venerdì 22 febbraio 2013

IL NOSTRO PAPA. 'LA VIGNA DEL SIGNORE' SALUTA E RINGRAZIA BENEDETTO XVI

Giovedì 28 febbraio alle ore 20.00 si concluderà lo straordinario Pontificato di Papa Benedetto XVI, Joseph Ratzinger. Con non poca tristezza nel cuore, ma anche con la gratitudine per averlo avuto come dono, vogliamo ringraziarlo per averci guidato in questi otto anni in un cammino di fede, speranza, amore, per averci sorretto nei momenti di smarrimento ma anche e soprattutto per averci donato la gioia che viene dal credere. Scrivete, tramite mail, nella pagina Facebook o Twitter, il vostro messaggio di affettuoso saluto e ringraziamento al nostro Santo Padre. Verranno raccolti nell'ultimo post pubblicato nel blog il 28 febbraio, e successivamente inviati tramite lettera a Benedetto XVI, come un grande "arrivederci" a un grande uomo.

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Esercizi spirituali. Card. Ravasi: non dobbiamo rendere così incolore, inodore, insapore, la nostra predicazione. Una predicazione che non artiglia mai le coscienze, che non è mai un indice anche puntato. Ricordando sempre che tutte le volte che puntiamo l’indice contro un altro, abbiamo tre altre dita contro di noi

L’amore fraterno esaltato nel Salterio esorta la comunità religiosa e l’umanità tutta a ritrovare l’unità e la carità, superando divisioni, dissidi, carrierismi, gelosie. Così il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura questa sera nella terza meditazione di questo penultimo giorno di Esercizi spirituali per il Papa e la Curia romana. E’ il breve Salmo 133, inno alla gioia comunitaria, ad ispirare il porporato nell’ultima meditazione dedicata al Salterio: “Ecco quanto è buono e soave che i fratelli vivano insieme”. “Sant’Agostino commenta questo salmo e lo fa il motto ideale delle comunità religiose. Quindi idealmente dovrebbe essere anche un motto per la nostra comunità, la comunità che lavora nella Santa Sede”. Un’esortazione a ritrovare l’unità e la carità, superando quelle “realtà proprie delle creaturalità” che sono divisioni, dissidi, carrierismi, gelosie. “Benedetto XVI ci ha ricordato tante volte questo tema che tocca noi in maniera particolare. Queste parole - ‘divisione’, ‘dissidi’, ‘carrierismi’, ‘gelosie’ - sono parte dell’esperienza, del peso e della fatica dello stare insieme. Quante volte si sente persino - dobbiamo confessarlo - questo veleno di gelosia ed invidia che comincia ad introdursi nei confronti di un’altra persona. E anche quest’ultima, se sensibile, avverte di essere oggetto di tali sentimenti.”. Solo l’amore di Dio, rugiada di freschezza, può irrigare queste aridità. La carità – prosegue il card. Ravasi citando l’inno ad essa dedicato da san Paolo - genera tante altre virtù, tuttavia la logica del mondo non è donazione, ma possesso: è quella del denaro: "Senza denaro l’uomo si sente uno zero". Il porporato declina l’amore fraterno attraverso i numeri della simbologia biblica. Dalla spirale cieca di violenza e odio esemplificata dalla sete di vendetta di Lamek, discendente di Caino disposto a vendicarsi 77 volte del torto subito, all’estremo opposto del perdono cristiano. Gesù invita Pietro a perdonare fino a 70 volte 7 il fratello che pecca contro di lui. Dalla legge del taglione, giustizia distributiva dell’occhio per “occhio, dente per dente” al comandamento di Cristo “Ama il prossimo tuo come te stesso” che conduce al superamento della pura e semplice giustizia. “Il Signore è misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà. Conserva il suo amore per mille generazioni, perdonando la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, castigando la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli, fino alla terza e quarta generazione. Il perdono di Dio non ha confini”. Il card Ravasi non manca di citare quei Salmi che per la loro connotazione imprecatoria e violenta costituiscono una "pietra di inciampo" nella spiritualità del Salterio. In essi – spiega – sentiamo pulsare la storicità della Rivelazione: la Parola di Dio va interpretata, s’incarna adattandosi al limite e alle debolezze umane. Ciò nonostante il porporato invita a non confondere l’ira, vizio capitale da condannare, con la virtù dello sdegno verso il peccato, la menzogna e l’ingiustizia. Se certa predicazione del passato è stata eccessiva nella retorica dell’aggressione – continua - oggi rischiamo di edulcorare lo scuotimento che viene della Parola di Dio: “Non dobbiamo rendere così incolore, inodore, insapore, la nostra predicazione. Una predicazione che non artiglia mai le coscienze, che non è mai un indice anche puntato. Certo, ricordando sempre che tutte le volte che puntiamo l’indice contro un altro, abbiamo tre altre dita contro di noi”. Il card. Ravasi conclude le meditazioni sull’amore fraterno affidandosi all’immagine del Giordano “C’è un aforisma giudaico che penso possa essere una bella conclusione della nostra riflessione sulla carità, sull’amore. Dice: la Terra Santa è segnata da due laghi. il primo è quello di Tiberiade che riceve e dona acqua al Giordano. Il secondo, invece, riceve soltanto, accumula e nulla dà: per questo si chiama Mar Morto”.

Radio Vaticana

'Il ‘mio’ Benedetto XVI. Racconto di un’esperienza', concorso fotografico proposto dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali: le tre foto più votare saranno premiate e verranno pubblicate come banner all’interno del sito internet 'News.va'

“Il ‘mio’ Benedetto XVI. Racconto di un’esperienza” è il tema del concorso fotografico proposto dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. L’iniziativa, spiegano i promotori, “è aperta a tutti e intende essere un momento per condividere ogni piccola personale esperienza per formare un solo puzzle in cui ognuno possa ritrovarsi”. Dall’elezione ai viaggi, le GMG di Colonia, Sydney e Madrid, ma anche le udienze e le celebrazioni: sono ammesse al concorso le “esperienze piene di emozioni, gioie e fatiche, di momenti di crescita, scambio e confronto per la Chiesa nella persona del Papa, di ricordi personali e collettivi”. Le opere, a colori o in bianco e nero e in numero massimo di tre per ogni partecipante, devono essere proposte entro e non oltre il 15 marzo in formato digitale via e-mail a photocontestva@gmail.com. Le foto saranno inserite in un album del contatto Facebook di News.va e saranno votate dagli utenti del social network. Le tre più votare saranno premiate e verranno pubblicate come banner all’interno del sito internet News.va.

SIR

Il Centro di arbitrariato della Chiesa belga in materia di abusi sessuali ha esaminato finora 67 dei 621 dossier presentati, versati già più di 300mila euro di risarcimento alle vittime. Nessun dubbio sulla presenza al conclave di Godfried Danneels

La Chiesa belga ha già versato 303mila euro per risarcire le vittime di abusi sessuali. Il Centro di arbitrariato in materia di abusi sessuali ha infatti esaminato finora 67 dei 621 dossier presentati. Il Centro (www.centre-arbitrage-abus.be) è stato istituito dalla Chiesa Cattolica belga un anno fa e questo è il primo rapporto. Le domande, informa l’agenzia Cathobel, provengono in maggioranza dalle Fiandre (più del 72%) e da uomini (80%) nati negli anni ’50-’60. "Alcuni hanno parlato per la prima volta”, ha commentato Karine Lalieux, presidente della Commissione parlamentare sugli abusi. Nel giornale belga “Le Soir” Lalieux si congratula con l’atteggiamento delle autorità religiose e lo sviluppo delle procedure. “Non c’è stata nessuna contestazione e non s’è mai posto il problema dell’onere della prova. Le parole delle vittime sono considerate legittime d’ufficio”. Rimangono da esaminare ancora 552 dossier. Ci vorranno almeno altri due anni. L’ex arcivescovo di Malines-Bruxelles, card, Godfried Danneels, parteciperà al conclave e “per due ragioni”. L’annuncio ufficiale volto ad eliminare qualsiasi dubbio appare questo pomeriggio sul sito informativo della Conferenza Episcopale belga. Il card. Danneels “è il solo cardinale belga e all’età di 79 anni non ha ancora raggiunto il limite per essere cardinale elettore, fissato a 80 anni”. La nota ricorda poi che tra coloro che si oppongono alla presenza del cardinale c’è il prete Rik Devillé, che ha auspicato che il cardinale non partecipi al conclave. Il sacerdote ritiene che il card. Danneels abbia coperto alcuni dossier relativi agli abusi sessuali commessi dalla Chiesa. “Tali accuse - si legge su info.catho.be - sono state alla base delle perquisizioni condotte nell’arcivescovado e nel domicilio del cardinale, perquisizioni che sono state poi invalidate dalla giustizia”. Padre Tommy Scholtès, portavoce della Conferenza Episcopale del Belgio, ricorda che “nulla è stato stabilito a livello giudiziario” e precisa ancora che l’assenza del cardinale al conclave “non è stata richiesta da nessuna parte”. Riunito il 21 febbraio in presenza di mons. Jean Kockerols, vescovo ausiliare di Bruxelles, il Consiglio presbiterale di Bruxelles ha rifiutato le critiche nei confronti del card. Danneels e ha tenuto ad assicurargli “la sua fiducia, il suo sostegno e la sua preghiera”.

SIR

Esercizi spirituali. Card. Ravasi: il sacerdote deve essere presente nella società, proprio perché è il tramite tra Dio e il popolo deve avere la libertà da ogni vincolo ed interesse concreto, non deve partecipare, non deve lasciarsi impastoiare nelle questioni della politica, pur essendo presente con la sua testimonianza

Penultimo giorno di meditazioni in Vaticano. Il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, incaricato di predicare gli Esercizi spirituali al Papa e alla Curia romana, ha posto l’accento sulla figura del sacerdote ma anche sulla famiglia e gli anziani. Sono due Salmi, il 16 e il 73, a guidare la prima meditazione odierna. Due testi sacerdotali che hanno al termine un messaggio quaresimale. In entrambi si confessa la debolezza, il peccato, ma poi si guarda alla meta finale che è la comunione perfetta con Dio. Raccontando le caratteristiche del sacerdote nella Torah, il cardinale si sofferma proprio su un punto fondamentale: “Il sacerdote deve essere presente nella società, proprio perché è il tramite tra Dio e il popolo deve avere la libertà da ogni vincolo ed interesse concreto, non deve partecipare, non deve lasciarsi impastoiare nelle questioni della politica, pur essendo presente con la sua testimonianza”. Dio quindi basta a tutto e, infatti, al termine del Salmo 16 c’è la professione di fede. La fede nell’immortalità che è unione piena, mistica, abbraccio con Dio, amore totale per il nostro amato. Un concetto di immortalità che oggi è decisamente diverso perché, nella società attuale, si è cancellata l’idea della morte: “L’immortalità della società contemporanea è cercare di vivere più a lungo, cercare di sanare gli organi, ricambiarli come una macchina e continuare a vivere. Questa concezione dell’immortalità è una concezione misera, già nella 'Spe salvi', Benedetto XVI ci ricordava che l‘eternità non è una continuità di tempo senza fine. Potrebbe invece essere anche una maledizione continuare senza poter avere una meta, in una sorta di movimento continuo e perpetuo”. Nel Salmo 73 si indica nelle “cose sante di Dio” la via per tornare a Lui. Dopo la crisi vocazionale, crisi che può toccare anche il fedele, si ritrova la strada e prima di tutto nella preghiera, nella fiducia completa e nell’abbandono ai progetti che il Signore riserva per noi, ma in particolare nella purezza della fede. Una via che porta all’essere abbracciati in Dio, “anche se la mia carne e il mio cuore – dice il card. Ravasi – verranno meno, io sarò con Lui”. “Questi sacerdoti ci hanno invitato un po’ ad una certa serenità anche nel realismo della nostra vita, anche nelle nostre cadute – nelle cadute spirituali, nelle cadute della nostra esistenza – è un po’ l’impasto della nostra vita. Però, dall’altra parte - come messaggio ultimo - ci offrono il messaggio dell’oltre: il saper guardare più in avanti e più in là, verso quella meta ultima. Qui abbiamo, perciò, un messaggio che potremmo chiamare pasquale!”. Al centro della seconda meditazione odierna, il card. Ravasi pone la famiglia e ricorda l’efficace definizione data dal sociologo Levi-Strauss, famiglia come “unione più o meno durevole ma reperibile in ogni società”. Nonostante le prove che affronta, soprattutto la mancanza drammatica di lavoro, oggi si vive pure di solitudini: “La società contemporanea, purtroppo, ha adottato come emblema la ‘porta blindata’: si ha paura di tutto ciò che sta fuori. Una volta, anche nella nostra tradizione, era il cortile delle case condominiali il luogo dove si viveva, le porte erano aperte e c’era una comunicazione. Il riso e le lacrime erano condivise: adesso, invece, è proprio una ‘fiamma isolata’, sono però ‘fiamme’ anche di calore, non soltanto che bruciano e devastano”. E quindi nel Salmo 128 si nota come il padre sia colui che mantiene la famiglia, la madre sua “vite feconda”, colei che è “nell’intimità della casa”: “Un’intimità che non è fatta solo – evidentemente – di sessualità anzi, la cultura contemporanea, la società contemporanea, ha spezzato una collana che era fatta di tre anelli. Primo anello: la sessualità; ma la sola sessualità è anche animale e non basta. Secondo anello: l’uomo è capace di eros, che non è la pornografia, l’eros è la scoperta della bellezza, del fascino, del sentimento, della passione, della volontà di stare insieme, la meraviglia dello sguardo del volto. Però, non basta. L’uomo è capace – e così chiude il ciclo della collana – di amore”. E poi i figli, segni della creazione e della storia della salvezza che continua, e anche gli anziani, presenti ripetutamente nel Salterio. Di loro si ricorda quanto siano testimoni, voce “del braccio della tua potenza”. Infine, concludendo la meditazione, Ravasi ha recitato un antico inno tibetano: “il corpo del vecchio è un prezioso scrigno di canti di fede”.

Radio Vaticana

Mons. Arrieta: fino alla sede vacante il Papa può modificare le procedure per l’elezione del Sommo Pontefice. Dopo è la Congregazione dei cardinali che deve stabilire il giorno d’inizio del conclave

“Fino alla sede vacante, il Santo Padre può modificare le procedure relative all’elezione del Sommo Pontefice. Dopo l’inizio della Sede vacante, è la Congregazione dei cardinali che deve stabilire il giorno d’inizio del conclave”. A confermarlo è stato monsignor Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, che nel briefing di oggi ha presentato la Costituzione Apostolica “Universi Dominici Gregis”, emanata da Giovanni Paolo II nel 1996 e tuttora in vigore, circa la vacanza della Sede Apostolica e l’elezione del Romano Pontefice. Benedetto XVI, ha ribadito mons. Arrieta, “può modificare la legge sul Conclave prima della Sede vacante, e quindi potrebbe, vedendo che i cardinali sono tutti qui, anticiparne l’inizio, anche per evitare che restino troppo tempo fuori dalla propria sede”. Facoltà, questa, che dall’inizio della Sede vacante, alle 20.00 del 28 febbraio, passerebbe alla Congregazione dei cardinali, che in merito ad eventuali “dubbi” sull’interpretazione della Costituzione Apostolica potrebbe procedere a maggioranza assoluta. Se i cardinali dovessero ‘twittare’ dall’interno del conclave notizie segrete “incorrerebbero in gravi sanzioni”, fino alla scomunica. In ogni caso i cardinali non potranno entrare in Ccnclave con il telefono cellulare, che “verrebbe confiscato”. Arrieta ha spiegato ancora che le sanzioni sono molto pesanti e sono previste dalla Costituzione apostolica ‘Universi dominici gregis’, il testo che regola l’elezione del Pontefice. “Ci sono più 'scomuniche latae sententiae' previste in questo documento che in tutto il codice di diritto canonico”, ha detto il canonista. Nessun cardinale elettore può essere escluso dall’elezione. La rinuncia, che deve essere accettata dal Collegio dei cardinali, può avvenire per motivi di salute comprovati o grave impedimento. I porporati che, in qualsiasi modo rivelano a qualunque altra persona, notizie sull’elezione del Pontefice possono incorrere nella pena della scomunica. Anche un cardinale, che abbia ricevuto una scomunica, ha comunque diritto di voto. Su possibili rinunce alla partecipazione al prossimo conclave è intervenuto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi: “Credo abbiamo sentito tutti, seguendo le informazioni, che il cardinale di Jakarta, in Indonesia, ha presentato difficoltà per suoi motivi di salute. Però l’accettazione dei motivi, valutare se è giustificato o meno, dipende dal Collegio dei cardinali”. L’unica modifica alla Costituzione "Universi Dominici Gregis" è stata introdotta da Benedetto XVI, nel 2007, con il Motu Proprio "De Aliquibus mutationibus in normis de eletione Romani Pontifici", che ripristina, in tutte le votazioni, il quorum dei due terzi per un’elezione valida. Dopo il 34° scrutinio (o 35° se si è votato anche il giorno dell’apertura del Conclave) si procede al "ballottaggio" tra i due cardinali che hanno ottenuto il maggior numero di suffragi nella votazione precedente. Affinché l’elezione sia valida, è sempre necessaria la maggioranza di almeno due terzi dei votanti.

SIR, Adnkronos, Radio Vaticana

Il Papa nomina mons. Antoine Camilleri sotto-segretario per i rapporti con gli Stati, al posto di mons. Ettore Balestrero nominato nunzio apostolico in Colombia

Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato sotto-segretario della sezione per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato mons. Antoine Camilleri, consigliere di Nunziatura presso la medesima Sezione per i Rapporti con gli Stati. Mons. Camilleri, ordinato sacerdote a Malta e laureato in Giurisprudenza e in Diritto canonico, prenderà il posto di mons. Ettore Balestrero, nominato oggi nunzio apostolico in Colombia dopo aver ricoperto l’incarico di sotto-segretario dal 17 agosto 2009. Mons. Camilleri è entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede il 9 gennaio 1999, prestando la propria opera presso le Rappresentanze Pontificie in Papua Nuova Guinea, Uganda e Cuba. Stretto collaboratore del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, Balestrero ha curato negli ultimi anni i rapporti con lo Ior ed è considerato uno dei personaggi più in vista nei vertici vaticani. Raffinato diplomatico, cresciuto alla scuola del card. Giuseppe Siri, Balestrero parla cinque lingue. Negli anni del Pontificato di Papa Ratzinger ha avuto alcuni dei ruoli più operativi nella curia romana e nel verti della Segreteria di Stato, curando in particolare i rapporti con gli Stati esteri. La nomina, per quanto destinata a fare rumore e letto come un allontanamento da Roma a pochi giorni dal conclave, è comunque una vera promozione. Va infatti in Colombia a dirigere una importante istituzione ecclesiastica e con il rango più alto di nunzio. Ma questo non contribuirà certo a placare le polemiche per uno spostamento a cinque giorni dalla fine del Pontificato di Benedetto XVI e con il nome di Balestrero che emerge nelle ricostruzioni delle vicende degli intrighi in Vaticano nella parte legata agli scandali dello Ior.

SIR, La Repubblica.it

RINUNCE E NOMINE (CONTINUAZIONE)

La Santa Sede e la Repubblica del Sud Sudan, desiderose di promuovere rapporti di mutua amicizia, di comune accordo stabiliscono relazioni diplomatiche, a livello di Nunziatura Apostolica da parte vaticana e di Ambasciata da parte sud-sudanese

La Santa Sede e la Repubblica del Sud Sudan, desiderose di promuovere rapporti di mutua amicizia, hanno deciso di comune accordo di stabilire tra di loro relazioni diplomatiche, a livello di Nunziatura Apostolica da parte vaticana e di Ambasciata da parte sud-sudanese. Salgono così a 180 gli Stati che intrattengono relazioni diplomatiche piene con la Santa Sede. Il Sudan del Sud è uno Stato dell'Africa centro-orientale, con capitale Giuba, indipendente dal 9 luglio 2011. Contrapposta al Nord arabo e musulmano, ha vissuto una guerra durata oltre 40 anni, terminata con gli Accordi di pace del 2005. Grande due volte l'Italia, ha una popolazione di circa 8 milioni di persone, per il 60% cristiani, mentre il restante 40% pratica religioni tradizionali. L'economia del Sud Sudan è una delle più deboli del mondo, nonostante le grandi risorse agricole e minerarie del Paese.

Radio Vaticana

RELAZIONI DIPLOMATICHE TRA LA SANTA SEDE E LA REPUBBLICA DEL SUD SUDAN

Festa della Cattedra di San Pietro. Il Magistero di Benedetto XVI: nella debolezza degli uomini il Signore manifesta la sua forza, dimostra che è Lui stesso a costruire, mediante uomini deboli, la sua Chiesa

La Chiesa celebra oggi la festa della Cattedra di San Pietro. Una festa antica di secoli, che ha permesso di sviluppare una lunga dottrina sul ruolo e l’autorità del Pontefice. Anche il magistero di Benedetto XVI ha contribuito in questi anni ad arricchire tale riflessione, ora ulteriormente ampliata dalla sua scelta di rinunciare al ministero petrino. Consapevolezza. Lucida, profonda. Acquisita in un confronto quotidiano con le Scritture, lette, studiate, ruminate. Da ragazzo, seminarista, sacerdote, vescovo, Papa. Un confronto serrato, costante, con le pagine della verità divina, affrontato con l’umiltà dei Padri della Chiesa e un’analoga capacità di penetrazione. Chi è Pietro? Quante volte se lo sarà chiesto Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. E immaginiamo la risposta ricercata, con umiltà e tenacia, là dove Dio ha parlato agli uomini e suo Figlio al suo nuovo popolo. Là dove come cristiano, e poi come pastore, Joseph Ratzinger ha sempre voluto coltivare l’anima e l’intelligenza, nell’Antico e nel Nuovo Testamento: “Nel ministero di Pietro si rivela, da una parte, la debolezza di ciò che è proprio dell'uomo, ma insieme anche la forza di Dio: proprio nella debolezza degli uomini il Signore manifesta la sua forza; dimostra che è Lui stesso a costruire, mediante uomini deboli, la sua Chiesa” (29 giugno 2006).
Joseph Ratzinger-Benedetto XVI lo aveva sempre detto, pubblicamente. Mentre il mondo tenta di spiegarsi il mai visto strattonando le categorie a disposizione, quelle della ragione – atto politico, fuga dal complotto, impedimento sanitario, propensione caratteriale, dando ogni volta l’impressione di lambire appena il bordo di una verità che continua a sfuggire, se interpretata con quei criteri, nella sua portata complessiva – e mentre le comunità cristiane col passare dei giorni cercano di dilatare il cuore sul fatto che, al di là di mille analisi, vi è da rispettare non solo un confine della coscienza ma un’insondabile soglia dello Spirito, nulla come la decisione del Papa di rinunciare al ministero petrino sembra poter essere compresa e spiegata se non con le ragioni della fede. Quella stessa fede nutrita per decenni da Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, che da sempre lo ha portato a dire, ripetutamente, che la Chiesa non è di Pietro, ma di Cristo, senza il quale il timoniere della barca sarebbe un marinaio perduto tra le tempeste della storia. Basta leggere il Vangelo, ha detto, è tutto scritto lì: c’è un mare agitato, un Pietro che non sa che fare e c’è Cristo che placa i venti: “Attraverso questa caduta Pietro – e con lui ogni suo Successore – deve imparare che la propria forza da sola non è sufficiente per edificare e guidare la Chiesa del Signore. Nessuno ci riesce soltanto da sé. Per quanto Pietro sembri capace e bravo – già nel primo momento della prova fallisce" (29 giugno 2006).
Joseph Ratzinger Benedetto XVI lo aveva sempre detto, pubblicamente. Pietro è la roccia perché è Cristo a renderlo granitico. Non è una dote umana acquisita con l’elezione al Soglio pontificio, ma è e resta un dono divino. Così, con la rinuncia è come se il Papa avesse ripulito dalle incrostature di due millenni il senso di un limite, per secoli nascosto dai velluti di un prestigio che ha finito per rendere, nella percezione comune, Pietro un capo di se stesso – e un onnipotente da se stesso – e non colui che è sempre stato: un uomo chiamato a seguire il suo unico capo, Gesù. Con pura, semplice, e soprattutto umile fede: “Tutto nella Chiesa poggia sulla fede: i Sacramenti, la Liturgia, l’evangelizzazione, la carità. Anche il diritto, anche l’autorità nella Chiesa poggiano sulla fede. La Chiesa non si auto-regola, non dà a se stessa il proprio ordine, ma lo riceve dalla Parola di Dio, che ascolta nella fede e cerca di comprendere e di vivere” (19 febbraio 2012).
Nulla come la rinuncia di Benedetto XVI ha spiazzato e spazzato dall’orizzonte del Papato la categoria dell’esercizio del potere, nel modo in cui da Adamo l’uomo la intende. E ciò colpisce non tanto perché c’è di ammirevole in quel gesto il fatto di volersi fare da parte per lasciare campo a forze nuove, come ampiamente sottolineato dai commenti di questo periodo. C’è ben altro e anche questo Benedetto XVI l’aveva detto. Pietro presiede la Chiesa non se usa la politica, il denaro o l’influenza mediatica. Pietro presiede la Chiesa solo se adopera la moneta che ha corso legale nel regno del suo Dio, quella della carità: “Pertanto, ‘presiedere nella carità’ significa attirare gli uomini in un abbraccio eucaristico - l’abbraccio di Cristo -, che supera ogni barriera e ogni estraneità e crea la comunione dalle molteplici differenze. Il ministero petrino è dunque primato nell’amore in senso eucaristico, ovvero sollecitudine per la comunione universale della Chiesa in Cristo” (19 febbraio 2012).
Il ministero petrino è “primato dell’amore”. Nulla di più coerente avrebbe mai potuto affermare “un umile lavoratore nella Vigna del Signore”. Un teologo come pochi negli ultimi 50 anni, la cui intelligenza della vita cristiana, allenata dalla preghiera e dalla conoscenza della Bibbia, non gli ha mai fatto dimenticare, nemmeno nei giorni più dolorosi, che la Chiesa è un gregge che cammina, a cominciare da Pietro, dietro Cristo. E che Lui, e solo lui, la proteggerà sempre con la forza più grande di ogni forza: “È il potere del bene – della verità e dell'amore, che è più forte della morte. Sì, è vera la sua promessa: i poteri della morte, le porte degli inferi non prevarranno contro la Chiesa che Egli ha edificato su Pietro e che Egli, proprio in questo modo, continua ad edificare personalmente” (29 giugno 2006).

Radio Vaticana