da questa persona vestita in maniera lugubre che sembrava messaggera di notizie infauste. Non ero sicuro se fosse sogno o realtà. Infine scoprii che era un vescovo ausiliare di Quito, il quale mi comunicò che il Papa era morto. E così seppi di questo avvenimento tristissimo e imprevisto. Nonostante questa notizia, riuscii a dormire in grazia di Dio e la mattina dopo celebrai Messa con un missionario tedesco, il quale nella preghiera dei fedeli pregò ‘per il nostro Papa morto Giovanni Paolo I’. Alla funzione assisteva anche il mio segretario laico, il quale alla fine venne da me e mi disse costernato che il missionario aveva sbagliato nome, che avrebbe dovuto pregare per Paolo VI e non per Giovanni Paolo I. Lui ancora non sapeva della morte di Albino Luciani”. È interessante anche la risposta di Joseph Ratzinger alla domanda successiva, circa lo stato di salute di Luciani quando fu eletto Papa: “Mi sembrava che stesse bene. Certo non appariva un uomo di grande salute. Ma tanti sembrano fragili e poi vivono cento anni. A me appariva di buona salute. Non sono un medico, ma mi sembrava un uomo che, come me, non pareva avere una salute molto forte. Ma queste persone sono poi quelle che hanno di solito una maggiore aspettativa di vita”. Oggi Joseph Ratzinger, eletto a sua volta Papa, ha passato gli 85 anni. Sarà, come dice, di salute “non molto forte”. Sta di fatto che le congetture su un prossimo conclave continuano a sembrare a molti premature.

Sandro Magister, Settimo Cielo

Il Signore sceglie la nostra povertà

Incontri al vertice dello Ior in vista della scelta del nuovo presidente del Consiglio di Sovrintendenza. Il Papa segue da vicino la situazione

Riunione del 'board' dello Ior stamane e successivo incontro con la commissione cardinalizia di vigilanza in vista della scelta del successore di Ettore Gotti Tedeschi alla presidente dell'istituto vaticano. "Questa mattina - riferisce una nota della Sala Stampa della Santa Sede - si è riunito il Consiglio di Sovrintendenza dell'Istituto per le Opere di Religione (Ior), attualmente composto - com'è noto - dal vice presidente, dr Ronaldo Hermann Schmitz, dal prof. Carl Albert Anderson, dal dr Antonio Maria Marocco e dal dr Manuel Soto Serrano. Successivamente, il Consiglio ha riferito alla Commissione cardinalizia di vigilanza, presieduta dal card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato. Si è trattato di due incontri molto utili per condividere informazioni e proposte sia per la gestione ordinaria, sia per l'individuazione dei criteri di professionalità ed esperienza universalmente riconosciuti in vista della scelta del nuovo Presidente del Consiglio di Sovrintendenza. Il Santo Padre Benedetto XVI - conclude la nota - segue da vicino l'attuale situazione dell'Istituto per le Opere di Religione e viene costantemente informato dal cardinale Segretario di Stato".

TMNews

COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE IN MERITO A RIUNIONI DELLO IOR

Benedetto XVI: siamo ormai entrati nell'estate, per molti tempo di ferie e di riposo. Sia un'occasione per utili esperienze sociali e religiose

"Siamo ormai entrati nell'estate, per molti tempo di ferie e di riposo. Per voi, cari giovani, sia un'occasione per utili esperienze sociali e religiose; per voi, cari sposi novelli, un opportuno periodo per far crescere la vostra unione e approfondire la vostra missione nella Chiesa e nella società". Lo ha detto il Papa al termine dell'Udienza Generale di questa mattina. "Auspico inoltre - ha concluso - che a voi, cari malati, non manchi durante questi mesi estivi la vicinanza di persone care". Nei precedenti saluti in varie lingue, è tornato il riferimento alla Lettera di San Paolo ai Filippesi come a un “grande inno cristologico”. In francese la sintesi dei sentimenti di Gesù: “l’amore, l’umiltà, l’obbedienza a Dio” e il saluto in particolare ai gruppi da Syros in Grecia e da Haiti. In inglese, l’incoraggiamento a scoprire che “abbassandoci nell’umiltà e nell’amore, noi ci innalziamo a Dio”, con un pensiero particolare alla delegazione ecumenica dei leader cristiani dalla Corea. In spagnolo, ancora parole sulla condizione divina e umana di Gesù, che ha vissuto l’incarnazione, la morte in croce, l’esaltazione nella gloria di Dio, con il saluto ai pellegrini provenienti da Spagna, Messico, Colombia. In polacco e in ungherese, il riferimento alla prossima solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, ricordati “in particolare a Roma dove hanno insegnato, hanno dato la loro testimonianza e hanno subito il martirio in nome di Cristo”. “La visita alle loro tombe – ha detto – sia per tutti l’occasione di un consolidamento nella fede”.

Agi, Radio Vaticana

Il Papa: è Dio l’unico Signore della vita tra i tanti 'dominatori' che la vogliono indirizzare e guidare. Solo se usciamo da noi stessi ci ritroviamo

Udienza generale questa mattina nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi il Papa ha continuato la sua riflessione sulla preghiera nelle Lettere di San Paolo, in particolare sul "testamento spirituale" contenuto nella Lettera ai filippesi. L'Apostolo scrive dalla prigione, "probabilmente a Roma e sente vicina la morte", ma, nonostante questo, "esprime la gioia di essere discepolo di Cristo", fino a "vedere la morte come un guadagno". Paolo afferma infatti che "la gioia è una caratteristica dell'essere cristiano", "siate sempre lieti nel Signore; ve lo ripeto: siate lieti". "Da cosa, anzi da chi trae la serenità, la forza e il coraggio di andare incontro al martirio, all'effusione del sangue?". La risposta è Gesù, e per questo, la Lettera ai filippesi è un "inno cristologico, un canto in cui tutta l'attenzione è centrata sui 'sentimenti' di Cristo, cioè sul suo modo di pensare e sul suo atteggiamento concreto e vissuto". "Abbiate in voi gli stessi atteggiamenti di Gesù", è l'esortazione di San Paolo. "Si tratta non solo di seguire l'esempio di Gesù, ma di coinvolgere tutta l'esistenza nel suo modo di pensare e di agire. La preghiera deve condurre ad una conoscenza e ad un'unione nell'amore sempre più profonde con il Signore, per poter pensare, agire e amare in Lui e per Lui". Nel suo inno cristologico, San Paolo ci fa comprendere inoltre che “Gesù, vero Dio e vero uomo, non vive il suo ‘essere come Dio’ per trionfare o per imporre la sua supremazia, non lo considera un possesso, un privilegio, un tesoro geloso”. Gesù, infatti, assumendo “la realtà umana segnata dalla sofferenza, dalla povertà, dalla morte”, si è “assimilato pienamente agli uomini, tranne che nel peccato, così da comportarsi come servo completamente dedito al servizio degli altri”. "Paolo continua delineando il quadro storico in cui si è realizzato questo abbassamento di Gesù", che "umiliò se stesso fino alla morte, in completa ubbidienza e fedeltà al volere del Padre, fino al sacrificio, fino alla morte e alla morte di croce: massimo grado di umiliazione, perché era pena destinata agli schiavi". In questo modo "l'uomo viene redento e l'esperienza di Adamo è rovesciata: creato a immagine e somiglianza di Dio, pretese di essere come Dio di mettersi al posto di Dio, e perse la dignità originaria che gli era stata data. Gesù, invece, era 'nella condizione di Dio', ma si è abbassato, si è immerso nella condizione umana, nella totale fedeltà al Padre, per redimere l'Adamo che è in noi e ridare all'uomo la dignità che aveva perduto. I Padri sottolineano che Egli si è fatto obbediente, restituendo alla nostra natura umana, attraverso la sua umanità e obbedienza, quello che era stato perduto per la disobbedienza di Adamo". "Nella preghiera, nel rapporto con Dio, noi apriamo la mente, il cuore, la volontà all'azione dello Spirito Santo per entrare in questa stessa dinamica di vita". La logica umana, ha affermato Benedetto XVI, "ricerca spesso la realizzazione di se stessi nel potere, nel dominio, nei mezzi potenti. L’uomo continua a voler costruire con le proprie forze la torre di Babele per raggiungere l’altezza di Dio, per essere come Dio”. L’incarnazione e la Croce, invece, “ci ricordano che la piena realizzazione sta nel conformare la propria volontà umana a quella del Padre, nello svuotarsi di se stessi, del proprio egoismo, per riempirsi dell’amore, della carità di Dio e così diventare veramente capaci di amare gli altri”. "L'uomo non trova se stesso rimanendo chiuso in sé, affermando se stesso. L'uomo si ritrova solo uscendo da se stesso; solo se usciamo da noi stessi ci ritroviamo. E se Adamo voleva imitare Dio, questo di per sé non è male, ma ha sbagliato nell'idea di Dio. Dio non è uno che vuole solo grandezza. Dio è amore che si dona già nella Trinità, e poi nella creazione. E imitare Dio vuol dire uscire da se stesso, darsi nell'amore". Nella seconda parte dell’inno della Lettera ai Filippesi, “colui che si è profondamente abbassato prendendo la condizione di schiavo, viene esaltato, innalzato sopra ogni cosa dal Padre”. “Il Gesù che viene esaltato – ha puntualizzato però il Papa – è quello dell’Ultima Cena, che depone le vesti, si cinge di un asciugamano, si china a lavare i piedi degli apostoli”, dicendo loro: “Dovete lavare i piedi gli uni agli altri”. “Questo è importante ricordarlo sempre nella nostra preghiera e nella nostra vita”, ha ricordato Benedetto XVI, che ha citato un passo del suo libro “Gesù di Nazaret”: “L’ascesa di Dio avviene proprio nella discesa dell’umile servizio, nella discesa dell’amore, che è l’essenza di Dio e quindi la forza veramente purificatrice, che rende l’uomo capace di percepire e di vedere Dio”. Dalla Lettera "due indicazioni importanti per la nostra preghiera. La prima è l’invocazione 'Signore' rivolta a Gesù Cristo, seduto alla destra del Padre: è Lui l’unico Signore della nostra vita, in mezzo ai tanti 'dominatori' che la vogliono indirizzare e guidare. Per questo, è necessario avere una scala di valori in cui il primato spetta a Dio". “L’incontro con il Risorto – ha detto il Papa riferendosi alla vicenda di San Paolo – gli ha fatto comprendere che è Lui l’unico tesoro per il quale vale la pena spendere la propria esistenza”. La seconda indicazione è "la prostrazione", il "piegarsi di ogni ginocchio nella terra e nei cieli, che richiama un'espressione del profeta Isaia, dove indica l'adorazione che tutte le creature devono a Dio. La genuflessione davanti al Santissimo Sacramento o il mettersi in ginocchio nella preghiera esprimono proprio l'atteggiamento di adorazione di fronte a Dio, anche con il corpo. Da qui l'importanza di compiere questo gesto non per abitudine e in fretta, ma con profonda consapevolezza. Quando ci inginocchiamo davanti al Signore noi confessiamo la nostra fede in Lui, riconosciamo che è Lui l'unico Signore della nostra vita". “Fissiamo il nostro sguardo sul Crocifisso, sostiamo in adorazione più spesso davanti all’Eucaristia – l’invito del Papa – per far entrare la nostra vita nell’amore di Dio, che si è abbassato con umiltà per elevarci fino a Lui”. “Gioire di fronte al rischio imminente del martirio e della sua effusione del sangue – la risposta di Benedetto XVI al termine della catechesi – è possibile soltanto perché l’apostolo non ha mai allontanato il suo sguardo da Cristo sino a diventargli conforme nella morte”.

AsiaNews, SIR

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa

Il ritorno del card. Ruini: dalle consultazioni per la crisi di governance della Curia alla presidenza della commissione internazionale su Medjugorje

Nel 2009 a Castel Gandolfo, in piena bufera per il “caso Williamson”, chiese aiuto e consiglio ai cardinali Angelo Scola, Christoph Schönborn, Angelo Bagnasco e Camillo Ruini (nella foto con Benedetto XVI) sperando che la notizia dell’incontro non venisse divulgata. Sabato scorso, invece, ha preferito agire diversamente. Messo alle strette da Vatileaks, sintomo di una importante crisi di governance della curia romana, Benedetto XVI ha dato il la ancora a un giro di consultazioni con dei cardinali che il portavoce vaticano padre Federico Lombardi ha definito di “grande e varia esperienza”. E, a scanso di equivoci, ha voluto che la cosa si sapesse. Come a dire: siamo in emergenza, ci troviamo in un regime di governo straordinario. Inutile, dunque, nascondersi. C’erano George Pell, Marc Ouellet, Jozef Tomko, Jean-Louis Tauran e, in rappresentanza dell’Episcopato italiano, Camillo Ruini. Dal “caso Boffo” in poi, il Pontificato in atto è anche la storia del tentativo di diverse eminenze italiane di portare la Chiesa oltre Ruini, la sua linea della presenza dei cattolici in politica all’interno di un regime di pluralismo politico, la battaglia sui princìpi e sui valori combattuta a colpi di “Family Day” e “pallottole di carta” da spedire indietro ai giornali nemici, un generale invito al laicato a uscire dalle sagrestie nel nome della non irrilevanza. Joseph Ratzinger, come il suo predecessore al Soglio di Pietro prima di lui, ha sempre condiviso questa linea e l’ha confermata anche una volta divenuto Papa, sebbene il problema dei peccati carnali dei preti, e il suo travolgente impatto mediatico, l’abbia convinto a portare il Pontificato verso lidi più penitenziali. Ma la stima a Ruini e alla sua linea è rimasta inalterata e l’invito fattogli due giorni fa - da lui, come dagli altri quattro cardinali, ha voluto consigli pratici per uscire dalla crisi – racconta anche questo. Il Papa ha puntato tutto il Pontificato sul tentativo di mettere Dio al centro della vita e della riflessione della Chiesa. Ruini l’ha seguito in questo, anzitutto nel suo lavoro alla guida del progetto culturale della CEI, prima un convegno su Dio, poi uno su Cristo, e, dal suo ritiro oltre il colle vaticano, nell’appartamento in cima al Seminario Minore Romano appena fuori le mura leonine, si è prestato, se richiesto, anche a consigli pratici. Tra questi anche consigli inerenti i suoi principali collaboratori, l’incarico da riconfermare o meno al Segretario di Stato Tarcisio Bertone anzitutto, ma anche, e forse soprattutto, quali azioni intraprendere per riportare la Santa Sede entro regimi di governo normali. Quello di Ruini non è comunque un ritorno in senso stretto. Il Papa già nei mesi scorsi l’ha avuto al suo fianco su due fronti delicati. La presidenza della commissione internazionale su Medjugorje che si dice sia vicina a un pronunciamento in merito alle presunte apparizioni della Madonna e soprattutto la presidenza della Fondazione Joseph Ratzinger, in sostanza tutto il suo patrimonio scrittorio. Non poco per un Papa teologo che si accinge a partire per il ritiro estivo di Castel Gandolfo con un principale progetto da portare a termine: la stesura del terzo volume del libro su Gesù di Nazaret.

Paolo Rodari, Il Foglio

Cavina: il Papa non si sarebbe mai immaginato di trovare tanto affetto e calore da persone che soffrono. Colpito dal contatto diretto con la gente

Mons. Francesco Cavina, vescovo della diocesi di Carpi, la più colpita dal terremoto, ha accompagnato Benedetto XVI durante tutta la sua visita, da quando è atterrato in elicottero a San Marino fino alla partenza per il Vaticano. È stato il vescovo a dare l’imput agli organizzatori per rendere l’evento il più familiare possibile, riducendo al minimo le rigidità imposte dal protocollo di sicurezza. La formula ha funzionato: il Papa ha potuto incontrare da vicino le persone e questo insolito modus operandi gli è piaciuto molto. Lo ha riferito a mons. Cavina nel tragitto di ritorno a San Marino. "Mi ha detto che non si sarebbe mai immaginato di trovare tanto affetto e calore da persone che soffrono: sia da parte del Pontefice che della popolazione è stato un momento di consolazione e gioia, si sono incontrati il cuore del padre e il cuore dei figli". Benedetto XVI, prosegue il vescovo, "è rimasto molto colpito dal contatto diretto con le persone, con cui ha potuto parlare guardandole negli occhi". Che era una visita fuori dagli schemi lo si è capito subito: il Papa ha voluto un contatto diretto anche con i giornalisti, a cui si è avvicinato davanti alla chiesa dicendo "facciamo il possibile per aiutarvi, grazie per il vostro lavoro". Poi tutte le persone che ha abbracciato e accogliendo molte persone anche ‘fuori programma’. Le sue parole, "non siete e non sarete soli" sono rimaste scolpite nella pietra. "Quando Benedetto XVI dice parole come queste non lo fa per raccogliere un consenso - dice mons- Cavina, che ha trascorso molti anni nella Segreteria di Stato Vaticana - ma perchè sa che manterrà quelle parole. Mi ha detto di tenerlo costantemente aggiornato su come procede la situazione". Sul palco con il Papa anche il card. Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna, che ha citato prima il don Camillo di Guareschi e poi ha raccontaco che alcuni giorni fa un bambino gli ha detto ‘ci sono tante crepe nelle nostre case, ma nessuna nei nostri cuori’, frase ripresa poi dal Papa. In prima fila anche il vescovo di Modena mons. Lanfranchi: "Ho visto che nella gente sta crescendo un senso di comunità e in questo la Chiesa può aiutare molto". Presente anche mons. Elio Tinti, che ha retto la diocesi di Carpi per undici anni fino a pochi mesi fa.

Silvia Saracino, Il Resto del Carlino

Pontificio Consiglio per i Laici commissaria la Comunità Missionaria di Villaregia dopo i gravi comportamenti immorali del prete fondatore

Il 22 maggio scorso, il Pontificio Consiglio per i Laici, dopo approfondita indagine, ha decretato la rimozione dalla carica di presidenti dei fondatori della Comunità Missionaria di Villaregia, padre Luigi Prandin e Maria Luigia Corona, e ha disposto la loro dimissione da membri dell'Associazione con l'ingiunzione di non risiedere in futuro in nessuna casa della medesima. Lo si legge in una nota pubblicata sul sito della comunità e confermata dal portavoce della Santa Sede Federico Lombardi. "Il provvedimento è avvenuto a seguito di numerose denunce firmate, pervenute al Pontificio Consiglio per i Laici, riguardanti gravi comportamenti immorali perpetrati nel passato da padre Luigi Prandin nei confronti di alcune missionarie maggiorenni. Tale azione disciplinare colpisce anche la fondatrice, Maria Luigia Corona, perché, pur essendo a conoscenza dei fatti, ha coperto e mentito", si legge nella nota del commissario pontificio padre Amedeo Cencini, religioso canossiano, che guiderà la comunità nella fase di ristrutturazione e risanamento sollecitata dalla Santa Sede. Il dicastero vaticano, precisa la nota, "ha inteso assolvere a un dovere di giustizia e dare una risposta fedele alle ripetute esortazioni del Santo Padre Benedetto XVI, che chiede di stabilire la verità di ciò che è accaduto in passato, prestando al contempo una particolare attenzione alle vittime e prendendo tutte le misure atte ad evitare che si ripeta in futuro". "Il provvedimento della Chiesa è grave, ma oltre a porsi nella linea della verità, con il coraggio e la sofferenza che ciò comporta, è e vuole essere anche un atto di grande fiducia e stima nei confronti della comunità di Villaregia e delle persone, missionarie, missionari, coppie di sposati e tutti quei volontari, che in gran numero e in modi diversi, hanno collaborato in questi anni per l'ideale missionario".

TMNews

Nota ufficiale del Commissario Pontificio

Lettera del segretario generale della Fraternità San Pio X: il preambolo dottrinale tornato quello di settembre, per mons. Fellay è inaccettabile

Il cammino verso la piena comunione con i lefebvriani potrebbe trovare nuovi ostacoli. Lo attesta una lettera circolare destinata ai superiori dei distretti e dei seminari della Fraternità San Pio X, datata 25 giugno ed è classificata come "confidenziale". Un sito web che segue con molta attenzione le vicende tradizionaliste l’ha resa nota. Si tratta di una comunicazione interna a firma di don Christian Thouvenot, segretario generale della Fraternità, spedita dalla Casa generalizia di Menzingen ai responsabili delle comunità lefebvriane. Thouvenot scrive che "secondo molteplici fonti concordanti" la versione del preambolo dottrinale, corretta dal superiore mons. Bernard Fellay, "sembrava soddisfare il Sovrano Pontefice". Il 13 giugno, si legge ancora nella lettera, il card. William Levada (nella foto con Benedetto XVI), prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, "ha consegnato al nostro superiore generale il testo di aprile, ma con correzioni tali da riproporre, in sostanza, le proposizioni" contenute nel preambolo dottrinale dato a Fellay nel settembre 2011. Si sarebbe cioè tornati praticamente alla prima dichiarazione dottrinale vaticana e gli emendamenti proposti dal superiore della Fraternità San Pio X sarebbero stati rifiutati. Thouvenot scrive quindi: "Fellay ha fatto subito sapere che non avrebbe potuto firmare questo nuovo documento, chiaramente inaccettabile. Il prossimo Capitolo permetterà di fare il punto" sul dossier relativo ai rapporti con la Santa Sede. Nella lettera si informa che Fellay ha anche revocato al vescovo Williamson la facoltà di partecipare al capitolo, "per le sue prese di posizione che invitano alla ribellione e per la sua disobbedienza continuamente ripetuta". Infine, don Thouvenot conferma la notizia già circolata riguardante la decisione dello stesso Fellay di rinviare delle ordinazioni di religiosi domenicani e cappuccini appartenenti alla Fraternità, previste per il 29 giugno, perché intende essere sicuro "della lealtà di queste comunità" prima "di imporre le mani sui loro candidati". Si confermano così le difficoltà che era possibile individuare tra le righe del comunicato della Fraternità San Pio X pubblicato dopo l’incontro in Vaticano del 13 giugno. Difficoltà delle quali ha parlato anche don Alain-Marc Nély, secondo assistente generale della Fraternità San Pio X, in un incontro con alcuni sacerdoti del distretto di Francia che si è tenuto lo scorso 21 giugno. Nely ha confermato che le ultimo modifiche contenute nella dichiarazione dottrinale consegnata da Levada a Fellay non soddisfano la Fraternità su punti essenziali quali il Concilio Vaticano II e il Novus Ordo Missae, cioè la Messa scaturita dalla riforma liturgica post-conciliare. La risposta del superiore lefebvriano arriverà dopo l’ormai prossimo capitolo generale. Fellay appare convinto dell’importanza di ristabilire la piena comunione, un obiettivo al quale, com’è noto, tiene in modo particolare Benedetto XVI. Don Nely ha sottolineato le parole con cui si concludeva il comunicato della Fraternità dopo l’ultimo incontro romano, quelle sulla speranza che si continui il dialogo per arrivare "a una soluzione per il bene della Chiesa e le anime".

Andrea Tornielli, Vatican Insider

L'invito del card. Vallini alla diocesi di Roma: il 29 giugno all'Angelus per esprimere al Papa filiale e profonda gratitudine per il suo ministero

Un invito a partecipare all’Angelus del 29 giugno, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, "per esprimere a Papa Benedetto la nostra filiale e profonda gratitudine per il Suo ministero alla nostra Chiesa e a quella universale". A formularlo è il cardinale vicario Agostino Vallini, in una lettera indirizzata ai parroci, ai sacerdoti, ai responsabili delle aggregazioni laicali e ai fedeli della diocesi. "La Solennità dei Santi Pietro e Paolo, Patroni della Città di Roma, ci invita - scrive il porporato - a ricordare le origini della nostra Chiesa e a ringraziare Dio per il ministero del Papa, Successore dell’Apostolo Pietro e Vescovo della nostra città. In questi anni il Santo Padre Benedetto XVI con paterna sollecitudine ha accompagnato la vita e la missione della nostra comunità ecclesiale". E qui il cardinale ricorda i tanti appuntamenti che hanno caratterizzato la costante attenzione del Papa per la sua diocesi, fin dall’inizio del pontificato. "Le visite alle parrocchie, ai luoghi dove gli uomini soffrono e dove è testimoniata la carità, gli annuali incontri in San Giovanni per l’apertura del Convegno diocesano, come l’11 giugno scorso - prosegue il cardinale nella lettera - hanno consolidato il legame fra gli abitanti di Roma e il loro Vescovo. Roma ama profondamente il Papa ed è grata alla Provvidenza che ha voluto che il Successore di Pietro avesse qui la propria cattedra. Per esprimere a Papa Benedetto la nostra filiale e profonda gratitudine per il Suo ministero alla nostra Chiesa e a quella universale - aggiunge il cardinale Vallini -, vi invito a partecipare numerosi il prossimo 29 giugno alle ore 12 all’Angelus in Piazza San Pietro". Recita dell’Angelus che si terrà dopo la celebrazione del Papa per la consegna del pallio ad alcuni nuovi arcivescovi metropoliti. "Affideremo la nostra preghiera - scrive ancora il cardinale - alla Vergine Maria, Madre della Chiesa, affinché Gesù, Buon Pastore custodisca e protegga il Santo Padre, negli ultimi tempi fatto oggetto di valutazioni e giudizi irriguardosi e falsi". C’è anche un invito ulteriore rivolto a tutte le realtà ecclesiali della diocesi. "Le parrocchie, le Associazioni e i Movimenti potranno preparare degli striscioni con i quali esprimere il loro affetto e il loro grazie a Papa Benedetto XVI. In particolare chiedo ai parroci e ai sacerdoti che seguono le diverse realtà ecclesiali di favorire e incoraggiare la partecipazione dei fedeli a questo momento di preghiera e di comunione ecclesiale. Confido di vedervi numerosi in Piazza San Pietro e, mentre vi porgo il mio saluto più cordiale, vi assicuro il mio costante ricordo nella preghiera".

RomaSette


L’invito del card. Vallini all’Angelus del 29 giugno

Televisori accesi domani in Vaticano per la semifinale degli Europei di calcio Italia-Germania. Anche Benedetto XVI potrebbe seguirla per pochi minuti

Italia-Germania avrà un sapore speciale anche Oltretevere. A un giorno dalla nuova sfida della Nazionale che domani allo stadio nazionale di Varsavia mette in palio un posto nella finale degli Europei 2012, cresce anche in Vaticano l'attesa per un match che per 90 minuti vedrà come tifosi di opposte 'curve' i porporati italiani e tedeschi. Non è escluso che davati agli schermi ci sia, anche se solo per pochi minuti, lo stesso Benedetto XVI, insieme allo sportivo mons. Georg Gänswein, segretario particolare di Papa Ratzinger. Alle 20.45, ora del calcio d'inizio, non si lavora negli uffici della Santa Sede. Non saranno perciò allestiti maxischermi oltre le mura aureliane, ma funzionari e religiosi non rinunceranno certo a seguire i colori del cuore. La rappresentanza di lingua tedesca in Vaticano è numerosa, senza contare cardinali di primo piano, tra i quali il teologo Walter Kasper. ''Lo sport deve unire sempre, è un messaggio di fraternita''', dice sorridendo all'agenzia Adnkronos padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, fugando il sospetto di 'litigi calcistici' tra il colonnato del Bernini. Nella sezione di lingua tedesca della Radio Vaticana lavorano invece sei giornalisti 'tifosi': uno svizzero, un'austriaca e 4 tedeschi. ''Vedremo di sicuro la partita - spiega il gesuita padre Bernard - alcuni tiferanno Italia, altri Germania. Spero in una sorpresa di Miroslav Klose, confidando anche sul fatto che i nostri calciatori hanno due giorni di riposo in piu' rispetto alla squadra di Prandelli. Comunque sara' la partita piu' interessante di questo torneo''. In Piazza San Pietro, a 'esorcizzare' lo spettro dell'undici tedesco allenato da Loew, ci pensano però i tunicati italiani che con le dovute formule latine di rito ricordano Italia-Germania del 1970 e il mitico 4-3 per gli azzurri. Chissà se sarà un altro 'cucchiaio' alla Pirlo a decidere anche del sonno dei monsignori.

Adnkronos

Novità nell'imposizione dei Palli presieduta dal Papa nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo: il rito sarà anticipato all'inizio della Messa

Venerdì prossimo, 29 giugno, in occasione della Santa Messa per la Solennità dei Santi Pietro e Paolo, che Benedetto XVI presiederà alle 9.00 nella Basilica Vaticana, sarà anticipato lo svolgimento del rito di benedizione e imposizione dei Palli agli arcivescovi metropoliti, che tradizionalmente avviene in questa circostanza. Lo slittamento della cerimonia di consegna della piccola fascia di lana bianca, che manifesta visibilmente l'autorità dei pastori delle maggiori arcidiocesi del mondo nell'unione con il vescovo di Roma, viene presentata in un'intervista a L'Osservatore Romano da mons. Guido Marini, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice. "La modifica è stata approvata dal Santo Padre ed è dovuta a tre diversi motivi, strettamente collegati l'uno con l'altro", spiega mons. Marini. Innanzitutto, "si intende abbreviare la lunghezza del rito. Infatti, si darà lettura dell'elenco dei nuovi arcivescovi metropoliti appena prima dell'ingresso della processione iniziale e del canto del 'Tu es Petrus', al di fuori della celebrazione vera e propria". In pratica, ed è questo il secondo motivo, "si preferisce evitare che la celebrazione eucaristica sia interrotta da un rito piuttosto lungo, il che potrebbe rendere più difficile la partecipazione attenta e raccolta alla Santa Messa. Basti considerare che il numero dei metropoliti si aggira ormai ogni anno intorno ai 45". Infine, "i riti che vengono inseriti nella celebrazione eucaristica dopo l'omelia sono normalmente riti sacramentali. L'imposizione del Pallio non ha invece in alcun modo natura sacramentale". Quest'anno son 46 i nuovi arcivescovi metropoliti a cui viene consegnato il Pallio. Due di essi, il ghanese Gabriel Justice Yaw Anokye e il canadese Valery Vienneau, non saranno presenti e il Pallio verrà consegnato loro nelle sedi metropolitane. Tra loro ci sono due cardinali, Rainer Maria Woelki di Berlino, e Francisco Robles Ortega di Guadalajara, e il patriarca di Venezia Francesco Moraglia. Il Paese maggiormente rappresentato è il Brasile con 7 presuli, seguito da Stati Uniti d'America, Canada e Filippine con 4, Italia e Polonia con 3, Messico, India e Australia con 2", spiega mons. Marini a L'Osservatore Romano. Oltre a Moraglia, gli italiani che ricevono il Pallio sono Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari.

TMNews

Novità nel rito dei Palli: il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice sulla Messa dei Santi Pietro e Paolo

Libretto della Celebrazione

Testimoni di fedeltà: il 27 giugno di 35 anni fa l'arcivescovo di Monaco e Frisinga Joseph Ratzinger veniva creato cardinale da Papa Paolo VI

Trentacinque anni fa, nel Concistoro del 27 giugno 1977, l’arcivescovo di Monaco e Frisinga, Joseph Ratzinger veniva creato cardinale da Papa Paolo VI. Insieme a lui ricevevano la porpora l’arcivescovo di Firenze, Giovanni Benelli, il propresidente della Commissione "Iustitia et Pax", l’arcivescovo Bernardin Gantin, e il vescovo titolare di Miseno, Luigi Ciappi, veniva inoltre resa pubblica la nomina, riservata in pectore nel Concistoro del 1976, del cardinale Francesco Tomásek, amministratore apostolico di Praga. Nell'allocuzione pronunciata nel corso del Concistoro pubblico il Papa disse: “I degnissimi e venerati ecclesiastici che abbiamo testé aggregato al numero dei cardinali, si distinguono tutti e precipuamente per questa dote: l’assoluta fedeltà, che da essi è stata vissuta, in questo periodo post-conciliare ricco di fermenti sani ma anche di elementi disgregatori, in una continua disponibilità, in un diuturno servizio, in una totale dedizione a Cristo, alla Chiesa, al Papa, senza flessioni, senza tentennamenti, senza transazioni. Nell’adempimento di delicatissimi incarichi, voi, che oggi chiameremo nostri venerati Fratelli, avete offerto davanti alla Chiesa intera una testimonianza incomparabile di fedeltà”. E rivolgendosi direttamente al neo cardinale: “Diamo attestato di questa fedeltà anche a Lei, card. Ratzinger, il cui alto magistero teologico in prestigiose cattedre universitarie della sua Germania e in numerose e valide pubblicazioni, ha fatto vedere come la ricerca teologica - nella via maestra della 'fides quaerens intellectum' - non possa e non debba andare mai disgiunta dalla profonda, libera, creatrice adesione al Magistero che autenticamente interpreta e proclama la Parola di Dio; e che ora, dalla Sede arcivescovile di Monaco e Frisinga, Ella guida con tanta nostra fiducia un eletto gregge sulle vie della verità e della pace”.

L'Osservatore Romano

Concistoro per la nomina di quattro cardinali (27 giugno 1977)

29 giugno 1977: Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo