mercoledì 9 febbraio 2011

Benedetto XVI riceve il card. Marx, accusato da un quotidiano tedesco di aver insabbiato un caso di pedofilia. La diocesi smentisce e avvia denuncia

Ricevuto ieri pomeriggio dal Papa, il card. Reinhard Marx (nella foto con Benedetto XVI), arcivescovo di Monaco e Frisinga, è finito in questi giorni in una polemica su un caso di pedofilia, in Germania, tanto che l'arcidiocesi ha diffuso un comunicato di smentita questo pomeriggio. Al centro delle accuse il monastero benedettino di Ettal, in Baviera, dove nei mesi scorsi sono emersi maltrattamenti fisici e sessuali inflitti dai monaci ai minori dell'internato nei decenni passati. Il caso è stato investigato dalla procura di Monaco e da due visitatori apostolici. Ora il quotidiano Die Welt torna a parlarne e punta il dito contro Marx. Una nota dell'arcidiocesi, però, definisce "false" le informazioni del quotidiano circa l'"insabbiamento" di un caso di abusi sessuali ed annuncia di aver adito le vie legali.

TMNews

Il card. Vallini alla veglia per i bambini rom morti nel rogo della loro baracca: porto il ricordo e la preghiera del Papa che invoca pace e amore

"Porto il ricordo e la preghiera del nostro vescovo Benedetto XVI che prega con noi e invoca pace e amore". Questo il messaggio di Papa Benedetto XVI di cui si è fatto portavoce il cardinale vicario della diocesi di Roma Agostino Vallini, a conclusione della preghiera promossa dal Vicariato e celebrata questa sera nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, per ricordare i quatto bambini rom uccisi dal fuoco della loro baracca sulla Via Appia Nuova domenica 6 febbraio mentre dormivano. Il card. Vallini ha portato ai genitori dei quattro bambini e ai loro familiari la "vicinanza" del Pontefice.

Ansa, SIR

ll saluto di Benedetto XVI ai vescovi del Movimento dei Focolari e all'associazione Nuovi Orizzonti. Il ricordo della Giornata Mondiale del Malato

Al termine dell'Udienza generale nell'Aula Paolo VI, Benedetto XVI ha rivolto un saluto affettuoso ai vescovi venuti per il convegno promosso dal Movimento dei Focolari, dal 8 all’11 febbraio, a Castel Gandolfo. L’incontro, giunto alla sua 35° edizione, riunisce 75 vescovi e cardinali provenienti da 40 nazioni che rifletteranno sul tema “Riscoprire i disegni di Dio nell'oggi”. “Cari Fratelli nell’episcopato – ha detto il Papa –, sono lieto di questa opportunità che vi è offerta per confrontare esperienze ecclesiali di diverse zone del mondo, ed auguro che queste giornate di preghiera e di riflessione possano portare frutti abbondanti per le vostre comunità”.
Benedetto XVI ha poi rivolto un incoraggiamento speciale all'associazione “Nuovi Orizzonti” da sempre impegnata nel campo dell’accoglienza, del reinserimento e della prevenzione, con particolare attenzione al disagio giovanile. “Saluto voi, membri dell’Associazione Nuovi Orizzonti - ha detto il Papa - e, mentre vi incoraggio a proseguire nell'attuazione di un coraggioso apostolato in favore dei fratelli in difficoltà, vi esorto a testimoniare il Vangelo della carità, diffondendo la luce, la pace e la gioia di Cristo risorto”. Dopo l’atto ufficiale di consegna del decreto di riconoscimento pontificio, avvenuto il 4 febbraio scorso, che ne approva lo Statuto per un periodo ad experimentum di cinque anni, Nuovi Orizzonti è ora un'associazione internazionale privata di fedeli. La sua sede centrale si trova in quello che era un convento francescano a Piglio, in provincia di Frosinone.

Salutando i pellegrini polacchi, ha ricordato che venerdì prossimo ricorre la memoria della Madonna di Lourdes e la Giornata Mondiale del Malato. “Nella preghiera – ha detto il Papa – affidiamo alla Madre Immacolata i malati e quanti con amore si pongono al loro servizio negli ospedali, nelle case di cura e nelle famiglie. Vediamo nei volti dei malati il volto di Cristo sofferente”.

Zenit, Radio Vaticana

Il portavoce vaticano: non si può parlare in nessun modo di 'Confessione per iPhone' ma di riflessione in preparazione tramite strumenti digitali

Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, rispondendo alle domande di alcuni giornalisti, è intervenuto anche sulla cosiddetta “confessione per iPhone”. Recentemente si è parlato di un’applicazione dell’iPhone da utilizzare per confessarsi: padre Lombardi ha spiegato, per evitare qualsiasi equivoco, che “è essenziale capire bene che il Sacramento della Penitenza richiede necessariamente il rapporto di dialogo personale fra il penitente e il confessore e l’assoluzione da parte del confessore presente. Questo non può essere sostituito da nessuna applicazione informatica”. Quindi “non si può parlare in nessun modo di ‘Confessione per iPhone’. In un mondo in cui tuttavia molte persone usano supporti informatici per leggere e riflettere (ad esempio anche testi per pregare…)”, padre Lombardi ha sottolineato che “non si può escludere che qualcuno rifletta in preparazione alla Confessione aiutandosi con strumenti digitali, come in passato lo si faceva con testi e domande scritte su fogli di carta, che aiutavano ad esaminare la propria coscienza. In questo caso si tratterebbe di un sussidio pastorale digitale che qualcuno potrebbe trovare utile, pur sapendo bene che non è per nulla un sostituto del Sacramento. Naturalmente – ha osservato il portavoce vaticano - è anche importante che vi sia una vera utilità pastorale e non si tratti di un business alimentato da una realtà religiosa e spirituale importante come un Sacramento”.

Radio Vaticana

Il Papa: chi predica sia testimone personale e strumento di Gesù, unito a Lui dalla fede nel Vangelo e nella Chiesa, da una vita moralmente coerente

Udienza generale questa mattina nell’Aula Paolo VI, dove Benedetto XVI ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla figura di San Pietro Canisio, dottore della Chiesa. Pietro Kanijs, latinizzato in Canisius, nacque nel 1521 a Nimega in Olanda, suo padre era il borgomastro della città. Frequentò l’importante centro di spiritualità dei monaci certosini di santa Barbara. Nel 1543 a Magonza entrò tra i gesuiti. Ordinato sacerdote nel 1546 a Colonia, già l’anno seguente è presente al Concilio di Trento. Nel 1548 Sant’Ignazio di Loyola gli fece completare a Roma la formazione e poi lo inviò al collegio di Messina, dove svolse umili servizi domestici. Nel 1549 prese il dottorato in teologia e Sant’Ignazio lo inviò in Germania, nel ducato di Baviera. Come decano, rettore e vicecancelliere dell’università di Ingolstadt, “curò la vita accademica dell’Istituto e la riforma religiosa e morale del popolo”. A Vienna, dove per breve tempo fu amministratore della diocesi, “svolse il ministero pastorale negli ospedali e nelle carceri, sia nella città sia nelle campagne, e preparò la pubblicazione del suo catechismo”. Nel 1556 fondò il Collegio di Praga e, fino al 1569, fu il primo superiore della provincia gesuita della Germania superiore. In questo ufficio, stabilì nei Paesi germanici una fitta rete di comunità del suo Ordine, specialmente di collegi, che furono punti di partenza per la riforma cattolica. In quegli anni prese parte anche al colloquio di Worms con i dirigenti protestanti, fu nunzio in Polonia, partecipò alle due Diete di Augusta, intervenne alla sessione finale del Concilio di Trento dove parlò sulla questione della Comunione sotto le due specie e dell’Indice dei libri proibiti. Nel 1580 si ritirò a Friburgo in Svizzera, tutto dedito alla predicazione e alla composizione delle sue opere, e là morì il 21 dicembre 1597. San Pietro Canisio “trascorse buona parte della sua vita a contatto con le persone socialmente più importanti del suo tempo ed esercitò un influsso speciale con i suoi scritti”, i più diffusi dei quali furono i tre catechismi composti tra il 1555 e il 1558. “Il primo catechismo era destinato agli studenti in grado di comprendere nozioni elementari di teologia; il secondo ai ragazzi del popolo per una prima istruzione religiosa; il terzo ai ragazzi con una formazione scolastica a livello di scuole medie e superiori. La dottrina cattolica era esposta con domande e risposte, brevemente, in termini biblici, con molta chiarezza e senza accenni polemici”. “Questo catechismo ha formato le persone per secoli e ancora ai tempi di mio padre – ha aggiunto il Papa – il catechismo era chiamato il Canisio”. “È, questa, una caratteristica di San Pietro Canisio: saper comporre armoniosamente la fedeltà ai principi dogmatici con il rispetto dovuto ad ogni persona”. Così “ha distinto l’apostasia consapevole e colpevole dalla perdita di fede incolpevole”, ed ebbe a dichiarare che “la maggior parte dei tedeschi” che passarono al protestantesimo “erano senza colpe”. “In un momento storico di forti contrasti confessionali, evitava – questa era una cosa straordinaria - l’asprezza e la retorica dell’ira, cosa rara a quei tempi nelle discussioni tra cristiani, dall’una e dall’altra parte, e mirava soltanto alla presentazione delle radici spirituali e alla rivitalizzazione della fede e della Chiesa”, aiutato in questo dalla “conoscenza vasta e penetrante” della Sacra Scrittura e dalla “personale relazione con Dio e l’austera spiritualità”. “E’ caratteristica della spiritualità di San Canisio una profonda amicizia personale con Gesù”. Il Santo operò per il rinnovamento della fede cattolica attraverso tre dimensioni: la pace, l’amore e la perseveranza. Ebbe la “chiara consapevolezza di essere nella Chiesa un continuatore della missione degli Apostoli. E questo ci ricorda che ogni autentico evangelizzatore è sempre uno strumento unito, e perciò stesso fecondo, con Gesù e con la sua Chiesa”. Ha così rammentato come per il Santo solo con la preghiera costante si può vivere un’intima amicizia con Gesù: “Perciò, negli scritti destinati all’educazione spirituale del popolo, il nostro Santo insiste sull’importanza della Liturgia con i suoi commenti ai Vangeli, alle feste, al rito della Santa Messa e degli altri Sacramenti, ma, nello stesso tempo, ha cura di mostrare ai fedeli la necessità e la bellezza che la preghiera personale quotidiana affianchi e permei la partecipazione al culto pubblico della Chiesa”. La sua esortazione a mettere la preghiera al centro della vita di fede, ha quindi soggiunto, è stata riproposta autorevolmente dal Concilio Vaticano II, in particolare nella Costituzione “Sacrosanctum Concilium”: “La vita cristiana non cresce se non è alimentata dalla partecipazione alla Liturgia, in modo particolare alla Santa Messa domenicale, e dalla preghiera personale quotidiana. In mezzo alle mille attività e ai molteplici stimoli che ci circondano, è necessario trovare ogni giorno dei momenti di raccoglimento davanti al Signore per ascoltarlo e parlare con Lui”. Quindi, il Papa ha concluso la catechesi sottolineando quanto sia attuale l’esempio che San Pietro Canisio ci ha lasciato con la sua vita: “Egli insegna con chiarezza che il ministero apostolico è incisivo e produce frutti di salvezza nei cuori solo se il predicatore è testimone di Gesù e sa essere strumento a sua disposizione, a Lui strettamente unito dalla fede nel suo Vangelo e nella sua Chiesa, da una vita moralmente coerente e da un’orazione incessante come l’amore. E questo vale per ogni cristiano che voglia vivere con impegno e fedeltà la sua adesione a Cristo”.

AsiaNews, Radio Vaticana

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa

Lombardi: in arrivo Motu Proprio per alcune competenze del dicastero per il Culto divino ma nessun controllo restrittivo sul rinnovamento liturgico

“È vero che è da tempo allo studio un Motu Proprio per disporre il trasferimento di una competenza tecnico-giuridica, come ad esempio quello di dispensa per il matrimonio ‘rato e non consumato’ dalla Congregazione per il Culto Divino al Tribunale della Sacra Rota. Ma non vi è alcun fondamento né motivo per vedere in ciò un’intenzione di promuovere un controllo di tipo ‘restrittivo’ da parte della Congregazione nella promozione del rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II”. Lo ha affermato questa mattina il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, commentando la notizia della pubblicazione nelle prossime settimane di documento di Benedetto XVI con cui si intendono riorganizzare le competenze della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti. Il Motu Proprio è frutto di una lunga gestazione, lo hanno rivisto dal Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi e gli uffici della Segreteria di Stato, ed è motivato principalmente dal trasferimento della competenza sulle cause matrimoniali alla Rota Romana. Si tratta delle cause cosiddette del "rato ma non consumato", cioè riguardanti il matrimonio avvenuto in Chiesa ma non compiutosi per la mancata unione carnale dei due sposi. Sono circa cinquecento casi all’anno, e interessano soprattutto alcuni Paesi asiatici dove ancora esistono i matrimoni combinati con ragazzine in età molto giovane, ma anche i Paesi occidentali per quei casi di impotenza psicologica a compiere l'atto sessuale. Perdendo questa sezione, che passerà alla Rota, la Congregazione per il Culto divino di fatto non si occuperà più dei sacramenti e manterrà soltanto la competenza in materia liturgica. Secondo alcune autorevoli indiscrezioni un passaggio del Motu Proprio di Benedetto XVI potrebbe citare esplicitamente quel "nuovo movimento liturgico" del quale ha parlato in tempi recenti il card. Antonio Cañizares Llovera, intervenendo durante il Concistoro dello scorso novembre. La Congregazione per il Culto divino, che qualcuno vorrebbe anche ribattezzare della Sacra Liturgia o della Divina Liturgia, si dovrà quindi occupare di questo nuovo movimento liturgico, anche con l’inaugurazione di una nuova sezione del dicastero dedicata all'arte e alla musica sacra. Dalla fine del Concilio Vaticano II a oggi la Liturgia della Chiesa Cattolica ha subìto abusi che sovente l’hanno trasformata, a tratti anche sventrata, nel suo nocciolo più profondo. Benedetto XVI ha denunziato più volte questi abusi, queste cattive interpretazioni di quanto i testi del Vaticano II avevano sancito, su tutti la “Sacrosanctum Concilium”, il primo documento conciliare, spiegando che se la fede della Chiesa la si scopre in come prega (“lex orandi, lex credendi”) occorre tornare a una Liturgia fedele alle regole, nuova come il Vaticano II ha sancito, senza però che sia sganciata da certe peculiarità del passato. Come ha detto recentemente anche il card. Cañizares in un’intervista a Il Giornale, “ciò che occorre è un nuovo movimento liturgico, che riporti più sacralità e silenzio nella Messa, e più attenzione alla bellezza nel canto, nella musica e nell’arte sacra”. Il Papa questo nuovo movimento liturgico l’ha sponsorizzato dall’inizio del suo Pontificato con l’esempio: le sue Liturgie hanno perso molto di quella teatralità che era diventata un imprinting delle celebrazioni papali ai tempi di Wojtyla, e hanno guadagnato parecchio in silenzio, senso dell’orientamento, attenzione per i particolari. E adesso, dopo quasi sei anni di Pontificato, tutto il suo sforzo si convoglia in questo Motu Proprio di imminente uscita. L’idea di impiantare nella Chiesa una sorta di “riforma della riforma” liturgica (nel post Concilio avvenne quella riforma che in parte tradì il volere dei padre conciliari) è un chiodo fisso del Papa. Egli, non a caso, ha voluto che la pubblicazione della propria “Opera omnia” iniziasse partendo dal volume undicesimo, quello dedicato alla Liturgia, perché, scrive, è “nel rapporto con la Liturgia che si decide il destino della fede e della chiesa. Cristo è presente nella chiesa attraverso i sacramenti. Dio è il soggetto della Liturgia, non noi. La Liturgia non è un’azione dell’uomo, ma è azione di Dio”. Troppo spesso non è stato così. Troppo spesso la Liturgia è stata ferita da deformazioni arbitrarie. In tante celebrazioni non si è più posto al centro Dio, ma l’uomo e il suo protagonismo, la sua azione creativa, il ruolo principale dato all’assemblea. Il rinnovamento conciliare è stato inteso come una rottura e non come uno sviluppo organico della tradizione. Per questo motivo Papa Ratzinger ha riproposto l’orientamento dell’azione liturgica, la croce al centro dell’altare, la comunione in ginocchio, il canto gregoriano, lo spazio per il silenzio, una certa cura dell’arte sacra. Per questo motivo esce con un Motu Proprio, una disposizione importante che va a sanare una lacuna divenuta oramai atavica. Già da cardinale Joseph Ratzinger disse parole chiare in merito. Il 28 dicembre del 2001 intervenne sul quotidiano francese La Croix: “Alcuni addetti ai lavori vorrebbero far credere che tutte le idee non perfettamente conformi ai loro schemi sono un ritorno nostalgico al passato. Lo dicono solo per partito preso. Bisogna riflettere seriamente sulle cose e non accusare gli altri di essere partigiani di San Pio V. Ogni generazione ha il compito di migliorare e rendere più conforme allo spirito delle origini la liturgia. E penso che effettivamente oggi c’è motivo di lavorare molto in questo senso, e riformare la riforma. Senza rivoluzioni (sono un riformista, non un rivoluzionario), ma un cambiamento ci deve essere. Dichiarare impossibile a priori ogni miglioramento mi sembra un dogmatismo assurdo”.

SIR - Paolo Rodari, Il Foglio - Andrea Tornielli, Il Giornale