sabato 29 ottobre 2011

'Avvenire': come Assisi ogni scelta di Benedetto XVI è sempre, puntualmente, quella più difficile, che stupisce e sorprende, che cambia la prospettiva

I gesti e le parole della Giornata di Assisi testimoniano che la pace può vincere nel mondo di oggi "quasi strangolato tra la violenza di un terrorismo che spesso usa la religione per giustificarsi e una cultura che sempre più spinge la religione al margine, illudendosi cosi' di poter estirpare la violenza", così come ha vinto nel mondo "diviso in blocchi" del 1986, quando per la prima volta Giovanni Paolo II convocò nella città di San Francesco i leader delle grandi religioni. Lo sottolinea Avvenire, che critica però la stampa per aver sottovalutato la portata dell'evento: "Peccato - scrive il giornale della CEI - che tutto questo sia stato quasi completamente ignorato dai media e, quando non ignorato, valutato alla stregua di un'occasione mancata o di un fallimento". "Nessun problema - commenta nell'editoriale Salvatore Mazza - Papa Ratzinger s'è già dovuto misurare con forzature e sottovalutazioni, poco importa se frutto di preconcetti o semplici distrazioni. Il tempo gli ha dato comunque ragione. E' sempre accaduto così. E accadrà anche questa volta". Per celebrare i 25 anni del primo incontro di Assisi, osserva Mazza, ci sarebbero stati tanti modi "in quel vasto campo disteso tra folklore e sostanza" e Benedetto XVI avrebbe potuto scegliere anche soluzioni "con un grande appeal, anche mediatico", ma ha uno "stile" e la sua "scelta è sempre, puntualmente, quella più difficile. Quella che stupisce e sorprende. Che cambia la prospettiva". Benedetto XVI, invece, ha scelto, in "piena coerenza con un magistero esigente", di coinvolgere per la prima volta anche dei non credenti che "apprezza e, in diversi modi, ammira, per il loro porre profonde domande di senso all'indifferentismo religioso e agli stessi credenti". Assisi 2011, inoltre, ha "tracciato una linea rossa del tutto inedita sull'orizzonte non solo dell'ecumenismo e del dialogo ma della stessa idea di quale sia il ruolo delle religioni in questo mondo che cambia".

Agi

La scelta di Benedetto

Sorprendenti dichiarazioni del card. De Paolis: non vedo che cosa potrebbe uscire di buono da un'inchiesta supplementare sulla vita di Maciel

Non è tutta rose e fiori l'indagine che il card. Velasio de Paolis sta svolgendo per conto del Papa tra i Legionari di Cristo. Si tratta di indagare sulla vita passata del fondatore della Legione, Marcial Maciel Degollado, e sulla quella sorta di omertà tenuta da certi suoi collaboratori rispetto alle sue malefatte: tra queste gli abusi nei confronti di minori e la doppia vita, sacerdote alla luce del sole, padre di figli in privato. Recentemente De Paolis ha rilasciato un'intervista all'Associated Press e, sorprendentemente, ha espresso il desiderio di non procedere ulteriormente nelle inchieste sui crimini del fondatore dei Legionari. Come a dire: "Ho visto troppo e questo troppo mi basta". Ha detto De Paolis: "Non vedo che cosa potrebbe uscire di buono da un'inchiesta supplementare" sul modo in cui sono stati coperti i crimini di Maciel. "Corriamo il rischio di ritrovarci in una storia infinita. Infatti certe cose sono troppo private perché io indaghi", ha dichiarato il prelato. A queste parole gli avversari della Legione hanno reagito in modo molto vivace. Tra questi diversi ex membri fuoriusciti proprio perché scandalizzati dal comportamento del loro antico superiore. Ad esempio padre Richard Gill, ex responsabile del movimento laico della Legione Regnum Christi per gli Usa, ha criticato De Paolis che fino a ora ha rifiutato di cambiare la direzione della Legione. Qui sta il punto: perché i responsabili della Legione, che fino a qualche anno fa la conducevano in parallelo a Maciel, non vengono dimessi e sostituiti? Sul blog Uscatholic.org, Bryan Cones titola "La dissimulazione continua": "Troppo private?" si chiede riferendosi alle affermazioni di De Paolis. E ancora l'affondo più duro: "È il tipo di parole che viene usato da coloro che abusano del loro potere, in particolare in materia sessuale". Nota che De Paolis stesso è incapace di specificare il carisma proprio della Legione, il che, a suo avviso è "una ragione sufficiente per scioglierla. La Legione è stata fondata a partire dal peccato profondo di Maciel. Deve essere sciolta, ma solo dopo che ciò che è ancora nascosto nelle tenebre sia portato alla luce". E invita alla creazione di una commissione Verità e riconciliazione all'interno della Chiesa. Da parte sua, il portavoce della Legione, padre Andreas Schoeggl, ha alzato il pollice per definire il lavoro “formidabile” effettuato da De Paolis.

Andrea Bevilacqua, ItaliaOggi

'Messainlatino.it': ad Assisi un camminare insieme verso l’unica Verità. Esclusa ogni azione che assomigliasse anche lontanamente a preghiera comune

Dopo aver dato ampio spazio agli "allarmi" lanciati negli ultimi mesi da ambienti tradizionalisti che temevano il ripetersi ad Assisi di ambiguità che potevano esporre Benedetto XVI all'accusa di avallare il sincretismo religioso, il sito Messainlatino.it dà atto al Pontefice che nella Giornata del 27 ottobre "è stata esclusa ogni azione che assomigliasse anche lontanamente a una preghiera comune". "Nel 1986 il Beato Giovanni Paolo II aveva usato l'espressione 'stare insieme per pregare' contrapposta a 'pregare insieme', volendo escludere ogni partecipazione formale a qualsiasi culto acattolico", scrive sul sito don Alfredo Morselli ricordando che nel 1986 "purtroppo si verificarono degli atti oggettivamente scandalosi: polli sgozzati sull'altare di Santa Chiara secondo riti tribali e la teca con una statua di Budda posta sopra l'altare della chiesa di San Pietro, che tuttavia - chiarisce - non si possono in alcun modo ricondurre al magistero e alle azioni di Giovanni Paolo II". "In ogni modo - continua il sacerdote - sembra che Benedetto XVI, onde evitare ogni scandalo abbia voluto togliere ogni possibile equivoco: l'unica volta in cui nel programma ufficiale si parla di preghiera, si afferma 'tempo di silenzio, per la riflessione e/o la preghiera personali', e quindi non comuni". Per don Morselli, "questa attenzione non è casuale, ma è suffragata anche da una precisazione del card. Raymond Leo Burke, prefetto della Segnatura Apostolica". Un testo che descrive la Giornata di Assisi come "non uno stare insieme per pregare insieme, in modo disparato, col rischio di confondere la fede rivelata soprannaturale, con le 'credenze religiose' umane e naturali, ma un camminare insieme verso l'unica Verità". "Spesso gli incontri di Assisi - ricorda il sacerdote - sono stati messi in contrasto con l'Enciclica 'Mortalium animos' che vietava riunioni in cui si potesse pensare che si onora Dio indifferentemente con qualsiasi culto e condannava 'la falsa teoria che suppone buone e lodevoli tutte le religioni, in quanto tutte, sebbene in maniera diversa, manifestano e significano egualmente quel sentimento a tutti congenito per il quale ci sentiamo portati a Dio e all'ossequente riconoscimento del suo dominio'". Ma questa volta i timori erano infondati: "Niente, in Assisi III, si oppone agli insegnamenti di Pio XI". Mentre "è indubbiamente vero - conclude don Morselli - che possono esistere non credenti soggettivamente in buona fede e che, per arrivare alla vera religione, prima bisogna capire che bisogna essere religiosi: oggi poi è indispensabile confutare gli attacchi portati dall'ateismo aggressivo, che considera la religione un fatto negativo tout-court e causa di violenza".

Agi

Assisi 2011: alcune considerazioni

Il Papa: continuare vigorosamente la proclamazione del Vangelo ai popoli d’ Africa, perché la vita in Cristo è primo e principale fattore di sviluppo

Questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato i vescovi della Conferenza Episcopale di Angola e São Tomé, ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum".
“Con la speranza ‘di mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo’”, nel suo discorso il Papa ha ricordato di aver deciso di proclamare un Anno delle fede, “perché la Chiesa intera possa offrire a tutti un volto più bello e credibile, riflesso più chiaro del volto del Signore”. Il Pontefice ha anche menzionato con gioia il viaggio compiuto a Luanda nel marzo 2009, a il prossimo viaggio in Benin, in cui consegnerà al Popolo di Dio l’Esortazione Apostolica, frutto del secondo Sinodo per l’Africa. “Il primo e specifico contributo della Chiesa ai popoli d’Africa è la proclamazione del Vangelo di Cristo. Siamo perciò impegnati a continuare vigorosamente la proclamazione del Vangelo ai popoli d’ Africa, perché la vita in Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo”. E’ quanto ha detto il Papa incontrando stamani i membri della Conferenza episcopale di Angola e Sao Tomé. Non si tratta, ha detto, di annunciare “una parola consolatoria, ma dirompente, che chiama a conversione”. Una Parola che “rende accessibile l’incontro con il Signore”. I cristiani, ha sottolineato il Santo Padre, respirano lo spirito del loro tempo e subiscono la pressione dei costumi della società in cui vivono. E nel vivere quotidiano sono tre gli “scogli” sui quali naufragano molti cristiani di Angola e Sao Tomé. Il primo scoglio è chiamato “amigamento”, ovvero una relazione tra uomo e donna, basata sulla convivenza e non fondata sul matrimonio, che contraddice il piano di Dio per la famiglia umana. Il limitato numero di matrimoni cattolici nelle comunità di Angola e Sao Tomé, ha aggiunto il Papa, è il segnale di “un’ipoteca” che grava sulla famiglia, “valore insostituibile per la stabilità" della società. Per questo bisogna aiutare le coppie ad acquisire la necessaria maturità umana e spirituale per rispondere responsabilmente alla loro missione d coniugi e genitori cristiani. "Un secondo scoglio nella vostra opera di evangelizzazione – ha ricordato il Santo Padre – riguarda una divisione lacerante". “Il cuore dei battezzati – ha spiegato il Papa - è ancora diviso tra cristianesimo e religioni tradizionali africane”. Il ricorso a pratiche incompatibili con la sequela di Cristo porta anche a conseguenze drammatiche, come l’esclusione sociale e anche l’assassinio di bambini e anziani, “condannati da falsi dettami della stregoneria”. Benedetto XVI, ricordando che “la vita umana è sacra in tutte le sue fasi”, esorta i vescovi dei due Paesi africani a continuare ad alzare la voce in favore delle vittime di queste pratiche. Il Papa indica infine un altro scoglio, formato dai “resti del tribalismo etnico” che porta le comunità a chiudersi, a non accettare persone originarie di altre regioni del Paese. Nella Chiesa, come nuova famiglia di tutti coloro che credono in Cristo, non c’è posto per alcun tipo di divisione: “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida", ha sottolineato il Papa ricordando le parole di Giovanni Paolo II nella Lettera “Novo millennio ineunte”, se vogliamo essere fedeli "al disegno di Dio e rispondere alle attese profonde del mondo”. "Questo legame di fraternità di credenti che condividono il Sangue e il Corpo di Cristo nell’Eucaristia – ha concluso il Papa – è più forte dei vincoli delle nostre famiglie terrene e delle vostre tribù”.

Radio Vaticana, Vatican Insider

Ai vescovi della Conferenza Episcopale di Angola e São Tomé (C.E.A.S.T.), in Visita "ad Limina Apostolorum" - il testo integrale del discorso del Papa

Benedetto XVI conferma alla guida dell'arcidiocesi de L'Avana il card. Ortega: la Chiesa vive una nuova relazione con lo stato e con il popolo

Nel momento in cui il Consiglio dei Ministri di Cuba, presieduto dal presidente Raúl Castro, decideva, oggi, di concedere all'arcivescovo di San Cristobal de la Habana, card. Jaime Ortega (nella foto con Benedetto XVI), l'alta onorificenza "Medalla Gran Cruz de Isabel La Católica" per i servizi resi al Paese e al miglioramento dei rapporti fra Cuba e Spagna, lo stesso porporato ha informato di essere stato confermato, nonostante le sue dimissioni per raggiunti limiti di età, alla guida della circunscrizione ecclesiastica habanera. Il card. Ortega, che ha compiuto 75 anni lo scorso 18 ottobre, ha detto: "Il Santo Padre mi ha confermato come arcivescovo de La Habana...Continuerò dunque la mia missione pastorale con lo stesso entusiasmo di sempre e con la medesima speranza e fede di prima". Dopo aver consegnato alcuni premi del Concorso Letterario organizzato dalla rivista cattolica Palabra Nueva dell’arcidiocesi, come riferito all'agenzia Fides dalla Chiesa locale, la più alta autorità cattolica nell'isola ha rimarcato il costante dialogo con il governo cubano resta aperto, dopo il felice capitolo dei prigionieri politici rilasciati nel 2010: “C’è sempre un dialogo che ha a che fare con la vita della Chiesa, con il lavoro pastorale e anche con la vita della nazione, con i cambiamenti economici, i cambiamenti che la società si aspetta e che anche la Chiesa ha incoraggiato, sostenuto e atteso”, ha detto il cardinale. Su questi cambiamenti e sul piano di riforme economiche gestito dal presidente Raul Castro, Ortega ha ammesso che forse si potrebbero “fare un po’ più velocemente”, ma ha sottolineato che la cosa importante è che si tratta di cambiamenti “con consenso” e che la prospettiva è di “espansione”. “Non c'è più la preoccupazione di tornare indietro, ma vedere passi avanti verso l’apertura infonde speranza e fiducia”, ha detto. Il card. Ortega ha affermato anche che a Cuba la Chiesa Cattolica vive “una nuova relazione, non solo con lo stato, ma con il popolo cubano. Questo è possibile grazie ad un nuovo clima che anche noi abbiamo potuto respirare nella nostra pastorale”, ha ribadito. Sull’incarico a capo dell'arcidiocesi di L'Avana, il porporato si è detto “onorato” che il Papa lo abbia confermato, ricordando che, nell’agosto scorso, ha invitato il Pontefice sull’isola e Benedetto XVI ha risposto “se Dio vuole, se Dio vuole”.

Il Sismografo, Fides