venerdì 13 aprile 2012

Nel pomeriggio Benedetto XVI ha fatto rientro in elicottero in Vaticano da Castel Gandolfo, dopo un breve periodo di riposo

Alle 16.21 il Papa ha fatto rientro in elicottero proveniente da Castel Gandolfo dove si era recato per un breve periodo di riposo dopo le celebrazioni della Settimana Santa. Benedetto XVI, domenica scorsa, alle 17.00 circa aveva lasciato il Vaticano per raggiungere le Ville Pontificie. Nel corso di questi cinqui giorni ha fatto un breve rientro mercoledì per presiedere l'Udienza generale in San Pietro. Domenica, il Papa reciterà il Regina Caeli e lunedì riceverà nella Sala Clementina una delegazione della Baviera, con alcuni vescovi tedeschi, che lo saluteranno in occasione del 85° cimpleanno. Il Santo Padre intanto da diversi giorni continua a ricevere messaggi augurali da parte di numerose personalità del mondo.

Il Sismografo

85° genetliaco di Benedetto XVI. Sante ricorrenze: Benedett85, il punto della situazione. Ritratto di un cauto seminatore

Joseph Alois Ratzinger, asceso il 19 aprile 2005 al Soglio di Pietro come Benedetto XVI, compie 85 anni. Nato il 16 aprile 1927 a Marktl Am Inn, figlio di un poliziotto ed una casalinga ex cuoca, un fratello maggiore, Georg, sacerdote come lui e valente maestro di musica, una sorella molto amata scomparsa nel 1993, è arrivato ad un'età importante per un Pontefice. Nella gerontocrazia vaticana, detto senza offesa, ma semplicemente perché le nomine si ricevono comunque ad età in cui "al secolo", come si diceva una volta, si è a metà della propria carriera o verso la pensione, e i vescovi si ritirano a 75 anni, 80 i cardinali di Curia che peraltro perdono l'elettorato attivo e passivo in conclave, un'età simile è quella in cui attorno ad un Papa si comincia a discutere con insistenza (è accaduto e sta accadendo) di successione. È cinico, certo: ma la Chiesa è fatta anche di questo, "morto un Papa se ne fa un altro" è ben più che un modo di dire.
Come Leone XIII? Ma lasciando da parte le varie ipotesi successorie, augurando ovviamente al Santo Padre di svolgere la sua missione "ad multos annos", come si è soliti ricordare in queste occasioni, è bene guardare al Pontificato di Benedetto, sia pure non sempre stabile nella salute, a quanto si dice, ma bisogna tener conto dell'età, in relazione alla personalità di questo Papa. E scoprire che questo cardinale tedesco, creato tale nel 1977 da Paolo VI e con quasi 30 anni di vita in Curia (entrò alla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1981), non è affatto quel "Panzerkardinal" come fu soprannominato dai suoi critici negli anni '80. Sbaglia chi ritiene Benedetto XVI come un conservatore duro e puro, come un retrogrado. Anzi: questo Papa ha dimostrato, nel corso della sua missione, di essere un cauto seminatore. Con scelte addirittura sorprendenti per chi, nel 2005, aveva pronosticato un Pontificato di chiusura dopo i rutilanti anni wojtyliani. E diciamo una cosa, soprattutto in riguardo alla sua età ed alla possibile durata del Pontificato fino a 93 anni, come accadde a Leone XIII che regnò dal 1878 al 1903: Benedetto XVI potrebbe arrivare a quella veneranda età rendendo un servizio alla Chiesa ben diverso da quello di Gioacchino Pecci, di cui un diplomatico ebbe a scrivere nel 1900: "Il Papa conserva ancora una certa freschezza, ma non è più in grado di prendere concretamente una decisione". Questo, salvo eventuali colpi di scena, non dovrebbe accadere con Papa Ratzinger, sempre molto lucido e attento nel suo stile pastorale.
L'ombra del predecessore. Questo Pontificato è iniziato, e continua ancora, a volte ossessivamente, ad essere accostato a quello del suo immediato predecessore e amico, Karol Wojtyla oggi Beato. Un paragone inutile, come abbiamo già scritto su Affaritaliani.it, dal momento che pur essendo stato uno dei più stretti collaboratori di Giovanni Paolo II, Joseph Ratzinger non ha mai inteso improntare il suo Pontificato allo stile del Papa polacco. Sono due personalità diverse: uno espansivo, l'altro timido; uno il Grande Comunicatore degli anni '80 (l'altro era Ronald Reagan), Benedetto più attento alla semplicità dell'esposizione, riflesso degli anni da professore in quel di Tubinga dove nell'onda lunga del '68 il suo collega Hans Kung lo sfotticchiava per il basso numero di frequentanti alle lezioni, mentre le sue erano affollate (poi le cose sono andate diversamente, come vedete). La presenza ingombrante di Wojtyla, invocato, evocato, quasi idolatrato come se nessuno, all'infuori di lui, abbia potuto e saputo essere Papa e con lui sia finita la Chiesa, è stata una lente distorcente di questo Pontificato, che ha in un certo senso "perseguitato" Papa Ratzinger fin dal momento dell'Elezione. Eppure i suoi detrattori o critici dovrebbero tenere presente che Benedetto ha saputo riprendere a modo suo gli spunti lasciati da Giovanni Paolo. Le GMG, le Giornate Mondiali della Gioventù, vengono regolarmente tenute, sia pure con meno clamore rispetto a quelle dell'epoca di Karol il grande; il Papa si presta a volte a gesti fuori programma, mettendosi allegri cappellini o elmi dei Vigili del Fuoco in udienza da lui; non è un improvvisatore, non cerca la sintonia chiassosa con la folla ma cerca di parlare a ogni singolo. È nel suo carattere e nel suo modo di fare: probabilmente davanti ad un uditorio di 30-40 persone, superata la sua timidezza, scopriremmo una persona molto serena e, dicono, amante dei bon mots e dallo humor fulminante con cui a volte "castiga" qualche collaboratore un po' discolo. Ma il punto è quello che ha sempre detto Giulio Andreotti: i cattolici amano 'il' Papa, non 'un' Papa.
Punti a favore del Pontificato. Indubbiamente un Papa legato all'Europa (e non a caso ha scelto il nome di Benedetto, come il Santo protettore del Vecchio Continente e come Giacomo Della Chiesa, Benedetto XV, che condannò la Grande Guerra, guerra in fondo europea, come "inutile strage") per formazione e cultura (ma da giovane perito del Concilio Vaticano II, 50 anni fa, ebbe la fortuna di incontrare la Chiesa globale e da cardinale di Curia ha potuto comunque rendersi conto del concetto di "cattolicità", cioè di universalità, della religione di cui oggi è capo), Benedetto XVI ha iniziato da subito una battaglia contro il relativismo e contro il "supermercato delle religioni". In effetti si è scelto un compito arduo, in un'Europa sempre più secolarizzata, con un potere politico in quel di Bruxelles influenzato da lobby ben lontane dal suo sentire (i lettori ricorderanno la manfrina andata avanti per mesi tra l'ormai anziano Giovanni Paolo II e l'Unione Europea per l'inclusione delle radici cristiane nella costituzione europea), in un'Italia in cui i battezzati sono oltre il 90% della popolazione, ma a praticare è meno del 10% e dal 1980 circa si parla di religiosità dello scenario (e cioè di gente che si ritrova in chiesa per battesimi, prime comunioni, cresime, matrimoni e funerali più convinta di partecipare ad una cerimonia che ad un rito religioso), in cui l'ateismo di stile ottocentesco si presenta a volte sottoforma chiassosa o come sottile ragionamento (discorso ben diverso dall'ateismo vero, che è una coraggiosa ricerca ed anche un coraggioso scommettere in senso negativo alla "scommessa di Pascal"), questo Papa ha cercato il dialogo coi non credenti (si veda il "Cortile dei Gentili", animato dal card. Gianfranco Ravasi), con le religioni non cristiane (incontro di Assisi nel 2011, dialogo con i musulmani e visita alla Moschea Blu di Istanbul ed alla Sinagoga di Roma), tentato un avvicinamento con la Chiesa Ortodossa, provato in qualche modo un dialogo con la galassia protestante (e non dimentichiamo anche il dialogo con gli anglicani e il tentativo di riavvicinamento ai lefebvriani).
Nel solco del Concilio. Il Papa ha scritto sino ad oggi tre Encicliche, la "Deus Caritas est", la "Spe Salvi" e la "Caritas in veritate" (2005, 2007 e 2009). Da un lato l'idea dell'amore per gli altri che proviene dall'amore per Dio; dall'altra un'Enciclica sociale, che si riallaccia con forza alla "Populorum progressio" di Paolo VI del 1967 ed alla "Centesimus annus" del 1991 di Giovanni Paolo II, in cui il Papa teologo definisce "l'incertezza circa le condizioni di lavoro, in conseguenza dei processi di mobilità e di deregolamentazione" come "endemica", e che crea "forme di instabilità psicologica, di difficoltà a costruire propri percorsi coerenti nell'esistenza, compreso anche quello verso il matrimonio. Conseguenza di ciò è il formarsi di situazioni di degrado umano, oltre che di spreco sociale". Si tratta in fondo, guardando ai gesti, atti e scritti del Papa, delle direttrici su cui si muoveva il Concilio Vaticano II, ma questi progetti, eccezion fatta per il Cortile dei Gentili, si sono in qualche modo smorzati. Colpa, nel 2010, di un evento che ha marchiato a fuoco il Pontificato di Papa Ratzinger: lo scandalo dei preti pedofili.
Le spine del Pontificato. Questa è in fondo la spina più grande di questo papato. Le accuse piovute addosso a Papa Ratzinger nel 2010, di essere stato egli stesso un insabbiatore, di aver coperto un sacerdote pedofilo quand'era alla guida dell'arcidiocesi di Monaco e Frisinga, negli anni '70, cosa rivelatasi non vera, insieme ai processi intentatigli negli States da varie associazioni di vittime dei sacerdoti pedofili, il caso della pedofilia in Irlanda (che nel 2010 fece dimettere un vescovo, John Magee, già segretario di Paolo VI e Papa Luciani, Giovanni Paolo I). Ha dovuto affrontare e risolvere il caso dei Legionari di Cristo e del loro fondatore Maciel, dalla vita non certo edificante. E purtroppo in queste vicende non sempre il Papa, ci sembra, ha ricevuto il giusto appoggio dalla comunità dei fedeli e dei movimenti. Eppure non ha mai dato un segno di abbandono, è sempre stato sereno e coraggioso. E ha incontrato, a più riprese, le vittime degli abusi, varando norme più stringenti per la lotta all'abuso del clero (la prossima revisione della parte penale del Codice di Diritto Canonico risentirà delle direttive papali in materia). Poi ci sono le spine minori, come le dichiarazioni insensate e negazioniste (con buona pace della dichiarazione conciliare "Nostra Aetate" che ha condannato l'antisemitismo) del vescovo lefebvriano Richard Williamson, le polemiche sul discorso di Ratisbona (una frase sull'Islam male interpretata e strumentalizzata), la mancata visita all'università La Sapienza di Roma, gli ultimi dossieraggi in Vaticano (incluso un incredibile annuncio dell'assassinio del Papa entro fine anno) per citare le più conosciute. Insieme all'emergere di una pubblicistica online sedicente cattolica che rappresenta solo se stessa ed è semplicemente becera nel suo starnazzare, ma che purtroppo ha creduto di vedere in questo Papa un santo patrono (e in questo c'è chi ha avuto buon gioco a presentare personaggi quantomeno pittoreschi come "La Chiesa"). Spine che però non sembrano avere influito sul papato, eccezion fatta per lo scandalo dei preti pedofili che ha, ripetiamo, lo ha marchiato a fuoco.
Il tabù delle dimissioni. Benedetto XVI ha rotto comunque un tabù: quello delle dimissioni papali. Anche se non si dimetterà, come ha più volte confermato, nel libro "Luce del Mondo" del 2010, il Papa mette in chiaro che un pontefice, se non dovesse più sentirsi in grado di rendere il suo servizio alla Chiesa, dovrebbe dimettersi. Ora, da Pio XII in poi, tutti i papi (eccetto Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I) hanno pensato alle dimissioni e le hanno in alcuni casi preparate. Ma poi lo spirito di sacrificio ha prevalso. È vero che in quest'epoca, soprattutto dopo Wojtyla, in cui il papato si è sempre più associato alla figura del Pontefice pro tempore, con una personalizzazione a volte esagerata, per tanti fedeli un Papa dimissionario sarebbe uno choc. Del resto, come risolvere un problema simile? Il Papa dimesso dovrebbe chiudersi in clausura e non rilasciare interviste. Si potrebbe fare nel mondo del XXI secolo? Eppure, dicendo chiaro e tondo che un Papa si può dimettere, Joseph Ratzinger ha infranto il tabù. E non è detto che il suo immediato successore, domani, possa farlo.
Un cauto seminatore. Per finire. A differenza del predecessore, Ratzinger ha puntato meno sul refrain della sessualità (sia pure ribadendo le posizioni della Chiesa in tema di AIDS e preservativo) e più sui temi sociali e la difesa della famiglia. Ha parlato ai giovani con accenti ispirati e quasi profetici, chiedendo loro di portare entusiasmo nella vita di tutti, inclusa la Chiesa. Ha parlato di speranza e di edificazione della "civiltà dell'amore". Paolo VI ebbe a dire che la nostra civiltà o si fa civiltà dell'amore, o muore. Benedetto, malgrado tutto, continua a tenere con coraggio il timone della Chiesa al centro, smentendo l'immagine del duro per mostrarsi cauto seminatore di fede, speranza, carità. Con l'augurio che fruttifichi, buon compleanno Santo Padre.

Antonino D'Anna, Affaritaliani.it

Quando il card. Ratzinger nel 1978 disse: non sarei favorevole a un Papa non italiano, necessario ribadire l'impronta locale della carica papale

"Non sarei favorevole a un Papa non italiano…". L’intervista è stata ripresa nel giugno 1978, poco prima della morte di Paolo VI e del conclave che, il 26 agosto, avrebbe eletto Giovanni Paolo I. A rispondere è un cinquantunenne cardinale tedesco, da un anno arrivato alla guida della diocesi di Monaco di Baviera, Joseph Ratzinger. Il video è stato recuperato da "Tg2 Dossier", e sarà messo in onda domani sera, alle 23.30 su Rai Due, nel corso di una puntata dedicata al Papa e al suo 85° compleanno, curata da Enzo Romeo e intitolata "Benedetto si racconta". L’intervistatore aveva chiesto all’allora card. Ratzinger: "Guardando al futuro, lei pensa che potrà essere eletto un pontefice non italiano?". L’intervistato non esclude questa possibilità, che si sarebbe peraltro verificata di lì a qualche mese, dopo l’enigmatica morte di Papa Luciani, ma mostra di preferire l’ipotesi italiana: "Diciamo che in linea di massima – afferma – potrebbe accadere. In passato è già avvenuto. Personalmente non sarei molto a favore, per due motivi. In primo luogo occorre ricordare che il Papa è il vescovo di Roma. Egli non riveste soltanto una carica al di sopra di altre cariche, ma è il vescovo di una Chiesa locale, in questo caso quella di Roma. Nella sua veste di vescovo di Roma, è contemporaneamente responsabile per la Chiesa nel mondo. A mio avviso è necessario ribadire questa impronta locale della carica papale. Vale a dire: egli è prima di tutto vescovo di una città, e questo va ribadito". Nel 1978, per Joseph Ratzinger, la scelta era conseguenza di questa "impronta locale": il Papa "dovrebbe provenire dal contesto in cui si colloca questa Chiesa locale, dunque dovrebbe essere un italiano". Un’indicazione allora motivata anche dal carattere poco profilato dell’Italia sullo scenario geopolitico mondiale: "Credo anche che attualmente, considerando i sentimenti nazionalistici che continuano ad esistere nell’umanità e tra i cristiani, la cosa più neutrale sarebbe di rimanere nella tradizione dei secoli scorsi e dunque di scegliere un Papa proveniente da questo Paese, affinché, rispettando le tradizioni, non conferisca alla sua carica un tratto politico o nazionalistico". Va ricordato che queste affermazioni del card. Ratzinger sono pronunciate alla vigilia di un conclave dal quale sarà effettivamente eletto un italiano. Ma Albino Luciani muore all’improvviso, dopo appena 33 giorni. Nelle settimane successive, lo stesso cardinale di Monaco di Baviera che si era espresso in favore del candidato italiano, sarà tra gli elettori del primo vescovo di Roma proveniente da una nazione d’Oltrecortina, la Polonia. La nazionalità polacca, in effetti, sarà determinante per il Pontificato di Giovanni Paolo II: l’esperienza vissuta sotto il regime comunista diventerà chiave di lettura per le situazioni del cattolicesimo in altri continenti. Dopo Wojtyla, inaspettatamente per molti osservatori, sarebbe toccato proprio a quel cardinale bavarese, ormai avanti con l’età, raccogliere l’eredità del Pontificato, proseguendo la serie dei successori di Pietro non italiani. Che valore possono avere oggi le parole di Joseph Ratzinger ritrovate da "Tg2 Dossier"? Le considerazioni sulla nazionalità risultano datate e superate, dopo l’internazionalizzazione della Curia e 34 anni di guida della Chiesa affidata a Pontefici non italiani: quando Benedetto XVI è stato eletto, sette anni fa, nessuno si è posto il problema che non fosse italiano e la questione appare superata. Molto attuale, invece, è la sottolineatura sull’"impronta locale" del papato: ricordare l’irrinunciabile legame con la città e la diocesi romana, e dunque il fatto che il Pontefice è tale perché vescovo di Roma, non viceversa, fa comprendere come il Papa non possa essere assimilato al presidente di una multinazionale o a un monarca assoluto che dispone di un miliardo di sudditi. E in tempi "glocal", quando globalizzazione e localismo si coniugano, anche un Papa proveniente dagli Stati Uniti, dal Brasile, dalle Filippine o dal Congo può essere veramente, e a pieno titolo, "romano". Lo stesso Papa Ratzinger, prendendo possesso della Cattedra del Laterano, il 7 maggio 2005 aveva detto: "Cari romani, adesso sono il vostro vescovo. Grazie per la vostra pazienza con me! In quanto cattolici, in qualche modo, tutti siamo anche romani…".

Andrea Tornielli, Vatican Insider

85° genetliaco di Benedetto XVI. Il Papa riceverà i primi auguri da amici della Baviera e dai vescovi tedeschi, dopo la Messa nella Cappella Paolina

Lunedì 16 aprile, giorno in cui Papa Benedetto XVI compie 85 anni, celebrerà la Messa in Cappella Paolina, presenti alcuni ospiti dalla Baviera e vescovi tedeschi. Seguiranno gli auguri in forma privata e poi l'udienza pubblica alla delegazione dalla Baviera nella Sala Clementina.

Il Sismografo

'Il Santo Padre e i volontari europei', presentato il volume di 'Cor Unum' con il discorso del Papa e gli interventi al convegno dello scorso novembre

"Il Santo Padre e i volontari europei" è il titolo di un volume presentato questa mattina presso la sede del Pontificio Consiglio "Cor Unum". Alla presentazione erano presenti il card. Robert Sarah, Presidente di "Cor Unum", il mons. Giampietro Dal Toso, Segretario del medesimo Pontificio Consiglio e Michel Roy, Segretario di Caritas Internationalis. "Il libro - spiega un comunicato di "Cor Unum" - oltre all'intervento del Papa sul tema del volontariato, raccoglie gli interventi più significativi dell'incontro, tenutosi in Vaticano il 10 e 11 novembre scorso, che ha visto come protagonisti i vescovi e i responsabili delle organizzazioni cattoliche di tutta Europa in occasione dell'anno europeo del volontariato. L'evento sarà un'occasione per parlare delle strategie future della Chiesa in questo ambito". Nel corso del Convegno Kristallina Georgieva, della Commissione Europea con delega al Volontariato, ha espresso il suo plauso e l'incoraggiamento ai movimenti di Volontariato, sottolineando il loro valore civile, soprattutto nell'attuale fase di crisi culturale ed economica dell'Europa ed ha ricordato che il 20% dei cittadini europei è coinvolto in esperienze di volontariato. "Il volontariato - ha affermato la Signora Kristallina - è una grande risorsa dell'Europa e fa parte del DNA europeo". Benedetto XVI che ha ricevuto i partecipanti alla riunione di "Cor Unum" all'incontro di novembre, ha osservato che esso "coincide con la memoria liturgica di San Martino di Tours, che raffigurato nell'atto di condividere il suo mantello con un povero, è considerato modello di carità in Europa e nel mondo. Attualmente il lavoro volontario come servizio caritativo è diventato un elemento universalmente riconosciuto della cultura moderna. Tuttavia, le sue origini possono essere tracciate nella sollecitudine caratteristica dei cristiani di salvaguardare, senza discriminazioni, la dignità della persona umana creata ad immagine e somiglianza di Dio. Se si rinnegano o si oscurano tali radici spirituali e i criteri della nostra collaborazione diventano puramente utilitaristici, la caratteristica distintiva del servizio che voi offrite rischia di andare perduta, a detrimento di tutta la società".

VIS Notizie

La Messa secondo il rito del Cammino neocatecumenale che il Papa non vuole. Benedetto XVI ha chiesto a Dottrina della Fede di esaminarla a fondo

Con una lettera autografa al card. William J. Levada, Benedetto XVI ha ordinato alla Congregazione per la Dottrina della Fede di accertare se le Messe dei neocatecumenali sono o no conformi alla dottrina e alla prassi liturgica della Chiesa Cattolica. Una "problematica", questa, che il Papa giudica "di grande urgenza" per tutta la Chiesa. Benedetto XVI è da tempo in allarme per le modalità particolari con cui le comunità del Cammino neocatecumenale celebrano le loro Messe, il sabato sera, in locali separati. A far crescere in lui l'allarme è stata anche la trama ordita alle sue spalle in Curia lo scorso inverno. Era accaduto che il Pontificio Consiglio per i Laici presieduto dal card. Stanislaw Rylko aveva predisposto il testo di un decreto di approvazione globale di tutte le celebrazioni liturgiche ed extraliturgiche del Cammino neocatecumenale, da rendersi pubblico il 20 gennaio in occasione di un previsto incontro del Papa con il Cammino. Il decreto era stato redatto su indicazione della Congregazione per il Culto Divino, presieduta dal card. Antonio Cañizares Llovera. I fondatori e leader del Cammino, Francisco "Kiko" Argüello (nella foto con Benedetto XVI) e Carmen Hernández, ne furono informati e anticiparono festanti ai loro seguaci l'imminente approvazione. Il tutto all'insaputa del Papa. Benedetto XVI venne a conoscenza del testo del decreto pochi giorni prima dell'incontro del 20 gennaio. Lo trovò sconclusionato e sbagliato. Ordinò che fosse cancellato e riscritto secondo le sue indicazioni. Infatti, il 20 gennaio, il decreto che fu promulgato si limitò ad approvare le cerimonie extraliturgiche che scandiscono le tappe catechistiche del Cammino. Il Papa, nel suo discorso, mise in chiaro che solo queste erano convalidate. Mentre a proposito della Messa impartì ai neocatecumenali una vera e propria lezione, quasi un ultimatum, su come celebrarla in piena fedeltà ai libri liturgici e in effettiva comunione con la Chiesa. In quegli stessi giorni Benedetto XVI ricevette in udienza il nuovo arcivescovo di Berlino, Rainer Maria Woelki, uomo di sua fiducia, che di lì a poco avrebbe fatto cardinale. Woelki gli parlò tra l'altro proprio delle difficoltà che i neocatecumenali creavano nella sua diocesi, con le loro messe separate del sabato sera, officiate da una trentina di sacerdoti appartenenti al Cammino. Il Papa chiese a Woelki di fargli avere un appunto scritto sulla materia. Il 31 gennaio Woelki gli inviò una lettera con informazioni più dettagliate. Pochi giorni dopo, l'11 febbraio, il Papa inoltrò copia di questa lettera alla Congregazione per la Dottrina della Fede, assieme alla sua richiesta di esaminare al più presto la questione, che "concerne non soltanto l'arcidiocesi di Berlino". La commissione d'esame presieduta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede si sarebbe dovuta avvalere, secondo le indicazioni del Papa, della collaborazione di altri due dicasteri vaticani: la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, e il Pontificio Consiglio per i Laici. E così è stato. Il 26 marzo, nel Palazzo del Sant'Uffizio, sotto la presidenza del segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, l'arcivescovo Luis Francisco Ladaria Ferrer, gesuita, si sono riuniti per un primo esame della questione i segretari degli altri due dicasteri, per il Culto Divino l'arcivescovo Augustine J. Di Noia, domenicano, e per i Laici il vescovo Josef Clemens, e quattro esperti da loro designati. Un quinto esperto, assente, dom Cassiano Folsom, priore del monastero di San Benedetto a Norcia, inviò per iscritto il suo parere. I giudizi espressi sono stati tutti critici delle Messe dei neocatecumenali. Molto severo è risultato anche quello che la stessa Congregazione per la Dottrina della Fede aveva chiesto, prima della riunione, al teologo e neocardinale Karl J. Becker, gesuita, professore emerito alla Pontificia Università Gregoriana e consultore del dicastero. Il dossier predisposto per la riunione dalla Congregazione per la Dottrina della Fede comprendeva la lettera del Papa dell'11 febbraio, la lettera del card. Woelki al Papa nell'originale tedesco e in versione inglese, il parere del card. Becker e una traccia per la discussione nella quale si metteva esplicitamente in dubbio la conformità alla dottrina e alla prassi liturgica della Chiesa Cattolica dell'art. 13 § 2 dello statuto dei neocatecumenali, quello con cui essi giustificano le loro Messe separate del sabato sera. In realtà, il pericolo temuto da Benedetto XVI e da molti vescovi, come risulta dalle numerose denunce pervenute in Vaticano, è che le modalità particolari con cui le comunità neocatecumenali di tutto il mondo celebrano le loro Messe introducano di fatto nella liturgia latina un nuovo "rito" artificialmente composto dai fondatori del Cammino, estraneo alla tradizione liturgica, carico di ambiguità dottrinali e fattore di divisione nella comunità dei fedeli. Alla commissione da lui voluta, il Papa ha affidato il compito di accertare la fondatezza di questi timori. In vista di decisioni conseguenti. I giudizi elaborati dalla commissione saranno esaminati in una prossima riunione plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, un mercoledì, una "feria quarta", della seconda metà di aprile.

Sandro Magister, www. chiesa

Per i neocatecumenali la ricreazione è finita. Si torna a scuola

85° genetliaco di Benedetto XVI. Domani lo speciale di 'Tg2 Dossier' con le testimonianze di compagni di seminario e di chi collabora con lui oggi

Sarà dedicata a Papa Benedetto XVI, la puntata di T"g2 Dossier" in onda domani, sabato 14 aprile, alle 23.30. Il 16 aprile il Pontefice compirà 85 anni. È il Papa più vecchio degli ultimi cento anni della Chiesa, ma deve affrontare sfide quanto mai impegnative: dalla decristianizzazione dell'Occidente alle guerre interne al Vaticano. Dalle Teche Rai, rari documenti filmati in cui Joseph Ratzinger racconta se stesso: dall'infanzia alla vocazione religiosa maturata nella Germania hitleriana, dagli anni di insegnamento alla nomina ad arcivescovo di Monaco di Baviera, fino alla chiamata a Roma come prefetto dell'ex Sant'Uffizio. "Tg2 Dossier" ha raccolto testimonianze dei suoi compagni di scuola e di seminario, insieme a quelle di collaboratori attuali. Ne emerge un ritratto ricco di sfaccettature: dal teologo progressista che prese parte al Concilio Vaticano II al custode della fede che bacchettò i teologi della liberazione. La "mite fermezza" del Papa tedesco ha segnato anche questi sette anni di Pontificato, in cui Benedetto XVI ha dovuto affrontare la piaga della pedofilia e ora le lotte intestine nella Curia romana. Mentre già ci si chiede quale sarà la Chiesa del dopo-Ratzinger. In "Benedetto si racconta" parlano, fra gli altri, i cardinali Angelo Bagnasco e Angelo Scola, il vescovo emerito di Ivrea e "padre conciliare" Luigi Bettazzi e, in esclusiva, il capo della sicurezza pontificia Domenico Giani, incaricato di indagare anche sui corvi del Vaticano e sulle fughe di notizie dal Palazzo Apostolico.

TMNews

Lefebvriani: stiamo comunicando la risposta al Vaticano, non diversa dalla precedente ma con alcune chiarificazioni. Poi attendiamo la loro risposta

I lefebvriani stanno inviando in questi giorni una precisazione al Vaticano, in seguito ad una perentoria comunicazione diffusa dalla Santa Sede a metà marzo, e attendono, successivamente, un ulteriore pronunciamento vaticano: lo ha dichiarato da Parigi all'agenzia TMNews il portavoce della Fraternità Sacerdotale San Pio X, l'abate Alain Lorans. "Stiamo comunicando la risposta al Vaticano, poi attendiamo una risposta del Vaticano", ha dichiarato il responsabile della comunicazione dei lefebvriani, "solo dopo potremo comunicare ufficialmente con i giornalisti". Lo scorso 16 marzo il Vaticano aveva comunicato ai lefebvriani che "non è sufficiente" la risposta precedentemente data dal gruppo scismatico alle condizioni dottrinali fissate dalla Santa Sede (il cosiddetto 'preambolo'). Una lettera in questo senso, approvata dal Papa, era stata consegnata al superiore dei lefebvriani, mons.Bernard Fellay, in un incontro avvenuto quel giorno in Vaticano. I seguaci di mons. Marcel Lefebvre, precisò in quell'occasione il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, hanno "un mese" di tempo per un'ulteriore risposta. La scadenza cadrebbe, con un'applicazione matematica del computo temporale, lunedì prossimo 16 aprile, data dell'85° compleanno del Papa. Il portavoce dei lefebvriani, ora, precisa che quell'indicazione temporale "non era un ultimatum, ma una scadenza". Quanto alla comunicazione che mons. Fellay sta inviando in questi giorni a Roma non si tratterebbe di una seconda risposta vera e propria, quanto di alcune "chiarificazioni", che, comunque, "non modificano sostanzialmente la prima risposta". Per l'abate Lorans, di conseguenza, "nei prossimi giorni le cose si chiariranno".

TMNews

Per i lefebvriani è l'ultima chiamata all'ovile