martedì 11 gennaio 2011

Mons. Mamberti incontra l'ambasciatrice egiziana. La Santa Sede: condividiamo la preoccupazione, evitare scontri e tensioni per motivazioni religiose

La Santa Sede condivide "pienamente la preoccupazione del governo egiziano di 'evitare l'escalation dello scontro e delle tensioni per motivazioni religiose', ed apprezza gli sforzi che esso fa in tale direzione". Lo ha comunicato il Segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, mons. Dominique Mamberti, ricevendo questa sera Lamia Aly Hamada Mekhemar, ambasciatore della Repubblica Araba di Egitto presso la Santa Sede. E' quanto informa una nota il direttore della Sala stampa vaticana padre Federico Lombardi. Nel corso dell'incontro, informa la nota, "l'ambasciatore, che si recherà al Cairo per consultazioni presso il Ministero degli Esteri egiziano, ha fatto presenti le preoccupazioni del suo Governo nel difficile momento attuale, e ha potuto ricevere le informazioni e raccogliere gli elementi utili per riferire adeguatamente sui recenti interventi del Santo Padre, in particolare sulla libertà religiosa e sulla protezione dei cristiani nel Medio Oriente. Sottolineando che la Santa Sede partecipa all'emozione dell'intero popolo egiziano, colpito dall'attentato di Alessandria, monsignor Mamberti ha assicurato che essa condivide pienamente la preoccupazione del Governo di 'evitare l'escalation dello scontro e delle tensioni per motivazioni religiose', ed apprezza gli sforzi che esso fa in tale direzione".

TMNews

Le celebrazioni presiedute dal card. Dias concludono l'anno giubilare della Chiesa in Viêt Nam: il Papa ama questo Paese e il suo popolo

"Ðú'c Thánh Cha/ yêu nu'ó'c Viêt Nam/ và dân tôc Viêt Nam": "Il Papa ama il Viêt Nam e il popolo del Viêt Nam". In lingua vietnamita il card. Ivan Dias ha trasmesso all'intera popolazione di questo Paese del sud est asiatico il messaggio affettuoso affidatogli da Benedetto XVI. Occasione è stata la partecipazione del prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, come inviato speciale del Papa, alle celebrazioni conclusive dell'anno giubilare della Chiesa Cattolica vietnamita. In realtà si è trattato di un duplice giubileo: i trecentocinquanta anni dell'erezione dei primi due vicariati apostolici, Dàng Tromg e Dàng Ngoài, e i cinquant'anni della costituzione della gerarchia cattolica. L'anno giubilare, inaugurato il 24 novembre 2009 a So Kien, nell'arcidiocesi di Hanoi, si è concluso il 6 gennaio scorso, Solennità dell'Epifania, con la Messa solenne presieduta dal card. Dias nel santuario mariano di La Vang, un luogo caro alla pietà popolare vietnamita. La tradizione vuole che la Vergine sia apparsa in quel luogo nel 1798, per consolare i cristiani sfuggiti alle persecuzioni. Ricordando l'episodio il cardinale ha riproposto le parole che la Vergine avrebbe rivolto in quell'occasione ai rifugiati: "Abbiate fiducia, sopportate pene e dolori. Ho già ascoltato le vostre preghiere. A partire da questo momento tutti quelli che verranno qui a pregare vedranno esauditi i loro desideri". Oggi, ha aggiunto il porporato, "affido tutta la cara nazione vietnamita al cuore immacolato di nostra Signora di La Vang, e prego con voi per ottenere la prosperità materiale e spirituale di tutto il popolo vietnamita". Il cardinale ha poi ripercorso le tappe del cammino dell'evangelizzazione nel Paese, ricordando "con profonda gratitudine tutti quelli che hanno contribuito all'edificazione e allo sviluppo di questa Chiesa, donando la loro vita, il loro sudore, il loro sangue". Nello stesso tempo ha invitato a un esame di coscienza per cercare di capire "come si possa vivere meglio la fede e mettere meglio in pratica il mandato che abbiamo ricevuto da nostro Signore di diffondere il messaggio cristiano di salvezza". Ancora oggi nel Viêt Nam il 94% delle persone non conosce il Vangelo. Da qui l'auspicio che i cattolici che vivono oggi nel Paese siano in grado di riscoprire l'importanza del cammino del Vangelo, cosicché ognuno si trasformi in missionario. In questo modo si esprime "la natura della Chiesa", testimoniando "la vita di preghiera personale", che va nutrita costantemente con la partecipazione ai sacramenti; senza trascurare, del resto, l'importanza della "meditazione della Parola, la santità della carità, la necessità di una promozione integrale dell'uomo, l'urgenza dell'educazione della gioventù, dell'inculturazione e dell'evangelizzazione". Infine il porporato ha affidato la missione della Chiesa in Viêt Nam alla Vergine di La Vang. Secondo stime ufficiose alla celebrazione hanno partecipato circa cinquecentomila fedeli. Il giorno precedente, il 5 gennaio, il card. Dias aveva presieduto un incontro celebrativo organizzato dai vescovi del Paese nello stesso santuario. Erano presenti il vice primo ministro della Repubblica socialista del Viêt Nam e numerose altre personalità religiose e civili. Una circostanza eccezionale sottolineata dal porporato come segno di buon auspicio per l'avvenire. "Questa partecipazione - ha notato - testimonia la stima e la riconoscenza dei valori che la comunità cattolica professa in questa nazione. Io credo che non si mancherà di assicurare la piena libertà religiosa, di creare condizioni favorevoli alle diverse organizzazioni religiose così come a quanti professano e praticano pubblicamente la loro fede, qualunque sia il loro credo". E poi ha aggiunto: "Amo pensare la Chiesa e lo Stato come la madre e il padre di una famiglia. Quando vivono in accordo, i loro figli e le loro figlie ne godono di più. Dio voglia che sia così tra la Chiesa e lo Stato anche qui in Viêt Nam". Ricordando la testimonianza resa dai "numerosi e generosi missionari che hanno portato il Vangelo in terra vietnamita", il cardinale ha rivolto un pensiero altrettanto grato al compianto cardinale François Xavier Nguyên Van Thuân, "la cui causa di beatificazione - ha ricordato - è stata recentemente introdotta a Roma". Venerdì 7 gennaio, prima di ripartire per Roma, il card. Dias, accogliendo l'invito dell'arcivescovo di Hà Nôi, Pierre Nguyen Van Nhon, ha celebrato nella Cattedrale della capitale la Messa per i 117 Santi martiri del Viêt Nam. Nell'omelia il porporato ha espresso ai presuli presenti il saluto del Papa e l'assicurazione della sua benevolenza e della sua vicinanza nella preghiera. Ha colto poi l'occasione per salutare l'antico pastore dell'arcidiocesi, l'arcivescovo Joseph Ngo Quang Kiet, la cui volontà di lasciare il governo pastorale della diocesi "per libera scelta" e "per dedicarsi alla vita di preghiera" è stata accolta "con rispetto - ha precisato - dal Santo Padre". Soffermandosi infine sulla ricorrenza liturgica di Sant'Andrea Dung Lac, uno dei compagni martiri, il prefetto di Propaganda fide ne ha riproposto "le due lezioni": l'accoglienza riservata ai non cristiani immigrati in città in cerca di lavoro e il compimento del dovere che Dio ha affidato a ciascuno dei suoi figli, da portare nei rispettivi ambiti di vita. Un invito questo, ha detto esplicitamente il porporato, rivolto a ciascuno di noi, che siamo chiamati "a compiere perfettamente il nostro dovere di cittadini e di cristiani, senza paura di testimoniare il nostro amore e la nostra fedeltà a Cristo e al suo Vangelo sino al dono della nostra stessa vita".

L'Osservatore Romano

Mons. Fisichella: la nuova evangelizzazione un cammino segnato dal Concilio Vaticano II che giunge a compimento, per ripartire verso nuovi orizzonti

“Quello della nuova evangelizzazione è un cammino segnato dal Vaticano II che giunge a compimento, ma per ripartire verso nuovi orizzonti”. Mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, presenta così il dicastero da lui presieduto, istituito da Benedetto XVI il 21 settembre 2010. “Ripensare e attuare la nuova evangelizzazione, coinvolgendo tutto l’episcopato mondiale”: questo, spiega mons. Fisichella in un’intervista a L’Osservatore Romano, il “compito peculiare” del nuovo dicastero pontificio, che comporta “la costante ricerca del confronto con le conferenze episcopali”, in vista dello svolgimento del Sinodo dei vescovi del 2012, dedicato proprio al tema della nuova evangelizzazione. Rispetto agli altri dicasteri pontifici, con cui collaborerà “trasversalmente”, il compito del nuovo dicastero pontificio sarà “molto più ad intra: un impegno capillare che va dalle comunità parrocchiali alle diverse realtà che operano nella Chiesa con il desiderio di dare testimonianza della propria fede”. In questa prospettiva, “primo obiettivo” è “conoscere la realtà in campo per armonizzare e sostenere gli sforzi di tutti, superando la frammentarietà e promuovendo una grande unità”. Con un’attenzione particolare all’Europa, alle prese con “una crescente cristianofobia”. “Siamo chiamati a rinvigorire lo spirito missionario”, afferma mons. Fisichella nell’intervista: “Lo spirito che porta verso i tanti cristiani diventati purtroppo indifferenti, verso i tanti battezzati che oggi hanno perso la fede”. “In una fase di globalizzazione come quella che stiamo vivendo è difficile pensare che i grandi problemi delle metropoli del mondo non siano uguali”, dunque “anche di quello della fede da rinvigorire o da ricostruire”, prosegue l’arcivescovo, che si sofferma sulla distinzione tra secolarizzazione e secolarismo. “La secolarizzazione come tale – spiega - è un fenomeno molto complesso; il secolarismo invece è quella estremizzazione che ha portato alle forme di relativismo, di autonomia esasperata che l'uomo ritiene di avere e che finisce per alimentare soltanto il diritto individuale, dimenticando la responsabilità sociale. Si reclamano diritti che non esistono in forza della presunta autonomia da tutti e da tutto, in primo luogo da Dio stesso”. Il simbolo scelto per il nuovo dicastero è la Sagrada Familia di Anton Gaudì, una “cattedrale moderna” che ricorda all’uomo di oggi che “una città senza il segno della presenza di chi annuncia il Vangelo, invitando gli uomini a non fermarsi alla dimensione orizzontale dell’esistenza ma a spingere lo sguardo verso l’alto”, è “una città che ha dentro di sé un profondo vuoto”.

SIR

Ancora sangue di cristiani, 13 morti in Nigeria e uno in Egitto. Paradossale: l’ambasciatore egiziano in Vaticano richiamato per consultazioni

Nuovo attacco ai cristiani in Nigeria. All’alba di oggi è stato preso d'assalto il villaggio di Wareng nello Stato centrale di Plateau, vera e propria cerniera tra il Nord islamico e il Sud prevalentemente cristiano o animista. Da settimane questa area è teatro di continui e sanguinosi scontri inter-religiosi. Nell’assalto di questa mattina sarebbero morte almeno tredici persone. Il villaggio attaccato è abitato in maggioranza proprio da cristiani. L’eccidio è stato denunciato da fonti politiche locali, citate da un portavoce della polizia di Plateau, Abdulrahman Akano. Una pattuglia di agenti è stata inviata a Wareng per accertare l’accaduto. A meno di due settimane dall'attentato contro una chiesa rivelatosi il più sanguinoso attacco interconfessionale in Egitto negli ultimi anni, ecco una nuova giornata di sangue e polemiche anche in questo Paese africano. Fonti sanitarie e della sicurezza hanno confermato la morte di un cristiano ucciso con colpi d'arma da fuoco su un treno nell'Egitto meridionale. Nella sparatoria almeno altri tre sono rimasti feriti. Le notizie sono ancora confuse e non è chiaro se si tratti di un nuovo attacco politico-religioso contro i copti, dopo il sanguinoso attentato alla Chiesa dei Santi ad Alessandria la notte di Capodanno, o di una sparatoria per altri motivi. Cinque cristiani feriti a colpi di arma da fuoco sono attualmente ricoverati in un ospedale nel sud dell'Egitto, secondo quanto riferito da una fonte medica, la dottoressa Mariam Salah. Una fonte della sicurezza ha detto che un sesto cristiano è stato ucciso. Intanto, l'Egitto ha richiamato la sua ambasciatrice presso la Santa Sede per consultazioni. Lo ha reso noto il portavoce del ministero degli Esteri. Il Cairo, ha spiegato il portavoce senza citare mai esplicitamente Benedetto XVI, si è preoccupato di mettersi in contatto col Vaticano dopo le dichiarazioni in seguito all'attentato terroristico di Alessandria e il ministro degli Esteri Ahmed Abul Gheit ha inviato una lettera al suo omologo vaticano nella quale "ha smentito parecchi punti tra le dichiarazioni emesse dal Vaticano". All'indomani dell'attacco alla chiesa di Alessandria, Benedetto XVI aveva chiesto "un concreto e costante impegno ai leader delle nazioni" in quello che aveva definito un "compito difficile". Il Pontefice aveva sostenuto che "l'umanità non può rassegnarsi di fronte alle forze negative dell'egoismo e alla violenza, non si può abituare ai conflitti che causano vittime e mettono in pericolo il futuro della gente". Domenica il Papa aveva ancora espresso vicinanza e solidarietà ai cristiani copti egiziani. "Questi punti - ha continuato Zaki - riguardano la posizione dei copti in Egitto e la relazione fra musulmani e copti. Abul Gheit ha respinto tutti i tentativi di fare propaganda su quello che viene chiamata la protezione dei cristiani in Medio Oriente, partendo dal crimine di Alessandria". Zaki ha aggiunto che nella lettera il ministro si concentrava sulla "preoccupazione dell'Egitto di evitare l'escalation dello scontro e delle tensioni per motivazioni religiose". Il ministro ha anche parlato della volontà dell'Egitto di puntare al dialogo, incitando "i responsabili del Vaticano ad evitare di evocare gli affari interni egiziani nelle loro dichiarazioni e nei loro contatti con certi Paesi europei". Dalla Santa Sede è giunto solo un no comment. ''Non ho niente da dire'', ha dichiarato all'AFP padre Federico Lombardi, portavoce della Sala stampa vaticana. Un'altra fonte del Vaticano ha confermato la notizia, aggiungendo tuttavia che non si tratta di ''una rottura delle relazioni diplomatiche''.

Il Giornale, Il Sole 24 Ore, Asca

La Congregazione per la Dottrina della Fede ordina alla Chiesa di Malta di creare uno speciale tribunale per i giudicare i preti pedofili

Dopo la protesta di un gruppo di vittime che ha scritto una lettera a Papa Benedetto XVI lamentando la lentezza dei tempi della giustizia ecclesiastica, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha ordinato alla Chiesa Cattolica di Malta di creare uno speciale tribunale per giudicare i preti responsabili di pedofilia. Lo scrive il Times of Malta, sottolineando che una inchiesta preliminare da parte dell'arcidiocesi di Malta ha trovato fondato le accuse di otto uomini. Ma i tempi per l'apertura del processo canonico vero e proprio si stanno allungando indefinitamente. Nel processo civile, la Curia ha presentato un ricorso contro le vittime contestando l'eccessiva ''esposizione mediatica'' delle vittime, che pregiudicherebbe la correttezza del verdetto. In seguito alla lettera delle vittime, ''l'arcidiocesi ha ricevuto istruzioni dal Vaticano per creare un tribunale che condurrà il processo contro i tre preti accusati'', ha dichiarato un portavoce dell'arcidiocesi. Il caso riguarda gli abusi subiti da un gruppo di ragazzi in un orfantrofio cattolico, St. Joseph's Home a St. Venera, una ventina di anni fa. Alcune delle vittime hanno incontrato Papa Ratzinger durante il suo viaggio a Malta lo scorso aprile.

Asca

Mons. Nichols: l'ordinazione sacerdotale dei tre ex vescovi anglicani momento unico, onorati di far parte di questo sviluppo storico della Chiesa

“E’ un momento unico e la comunità cattolica in Inghilterra e Galles è onorata di far parte di questo sviluppo storico nella vita della Chiesa universale”. Con queste parole l’arcivescovo Vincent Nichols (nella foto con Benedetto XVI), presidente della Conferenza Episcopale inglese, ha annunciato oggi alla stampa che sabato 15 gennaio nella Cattedrale di Westminster ordinerà sacerdoti John Broadhurst, Andrew Burnham e Keith Newton, i tre ex vescovi anglicani che sono entrati in comunione con la Chiesa Cattolica, usufruendo della possibilità offerta da Papa Benedetto XVI con la Costituzione apostolica “Anglicanorum coetibus”. Mons. Nichols ha annunciato che “prima o dopo questa data”, la Santa Sede annuncerà “la creazione del primo dell'Ordinariato per i gruppi di fedeli anglicani e il loro clero che hanno chiesto di entrare in piena comunione nella Chiesa Cattolica”. A loro, l’arcivescovo Nichols rivolge parole di benvenuto: “Offriamo un caloroso benvenuto a questi tre ex vescovi della Chiesa d'Inghilterra. Diamo il benvenuto a coloro che desiderano unirsi a loro nella piena comunione con il Papa nella unità visibile della Chiesa Cattolica. Riconosciamo il viaggio che stanno facendo con le sue partenze dolorose e le sue incertezze. Riconosciamo la profondità della loro ricerca condotta nella preghiera e il desiderio che li conduce a vivere all'interno della comunità della Chiesa Cattolica”. L’arcivescovo di Westmister rivolge anche parole di gratitudine per la Comunione anglicana e l’arcivescovo Rowan Williams. “Siamo profondamente grati – scrive - per la profondità del rapporto che esiste qui tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana. Questa relazione, positiva, forte e costante è il contesto in cui si svolge l’importante iniziativa di Sabato. Siamo grati, anche, per la leadership sensibile dell'arcivescovo di Canterbury. Egli riconosce l'integrità di coloro che hanno cercato di unirsi nell'Ordinariato ed ha loro assicurato la sua preghiera. Questo è il nobile spirito di vero ecumenismo tra i seguaci di Cristo”. Mons. Nichols ha poi aggiunto: “Papa Benedetto XVI ha chiarito le proprie intenzioni: che l'Ordinariato può servire la più ampia causa dell’unità visibile tra le nostre due Chiese, dimostrando in pratica la misura alla quale siamo chiamati a dare l'uno all'altro nel nostro comune servizio al Signore. Con questo in cuore, egli descrive questo passaggio come 'un gesto profetico'”.

SIR

Tempo Ordinario. Il Magistero del Papa: la vita come un itinerario di santità, di fede e amicizia con Gesù, Maestro e Signore, Via, Verità e Vita

Vivere ogni giorno come fosse una tappa lungo la strada che va verso la santità. Ciò che contraddistinse l’esistenza delle grandi donne e dei grandi uomini della storia cristiana è un obiettivo possibile per ogni persona di fede: Benedetto XVI lo ha ripetuto in molte occasioni e le sue parole acquistano un particolare rilievo proprio in questi giorni in cui, concluse le grandi celebrazioni del Natale, la Chiesa ma anche la società si ritrovano immersi nei ritmi della vita ordinaria. La grande scena sul fiume Giordano è del giorno prima. Lo sconosciuto Nazareno che scende in acqua per farsi battezzare, lo scetticismo un po' ritroso di Giovanni quando lo vede, la voce che scende dal cielo e che tutti i presenti odono, la colomba che si posa sul falegname galileo: sono tutti fatti straordinari avvenuti ormai da 24 ore. Il giorno dopo è il momento dell’ordinario: ognuno torna al suo lavoro, alle cose della sua vita. Anche il Vangelo di Giovanni descrive “il giorno dopo” del Battesimo: Gesù che passa, Giovanni che lo indica a un paio di suoi discepoli e questi che si mettono alla sequela del Rabbi. Non è una scena memorabile come quella del Giordano, anzi al confronto è di una normalità quasi irrisoria. Eppure, insegna qualcosa di prezioso per quel “dopo” che arriva nella vita di tutti all’indomani di una giornata particolare, o di un periodo speciale, dopo il quale bisogna per forza riprendere, magari con una punta di dispiacere e di nostalgia, le attività di sempre. Anche la Chiesa, tra un “evento” e l’altro di grande importanza spirituale, fa altrettanto con quello che in termini liturgici si chiama il “Tempo ordinario”. Ma è un ordinario solo apparente, perché per un cristiano normalità non vuol mai dire banalità. Benedetto XVI lo ha spiegato qualche anno addietro con queste parole: “Con la scorsa Domenica, nella quale abbiamo celebrato il Battesimo del Signore, è iniziato il tempo ordinario dell’anno liturgico. La bellezza di questo tempo sta nel fatto che ci invita a vivere la nostra vita ordinaria come un itinerario di santità, e cioè di fede e di amicizia con Gesù, continuamente scoperto e riscoperto quale Maestro e Signore, Via, Verità e Vita dell’uomo” (Angelus, 15 gennaio 2006).
Tempo ordinario uguale tempo della santità. Altro che periodo vuoto, senza senso, piatto. I due discepoli che si mettono a seguire Gesù scoprono presto di aver incontrato, come diranno, “il Messia”, con tutto ciò che di straordinario questo significherà. Ma, rileva il Pontefice, l’inizio del loro rapporto con Gesù parte con una domanda, anch’essa piuttosto scontata: “Maestro, dove abiti?”. E Gesù: “Venite e vedrete”. Ebbene, pure in questa ordinarietà, dice il Papa, è nascosta un'indicazione importante: “La parola di Dio ci invita a riprendere, all’inizio di un nuovo anno, questo cammino di fede mai concluso. ‘Maestro, dove abiti?’, diciamo anche noi a Gesù ed Egli ci risponde: ‘Venite e vedrete’. Per il credente è sempre un’incessante ricerca e una nuova scoperta, perché Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre, ma noi, il mondo, la storia, non siamo mai gli stessi, ed Egli ci viene incontro per donarci la sua comunione e la pienezza della vita” (Angelus, 15 gennaio 2006).
Ecco il quotidiano trasformato, nel cuore di chi ha fede, in eccezione. E che un cristiano che sia tale non possa cadere vittima della noia della routine lo diceva chiaramente don Luigi Monza, uno dei preti Santi del primo Novecento beatificato nel 2006, quando affermava: “La santità non consiste nel fare cose straordinarie ma nel fare straordinariamente bene le cose ordinarie”. Certo, osservava proprio pochi giorni fa Benedetto XVI nel primo Angelus del 2011, non è sempre facile incontrare con Cristo ogni giorno. Ciò che può frapporsi sono quei problemi che, riconosceva, “non mancano, nella Chiesa e nel mondo, come pure nella vita quotidiana delle famiglie”. “Ma, grazie a Dio – affermava – la nostra speranza non fa conto su improbabili pronostici e nemmeno sulle previsioni economiche, pur importanti”.
“La nostra speranza è in Dio, non nel senso di una generica religiosità, o di un fatalismo ammantato di fede. Noi confidiamo nel Dio che in Gesù Cristo ha rivelato in modo compiuto e definitivo la sua volontà di stare con l’uomo, di condividere la sua storia, per guidarci tutti al suo Regno di amore e di vita. E questa grande speranza anima e talvolta corregge le nostre speranze umane” (Angelus, 3 gennaio 2010).
I discepoli che seguono Gesù il giorno dopo il grande evento del Giordano e diventano parte della sua vita straordinaria sono dunque l’immagine dello straordinario "giorno dopo" così come dovrebbe essere nella vita di un seguace di Cristo. Se, come i due discepoli del Vangelo, si mette a cercare Gesù e lo trova: “‘Cercare’, ‘trovare’. Possiamo estrarre dalla pagina evangelica odierna questi due verbi e ricavare un’indicazione fondamentale per il nuovo anno...Essere discepolo di Cristo: questo basta al cristiano. L’amicizia col Maestro assicura all’anima pace profonda e serenità anche nei momenti bui e nelle prove più ardue. Quando la fede si imbatte in notti oscure, nelle quali non si ‘sente’ e non si ‘vede’ più la presenza di Dio, l’amicizia di Gesù garantisce che in realtà nulla può mai separarci dal suo amore” (Angelus, 15 gennaio 2006).

Radio Vaticana