giovedì 3 giugno 2010

Messa del Corpus Domini. Il Papa: il sacerdozio di Cristo comporta la sofferenza e trasforma l'estrema violenza in atto supremo d'amore e di giustizia

Il sacerdote è “legato” all’Eucaristia e lo mostra in modo pieno e particolare il rapporto tra l’Eucaristia e il sacerdozio di Cristo. Papa Benedetto XVI ha presieduto questa sera la Santa Messa nella Solennità del Corpus Domini. Giornata cupa, a Roma: la notizia dell’assassinio in Turchia di mons. Luigi Padovese ha provocato “grandissimo sconcerto e dolore” nel Papa e un temporale, seguito da un cielo rimasto minaccioso ha costretto a celebrare all’interno della cattedrale di Roma invece che in Piazza San Giovanni in Laterano la Messa. Annullata anche la processione che, tradizionalmente, vede il Papa e fedeli andare da San Giovanni alla Basilica di Santa Maria Maggiore. “Il sacerdozio del Nuovo Testamento – ha detto Benedetto XVI ai fedeli, che hanno riempito tutti gli spazi della Basilica - è strettamente legato all’Eucaristia. Per questo oggi, nella solennità del Corpus Domini e quasi al termine dell’Anno Sacerdotale, siamo invitati a meditare sul rapporto tra l’Eucaristia e il Sacerdozio di Cristo”. Prendendo spunto dalle letture e dal Vangelo di oggi, Benedetto XVI ha evidenziato come “la prima cosa che occorre sempre ricordare è che Gesù non era un sacerdote secondo la tradizione giudaica. La sua non era una famiglia sacerdotale. Non apparteneva alla discendenza di Aronne, bensì a quella di Giuda, e quindi legalmente gli era preclusa la via del sacerdozio. La persona e l’attività di Gesù di Nazaret non si collocano nella scia dei sacerdoti antichi, ma piuttosto in quella dei profeti. E in questa linea, Gesù prese le distanze da una concezione rituale della religione, criticando l’impostazione che dava valore ai precetti umani legati alla purità rituale piuttosto che all’osservanza dei comandamenti di Dio, cioè all’amore per Dio e per il prossimo, che ‘vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici’. Persino all’interno del Tempio di Gerusalemme, luogo sacro per eccellenza, Gesù compie un gesto squisitamente profetico, quando scaccia i cambiavalute e i venditori di animali, tutte cose che servivano per l’offerta dei sacrifici tradizionali".
"Dunque, Gesù non viene riconosciuto come un Messia sacerdotale, ma profetico e regale. Anche la sua morte, che noi cristiani giustamente chiamiamo ‘sacrificio’, non aveva nulla dei sacrifici antichi, anzi, era tutto l’opposto: l’esecuzione di una condanna a morte, per crocifissione, la più infamante, avvenuta fuori dalle mura di Gerusalemme”. “Allora, - ha chiesto il Papa - in che senso Gesù è sacerdote? Ce lo dice proprio l’Eucaristia. Possiamo ripartire da quelle semplici parole che descrivono Melchisedek: ‘offrì pane e vino’. E’ciò che ha fatto Gesù nell’ultima Cena: ha offerto pane e vino, e in quel gesto ha riassunto tutto se stesso e tutta la propria missione. In quell’atto, nella preghiera che lo precede e nelle parole che l’accompagnano c’è tutto il senso del mistero di Cristo”, della sua passione, che è “una preghiera” e “un’offerta”. “Gesù affronta la sua ‘ora’, che lo conduce alla morte di croce, immerso in una profonda preghiera, che consiste nell’unione della sua propria volontà con quella del Padre. Questa duplice ed unica volontà è una volontà d’amore. Vissuta in questa preghiera, la tragica prova che Gesù affronta viene trasformata in offerta, in sacrificio vivente. Dice la Lettera agli Ebrei che Gesù "venne esaudito". In che senso? Nel senso che Dio Padre lo ha liberato dalla morte e lo ha risuscitato. E’ stato esaudito proprio per il suo pieno abbandono alla volontà del Padre: il disegno d’amore di Dio ha potuto compiersi perfettamente in Gesù, che, avendo obbedito fino all’estremo della morte in croce, è diventato ‘causa di salvezza’ per tutti coloro che obbediscono a Lui. E’ diventato cioè sommo Sacerdote per avere Egli stesso preso su di sé tutto il peccato del mondo, come ‘Agnello di Dio’. E’ il Padre che gli conferisce questo sacerdozio nel momento stesso in cui Gesù attraversa il passaggio della sua morte e risurrezione. Non è un sacerdozio secondo l’ordinamento della legge mosaica, ma ‘secondo l’ordine di Melchisedek’, secondo un ordine profetico, dipendente soltanto dalla sua singolare relazione con Dio”.
“Il sacerdozio di Cristo comporta la sofferenza. Gesù ha veramente sofferto, e lo ha fatto per noi”, le parole di Benedetto XVI, secondo il quale Gesù “non aveva bisogno di imparare l’obbedienza a Dio, ma noi sì, ne abbiamo sempre bisogno. Perciò il Figlio ha assunto la nostra umanità e per noi si à lasciato ‘educare’ nel crogiuolo della sofferenza, si è lasciato trasformare da essa, come il chicco i grano che per portare frutto deve morire nella terra”. La passione, allora, “è stata per Gesù come una consacrazione sacerdotale. Egli non era sacerdote secondo la Legge, ma lo è diventato in maniera esistenziale nella sua Pasqua di passione, morte e risurrezione: ha offerto se stesso in espiazione e il Padre, esaltandolo al di sopra di ogni creatura, lo ha costituito Mediatore universale di salvezza”. Tornando all’altro elemento, cioè all’Eucaristia, il Papa ha detto che “in essa Gesù ha anticipato il suo Sacrificio, un Sacrificio non rituale, ma personale. Nell’Ultima Cena Egli agisce mosso da quello ‘spirito eterno’ con il quale si offrirà poi sulla Croce. Ringraziando e benedicendo, Gesù trasforma il pane e il vino. E’ l’amore divino che trasforma: l’amore con cui Gesù accetta in anticipo di dare tutto se stesso per noi. Questo amore non è altro che lo Spirito Santo, lo Spirito del Padre e del Figlio, che consacra il pane e il vino e muta la loro sostanza nel Corpo e nel Sangue del Signore, rendendo presente nel Sacramento lo stesso Sacrificio che si compie poi in modo cruento sulla Croce. Possiamo dunque concludere che Cristo è stato sacerdote vero ed efficace perché era pieno della forza dello Spirito Santo, era colmo di tutta la pienezza dell’amore di Dio, e questo proprio ‘nella notte in cui fu tradito’, proprio nell’'ora delle tenebre'. E’ questa forza divina, la stessa che realizzò l’Incarnazione del Verbo, a trasformare l’estrema violenza e l’estrema ingiustizia in atto supremo d’amore e di giustizia. Questa è l’opera del sacerdozio di Cristo, che la Chiesa ha ereditato e prolunga nella storia, nella duplice forma del sacerdozio comune dei battezzati e di quello ordinato dei ministri, per trasformare il mondo con l’amore di Dio. Tutti, sacerdoti e fedeli, ci nutriamo della stessa Eucaristia, tutti ci prostriamo ad adorarLa, perché in essa è presente il nostro Maestro e Signore, è presente il vero Corpo di Gesù, Vittima e Sacerdote, salvezza del mondo. Venite, esultiamo con canti di gioia! Venite, adoriamo!”.

Lombardi: nessun motivo politico o di intollerenza religiosa dietro l'uccisione di mons. Padovese. La famiglia: voleva molto bene al suo autista

Dietro la morte di mons. Luigi Padovese (foto), vicario apostolico in Turchia, ''non ci sono motivi di carattere politico o di intolleranza religiosa''. Lo ha detto, intervistato da SKYTg24, padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana. Riferendosi all'autista del presule, accusato dall'omicidio, padre Lombardi ha osservato che ''da diversi giorni dava segni di poco equilibrio, di confusione e depressione''. ''Siamo sconcertati e addoloratissimi dalla notizia dell'uccisione di mons. Padovese, che ci aspettavamo di incontrare a Cipro domenica prossima per il viaggio del Papa - ha detto ancora padre Lombardi -. Siamo sommersi dalle testimonianze di grandissima ammirazione verso mons. Padovese che era davvero un ponte tra la Chiesa Cattolica e la società turca''. La scorsa settimana Padovese era a Milano ed è passato a trovare i suoi familiari. E lì, solo con loro, si era confidato: era preoccupato per la salute di Murat, il suo autista, che stava male e mostrava segni di disagio psichico. E aveva confessato di provare paura a stare in casa con lui. L’allarme era scattato ma non è bastato a salvarlo. È stato ucciso da chi doveva proteggerlo in una terra dove i cristiani rischiano la vita: Murat, curdo di poco più di 30 anni, era più di un autista per mons. Luigi Padovese. Era il suo factotum. Da oltre quattro anni viveva a casa dell’alto prelato che ospitava anche il fratello handicappato, giardiniere dell’episcopio, un antico convento di frati poi ceduto al vescovo. "Di lui si era sempre fidato ciecamente, gli voleva molto bene", raccontano i familiari di Padovese, che Murat lo hanno incontrato più volte, viaggiava spesso con lui, doveva accompagnarlo anche a Cipro per incontrare il Papa. Sono straziati dal dolore, non si danno pace, increduli che tra le mille insidie che doveva affrontare quotidianamente sia stato ucciso da una mano "amica". "All’inizio dello scorso anno aveva firmato per non avere più la scorta: la situazione fuori era migliorata, Murat bastava, diceva, con lui si sentiva protetto", raccontano sgomenti. Poi qualcosa è cambiato.

Asca - Alessandra Muglia, Corriere della Sera.it

Il Papa a Cipro. Mons. Twal: segno della sua sollecitudine e preoccupazione per questa terra in cui alcuni hanno più paura della pace che della guerra

L'attacco israeliano alla flotta pacifista che voleva portare aiuti umanitari a Gaza ha mostrato come nella classe politica del Paese ''il buon senso manchi totalmente'' e si abbia ''più paura della pace che della guerra''. Lo ha detto, in un'intervista alla Radio Vaticana alla vigilia del viaggio di Papa Benedetto XVI a Cipro, il Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal. ''L'attacco di Israele - ha affermato il presule - non ha fatto altro che aggravare la situazione. Il buon senso manca totalmente lì. Se la gente vede che la politica è fatta solamente da reazioni di paura, non possiamo fare niente. Manca la pace, manca la fiducia, manca la buona volontà e forse tocca a noi e a loro, alla comunità internazionale, fare qualcosa per creare una mentalità di pace, per cambiare il modo di pensare e non avere paura della pace. Finora, alcuni hanno più paura della pace che della guerra. Eppure la pace è bella, ne abbiamo bisogno e merita tutti i nostri sacrifici''. Quanto al viaggio del Pontefice, mons. Twal ha detto di essere ''felice di vedere il Santo Padre visitare nuovamente la Terra Santa, di visitare di nuovo il Patriarcato latino, visto che l'isola di Cipro è parte integrante del Patriarcato latino di Gerusalemme. Siamo felici, è un segno in più della sua sollecitudine e preoccupazione per questa terra, senza dimenticare l'aspetto della comunione, l'aspetto dell'ecumenismo, che con questo gesto lui compie, sia con le autorità ortodosse e religiose cipriote che quelle civili. Siamo molto, molto felici''. Per il Patriarca, ''Cipro ha una cosa in comune con Gerusalemme: i muri che stanno a due passi da qui, che separano l'Isola in due parti, nord e sud. Noi siamo abituati a questi muri di vergogna che separano la gente, le famiglie, le proprietà, le parrocchie, i preti, i parrocchiani. E' un dramma che continua. Noi non dimentichiamo che siamo ancora una Chiesa del Calvario e la Croce ormai è il nostro pane quotidiano, senza dimenticare che il Calvario non è lontano da una tomba vuota. Siamo la Chiesa della Resurrezione e della speranza. Tocca a noi, capi religiosi, insieme al Santo Padre, incoraggiare la gente a non aver paura, ad andare avanti. C'è una dimensione spirituale, c'è un Dio che è con noi, che ci ama, che ci perdona. Non dobbiamo avere paura''.

'Corpus Domini' in Turchia. Il sacrificio eucaristico del vescovo Padovese. La sua lettura della situazione politica, culturale e religiosa del Paese

Era in procinto di partire per Cipro, incontro a Benedetto XVI. Ma è stato ucciso alla vigilia, giovedì 3 giugno, festa del Corpus Domini. Il suo sacrificio è la faccia più vera della Turchia, così lontana dalla cartolina da sogno dipinta dal ministro degli esteri di Ankara nell’intervento citato due giorni fa in questo blog, due post più sotto. Luigi Padovese (foto), 63 anni, milanese, francescano cappuccino, amò e percorse passo passo la Turchia dapprima come ricercatore e docente di patrologia, nonché preside della Pontificia Università Antonianum di Roma. In tale veste promosse più di venti simposi di studio su San Paolo, a Tarso, e su San Giovanni, a Efeso. Dal novembre 2004 era vescovo, vicario apostolico per l’Anatolia, con sede a Iskendurun. Era presidente della Conferenza Episcopale. La sua lettura della situazione politica, culturale e religiosa della Turchia era molto realistica. L’agenzia MissiOnLine del Pontificio Istituto Missioni Estere di Milano ha rimesso in rete dopo la sua uccisione una conferenza da lui tenuta nel 2007, che illumina sul dramma che vivono i cristiani in quel paese. Nella parte finale, mons. Padovese sintetizzava così – “per evitare facili irenismi” – l’abisso che separa la visione cristiana di Dio da quella musulmana: “Grande è la distanza che separa le due religioni. Occorre anzitutto sapere che l’islam si considera la rivelazione ultima, più completa e più razionale. Ne consegue che quanti non la seguono sono su un piano di netta inferiorità; diventare cristiano, per un musulmano, significa regredire a uno stato inferiore. Stando così le cose, richiedere la reciprocità in rapporto alla libertà religiosa è un’utopia. La potrà richiedere un islamico in un paese cristiano, ma non l’inverso. Concretamente la libertà di coscienza non esiste nell’islam e l’esercizio delle altre religioni non è libero, bensì tollerato. “Per ebrei e cristiani Dio ha creato l’uomo ‘a sua immagine e somiglianza’. Per l’islam ciò appare un’assurdità, perché contrasta con la trascendenza assoluta di Dio. In effetti, questo versetto della Genesi non compare nel Corano, che pure riporta l’episodio biblico della creazione. La ragione è che Dio non può uscire dal suo isolamento. Il confine tra Dio e l’uomo rimane invalicabile con la conseguenza che il primo è troppo trascendente per poter amare ed essere amato. Soltanto i mistici sufi – presumibilmente per influenze cristiane – hanno messo l’accento sull’amore di Dio per l’uomo e dell’uomo per Dio. “Un’altra conseguenza riguarda il concetto di dignità dell’uomo, che per cristiani ed ebrei si fonda a partire da questa stessa dottrina biblica di essere a immagine e somiglianza di Dio. Tanto per esemplificare, osserviamo come la lotta per il riconoscimento della dignità e libertà umana abbia trovato in ambito cristiano motivazioni e impulsi profondi a partire dalla ‘parentela’ intrecciata da Dio con l’uomo (maschio e femmina!) e restaurata in Cristo. Le teologie che intendono liberare l’uomo dalle diverse schiavitù dei nostri giorni non trovano forse il loro fondamento ultimo nel testo della Genesi (1, 26): ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza’? Non così per l’islam, che trae tutta la sua normativa dal Corano. Proprio considerando questa vicinanza tra Dio e l’uomo, mediata poi da Cristo, si capisce come l’etica cristiana primitiva si configura più come risposta nella fede a questo Dio inteso come partner che non come adeguamento a una norma. La cosa risulta tanto più chiara se si osserva che tra i 99 titoli riservati a Dio nell’islam manca quello di Padre e, dunque, manca un principio ispiratore della morale personalista cristiana”. Sicuramente, il vescovo Padovese non ebbe difficoltà a capire e a condividere in pieno la lezione di Ratisbona di Papa Joseph Ratzinger. Il 5 febbraio scorso, quarto anniversario dell’uccisione a Trebisonda di don Andrea Santoro, aveva detto alla Radio Vaticana: “Don Andrea fu ucciso come simbolo, in quanto sacerdote cattolico. Non è stata uccisa soltanto la persona, ma si è voluto colpire il simbolo che la persona rappresentava: ricordarlo in questo momento, all’interno dell’anno dedicato ai sacerdoti, è ricordare a tutti noi che la sequela di Cristo può arrivare anche all’offerta del proprio sangue”.

Sandro Magister, Settimo Cielo

Clicca qui per leggere l’intervento integrale su Mondo e Missione di mons. Padovese

Il Papa a Cipro. Interviste all'arcivescovo ortodosso Chrysostomos II e al nunzio apostolico mons. Antonio Franco

«La Cipro ortodossa così accoglie il Papa»

Le attese della popolazione di Cipro nell'intervista al nunzio apostolico Antonio Franco dalla visita del Papa un valore aggiunto nel cammino verso la pace

Il nunzio apostolico in Turchia: siamo tutti costernati dall'uccisione di mons. Padovese, c’è il pericolo che questa comunità rimanga segnata

“Una doccia fredda. Non abbiamo elementi precisi a parte l’autore che è il suo autista, persona che mons. Padovese ha sempre trattato molto bene secondo il suo stile”. Così mons. Antonio Lucibello, nunzio apostolico in Turchia, parla all'agenzia SIR dell’uccisione di mons. Luigi Padovese (foto). “A Iskenderun c’è il vicario generale perché si renda conto della vicenda. Domani andrà anche l’arcivescovo di Smirne, mons. Franceschini, predecessore di mons. Padovese alla presidenza dei vescovi turchi. Non conosciamo altri dettagli. Siamo tutti costernati, siamo una piccola comunità anche i capi sono pochi e avanzati negli anni. C’è il pericolo che questa comunità rimanga segnata”. Mons. Lucibello non vede “legami tra l’omicidio di don Santoro e quello di mons. Padovese”. “Ringrazio la CEI - conclude il nunzio - che nelle persone del card. Bagnasco e del segretario generale, mons. Crociata, subito ha espresso profondo cordoglio”. "Al momento attuale - ha detto ancora Lucibello all'agenzia Ansa - non ho notizie più dettagliate. Ma da quanto ho appreso, l'autista di mons. Padovese, Murat, avrebbe ammesso le proprie responsabilità. E' strano perché io sempre visto quest'uomo come una persona molto devota a Padovese e sempre servizievole". La polizia turca ha arrestato il presunto autore dell'omicidio Murat. Lo ha confermato all'Ansa l'ambasciatore d'Italia ad Ankara, Carlo Marsili, che è in costante contatto con le autorità della provincia di Hatay, dove si trova la città di Iskenderun. L'arrestato, ha detto ancora Marsili, "sembra che abbia accoltellato mons. Padovese nel giardino di casa. L'uomo era al suo servizio da quattro anni e, tra l'altro, il vescovo si era fatto accompagnare da lui in Italia già due volte. E proprio pochi giorni fa mons. Padovese aveva chiesto per la terza volta un visto d'ingresso in Italia per questo Murat". "Per adesso sappiamo che la polizia lo sta ancora interrogando - ha aggiunto l'ambasciatore - ma sulle motivazioni del gesto ancora non si possono fare anticipazioni. Sul posto si é recato il nostro console a Izmir, Simon Carta, e già vi si trova un nostro console onorario e il governatore della provincia di Hatay, Mehmet Celalettin Lekesiz, per seguire insieme gli sviluppi della vicenda", ha concluso Marsili.

SIR, Ansa

'Quanti in tutto il mondo hanno conosciuto il sacrificio di don Santoro e sono stati confermati nella volontà di vivere per Cristo e morire per Lui'

“Non è mai giusto sopprimere una vita per affermare una idea. Non è mai giusto ritenere che chi non la pensa come noi è nel torto e va annientato. Questo è fondamentalismo che distrugge la società perché distrugge la convivenza. Questo fondamentalismo, a qualsiasi religione o partito politico appartenga, potrà forse vincere qualche battaglia, ma è destinato a perdere la guerra. Ed è la storia che ce l’insegna”. Sono parole di mons. Luigi Padovese (foto), presidente dei vescovi della Turchia, ucciso oggi a coltellate a Iskenderun. Parole pronunciate il 5 febbraio nel corso della Messa in suffragio di don Andrea Santoro, a quattro anni dalla sua uccisione nella chiesa di Santa Maria a Trabzon mentre pregava. Parole che oggi risuonano per lo stesso mons. Padovese che in quel giorno ebbe ancora a dire: “Il sangue che don Andrea ha versato in questa Chiesa non è stato inutile. Pensiamo a quanti fratelli e sorelle in tutto il mondo hanno conosciuto il suo sacrificio e sono stati confermati nella volontà di vivere per Cristo e, se necessario, di morire per Lui. Questo umile sacerdote, conosciuto da pochi, con la sua morte è divenuto testimone per molti. Chi voleva farlo scomparire, in realtà ha prodotto l’effetto contrario”.

Padre Lombardi: dal Papa grandissimo sconcerto e dolore per l'uccisione di mons. Padovese. I cristiani della regione non si scoraggino

Papa Benedetto XVI ''è stato subito informato'' dell'assassinio del Vicario apostolico in Anatolia, mons. Luigi Padovese (foto) è ha espresso ''grandissimo sconcerto e dolore''. Lo ha detto il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Padre Lombardi ha poi detto che il Pontefice si è subito raccolto in preghiera. Un "fatto orribile", "incredibile", "siamo costernati". Il vescovo avrebbe dovuto partecipare, da domani, al viaggio del Papa a Cipro, e ricevere da lui, insieme agli altri responsabili e patriarchi cattolici della regione, il documento di lavoro del prossimo Sinodo per il Medio Oriente, in cui si parla anche delle violenze contro i cristiani. Padre Lombardi ha chiarito che il viaggio di Benedetto XVI a Cipro non subirà alcuna variazione. "Cio che è accaduto - ha detto padre Lombardi- è terribile, pensando anche ad altri fatti di sangue in Turchia, come l'omicidio alcuni anni fa di don Santoro". "Vi sarà necessità di capire meglio anche le circostanze o i moventi di questa morte; rimane che è una vita donata per il Vangelo. E alla vigilia di un viaggio del Papa verso il Medio Oriente anche proprio per incoraggiare le comunità cristiane che vivono in questa regione, questo fatto fa capire molto profondamente quale problema di solidarietà della Chiesa universale, di sostegno per queste comunità cristiane sia assolutamente urgente, necessario”. "Preghiamo - ha aggiunto - perché il Signore lo ricompensi del suo grande servizio per la Chiesa e perchè i cristiani non si scoraggino e, seguendo la sua testimonianza così forte, continuino a professare la loro fede nella regione".

Asca, Corriere della Sera.it, Radio Vaticana

Ancora sangue tra i cristiani del Medio Oriente: ucciso a coltellate in Turchia mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell'Anatolia

Mons. Luigi Padovese (foto), vicario apostolico dell'Anatolia, è stato ucciso a Iskenderun. Lo ha confermato il nunzio apostolico in Turchia mons. Antonio Lucibello. Il prelato sarebbe stato aggredito a coltellate. Mons. Padovese è stato pugnalato a morte nella sua casa a Iskenderun, città sul Mediterraneo. Trasferito d'emergenza in ospedale, vi è morto poco dopo a causa delle ferite. Secondo l'emittente turca Ntv il killer del prelato italiano sarebbe il suo autista. Padovese, di origine milanese, lavorava nella diocesi di Iskenderun, nota anche come Alessandretta, vicino ad Antiochia, ed era vicario apostolico per l'Anatolia. Nel 2006 un sacerdote cattolico, Andrea Santoro, fu ucciso a Trabzon (Trebisonda) in un attacco attribuito a ultranazionalisti. Luigi Padovese era nato a Milano il 31 marzo del 1947. Il 4 ottobre del 1965 fa la prima professione nei frati cappuccini ed esattamente 3 anni dopo quella solenne. Il 16 giugno del 1973 viene ordinato sacerdote. Professore titolare della cattedra di Patristica alla Pontificia Università dell'Antonianum. Fino ad essere ordinato vescovo è stato per 16 anni direttore dell'Istituto di Spiritualità nella medesima università. Professore invitato alla Pontificia Università Gregoriana e alla Pontificia Accademia Alfonsiana. Per 10 anni è stato visitatore del Collegio Orientale di Roma per la Congregazione delle Chiese Orientali. Consulente della Congregazione per le Cause dei Santi. L'11 ottobre 2004 viene nominato Vicario Apostolico dell'Anatolia e vescovo titolare di Monteverde. Viene consacrato a Iskenderun il 7 novembre dello stesso anno.

Tgcom, Avvenire

Corpus Domini. Il Papa: Gesù bussa alla porta del nostro cuore e chiede di entrare per sempre. Inginocchiarsi davanti a Lui professione di libertà

In Vaticano ricorre oggi la Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, che in Italia e in altri Paesi sarà celebrata domenica prossima. Alle ore 19 di stasera, Benedetto XVI sarà in San Giovanni in Laterano per celebrare la Santa Messa sul sagrato della Basilica. Al termine, guiderà come da tradizione la Processione eucaristica lungo via Merulana, fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore.
Tra i mille feticci – naturali, culturali, ideologici, mediatici – che uomini e donne di ogni epoca hanno via via eletto a numi tutelari delle loro esistenze, depositari di speranze e ambizioni, simboli cui prosternarsi e non di rado sacrificare la vita, la storia della fede si è snodata portando generazioni di cristiani a inginocchiarsi davanti a un unico segno, di disarmante semplicità: un pane spezzato e condiviso. Santi noti e sconosciuti sono i capifila di queste generazioni che hanno tratto e traggono, dal contatto quotidiano con quel segno, sapienza, coraggio, ispirazione, fedeltà. Perché è questo che dal Cenacolo in qua porta in dote l’Eucaristia a chi ha scelto di lasciarsi attrarre, tra mille offerte di verità, dalla verità di un Dio fattosi carne e pane.
"Adorare il Dio di Gesù Cristo, fattosi pane spezzato per amore, è il rimedio più valido e radicale contro le idolatrie di ieri e di oggi. Inginocchiarsi davanti all’Eucaristia è professione di libertà: chi si inchina a Gesù non può e non deve prostrarsi davanti a nessun potere terreno, per quanto forte. Noi cristiani ci inginocchiamo solo davanti al Santissimo Sacramento, perché in esso sappiamo e crediamo essere presente l’unico vero Dio, che ha creato il mondo e lo ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito" (22 maggio 2008).
Un amore totalmente gratuito, ogni giorno vicino e raggiungibile, frantumato in milioni di parti per arrivare a tutti. E’ questa l’inarrivabile novità del Dio Eucaristia rispetto agli idoli umani, che pretendono adorazione da chi li osanna, spesso dimenticando di fare il loro bene. Al contrario, ripete il Papa: “Dio ci ha creati liberi, ma non ci ha lasciati soli”. Per amore dell’uomo ha chiesto al Figlio di farsi luce, strada, cibo.
“Come la manna per il popolo d’Israele, così per ogni generazione cristiana l’Eucaristia è l’indispensabile nutrimento che la sostiene mentre attraversa il deserto di questo mondo, inaridito da sistemi ideologici ed economici che non promuovono la vita, ma piuttosto la mortificano; un mondo dove domina la logica del potere e dell’avere piuttosto che quella del servizio e dell’amore; un mondo dove non di rado trionfa la cultura della violenza e della morte” (7 giugno 2007).
Chi vive di Eucaristia impara a farsi cibo per gli altri. Nonostante i limiti umani, osserva Benedetto XVI, “la vocazione di ciascuno di noi è quella di essere, insieme a Gesù, pane spezzato per la vita del mondo”: “La festa del Corpus Domini vuole rendere percepibile, nonostante la durezza del nostro udito interiore, questo bussare del Signore. Gesù bussa alla porta del nostro cuore e ci chiede di entrare non soltanto per lo spazio di un giorno, ma per sempre” (7 giugno 2007).
Oggi, il Corpus Domini, il Corpo del Signore, lascia i tabernacoli ed esce tra le case, in mezzo alla gente, per mostrare il suo segno tra i mille segni che le popolano. “Il Santissimo Sacramento che questa sera è portato processionalmente attraverso le nostre strade ispiri fede e stupore per la salvezza e la vita che dona al mondo”, dirà tra qualche ora il Papa nella preghiera introduttiva della Messa in San Giovanni in Laterano. E in un’altra riflessione di qualche anno fa osservava: “Nella processione noi seguiamo questo segno e così seguiamo Lui stesso. E lo preghiamo: ‘Guidaci sulle strade di questa nostra storia!... Guarda l’umanità che soffre, che vaga insicura tra tanti interrogativi; guarda la fame fisica e psichica che la tormenta! Dà agli uomini pane per il corpo e per l’anima! Dà loro lavoro! Dà loro luce! Dà loro te stesso!... Unisci la tua Chiesa, unisci l’umanità lacerata!” (15 giugno 2006).

Radio Vaticana


Il Papa a Cipro. Il responsabile dei media: il Paese ha bisogno del sostegno di chi, come Benedetto, può rinfrancare il percorso di riconciliazione

“Cipro ha bisogno di aiuto e sostegno da tutti coloro che, come il Papa, possono contribuire alla soluzione del nostro problema. L’isola di Cipro è uno Stato membro dell’Ue, ma continua a soffrire da decenni a causa dell’occupazione turca e delle divisioni del suo popolo, greci e turchi, che dovrebbero poter vivere insieme. Il contributo di chiunque possa rinfrancare il percorso di riconciliazione che abbiamo avviato è essenziale”. E’ questo il messaggio politico del viaggio apostolico di Benedetto XVI a Cipro, da domani al 6 giugno, nelle parole di Antonios Skoullos, maronita, responsabile dei rapporti con i media per il Comitato organizzatore della Chiesa Cattolica. La settimana scorsa, infatti, sono ripresi i colloqui tra i massimi leader politici dell’Isola. “Il fatto stesso che cerchiamo di parlarci gli uni gli altri è incoraggiante – spiega il responsabile al sito Terrasanta.net - cercare una soluzione pacifica e negoziata al conflitto, anziché quella militare è positivo e sono sicuro che arriveremo a una soluzione. Certamente occorrerà tempo. Ci vorrà più tempo di quanto non si dica, ma credo che sia meglio giungere a un risultato concreto e soddisfacente piuttosto che essere frettolosi. Da cittadino comune vedo le cose in modo positivo. Continuare a discutere è un bene e sarei molto deluso se di qui a qualche mese dovessero dirci che i negoziati vengono interrotti”.

SIR