venerdì 12 febbraio 2010

'Lectio divina' del Papa: quella di Dio è un'onnipotenza dell'amore. Il cristianesimo non è un moralismo eroico. La vera giustizia nell'amore creativo

Questo pomeriggio Papa Benedetto XVI si è recato in visita al Seminario Romano maggiore, alla vigilia della Festa della Madonna della Fiducia. Al suo arrivo il Pontefice è stato accolto dal cardinale vicario Agostino Vallini e dal rettore mons. Giovanni Tani. Nella cappella maggiore del seminario, introdotto dall'indirizzo di omaggio del rettore, il Papa ha tenuto una lectio divina per i seminaristi del Seminario Romano maggiore, del Seminario minore, dell'Almo collegio Capranica, del collegio diocesano 'Redemptoris Mater' e del seminario della Madonna del Divino Amore. Un lungo applauso di tutti i seminaristi di Roma accompagnato da alcuni "viva il Papa" ha accompagnato l'ingresso di Benedetto XVI nella cappella del Seminario.
Dio è onnipotente ma la sua è una onnipotenza dell'amore. Il Pontefice ha criticato quella teologia, anche cristiana, che per fare una ''povera apologia'' di Dio, per sottrarlo alla responsabilità del male del mondo, arriva a ridurne e metterne in discussione anche l'onnipotenza. L'uomo, per il Papa, tende istintivamente ad associare l'onnipotenza con la capacità di far male e di ''distruzione'' ma, ha obiettato, ''l'onnipotenza di Dio non è il mito dell'onnipotenza''. ''Se la sua potenza finisse dove inizia il potere del male - ha chiesto - come potremmo affidarci completamente al suo amore come invece facciamo'? Dio è amore e potere dell'amore''. Papa Ratzinger si è anche soffermato a lungo sull'idea che il cristianesimo ''non è un moralismo'', neppure uno ''eroico'': ''Non non siamo noi che dobbiamo fare quanto Dio si aspetta dal mondo, ma dobbiamo innanzitutto entrare in questo mistero ontologico: Dio dà se stesso, il suo essere, il suo amare precede il nostro agire e nel contesto del suo Corpo, nel contesto dello stare in Lui, identificati con Lui, nobilitati con il suo Sangue, possiamo anche noi agire con Cristo. Ma l’etica è conseguenza dell’essere…dobbiamo solo agire secondo la nostra nuova identità. Non è più un’obbedienza esteriore, ma una realizzazione del dono del nuovo essere”.
Il Papa, che ha parlato a braccio con davanti solo il testo del Vangelo, ha ricordato che ''la vera giustizia per il cristiano non consiste nell'obbedienza a alcune norme ma nell'amore creativo che trova da sè l'abbondanza del bene'', perchè ''non possiamo obbedire a una legge che sta contro di noi, ma dobbiamo agire secondo la nostra identità''. Abbondanza, spiega il Papa, è una delle parole chiave del Nuovo Testamento. Vivere la fede è vivere nell’entusiasmo di chi riceve da Dio la vita in abbondanza: “E chi è unito con Cristo, chi è tralcio della vite, vive da questa nuova legge, non chiede: ‘posso fare questo o no?’, ‘devo fare questo o no?’, ma vive in questo entusiasmo dell’amore che non domanda: ‘questo è necessario oppure proibito’, ma vuol semplicemente, nella creatività dell’amore, vivere con Cristo e per Cristo e dare tutto se stesso per Cristo e così entrare nella gioia del portare frutto”. Gesù poi dice: “Non vi chiamo più servi ma amici perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi”: “Non più servi che obbediscono a un ordine, ma amici che conoscono, che sono uniti nella stessa volontà, nello stesso amore. La novità quindi è che Dio si è fatto conoscere, che Dio si è mostrato, che Dio non è più il Dio ignoto, cercato, ma non trovato, ma solo intuito da lontano. Dio si è fatto vedere: nel volto di Cristo vediamo Dio, Dio si è fatto conoscere, è così ci ha resi suoi amici”. "Dio - sono state le sue parole - ha piantato una vigna in questo mondo, ha coltivato la sua vigna con l'intento di trovare frutti. Ed ha creato il suo popolo per trovare la risposta dell'amore: cerca l'amore della sua creatura, vuole entrare inuna relazione d'amore con il mondo tramite il popolo da lui eletto. Ma la storia concreta è di infedeltà: invece che l'uva arrivano piccole cose immangiabili. L'uomo si ritira, vuole avere il frutto per sè, la vigna viene devastata. Ma Dio non si arrende, trova un altro modo per arrivare, si fa uomo, diventa egli stesso la vite indistruttibile: non può essere distrutta, Dio stesso si è impiantato in questa vite. Ci chiama di essere in lui la nuova vite, a rimanere in lui. Il sangue di Cristo diventa nostro sangue, siamo ora imparentati col Figlio e così con l'amore eterno. Dobbiamo rimanere in questo nuovo dono del Signore, che ci ha fatto popolo in se stesso".
"Dio stesso - ha ripetuto il Papa - si fa uomo in noi ci chiede di entrare nella gioia del portare frutto: vi ho costituiti perchè andiate, è questo il dinamismo che vive nell'amore di Cristo". Riprendendo il passo del Vangelo di Giovanni con l'immagine della vite e dei tralci, metafora dell'unità tra Cristo e i suoi figli, ha sottolineato che "chi è unito con Cristo vive della sua legge, vive l'entusiamso dell'amore che non chiede 'questo è proibito?' o 'questo è necessario?'". Dunque, "la nuova legge è la grazia dello Spirito Santo, è un dono". Dio dà due indicazioni "rimanete e osservate i miei comandamenti. Il primo livello è stare con lui - ha concluso il Papa - quanto al secondo il cristianesimo non è moralismo, non siamo noi che dobbiamo fare quanto Dio si aspetta dal mondo, ma è lui che dà se stesso, cambia il nostro essere" e di conseguenza "il nostro agire". "Tante madri che pregano perche il figlio viva. Ma il Signore non le esaudisce". "Perche' questo accade?", si è chiesto il Papa. In proposito, Benedetto XVI ha citato il Vangelo di Luca che ci rassicura sulla Provvidenza: "se voi che siete cattivi date cose buone ai vostri figli, il Padre che è buono come potrà non ascolatarci?". "A Dio - però - non dobbiamo chiedere solo qualche piccola cosa, ma il dono divino: Dio stesso. Dobbiamo imparare a pregare la realtà divina". "E Lui risponde spesso alle preghiere, anche piccole, ma spesso anche le corregge". "Non posso pregare per cose che sono espressione del mio egoismo, non posso pregare per il male degli altri o per ciò che accresce il mio egoismo o la mia superbia". Il Papa ha aggiunto che la preghiera di chi si mette davanti a Dio, quasi occhi negli occhi, "diventa purificazione, liberazione da se stessi" e dal proprio egoismo, solo "così si apre il cammino della gioia".

Asca, Agi, Radio Vaticana


Il rettore del Seminario Romano Maggiore: la presenza del Papa un privilegio. Un giovane che riceve la chiamata nel suo percorso si affidi alla Chiesa

"La presenza del Papa è un privilegio, in quanto viene tra noi come vescovo di Roma nel suo seminario". Lo afferma il rettore del Seminario Romano Maggiore, mons. Giovanni Tani, in una intervista a L'Osservatore Romano' sulla visita di questo pomeriggio di Benedetto XVI. "Vorrei sottolineare l'importanza del fatto che il Papa incontrerà i circa 200 alunni dei seminari della diocesi di Roma, dunque non solo quelli presenti nel nostro - ha sottolineato mons. Tani -. Quando un giovane ha ricevuto la chiamata, uno degli ostacoli è la troppa introspezione. Riscontro un'insistenza nel girare intorno al proprio sentire, che conduce al soggettivismo. Cosa manca? Manca una concezione di fede, una fede più solida, più basata sulla roccia. Occorre un cammino che regga agli urti della vita e che permetta di fidarsi di più della parola udita". "Sarebbe importante riconoscere che più dell'ascolto di se stessi - conclude il rettore -, occorre affidarsi alla Chiesa, all'aiuto del padre spirituale, cioè a chi è in grado di indicare in maniera più oggettiva il percorso da seguire".

Apcom, Asca

La Commissione degli episcopati europei e la Caritas invitano i vescovi a incontrare i poveri in comunione con il Papa e seguendo il suo esempio

“Fare un gesto significativo e simbolico” nelle proprie diocesi, come “segno di unità spirituale” con il Papa e per “promuovere una più ampia e profonda comunione ecclesiale al servizio dei poveri nel 2010”. E’ questo l’invito della Commissione degli episcopati delle comunità europee e di Caritas Europa, che in occasione dell’Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale, e in concomitanza con la visita di Benedetto XVI ad alcuni progetti della Caritas di Roma, in programma domenica prossima, esortano le Chiese europee a organizzare “simili incontri” il 14 febbraio, come “segno di comunione” con il Santo Padre, che “durante questa visita incontrerà spiritualmente tutti i poveri d'Europa, come espressione di solidarietà nei loro confronti”. Definendo il Papa “un esempio per tutti noi”, Comece e Caritas Europa lanciano dunque questa iniziativa congiunta per domenica prossima, festa dei santi patroni d’Europa, Cirillo e Metodio, o nelle settimane successive. Mons. Adrianus van Luyn, presidente della Comece, e padre Erny Gillen, presidente di Caritas Europa, hanno inviato una lettera a tutti i vescovi membri della Comece e di tutte le organizzazioni Caritas in Europa. In seguito a questo invito, diverse visite si svolgeranno in più di 60 diocesi in tutta Europa. A Kosptal in Lussemburgo, mons. Fernand Franck visiterà un centro di accoglienza per persone che soffrono la povertà e l'esclusione. A Hajnowka in Polonia, mons. Antoni Dydycz sta preparando una visita ai prigionieri nella diocesi di Drohiczyn. La mensa della Caritas di Genova ''Auxilium'' in Italia darà il benvenuto al card. Angelo Bagnasco, mentre nella diocesi di Seckau Graz in Austria mons. Egon Kapellari si recherà in visita a Marienstuberl per pranzare con le persone senza fissa dimora. Il card. Cristoph Schonborn visiterà il Centro Caritas per i senzatetto ''Gruft'' di Vienna.

SIR

Il presidente dei vescovi romeni a Benedetto XVI: la aspettiamo nel nostro Paese per confortare la nostra testimonianza e incontrare l'intero popolo

“Un rispettoso e deferente” invito a visitare la Romania “per confortare la testimonianza che in esso rendono i fedeli greco-cattolici e romano-cattolici, e per incontrare l'intero popolo romeno e recare alle sue Chiese l'abbraccio di pace della Chiesa che presiede nella carità”. Si è concluso così il discorso che mons. Ioan Robu, arcivescovo di Bucarest e presidente della Conferenza Episcopale di Romania ha rivolto questa mattina al Papa. L’arcivescovo ha messo al corrente il Santo Padre di una serie di preoccupazioni che stanno a cuore alla Chiesa Cattolica romena. “Ci dobbiamo confrontare – ha detto - con una società in cui molto alto è il tasso di famiglie segnate da separazioni e divorzi; una società in cui il materialismo ha condotto a considerare l'aborto quale metodo di pianificazione delle nascite; una società in cui la miseria ha prodotto il fenomeno dell'abbandono dei bambini”. Per far fronte a tali emergenze, la Chiesa di Romania sta sviluppando “sempre di più la pastorale dei giovani e delle famiglie”, nonché potenziando “il servizio sociale della Caritas”. “A tutti noi – ha proseguito mons. Robu – sta particolarmente a cuore il dialogo con al Chiesa Ortodossa”. L’arcivescovo ha parlato al Papa del problema, non ancora risolto, della restituzione degli edifici sacri confiscati dal regime alla Chiesa greco-cattolica nel 1948. “E’ nostra convinzione – ha detto l’arcivescovo di Bucarest - che i medesimi luoghi di culto potrebbero ben essere utilizzati dai greco-cattolici e dagli ortodossi con celebrazioni svolte di comune accordo in momenti diversi”. Mons. Robu ha poi aggiunto: “Va comunque rilevato che, al di là di tutte queste questioni, insieme ai nostri fratelli ortodossi, proprio perché abbiamo tante cose in comune, stiamo sviluppando promettenti collaborazioni a livello sociale (tramite la Caritas), in ambito spirituale (grazie all'opera di diverse associazioni laicali), ma pure nel settore accademico”. Altro motivo di preoccupazione per i cattolici di Romania è “l'atteggiamento assunto dalle autorità politiche in merito alla Cattedrale di San Giuseppe, monumento storico-architettonico, di importanza nazionale e internazionale, della città di Bucarest. Le nostre istanze, presentate al Presidente della Repubblica e al Governo, sono cadute nel vuoto e quello che potremmo definire un 'ecomostro' cresce sempre più a fianco del sacro e storico edificio”. Al Papa i vescovi hanno anche parlato della “massiccia migrazione dei romeni nelle altre regioni dell’Unione Europea in cerca di un lavoro”. “Una questione – ha detto Robu – che investe direttamente e profondamente l'azione pastorale della Chiesa, sia in patria, sia all'estero”.

SIR

Il Papa: un costruttivo dialogo ortodosso-cattolico fermento di unità e concordia per l'intera Europa e contributo alla crescita morale della società

“Un deciso impegno per favorire la presenza dei valori cristiani nella società”. Lo ha chiesto Papa Benedetto XVI incontrando questa mattina in Vaticano i 16 vescovi romeni di rito romano e greco cattolico ai quali si è aggiunto mons. Anton Cosa, vescovo di Chisinau nella Repubblica Moldava, per la visita 'ad limina apostolorum'. Nel suo discorso il Papa ha parlato della famiglia ed ha ricordato come anche in quei Paesi “non sono poche le insidie verso l'istituzione familiare in una società secolarizzata e disorientata. Le famiglie cattoliche dei vostri Paesi – ha detto il Papa - che, durante il tempo della prova, hanno testimoniato, talora a caro prezzo, la fedeltà al Vangelo, non sono immuni dalle piaghe dell'aborto, della corruzione, dell'alcolismo e della droga, come pure del controllo delle nascite mediante metodi contrari alla dignità della persona umana”. Per “combattere queste sfide”, occorre promuovere “consultori parrocchiali” ed “organizzare meglio la pastorale giovanile” perché soprattutto “i giovani possano conoscere i valori autentici” del cristianesimo. “La Chiesa vuole dare il suo contributo determinante alla costruzione di una società riconciliata e solidale, capace di far fronte al processo di secolarizzazione in atto”. In un contesto in cui i valori cristiani “tradizionali” vanno “riproposti e rafforzati”, “risulta particolarmente importante la testimonianza di fraternità tra cattolici e ortodossi”. “Prevalga sulle divisioni e sui dissidi e apra i cuori alla riconciliazione”. Il Papa si è detto “consapevole delle difficoltà”. Ed ha aggiunto: “auspico che si possano trovare soluzioni adeguate, in quello spirito di giustizia e carità che deve animare i rapporti tra fratelli in Cristo”. Poi il pensiero di Benedetto XVI è andato al viaggio che nel 1999 Giovanni Paolo II realizzò in Romania compiendo per la prima volta un “viaggio apostolico in una Nazione a maggioranza ortodossa”. Secondo il Papa “un ambito di collaborazione oggi particolarmente importante tra Ortodossi e Cattolici riguarda la difesa delle radici cristiane dell'Europa e dei valori cristiani e la comune testimonianza su temi come la famiglia, la bioetica, i diritti umani, l’onestà nella vita pubblica, l'ecologia”. “L’impegno unitario su tali argomenti – ha concluso il Santo Padre - offrirà un importante contributo alla crescita morale e civile della società. Un costruttivo dialogo tra Ortodossi e Cattolici non mancherà di essere fermento di unità e di concordia non solo per i vostri Paesi, ma anche per l’intera Europa”. Il Papa non ha mancato di esortare i presuli a “proporre ai fedeli un itinerario di fede cristiana matura e responsabile”, sottolineando che “conservare e tramandare il patrimonio della fede è un compito di tutta la Chiesa ma soprattutto dei vescovi”. Infine, nell’Anno Sacerdotale, il Papa ha chiesto ai presuli romeni di interessarsi alle condizioni spirituali e materiali e al loro aggiornamento teologico e pastorale.