domenica 24 gennaio 2010

Padre Lombardi: il Papa alla Sinagoga di Roma un passo ulteriore nel dialogo irrevocabile tra ebrei e cristiani. Nel Decalogo un punto di riferimento

La visita di Benedetto XVI alla grande Sinagoga di Roma, domenica scorsa, ha gettato le fondamenta per un ulteriore sviluppo delle relazioni tra ebrei e cristiani, sostiene il portavoce vaticano. Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, ha infatti definito “memorabile” questo incontro che è servito a rilanciare il dialogo sulla base del rispetto del creato e dei dieci Comandamenti. Nel suo editoriale per l'ultimo numero di “Octava Dies”, il rotocalco informativo del Centro Televisivo Vaticano, il sacerdote gesuita ha detto che la presenza del Vescovo di Roma nel Tempio Maggiore di Roma è stato “un passo ulteriore in quel cammino 'irrevocabile' di dialogo, fraternità e amicizia, fra gli ebrei e la Chiesa avviato dal Concilio Vaticano II”. In particolare, ha evidenziato i punti toccati dal Papa nel suo discorso in riferimento “al futuro più che al passato”. Il Santo Padre, ha ricordato il portavoce vaticano, ha spiegato che “il mondo è creato da Dio ed affidato alla cura dell’uomo; le Dieci Parole – il Decalogo – sono luce per distinguere il bene dal male, il varo dal falso, il giusto dall’ingiusto, coerentemente con i dettami della coscienza retta di ogni persona umana”. “Parole antichissime, ma attualissime insieme”, ha sottolineato padre Lombardi. “Un uomo creato da Dio è un uomo che deve essere responsabile davanti a Dio della sua creazione; un uomo che è aiutato a riconoscere la differenza fra il bene e il male può trovare la strada anche nella confusione di un pluralismo che tende a perdere ogni punto di riferimento”. “I saggi dell’ebraismo lo sanno molto bene ed hanno certamente gioito sentendo un richiamo così limpido a una base comune solidissima”, ha assicurato il gesuita. “Continueremo a parlare anche del passato e ad affrontare le difficoltà sulla via di una comprensione reciproca sempre migliore; ma ciò che abbiamo in comune all’origine è immenso e stabile come i cieli, e il compito comune per il servizio della creazione e della famiglia umana ci deve perciò vedere concordi”, ha infine concluso.

Zenit

Messaggio del Papa al nuovo Patriarca della Chiesa Ortodossa serba: il Signore le conceda la forza interiore per consolidare l'unità

Questo sabato Benedetto XVI ha inviato un telegramma di felicitazioni al nuovo Patriarca della Chiesa ortodossa serba, l’80enne Irinej, eletto questo venerdì a Belgrado, come successore del Patriarca Pavle, che si è spento il 15 novembre scorso, all’età di 95 anni. Il Patriarca serbo, arcivescovo di Pec e metropolita di Belgrado-Karlovac, guiderà una Chiesa che conta circa 11 milioni di serbi ortodossi residenti in Serbia, nei paesi dell'ex Yugoslavia, negli Stati Uniti, in Australia e nell'Europa occidentale. Nel telegramma il Pontefice eleva la sua preghiera a Dio affinché conceda al nuovo Patriarca “la forza interiore per consolidare l'unità e la crescita spirituale della Chiesa ortodossa serba, nonché per costruire legami fraterni con le altre Chiese e comunità ecclesiali”. Assicura quindi “la vicinanza della Chiesa cattolica e il suo impegno per la promozione delle relazioni fraterne e del dialogo teologico, in modo che gli ostacoli che ancora impediscono la piena comunione” tra le due Chiese “possano essere superate”. Il Papa dedica poi un ricordo al Patriarca Pavle, definendolo un “pastore zelante e stimato”, che ha lasciato “un’eredità spirituale ricca e profonda” ed “ha efficacemente guidato la Chiesa e ha mantenuto la sua unità di fronte a molte sfide”. Infine, Benedetto XVI esprime il proprio “apprezzamento per il suo esempio di fedeltà al Signore e per i suoi tanti gesti di apertura verso la Chiesa cattolica”, invocando la benedizione di Dio sull’impegno comune delle due Chiese “così che i discepoli di Cristo possano essere nuovamente uniti nel testimoniare davanti a tutto il mondo il suo amore salvifico”.

Sinodo dei vescovi per l'Africa. Seconda riunione del consiglio speciale: la riconciliazione rimane una sfida per la Chiesa nel continente nero

La situazione di molti paesi africani fa sì che uno dei principali compiti delle Chiese locali resta quello della ''necessità di difendere il popolo contro le ingiustizie. La mancanza di pace porta poi la Chiesa ad un forte impegno nella mediazione e nell'accoglienza di coloro che soffrono le conseguenze delle guerre interne''. E' quanto si legge nel comunicato della seconda riunione del Consiglio speciale per l'Africa della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi, diffuso ieri dalla Sala stampa vaticana. Nel documento si sottolinea, inoltre, che ''la riconciliazione continua ad essere una sfida per la Chiesa in Africa'', mentre per quel che riguarda il dialogo interreligioso, si sottolinea come per il 'continente nero' si sta cercando di stabilire ''vincoli di intesa e collaborazione, soprattutto con l'islam, che è la religione più diffusa nel Continente. Si auspica - si aggiunge - che i gruppi fondamentalisti siano sempre più sconfessati ed emarginati dai rappresentanti ufficiali dell'islam''. L'auspicio emerso è che “i gruppi fondamentalisti siano sempre più sconfessati ed emarginati dai rappresentanti ufficiali dell’islam”. Il Consiglio si è quindi impegnato nello studio delle Proposizioni della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, in vista di uno “schema ragionato” che possa servire da base per la composizione dell’Esortazione Apostolica Postsinodale che spetterà al Santo Padre. “In ogni caso – sostiene la nota – il testo finale dovrà mantenere un giusto equilibrio tra una prospettiva teologico-spirituale e un adeguamento alla realtà pastorale e sociale”. La prossima riunione del Consiglio si terrà il 27 e 28 aprile prossimi.

Asca, Zenit

Il Papa: la Chiesa è come il corpo, Cristo è il capo e forma con Lui un tutt’uno. L’unità rende più credibile ed efficace l'annuncio del Vangelo

“La comunione dei cristiani…rende più credibile ed efficace l’annuncio del Vangelo, come affermò lo stesso Gesù pregando il Padre alla vigilia della sua morte: "Che siano una sola cosa…perché il mondo creda" (Gv 17,21)”: Benedetto XVI ha espresso così, prima della recita dell'Angelus, il valore della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si celebra in questi giorni. Parlando ai pellegrini radunati in Piazza San Pietro, il Papa ha ricordato che la Settimana si conclude domani con la Festa della Conversione di San Paolo e come tradizione egli presiederà i Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura con la partecipazione dei rappresentanti delle Chiese cristiane di Roma. “Invocheremo da Dio – ha detto - il dono della piena unità di tutti i discepoli di Cristo e, in particolare, secondo il tema di quest’anno, rinnoveremo l’impegno di essere insieme testimoni del Signore crocifisso e risorto (cfr Lc 24,48)”. Sempre sul tema dell’unità, in precedenza, Benedetto XVI si era soffermato a commentare la lettura di San Paolo ai Corinzi della Messa di oggi, in cui Paolo paragona la Chiesa al corpo umano. “La Chiesa – ha spiegato il Pontefice - è concepita come il corpo, di cui Cristo è il capo, e forma con Lui un tutt’uno. Tuttavia ciò che all’Apostolo preme comunicare è l’idea dell’unità nella molteplicità dei carismi, che sono i doni dello Spirito Santo. Grazie ad essi, la Chiesa si presenta come un organismo ricco e vitale, non uniforme, frutto dell’unico Spirito che conduce tutti ad unità profonda, assumendo le diversità senza abolirle e realizzando un insieme armonioso. Essa prolunga nella storia la presenza del Signore risorto, in particolare mediante i Sacramenti, la Parola di Dio, i carismi e i ministeri distribuiti nella comunità. Perciò, è proprio in Cristo e nello Spirito che la Chiesa è una e santa, cioè un’intima comunione che trascende le capacità umane e le sostiene”. Nella sua riflessione, Benedetto XVI ha ricordato anche la festa di San Francesco di Sales, che cade ogg. “Nato in Savoia nel 1567 - ha concluso il Papa - egli studiò il diritto a Padova e a Parigi e, chiamato dal Signore, divenne sacerdote. Si dedicò con grande frutto alla predicazione e alla formazione spirituale dei fedeli, insegnando che la chiamata alla santità è per tutti e che ciascuno – come dice San Paolo con il paragone del corpo – ha il suo posto nella Chiesa. San Francesco di Sales è patrono dei giornalisti e della stampa cattolica. Alla sua spirituale assistenza affido il Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che firmo ogni anno in questa occasione e che ieri è stato presentato in Vaticano. La Vergine Maria, Madre della Chiesa, ci ottenga di progredire sempre nella comunione, per trasmettere la bellezza di essere una cosa sola nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.
Dopo la preghiera mariana, Benedetto XVI ha ricordato la figura del catalano José Samso i Elias, ucciso dai comunisti nel corso della guerra civile spagnola e proclamato beato ieri a Barcellona da mons. Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. "Da vero testimone di Cristo, morì perdonando i suoi persecutori", ha detto Benedetto XVI all'Angelus. "Per i sacerdoti, specialmente per i parroci, egli costituisce un modello di dedizione alla catechesi e alla carità verso i poveri". Il Papa ha infine evocato "soluzioni giuste e pacifiche dei problemi dell'immigrazione". "Rivolgo uno speciale saluto alle famiglie del Movimento dell'Amore Familiare e a quanti questa notte hanno vegliato nella chiesa di San Gregorio VII pregando per soluzioni giuste e pacifiche dei problemi dell'immigrazione", ha detto il Papa nei saluti finali.

AsiaNews, Apcom