martedì 6 novembre 2012

'L'infanzia di Gesù'. Prevista in Italia una tiratura iniziale di 300mila copie. Il libro di Benedetto XVI uscirà in libreria intorno al 21 novembre

E' di 300 mila copie la tiratura prevista in Italia per il nuovo libro di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, "L'infanzia di Gesù", terzo volume della trilogia di Ratzinger su Cristo, in uscita nel nostro Paese in una coedizione Rizzoli-Libreria Editrice Vaticana. Per l'atteso volume, bestseller annunciato per il prossimo Natale, sono in corso le operazioni di stampa: il libro, edito da Rizzoli, dovrebbe arrivare il libreria intorno al 21 novembre.

Ansa

Card. Koch: di fronte agli ebrei, il Papa mi ha incaricato di presentare la questione in maniera corretta, la dichiarazione ‘Nostra aetate’ non è minimamente rimessa in discussione dal Magistero della Chiesa

“Di fronte agli ebrei, il Santo Padre mi ha incaricato di presentare la questione in maniera corretta: ‘Nostra aetate’ non è minimamente rimessa in discussione dal Magistero della Chiesa, come il Papa stesso ha più volte dimostrato con i suoi discorsi, i suoi scritti ed i suoi gesti personali nei confronti dell’ebraismo; un riavvicinamento con la Fraternità sacerdotale San Pio X non significa assolutamente che le posizioni di detta Fraternità vengano accettate o appoggiate”. La questione lefebvriana è il nodo cruciale affrontato dal card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei Cristiani, parlando nei giorni scorsi alla Plenaria della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo che si è tenuta in Vaticano dal 28 al 30 ottobre. È la terza volta (dopo gli incontri del 1982 e del 2005) che la Commissione organizza una plenaria riunendo a Roma i consultori e i delegati delle singole Conferenze Episcopali, responsabili per i rapporto con l’ebraismo. Tra le questioni affrontate durante l’incontro, un bilancio sui dialoghi intrapresi, una panoramica delle iniziative locali, la possibilità di introdurre una “Giornata dell’ebraismo” a livello delle singole Conferenze Episcopali e la celebrazione del 50° anniversario di “Nostra aetate” che avrà luogo il 28 ottobre 2015. Nella prolusione il card. Kurt Koch, che presiede la Commissione vaticana per i rapporti religiosi con l’ebraismo, dedica il primo paragrafo alla “questione lefebvriana” per chiarire dubbi e false interpretazioni generate dalla “possibilità di una riammissione della Fraternità sacerdotale San Pio X nella Chiesa cattolica romana” e riaffermare che la dichiarazione conciliare “Nostra aetate” è e rimane “a tutt’oggi il documento fondante, la Magna Charta del dialogo della Chiesa cattolica romana con l’ebraismo” nonché “la bussola cruciale di tutti gli sforzi tesi a promuovere il dialogo ebraico-cattolico”. Il cardinale precisa: “È stata sollevata, e non solo da parte ebraica, la questione dell’importanza e della validità della Dichiarazione conciliare ‘Nostra aetate’. Gli ebrei temevano che, attraverso un eventuale atto di reintegrazione di una serie di sacerdoti e credenti con tendenze antigiudaiche, i quali respingono fondamentalmente ‘Nostra aetate’, la Chiesa cattolica potesse dare una nuova direzione al dialogo con l’ebraismo o quanto meno che l’importanza di questa Dichiarazione conciliare per tutta la Chiesa potesse essere relativizzata”. Anche “da parte cattolica – aggiunge il card. Koch - a volte sono state udite voci” secondo le quali “Nostra aetate” farebbe parte delle “Declarationes” che avrebbero una minore importanza ed il cui carattere vincolante potrebbe essere considerato più limitato rispetto a quello degli altri testi. Ma non è così perché “dal punto di vista del contenuto” tutti i testi conciliari “non possono essere separati gli uni dagli altri o contrapposti” ma devono essere “visti e considerati seriamente nella loro interrelazione”. “Nostra aetate” ricorda “il profondo legame che unisce spiritualmente il popolo della Nuova Alleanza alla stirpe di Abramo”. “Essa – prosegue il card. Koch - afferma in maniera decisa che deve essere evitato ogni disprezzo, svilimento e oltraggio nei confronti dell’ebraismo e, ancora di più, sottolinea esplicitamente le radici ebraiche del cristianesimo. Viene inoltre scardinata l’accusa di ‘deicidio’ che sfortunatamente è stata rivolta in blocco agli ebrei in vari luoghi nel corso dei secoli”. E nella lotta contro ogni forma di antisemitismo, “gli ebrei continuano pertanto ad essere confortati dalla speranza di poter ancora avere nella Chiesa cattolica un’affidabile alleata nella lotta contro l’antisemitismo, che nel mondo odierno non è stato tutt’ora estirpato”. Gratitudine è stata poi espressa dal card. Koch per gli sforzi di dialogo intrapresi da Benedetto XVI “fin dall’inizio del suo pontificato” per “intensificare le relazioni con gli ebrei. Su ciò – ribadisce il cardinale - non può sussistere alcun dubbio”. E nel ricordare le tappe più importanti di questa storia di “amicizia” tra il Papa e gli ebrei, il cardinale chiosa: “Possiamo affermare con gratitudine che nessun altro Papa nella storia ha visitato tante sinagoghe quanto Benedetto XVI”. Anche i dialoghi intrapresi con l’“International Jewish Committee on Interreligious Consultations” (Ijcic) e il Gran Rabbinato di Israele hanno contribuito nel corso di questi 40 anni a tessere rapporti così che “il tradizionale scontro si è trasformato in proficua collaborazione, la bellicosità è stata sostituita dalla capacità di gestire positivamente i conflitti e la semplice coesistenza è divenuta solida amicizia. I legami di amicizia intessuti in questo periodo si sono rivelati resistenti, di modo che è stato possibile affrontare insieme anche temi controversi senza correre il rischio di arrecare danni duraturi al dialogo”.

SIR

Intervento del presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani: il valore permanente della 'Nostra aetate'

Sinodo dei vescovi 2012. Don Carrón: Israele si fece umile e divenne una presenza in grado di rendere testimonianza al suo Signore, libero da qualsiasi pretesa egemonica di identificare la propria sicurezza con un possesso e con una riuscita umana

"In questi tempi, davanti a quanto accade al nostro movimento, mi viene spesso alla mente l’esperienza del popolo d’Israele. Mi auguro che non ci debba capitare ciò che è successo ad esso: rifiutandosi di ascoltare i richiami dei profeti, il popolo fu portato in esilio". Lo scrive in una lettera resa nota oggi don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione. Carrón ricorda quanto accaduto al popolo d’Israele rimasto sordo alla voce dei profeti e portato in esilio: "Solo allora, spogliato di tutto, capì dove la stava la sua vera consistenza. Israele si fece umile e divenne una presenza in grado di rendere testimonianza al suo Signore, libero da qualsiasi pretesa egemonica di identificare la propria sicurezza con un possesso e con una riuscita umana. Attraverso la durezza di quella circostanza – l’esilio – , Dio purificò il Suo popolo e lo fece risplendere in mezzo a tutti". In un altro passaggio della lettera, Carrón, appena tornato dal Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione al quale ha partecipato come membro per volere di Benedetto XVI, scrive: "Sentendo la chiamata alla conversione che veniva dall’Aula sinodale, non ho potuto evitare di ricordare il richiamo che ci fece don Giussani tanti anni fa a Viterbo, invitandoci a 'recuperare la verità della nostra vocazione e del nostro impegno'. Perché anche noi, ci diceva, corriamo il rischio di 'ridurre il nostro impegno a una teorizzazione di metodo socio-pedagogico, all’attivismo conseguente e alla difesa politica di esso, invece che riaffermare e proporre all’uomo nostro fratello un fatto di vita'". Don Giussani, continua il presidente di CL, "domandava: 'Ma un fatto di vita dove si appoggia? Dov’è la vita? La vita sei tu'. Eppure tante volte a noi questa posizione sembra troppo poco concreta, inincidente storicamente, una sorta di 'scelta religiosa'. Infatti, continuava don Giussani, 'per molti di noi che la salvezza sia Gesù Cristo e che la liberazione della vita e dell’uomo, qui e nell’aldilà, sia legata continuamente all’incontro con lui è diventato un richiamo ‘spirituale’. Il concreto sarebbe altro: è l’impegno sindacale, è far passare certi diritti, è la organizzazione'". Carrón nella lettera cita molte espressioni di Benedetto XVI, a partire dall’introduzione fatta a braccio dal Papa il primo giorno del Sinodo, quando ha detto: "La Chiesa non comincia con il 'fare' nostro, ma con il “fare” e il 'parlare' di Dio. Così gli apostoli non hanno detto, dopo alcune assemblee: adesso vogliamo creare una Chiesa, e con la forma di una costituente avrebbero elaborato una costituzione. No, hanno pregato e in preghiera hanno aspettato, perché sapevano che solo Dio stesso può creare la sua Chiesa, che Dio è il primo agente: se Dio non agisce, le nostre cose sono solo le nostre e sono insufficienti; solo Dio può testimoniare che è Lui che parla e ha parlato". Dunque, ha osservato il sacerdote spagnolo succeduto a don Giussani, "il nostro contributo si può inserire solo nel dinamismo messo in moto da Dio stesso attraverso il suo Spirito".
 
Andrea Tornielli, Vatican Insider
 

Anno della fede. Le prime parole del Catechismo della Chiesa Cattolica: il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo. Può essere veramente realizzato e compiuto

“Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo”, ecco le prime parole del Catechismo. Quest'affermazione significa che per l’uomo è costitutivo il rapporto personale con l’Infinito. Dio disse: Ti amo Adamo, e così Adamo fu creato. Pertanto Sant’Agostino nelle sue “Confessioni” scrive: “Ci hai fatti per te e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te”. Il desiderio di Dio non è l'errore di un'evoluzione cieca o un'assurda pretesa dell’uomo che vuole arrivare all’Infinito. Può essere veramente realizzato e compiuto. Il Catechismo sottolinea che l’uomo è capace di Dio, perché così è stato creato, da Dio e per Dio. Allora questo “essere capace” di trovarsi in comunione con Dio non è un’invenzione illusoria, ma ci è dato dal nostro Creatore e Salvatore. E proprio in questo consiste la ragione suprema della dignità umana. Ma sentiamo veramente in noi il desiderio di Dio? Il Catechismo dice che questo desiderio possa essere “dimenticato, misconosciuto e perfino esplicitamente rifiutato dall’uomo”. Potremmo quindi negare la voce profonda del cuore? Una delle cause di un tale atteggiamento può essere “la ribellione contro la presenza del male”. Poi, ci possiamo comportare come il seme evangelico seminato tra le spine: le preoccupazioni del mondo e delle ricchezze soffocano in noi il desiderio primario. Le altre cause dell’offuscamento del desiderio di Dio che indica il Catechismo sono: il cattivo esempio dei credenti, le correnti di pensiero ostili alla fede, e soprattutto la tendenza dell’uomo peccatore di nascondersi davanti a Dio. Prendi dunque il Catechismo in mano e leggi il testo dal numero 27. E guarda nel tuo cuore per riscoprire il desiderio di Dio, cioè la tua vera natura chiamata a riposare in Dio uno e trino.

Dariusz Kowalczyk, Radio Vaticana

'La nascita e lo sviluppo della Sala Stampa vaticana: dal Concilio ad oggi', convegno all'Università Lumsa. Padre Lombardi: la trasparenza via obbligata da percorrere con coraggio

“La nascita e lo sviluppo della Sala Stampa vaticana: dal Concilio ad oggi” è il titolo del convegno che si è tenuto oggi alla Lumsa, Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma. Un incontro per fare il punto sulle nuove sfide dell’istituzione vaticana ma anche sulle prospettive future. Alla tavola rotonda hanno partecipato il rettore della Lumsa, Giuseppe Dalla Torre, Andrea Melodia, presidente Ucsi, i vaticanisti Gianfranco Svidercoschi e Raniero La Valle, i docenti della Lumsa Giuseppe Ignesti e Gennaro Iasevoli, Gian Maria Vian, direttore de L’Osservatore Romano, mons. Pierfranco Pastore, già vicedirettore della Sala Stampa vaticana, Joaquìn Navarro-Valls, già direttore Sala stampa vaticana. “Le vicende legate agli abusi sessuali su minori da parte di membri del clero nell’ambito delle Istituzioni della Chiesa” e quelle legate all’“amministrazione” e all’“attività economica” hanno rappresentato, per la Chiesa, “un duro banco di prova per la crescita della trasparenza”. Naturalmente “la Sala Stampa e anche le altre istituzioni mediatiche della Santa Sede sono state luoghi in cui questa crescita si è misurata con tutte le difficoltà e le sofferenze che comporta”. Lo ha detto nel suo intervento il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi. Circa gli abusi sessuali, padre Lombardi ha dichiarato che “la pressione mediatica è stata una componente importante della spinta verso una profonda revisione degli atteggiamenti comunicativi sul problema degli abusi. La pressione mediatica è stata sperimentata molto concretamente in sala stampa, con richiesta frequente di risposte e nella stessa sala stampa ci si è impegnati molto per un’informazione corretta e obiettiva per dare ragione delle prese di posizione del Papa, delle azioni normative della Congregazione per la Dottrina della Fede, per mettersi in rapporto collaborativo con gli uffici di comunicazione delle Conferenze episcopali coinvolte in questa problematica, fino a collaborazioni attive nell’organizzazione del convegno alla Gregoriana, un grande sforzo per passare risolutamente dall’atteggiamento di sola difesa a quello della cultura della prevenzione”. A tale riguardo il portavoce vaticano ha pubblicamente ringraziato mons. Charles Scicluna, già promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede, e oggi vescovo ausiliare di Malta, definito “un amico e un interlocutore essenziale in questa vicenda per la Sala Stampa e per me personalmente”. Mons. Scicluna è stato per oltre dieci anni responsabile di tutti i dossier relativi a preti pedofili. Altro campo individuato da padre Lombardi nel quale “sono cresciute le esigenze di trasparenza e su cui pure si misura il peso e la credibilità della Chiesa” è quello dell’amministrazione e dell’attività economica. “Anche su questo fronte – ha detto Lombardi - la sala stampa si è impegnata in particolare nel seguire il racconto dell’inserimento delle amministrazioni facenti capo alla Santa Sede e alla Città del Vaticano nel sistema dei controlli internazionali. Tutto ciò che, insomma, appartiene alla valutazione e al rapporto di Moneyval pubblicato nel luglio scorso. Si è manifestata anche la necessità di un’informazione più obiettiva della realtà dello Ior e dei bilanci della Santa Sede e dello Stato del Vaticano. La visita di una quarantina di giornalisti allo Ior nel giugno passato voleva essere un segnale in questa direzione e spero ce ne saranno altri”. La trasparenza, ha concluso padre Lombardi, “è una via obbligata da percorrere con coraggio per il bene e la credibilità della Santa Sede e della Chiesa. La sala stampa è un luogo cruciale in cui da una parte si tenta concretamente di crescere nella domanda di trasparenza, generale, ma anche rivolta specificatamente alla Chiesa e alle sue istituzioni. La Sala Stampa è così un luogo in cui si sperimenta la capacità o l’incapacità delle nostre istituzioni di crescere in questa direzione”. Più volte nel corso degli interventi è emersa la stretta sinergia tra la Sala Stampa vaticana ed i giornalisti. Toccante il ricordo di mons. Pastore, che dal vaticanista della Rai Giuseppe De Carli venne definito "l'amico dei giornalisti", durante la radiocronaca della sua Messa di ordinazione episcopale. Sono stati tanti gli aneddoti ricordati nel corso della mattina, alcuni legati a Giovanni Paolo II e raccontati dall’ex direttore della Sala Stampa Joaquin Navarro Valls: “Il Papa aiutava molto, quando c’era qualche dubbio da parte mia su un tema, sulla opportunità di una materia: parlavo con lui, la soluzione si raggiungeva in pochissimi minuti e si faceva qualche comunicazione. Devo aggiungere che è stato identico il sistema con Benedetto XVI nei primi due anni del Pontificato che lo ho accompagnato. Naturalmente con il card- Ratzinger c’erano stati moltissimi contatti, direi quasi un’amicizia, nel lungo Pontificato di Giovanni Paolo II, ma in quei primi due anni sono cominciati i viaggi, i primi messaggi, e si è fatto questo stesso lavoro. Anche lui era di una cordialità straordinaria, è stato un tipo di collaborazione stupenda che la gente riceveva con grande gioia e con grande interesse”. Comunicare dunque al mondo, facendosi interpreti corretti del messaggio che il Papa vuole dare. Una sfida importante e appassionante che si poggia su due pilastri, ha ribadito Joaquin Navarro Valls, cosa comunicare e perché comunicarlo: “Ho pensato sempre che il giornalismo è trasmettere una verità che il giornalista crede sia vera. Se il giornalista non crede che sia vera e la trasmette, allora sta facendo propaganda non giornalismo. Però, la sfida per il giornalista, per quello che trasmette, c’è sempre, perché la sfida per chi comunica è adattare quello che si vuole dire alla semantica propria del mezzo con il quale si dice. Non è lo stesso dire ciò che sto dicendo in televisione, in radio, in un sms… Ogni mezzo comunicativo ha una propria semantica e la persona che comunica deve conoscere quella semantica per adattare il suo linguaggio senza tradirlo. Nella comunicazione per me trasparenza è dire: faccio questo, ho deciso di fare questo e le ragioni per cui farò questo sono queste. Allora il messaggio è chiaro”.

Radio Vaticana, SIR

La morte del Patriarca Ortodosso bulgaro Maxim. Il Papa: mi unisco al vostro dolore. Ringrazio il Signore per le buone relazioni che aveva sviluppato con la Chiesa Cattolica in quella terra

“È con profonda tristezza che apprendo la notizia della scomparsa del nostro amatissimo fratello in Cristo Sua Santità Maxim, metropolita di Sofia e patriarca di Bulgaria, che per lunghi anni ha servito con dedizione il Signore e il suo popolo. A nome della Chiesa Cattolica desidero assicurare a lei, come a tutti i vescovi, i sacerdoti e i fedeli della Chiesa Ortodossa di Bulgaria, che mi unisco al vostro dolore nella preghiera”. Così Benedetto XVI, nel telegramma inviato al presidente ad interim del santo Sinodo della Chiesa ortodossa di Bulgaria, sua eminenza Grigorij di Veliko Trnovo, per la morte, avvenuta all’età di 98 anni questa mattina a Sofia, del Patriarca Maxim. “Nel partecipare al dolore della Chiesa Ortodossa di Bulgaria - prosegue la missiva di Benedetto XVI -, rendo grazie a Dio per tutte le cose buone fatte dal defunto Patriarca per la sua Chiesa e per il popolo del suo Paese. In particolare ricordo l’accoglienza cordiale riservata al Beato Papa Giovanni Paolo II durante il suo viaggio in Bulgaria nel maggio 2002. Ringrazio il Signore per le buone relazioni che il Patriarca aveva sviluppato con la Chiesa Cattolica in quella terra e formulo il voto che tali buoni rapporti possano continuare per la proclamazione del Vangelo”.

SIR

Intenzione missionaria di novembre. Il Magistero del Papa: noi esistiamo per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita

Con l’intenzione missionaria del mese di novembre, Benedetto XVI chiede preghiere affinché “la Chiesa pellegrina sulla terra risplenda come luce delle nazioni”. Il recente Sinodo sulla nuova evangelizzazione ha riproposto in modo ampio il tema dell’annuncio del Vangelo e della sua forza innovatrice. Una missione che Benedetto XVI ha sempre esortato a vivere con coraggio e creatività, nonostante il mondo viva “come se Dio non esistesse”. È Papa da cinque giorni, Benedetto XVI, il 24 aprile 2005. La Chiesa che Dio gli ha appena affidato è a metà del primo decennio del nuovo secolo: un “guado” ostico, dal punto di vista cristiano, tra persecuzioni che affilano le lame a Oriente e masse crescenti di cristiani a Occidente che al rapporto con Dio preferiscono i “link” verso altre forme di comunicazione. In questo scenario, il nuovo Papa inizia il suo ministero enunciando con lineare certezza il ruolo della Chiesa nel mondo: “Noi esistiamo per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita...Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con lui” (24 aprile 2005, Santa Messa per l'inizio del Ministero Petrino).
Se il mondo ancora oggi tende a uno sviluppo sbilanciato, se sradicare la povertà è l’obiettivo alto di un millennio iniziato con troppi “bassi” – terrorismo, guerre, radicalismi armati – la Chiesa, ribadisce il Papa, ha un solo dovere. Quello di annunciare e riannunciare che in un mondo con molti mali “Dio ha introdotto la guarigione. È entrato in persona nella storia. Alla permanente fonte del male ha opposto una fonte di puro bene. Cristo crocifisso e risorto, nuovo Adamo, oppone al fiume sporco del male un fiume di luce...che viene da Cristo” (Udienza generale, 3 dicembre 2008).
E a incanalare questo fiume di luce nel mondo è e resta la Chiesa, perché è questa la missione affidatale da Gesù e perché il deficit di bene che scava il volto dell’umanità chiede urgentemente di essere colmato: “Quanto è importante che confluiscano nell’umanità forze di riconciliazione, forze di pace, forze di amore e di giustizia...È proprio ciò che avviene nella missione cristiana. Mediante l’incontro con Gesù Cristo e i suoi Santi...il bilancio dell’umanità viene rifornito di quelle forze del bene, senza le quali tutti i nostri programmi di ordine sociale non diventano realtà, ma - di fronte alla pressione strapotente di altri interessi contrari alla pace ed alla giustizia - rimangono solo teorie astratte” (Alla Curia romana per gli auguri natalizi, 21 dicembre 2007).
Ha osservato alcuni anni fa Benedetto XVI: “Il compito missionario non è rivoluzionare il mondo, ma trasfigurarlo”. E la trasfigurazione è un “fenomeno” di luce, che da duemila anni accende la scintilla di un fuoco particolare: “Il vero fuoco, lo Spirito Santo, è stato portato sulla terra da Cristo. Egli non lo ha strappato agli dèi, come fece Prometeo, secondo il mito greco, ma si è fatto mediatore del ‘dono di Dio’ ottenendolo per noi con il più grande atto d’amore della storia: la sua morte in croce” (31 maggio 2009, Domenica di Pentecoste).

Radio Vaticana

Dopo gli anglicani, l’impensabile potrebbe presto realizzarsi: nell’era di Benedetto XVI il ritorno dei luterani alla comunione con Roma. In preparazione un documento comune in occasione dei 500 anni della Riforma protestante

Dopo gli anglicani, Martin Lutero. L’impensabile potrebbe presto realizzarsi: nell’éra di Papa Ratzinger il ritorno dei luterani alla comunione con Roma. “Per i cristiani evangelici è possibile una soluzione simile alla 'Anglicanorum coetibus' per gli anglicani (la Costituzione Apostolica con la quale Benedetto XVI permette agli anglicani che lo desiderano di vivere in comunione con Roma mantenendo i propri riti)?”, ha chiesto pochi giorni fa l’agenzia internazionale Zenit al successore di Walter Kasper al “ministero” per l’ecumenismo, il cardinale svizzero Kurt Koch. Risposta: “'Anglicanorum coetibus' non è stata un’iniziativa di Roma, ma è partita dalla chiesa anglicana. Il Santo Padre ha cercato in seguito una soluzione e, secondo me, ha trovato una soluzione molto ampia, nella quale sono state prese in considerazione le tradizioni ecclesiali e liturgiche degli anglicani. Se simili desideri verranno espressi dai luterani, allora toccherà rifletterci sopra. L’iniziativa tocca però ai luterani”. Come a dire: se ce lo chiedono, le porte di Roma sono aperte. C’è una data a cui entrambi, cattolici e luterani, vogliono arrivare con in mano risultati concreti: il 31 ottobre 2017, l’anno in cui cadono i cinquecento anni della riforma protestante. Secondo il resoconto di Filippo Melantone, umanista e teologo tedesco amico di Lutero, infatti, fu il 31 ottobre 1517 che Lutero affisse le 95 tesi (la cosiddetta discussione sul potere e l’efficacia delle indulgenze) sulla porta della cattedrale di Wittenberg. Una data suggestiva quanto meno per provare a conquistare il minimo risultato. Ovvero la stesura di un documento comune sulla fede cristiana che sappia andare oltre le laceranti divisioni degli ultimi secoli: lo stanno preparando insieme Chiesa Cattolica e Federazione Luterana mondiale. E’ con questo testo che il Papa e i luterani intendono percorrere nuove praterie fino, non lo esclude nessuno, a un clamoroso ritorno alla piena comunione. Il testo dovrebbe leggere l’evento della Riforma alla luce dei duemila anni di storia cristiana. E’ convinzione di Joseph Ratzinger, ben esplicitata anche durante l’ultimo suo viaggio in Germania, che la divisione della Chiesa non era l’obiettivo dell’azione di Lutero. La strada per mettere da parte i dissapori sarebbe una comune ammissione di colpa mossa da entrambe le parti. Il tutto sulla scia della richiesta di perdono fatta da Giovanni Paolo II nel 2000 circa le responsabilità cattoliche nelle “divisioni della chiesa”. Joseph Ratzinger è nato e cresciuto in un Paese la cui popolazione è divisa pressoché equamente fra cattolici e protestanti. La sua sensibilità in merito è dunque alta. Ed è destinata a sconfessare le letture critiche che egli ha subìto a inizio Pontificato. Fu la liberalizzazione del rito antico unita alla successiva revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani che fece levare da più parti l’accusa di un Pontefice che sa pescare “soltanto a destra”. L’accordo con gli anglicani, e il terreno in preparazione per un accordo con i luterani, dicono invece altro. C’è un momento certo, durante l’anno, nel quale valutare a quali problematiche teologiche il Papa sia interessato: il seminario che ogni fine estate egli convoca a Castelgandolfo coi suoi ex alunni. Quest’anno il tema sono stati i rapporti tra cattolici e protestanti a partire da un libro di Kasper “Raccogliere i frutti”. L’idea che il Papa ha messo in campo è una: purificare la memoria. Come ha ribadito il religioso salvatoriano Stephan Horn, presidente del circolo di ex alunni, “a castello è stata sviluppata l’idea di un ‘mea culpa’ da ambo le parti. Benedetto XVI ha sempre avuto l’idea che fosse necessaria questa purificazione. I fatti storici non possono essere cancellati, però la differenza sta nel come si guardano: cancellare il veleno di questi conflitti è un vero risanamento”. Su questa strada passi da gigante sono già stati compiuti negli Stati Uniti. Qui cattolici e luterani hanno messo in pagina un documento che già definisce molti settori sui quali le due parti possono camminare e, dunque, ritrovarsi. “The Hope of Eternal Life”, così si chiama il testo, affronta questioni cruciali: la vita dopo la morte, il paradiso e l’inferno, il giudizio finale, il purgatorio, le preghiere per i morti e le indulgenze. Pur in presenza di un patrimonio teologico e spirituale condiviso cattolici e luterani sono venuti elaborando riflessioni, talvolta confliggenti, nel corso della storia. L’idea è ripartire dalle basi dell’insegnamento cristiano per ritrovare i punti di contatto.

Paolo Rodari, Il Foglio

Anno della fede. In libreria 'Credere ancora? La fede secondo Benedetto XVI': tornare all'essenziale con la rassicurante guida di un Papa che ha fatto dell'essenzialità il carattere del Pontificato

Un libro che incrocia analisi del vissuto religioso dell'uomo di oggi e riflessione attorno alle immutabili dinamiche della "ricerca" e dell'atto di fede. Sono pagine che con piglio accattivante e linguaggio accessibile anche ai non addetti ai lavori ragionano di fede, bellezza, santità, infinito, verità, destino, cuore, inquietudine, gioia, razionalità ed irrazionale, individuo e comunità, trionfalismo e umiltà, rivoluzione e conversione, parola e silenzio di Dio, crisi e riforme della Chiesa. Innumerevoli le citazioni dagli scritti e dai discorsi di Papa Ratzinger, che forniscono all'opera la sua intima e vera ossatura. Arriva in libreria "Credere ancora? La fede secondo Benedetto XVI" di Paolo Fucili (Editrice Elledici), un volume che esce proprio in apertura dell'Anno della fede proclamato da Benedetto XVI. Il libro offre risposte alle grandi domande su perché e come credere: preziosa occasione per tornare all'essenziale del credere e dell'annuncio cristiano, con la rassicurante guida di un Papa che ha fatto dell'essenzialità l'inconfondibile 'carattere' del suo Magistero e del Pontificato. Il percorso seguito dal libro parte dall’umana sete di infinto che ispira ogni esperienza religiosa, si imbatte nel rivoluzionario avvenimento cristiano dell’Incarnazione, affronta la cruciale e sempre attuale domanda ‘chi è’ Gesù di Nazaret, non trascura neppure lo ‘scoglio’ contro cui cozza inesorabile ogni apologia del cristianesimo: l’istituzione e la missione della Chiesa e le ombre dei suoi 2.000 anni di storia che fan dire oggi a tanti uomini e donne “Gesù sì, Chiesa no”. Il risultato è un libro che incrocia analisi del vissuto religioso dell’uomo di oggi e riflessione attorno alle immutabili dinamiche della ‘ricerca’ e dell’atto di fede. Con l’obiettivo non nascosto di presentare come attuale, ancora due millenni dopo, la ‘buona novella’ del Dio fatto uomo e come plausibile e conveniente l’opzione di “vivere come se Dio esistesse e fosse la realtà decisiva della mia esistenza”. Un libro che vede la luce con un debito incolmabile di ispirazione e di conoscenza allo Joseph Ratzinger teologo e intellettuale di ieri e Pontefice di oggi. A lui appartengono le citazioni e i virgolettati innumerevoli che forniscono all’opera la sua intima e vera ossatura. Dalla sua testimonianza di timoniere forte e sicuro della barca di Pietro, l’autore ha tratto pure la certezza che ne ha sostenuto la fatica: vale a dire che “fede e preghiera sono potenze che possono influire nella storia”, e il cristianesimo “si mostra sempre fresco e nuovo, se la domanda viene dal profondo”.

TMNews, La Perfetta Letizia

Mario Monti: in questo momento di crisi il Papa è un sostegno importante, concreto ed operoso, all'Italia e al recupero di valori che il governo cerca di instillare nel dialogo europeo

Nel libro di Bruno Vespa "Il Palazzo e la Piazza" in uscita giovedì prossimo, il presidente del Consiglio Mario Monti (foto) insiste sul ruolo essenziale svolto da Papa Benedetto XVI in un momento così difficile per l'Europa. "Il Papa è cittadino del mondo - ha sottolineato il Premier - ma in questo momento di crisi, la sua storia di europeo, tra Germania, Italia e gli altri Paesi, è un sostegno importante, direi concreto ed operoso, all'Italia e al recupero di valori che il governo italiano, in armonia con il presidente Napolitano, cerca di instillare nel dialogo europeo, anche quando si disegna il futuro economico. E' un sostegno, quello che Benedetto XVI ci dà in questo difficile impegno, che nel tempo sarà sempre più riconosciuto".

TMNews