martedì 29 marzo 2011

Le scuole calcio dei club di Lega Pro domani all'Udienza generale del Papa. Oltre 100 bambini giocheranno a pallone in Piazza San Pietro

Oltre 100 bambini festanti giocheranno a pallone in Piazza San Pietro. Così domani comincerà la giornata di emozioni che vedrà una folta delegazione della Lega Pro di calcio partecipare all'Udienza generale di Papa Benedetto XVI. A partire dalle 8.30, i bambini provenienti dalle scuole calcio dei club di Lega Pro coloreranno la storica piazza, come consuetudine gremita di fedeli. Per l'occasione, verranno appositamente montati 10 campetti con tanto di porte, nel pieno rispetto della sacralità del luogo, dove i ragazzi potranno cimentarsi con tutto il loro entusiasmo a caccia di un gol che ricorderanno a lungo. All'incontro parteciperanno il presidente della Lega Pro Mario Macalli, i vicepresidenti Salvatore Lombardo e Archimede Pitrolo, il direttore generale Francesco Ghirelli, il segretario generale Sergio Capograssi, Giorgio Veneri, selezionatore dell'Italia Lega Pro, oltre a dirigenti e dipendenti. Al termine verrà consegnata al Papa una maglia celebrativa e una targa ricordo.

Calciomercato.com

Chrysostomos II: Benedetto XVI conosce le difficoltà che vivono i cristiani a Cipro, se potesse alzerebbe la voce. A Ratisbona fu molto chiaro

Sua Beatitudine Chrysostomos II (nella foto con Benedetto XVI), primate della Chiesa Ortodossa di Cipro, fondata dall’apostolo Barnaba, la più antica comunità cristiana dopo Gerusalemme, è appena uscito col suo lungo abito nero dall’appartamento del Papa. Dice: “Il motivo della visita è soltanto uno, chiedere ancora una volta aiuto. Al Papa e tramite il Papa alla comunità europea affinché faccia qualcosa per i cristiani costretti come noi, e come tutti in medio oriente, a vivere sotto lo scacco di regimi militari che dietro una parvenza di democrazia intendono esclusivamente islamizzare ogni cosa”. Cipro nel 1974 ha subìto l’invasione turca. Metà isola andò in mano ad Ankara che attraverso coloni illegali ha ripopolato un territorio un tempo in mano ai ciprioti. Dice Chrysostomos: “In Europa c’è chi crede che la Turchia sia un Paese democratico e pronto all’entrata nella comunità. Io dico a questa gente: aprite gli occhi. Venite a Cipro a vedere le nostre chiese distrutte e ridotte a porcili. Nessuno può dire Messa. Nessuno è libero di tornare nelle proprie case. E’ questa democrazia?”. Spiega Chrysostomos che Benedetto XVI è informatissimo delle difficoltà che i cristiani vivono a Cipro e che “se potesse alzerebbe la voce”. Cioè? “Ha capito che le dichiarazioni di fuoco purtroppo non servono a nulla. Ha capito che non sempre si può dire fino in fondo ciò che si pensa. E così ci aiuta per come può. A Ratisbona nel 2006 fu molto chiaro: l’islam deve rinunciare alla violenza, deve rinunciare a usare il nome di Dio per giustificare il proprio odio religioso. Beninteso, conosco tutti i leader mediorientali delle diverse comunità islamiche e la maggior parte è gente di buon senso. Ma, mi domando: sono capaci di emarginare i violenti? Sono capaci di calmierare i predicatori dell’odio che, piaccia o no, fanno parte delle loro stesse comunità?”. Probabilmente non è un caso che Chrysostomos sia arrivato a Roma mentre, sotto l’egida dell’Onu e con il coinvolgimento della Nato, diversi paesi intervengono militarmente in Libia. Dice: “Spesso i paesi occidentali svolgono azioni militari in nome della difesa dei diritti umani. E’ avvenuto in Iraq, in Afghanistan. Ora, senza arrivare alla guerra, perché questi stessi paesi così solerti nell’esportazione della democrazia non provano a spingere la Turchia a cambiare? Perché non la costringono ad adeguarsi a uno stile di vita veramente moderno ed europeo? In Italia giustamente siete preoccupati per l’arrivo di migliaia di profughi dalla Libia. Ma voi potete decidere quale strategia adottare. Potete accogliere i profughi oppure rimandarli indietro se la situazione divenisse insostenibile. Noi no. Noi non possiamo fare nulla. Hanno occupato le nostre case, sventrato i nostri orti, la terra dove i nostri nonni sono cresciuti. I coloni occupano tutto, anche le case dei turco ciprioti ai quali venne concesso nel 1974 di restare nelle proprie abitazioni. Anche loro sono vittime del regime islamico turco. E’ una grave ingiustizia sulla quale la religione islamica dovrebbe fare un grosso esame di coscienza. L’islam avanza e prende sempre più terreno. A Cipro siamo più esposti di voi ma è un problema che riguarda tutta l’Europa”.

Paolo Rodari, Il Foglio

Il Papa: lavorare con attenzione ed entusiasmo per accompagnare le famiglie nella scoperta del progetto di amore che Dio ha sulla persona umana

Messaggio di Papa Benedetto XVI in occasione dell’incontro a Bogotà, in Colombia, dal 28 marzo al 1° aprile, dei vescovi responsabili delle Commissioni episcopali della Famiglia e della Vita in America Latina e nei Caraibi. “La famiglia è il valore più caro per i popoli di queste nobili terre. Perciò, la pastorale familiare ha un posto importante nell’azione evangelizzatrice di ognuna delle Chiese particolari, promuovendo la cultura della vita e lavorando affinché i diritti delle famiglie siano riconosciuti e rispettati”. Ma molte famiglie, sottolinea il Santo Padre, soffrono a causa di molteplici "situazioni avverse provocate da rapidi mutamenti culturali, dall’instabilità sociale, dai flussi migratori, dalla povertà, da programmi di educazione che banalizzano la sessualità e da false ideologie". Di fronte ad un simile scenario, "non possiamo rimanere indifferenti". "Nel Vangelo – aggiunge il Papa nel messaggio letto dal card. Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia - troviamo la luce per rispondere a queste sfide senza scoraggiarci. Cristo con la sua grazia ci spinge a lavorare con attenzione ed entusiasmo per accompagnare ciascun membro delle famiglie nella scoperta del progetto di amore che Dio ha sulla persona umana". Sarà importante, quindi, qualsiasi impegno volto a sostenere la "famiglia, fondata sull’unione indissolubile tra un uomo e una donna", in modo che "svolga la sua missione di cellula viva della società, sorgente di virtù, scuola di convivenza costruttiva e pacifica, strumento di concordia e ambito privilegiato in cui, con gioia e responsabilità, sia accolta e protetta la vita umana dal suo inizio fino alla sua fine naturale”. Si deve anche continuare ad incoraggiare i genitori “nel loro diritto e responsabilità fondamentale di educare le nuove generazioni alla fede e ai valori che nobilitano l’esistenza umana”. Il Pontefice non dubita che “la missione continentale promossa ad Aparecida, e che tante esperienze sta suscitando dovunque, serva per ravvivare negli amati Paesi latinoamericani e dei Caraibi la pastorale matrimoniale e familiare. La Chiesa fa affidamento sulle famiglie cristiane, chiamandole a essere un vero soggetto di evangelizzazione e apostolato e invitandole a prendere coscienza della loro missione preziosa nel mondo”. “Incoraggio, allora, tutti i partecipanti a questa significativa riunione a sviluppare nelle loro riflessioni le grandi linee pastorali individuate dagli episcopati riuniti ad Aparecida – prosegue Benedetto XVI -, favorendo in questo modo che la famiglia possa vivere un profondo incontro con Cristo attraverso la scuola della sua Parola, la preghiera, la vita sacramentale e l’esercizio della carità”. In questo modo, “la si aiuterà a mettere in pratica una solida spiritualità che favorisce in tutti i suoi membri una decisa aspirazione alla santità, senza paura di mostrare la bellezza degli alti ideali e delle esigenze etiche e morali della vita in Cristo”. Per promuovere questo, spiega il Papa, “è necessario incrementare la formazione di tutti quelli che, in un modo o nell’altro, si dedicano all’evangelizzazione della famiglia”. Allo stesso modo, “è importante tracciare cammini di collaborazione tra tutti gli uomini e le donne di buona volontà per continuare a tutelare intensamente la vita umana, il matrimonio e la famiglia in tutta l’area”. Il Pontefice conclude il messaggio manifestando il suo affetto e la sua solidarietà “a tutte le famiglie dell’America latina e dei Caraibi, in particolare a quelle che si trovano in situazioni di difficoltà”.

Il card. De Paolis: sono i Legionari di Cristo che si devono salvare con la nostra presenza, se loro non cambiano, noi non possiamo far nulla

Occorre fare attenzione a che la ricerca della verità su eventuali complicità delle quali può aver goduto il fondatore dei Legionari di Cristo padre Marcial Maciel tra i religiosi dell'istituto non diventi "una caccia alle streghe" o "motivo di conflitti interni" e soprattutto che "non si corra il rischio di sacrificare la buona fama di persone innocenti". Lo afferma il card. Velasio De Paolis (nella foto con Benedetto XVI), delegato del Papa per "accompagnare" i Legionari verso il necessario rinnovamento dopo la scoperta dei crimini e delle infedeltà del loro fondatore, spiegando perchè non ha ancora deciso se creare o meno una commissione d'indagine che lo aiuti nella ricerca della verità, alla quale intende comunque arrivare. "Si dice spesso che i superiori della Legione - spiega il porporato in un intervista alla tv messicana Televisa - non potevano non sapere: in qualche modo l'affermazione ha una sua validità ma non si può dire che tutti sapessero. Alcuni certamente hanno saputo, ma questi erano un'esigua minoranza, ed è difficile anche individuarli". E in ogni caso i complici "certamente non erano solo i superiori". De Paolis ammette però che a sei mesi dall'inizio del suo mandato, sembra che nelle Legione non sia cambiato molto perchè i superiori sono rimasti al loro posto. Ma, aggiunge, "non sotto un certo profilo di governo, ma sull'altro profilo è cambiato tutto perchè chi governa non sono più i superiore da soli, ma sono i superiori con cinque consiglieri e questo, penso, sia una garanzia". Personalmente, chiarisce, "non mi sento messo dal Santo Padre per tagliare teste, teoricamente i superiori dovrebbero arrivare al capitolo generale fra due anni e mezzo o tre ma la Santa Sede potrebbe rimuoverli anche domani, non hanno nessun posto acquisito". Ad eleggere i nuovi superiori saranno poi i religiosi, perchè rileva De Paolis a nome dei membri delle commissioni che lo affiancano per volontà del Papa, "noi non ci sostituiamo a loro, non siamo così ingenui da credere che la Legione la salviamo noi, sono i Legionari che si devono salvare con la nostra presenza, se loro non cambiano, noi non possiamo far nulla". Quanto agli organismi già costituiti, spiega, "la Commissione di avvicinamento non è un tribunale, non intende giudicare eventuali misfatti, delitti, questo appartiene ai tribunali, ai tribunali civili, se è di competenza del tribunale Civile o del tribunale Ecclesiastico, se è di sua competenza". "Questa commissione di avvicinamento alle vittime ha - cioè - solo compiti di verifica delle pretese che alcuni avanzano nei confronti della Legione, in rapporto specialmente al comportamento del padre Marcial. Si seguiranno i criteri di giustizia e carità", prevedendo cioè una indennizzazione in base al danno ricevuto dalla persona e anche dalla sua sitiazione economica e da quella della Legione. "Per ciò che riguarda - infine - la commissione economica, per il momento non sono emersi grandissimi problemi, ma solo problemi di una certa rilevanza". Inoltre "con l'esplosione dello scandalo sono venute meno anche certe entrate, sia perchè magari le scuole non hanno potuto più andare in avanti per mancanza di alunni e sia anche perchè la carità, in qualche modo, da parte di qualcuno, è venuta meno".

Agi

Asia Bibi: incontrare il Papa il mio sogno più grande, sapere che segue il mio caso mi ha dato speranza, mi fa sentire amata, consolata e sostenuta

Dal carcere di Sheikupura, dove è rinchiusa in cella di isolamento, Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per blasfemia, lancia al mondo un appello per realizzare un sogno: quello di incontrare il Papa. Asia, come confida all’agenzia Fides il marito Ashiq, che l’ha visitata di recente, si trova in condizioni di estrema prostrazione fisica e psicologica. Ashiq e gli avvocati della “Masihi Foundation”, che si occupano del caso, temono per la sua salute, aggravata dal digiuno quaresimale che, per ragioni spirituali, la donna sta portando avanti “con coscienza e convinzione”. “Un incontro con il Papa sarebbe per lei come una Risurrezione, dopo la dolorosa esperienza della croce”, spiegano alla “Masihi Foundation”. “Sono frustrata e penso che la mia vita sia ad un punto morto. Sto disperatamente aspettando di uscire da questa prigione e voglio chiedere aiuto a tutti perché facciano qualcosa per liberarmi” ha detto Asia, che è molto preoccupata per la sua famiglia: “Ho paura per la mia vita, per quella dei miei figli e di mio marito, che stanno soffrendo con me: mi sento come se la mia intera famiglia fosse stata condannata. Questo mi rende triste e mi fa sentire come se fossi responsabile, come se avessi fallito in qualcosa. Le donne in questo mondo sono chiamate a costruire una casa, un futuro, insieme alle loro famiglie. Ma io che futuro posso promettere alla mia famiglia? Vorrei offrire loro una vita più sicura in un posto qualunque che non sia il Pakistan. Ma so che forse non vivrò abbastanza per vedere quel giorno. Anche se io uscissi di prigione, se pure l’Alta Corte mi giudicasse innocente, qui non sopravviverei. Gli estremisti non ci lasceranno mai in pace: sono una donna segnata. Ma la mia fede è forte e credo che Dio misericordioso risponderà alle mie preghiere”. Dopo la morte di Salman Taseer e di Shahbaz Bhatti, la donna dice di essere sotto choc e di passare molte notti insonni, temendo che lei stessa o altre persone, come i suoi familiari o i suoi legali, possano diventare bersaglio degli estremisti. Asia ricorda che “la legge sulla blasfemia dovrebbe essere abolita, perché nuoce a tutti, cristiani e musulmani. Nessuno sarà al sicuro in Pakistan finchè questa legge sarà in vigore. Io sono una vittima innocente di questa legge: soffro senza aver commesso nessun crimine”. Un barlume di speranza nei suoi occhi si accende quando parla di Papa Benedetto XVI: “Il mio sogno più grande è quello di incontrare Papa Benedetto XVI. La ‘Masihi Foundation’ mi ha detto che il Santo Padre ha parlato di me: questo mi ha dato una grande speranza, mi ha spinto a continuare a vivere, mi ha fatto sentire amata, consolata e sostenuta dal mondo intero. E’ un privilegio sapere che il Papa ha parlato per me e che segue il mio caso personalmente. Vorrei vivere abbastanza per vedere il giorno in cui potrò incontrarlo e ringraziarlo di persona”.

Fides