domenica 25 dicembre 2011

Gli auguri del Papa in 65 lingue. Agli italiani: crescere nella reciproca fiducia per costruire insieme un futuro di speranza, più fraterno e solidale

Alle migliaia di fedeli radunati in un'assolata in Piazza San Pietro e a quanti lo ascoltavano attraverso la radio e la televisione, dopo il Messaggio natalizio "Urbi et Orbi" dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato l’augurio natalizio in 65 lingue. "Buon Natale ai romani e agli italiani!", ha detto il Papa in italiano, la prima lingua. "La nascita di Cristo Salvatore e l'accoglienza gioiosa del suo Vangelo di salvezza rinnovino i cuori dei credenti, portino pace nelle famiglie, consolazione ai sofferenti e aiutino gli abitanti dell'intero Paese a crescere nella reciproca fiducia per costruire insieme un futuro di speranza, più fraterno e solidale". Tra le 65 lingue, anche il mongolo, il romanes (dell'etnia rom), l'aramaico, l'hindi, il tamil, il malayalam (India), il bengalese, l'urdu (Pakistan), il maori, il samoano, il guarani, e infine l'esperanto. E per chiudere l’invocazione in latino: “Veni ad salvandum nos”. Infine la Benedizione Urbi et Orbi.

La Repubblica.it, Radio Vaticana

AUGURI DEL SANTO PADRE AI POPOLI E ALLE NAZIONI IN OCCASIONE DEL SANTO NATALE

Il Papa: la risposta che Dio ha dato in Gesù al grido dell’uomo supera infinitamente l'attesa. Apriamogli il cuore, accogliamolo nella nostra vita

A mezzogiorno di oggi, Solennità del Natale del Signore, dalla Loggia della Benedizione il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto il tradizionale Messaggio natalizio ai fedeli presenti in Piazza San Pietro e a quanti lo ascoltavano attraverso la radio e la televisione. “Cristo è nato per noi! Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama. A tutti giunga l’eco dell’annuncio di Betlemme, che la Chiesa Cattolica fa risuonare in tutti i continenti, al di là di ogni confine di nazionalità, di lingua e di cultura. Il Figlio di Maria Vergine è nato per tutti, è il Salvatore di tutti”: così ha esordito il Papa. “Vieni a salvarci, o Signore nostro Dio”. “Questo – ha osservato il Papa - è il grido dell’uomo di ogni tempo, che sente di non farcela da solo a superare difficoltà e pericoli. Ha bisogno di mettere la sua mano in una mano più grande e più forte, una mano che dall’alto si tenda verso di lui”. E “questa mano è Cristo”, “la mano che Dio ha teso all’umanità, per farla uscire dalle sabbie mobili del peccato e metterla in piedi” sulla “salda roccia della sua Verità e del suo Amore”. Questo significa il nome di Gesù, ossia “Salvatore”. “Egli – ha spiegato il Pontefice - è stato inviato da Dio Padre per salvarci soprattutto dal male profondo, radicato nell’uomo e nella storia: quel male che è la separazione da Dio, l’orgoglio presuntuoso di fare da sé, di mettersi in concorrenza con Dio e sostituirsi a Lui, di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di essere il padrone della vita e della morte. Questo è il grande male, il grande peccato, da cui noi uomini non possiamo salvarci se non affidandoci all’aiuto di Dio, se non gridando a Lui: ‘Veni ad salvandum nos! - Vieni a salvarci!’”. Per il Santo Padre, “il fatto stesso di elevare al Cielo questa invocazione, ci pone già nella giusta condizione, ci mette nella verità di noi stessi: noi infatti siamo coloro che hanno gridato a Dio e sono stati salvati. Dio è il Salvatore, noi quelli che si trovano nel pericolo. Lui è il medico, noi i malati”. Riconoscerlo “è il primo passo verso la salvezza, verso l’uscita dal labirinto in cui noi stessi ci chiudiamo con il nostro orgoglio. Alzare gli occhi al Cielo, protendere le mani e invocare aiuto è la via di uscita, a patto che ci sia Qualcuno che ascolta, e che può venire in nostro soccorso”. “Gesù Cristo - ha affermato Benedetto XVI - è la prova che Dio ha ascoltato il nostro grido. Non solo! Dio nutre per noi un amore così forte, da non poter rimanere in Se stesso, da uscire da Se stesso e venire in noi, condividendo fino in fondo la nostra condizione. La risposta che Dio ha dato in Gesù al grido dell’uomo supera infinitamente la nostra attesa, giungendo ad una solidarietà tale che non può essere soltanto umana, ma divina. Solo il Dio che è amore e l’amore che è Dio poteva scegliere di salvarci attraverso questa via, che è certamente la più lunga, ma è quella che rispetta la verità sua e nostra: la via della riconciliazione, del dialogo, della collaborazione”. Il Papa ha esortato: “In questo Natale 2011, rivolgiamoci al Bambino di Betlemme, al Figlio della Vergine Maria, e diciamo: ‘Vieni a salvarci!’. Lo ripetiamo in unione spirituale con tante persone che vivono situazioni particolarmente difficili, e facendoci voce di chi non ha voce”. Ha quindi invocato “il divino soccorso per le popolazioni del Corno d’Africa, che soffrono a causa della fame e delle carestie, talvolta aggravate da un persistente stato di insicurezza. La Comunità internazionale non faccia mancare il suo aiuto ai numerosi profughi provenienti da tale Regione, duramente provati nella loro dignità”. Ha chiesto conforto per “le popolazioni del Sud-Est asiatico, particolarmente della Thailandia e delle Filippine, che sono ancora in gravi situazioni di disagio a causa delle recenti inondazioni”. Ancora “il Signore soccorra l’umanità ferita dai tanti conflitti, che ancora oggi insanguinano il Pianeta. Egli, che è il Principe della Pace, doni pace e stabilità alla Terra che ha scelto per venire nel mondo, incoraggiando la ripresa del dialogo tra israeliani e palestinesi. Faccia cessare le violenze in Siria, dove tanto sangue è già stato versato. Favorisca la piena riconciliazione e la stabilità in Iraq ed in Afghanistan. Doni un rinnovato vigore nell’edificazione del bene comune a tutte le componenti della società nei Paesi nord africani e mediorientali”. La nascita del Salvatore, infine, “sostenga le prospettive di dialogo e di collaborazione in Myanmar, nella ricerca di soluzioni condivise. Il Natale del Redentore garantisca stabilità politica ai Paesi della Regione africana dei Grandi Laghi ed assista l’impegno degli abitanti del Sud Sudan per la tutela dei diritti di tutti i cittadini”. Invitando a rivolgere “lo sguardo alla Grotta di Betlemme”, il Pontefice ha detto: “Il Bambino che contempliamo è la nostra salvezza! Lui ha portato al mondo un messaggio universale di riconciliazione e di pace. Apriamogli il nostro cuore, accogliamolo nella nostra vita. Ripetiamogli con fiducia e speranza: 'Veni ad salvandum nos!'".

SIR

MESSAGGIO NATALIZIO DEL SANTO PADRE E BENEDIZIONE URBI ET ORBI

Il Papa: se vogliamo trovare il Dio che si nasconde nell’umiltà di un bimbo appena nato dobbiamo deporre le false certezze, la superbia intellettuale

Benedetto XVI ha presieduto questa notte, nella Basilica di San Pietro, la Santa Messa della Notte nella Solennità del Natale del Signore. Quest’anno la celebrazione eucaristica della notte di Natale è stata preceduta dalla preghiera dell’Ufficio delle Letture, così come prevede il Messale Romano: subito dopo è stato intonato il canto della Kalenda che ha annunciato il Natale come compimento dell’Avvento del Signore. Al termine della Kalenda, un diacono ha svelato la statua di Gesù Bambino, come consuetudine posta davanti all’altare della Confessione. Accanto all’immagine del Bambinello è stato posto un il libro dei Santi Vangeli: un gesto simbolico che richiama la novità del Natale, quella del Verbo di Dio che si è fatto carne. L’ingresso del Papa, giunto a bordo della pedana mobile ed accompagnato dai 30 cardinali concelebranti, è stato salutato dall’illuminazione totale della Basilica. Dopo il canto del Gloria le campane di San Pietro hanno suonato a festa e le guardie svizzere si sono inginocchiate.
Nell'omelia Benedetto XVI, commentando la lettera di Paolo a Tito, ha iniziato con il sottolineare le parole "è apparso". Prima del cristianesimo, gli uomini "avevano parlato e creato immagini umane di Dio in molteplici modi", ma "ora è avvenuto qualcosa di più: Egli è apparso. Si è mostrato". E si è mostrato in un modo imprevedibile. "Per gli uomini del tempo precristiano, che di fronte agli orrori e alle contraddizioni del mondo temevano che anche Dio non fosse del tutto buono, ma potesse senz’altro essere anche crudele ed arbitrario, questa era una vera 'epifania', la grande luce che ci è apparsa: Dio è pura bontà. Anche oggi, persone che non riescono più a riconoscere Dio nella fede si domandano se l’ultima potenza che fonda e sorregge il mondo sia veramente buona, o se il male non sia altrettanto potente ed originario quanto il bene e il bello, che in attimi luminosi incontriamo nel nostro cosmo". "Un bambino, in tutta la sua debolezza – ha continuato Papa Ratzinger – è Dio potente. Un bambino, in tutta la sua indigenza e dipendenza, è padre per sempre". "Dio è apparso, come bambino", ha spiegato il Papa, sottolineando che "proprio così Egli si contrappone ad ogni violenza e portaun messaggio che è pace". “In questo momento, in cui il mondo è continuamente minacciato dalla violenza in molti luoghi e in molteplici modi; in cui ci sono sempre di nuovo bastoni dell’aguzzino e mantelli intrisi di sangue – ha affermato -, gridiamo al Signore: Tu, il Dio potente, sei apparso come bambino e ti sei mostrato a noi come Colui che ci ama e mediante il quale l’amore vincerà. E ci hai fatto capire che, insieme con Te, dobbiamo essere operatori di pace. Amiamo il Tuo essere bambino, la Tua non violenza, ma soffriamo per il fatto che la violenza perdura nel mondo, e così Ti preghiamo anche: dimostra la Tua potenza, o Dio”. Di qui l’auspicio: “In questo nostro tempo, in questo nostro mondo, fa’ che i bastoni dell’aguzzino, i mantelli intrisi di sangue e gli stivali rimbombanti dei soldati vengano bruciati, così che la Tua pace vinca in questo nostro mondo”. Natale è "il manifestarsi di Dio e della sua grande luce in un bambino" che "è nato per noi nella stalla di Betlemme, non nei palazzi dei re". “Quando, nel 1223, Francesco di Assisi celebrò a Greccio il Natale con un bue e un asino e una mangiatoia piena di fieno, si rese visibile una nuova dimensione del mistero del Natale”, ha aggiunto il Papa. Francesco di Assisi ha chiamato il Natale “la festa delle feste”, mentre per la Chiesa antica, “la festa delle feste era la Pasqua: nella risurrezione, Cristo aveva sfondato le porte della morte e così aveva radicalmente cambiato il mondo: aveva creato per l’uomo un posto in Dio stesso”. Ebbene, Francesco “non ha voluto cambiare questa gerarchia oggettiva delle feste”, tuttavia, “attraverso di lui e mediante il suo modo di credere è accaduto qualcosa di nuovo: Francesco ha scoperto in una profondità tutta nuova l’umanità di Gesù. Questo essere uomo da parte di Dio gli si rese evidente al massimo nel momento in cui il Figlio di Dio, nato dalla Vergine Maria, fu avvolto in fasce e venne posto in una mangiatoia. La risurrezione presuppone l’incarnazione. Il Figlio di Dio come bambino, come vero figlio di uomo – questo toccò profondamente il cuore del Santo di Assisi, trasformando la fede in amore”. “Nel bambino nella stalla di Betlemme, si può, per così dire, toccare Dio e accarezzarlo. Così l’anno liturgico ha ricevuto un secondo centro in una festa che è, anzitutto, una festa del cuore”, ha precisato il Pontefice. Secondo il Santo Padre, “tutto ciò non ha niente di sentimentalismo. Proprio nella nuova esperienza della realtà dell’umanità di Gesù si rivela il grande mistero della fede. Francesco amava Gesù, il bambino, perché in questo essere bambino gli si rese chiara l’umiltà di Dio. Dio è diventato povero. Il suo Figlio è nato nella povertà della stalla. Nel bambino Gesù, Dio si è fatto dipendente, bisognoso dell’amore di persone umane, in condizione di chiedere il loro – il nostro – amore”. “Oggi il Natale è diventato una festa dei negozi, il cui luccichio abbagliante nasconde il mistero dell’umiltà di Dio, la quale ci invita all’umiltà e alla semplicità – ha dichiarato Benedetto XVI -. Preghiamo il Signore di aiutarci ad attraversare con lo sguardo le facciate luccicanti di questo tempo fino a trovare dietro di esse il bambino nella stalla di Betlemme, per scoprire così la vera gioia e la vera luce”. “Chi oggi vuole entrare nella chiesa della Natività di Gesù a Betlemme, scopre che il portale, che un tempo era alto cinque metri e mezzo e attraverso il quale gli imperatori e i califfi entravano nell’edificio, è stato in gran parte murato”, ha rammentato il Papa, spiegando che “l’intenzione era probabilmente di proteggere meglio la chiesa contro eventuali assalti, ma soprattutto di evitare che si entrasse a cavallo nella casa di Dio”. Perché “chi desidera entrare nel luogo della nascita di Gesù, deve chinarsi. Mi sembra che in ciò si manifesti una verità più profonda, dalla quale vogliamo lasciarci toccare in questa Notte santa: se vogliamo trovare il Dio apparso quale bambino, allora dobbiamo scendere dal cavallo della nostra ragione ‘illuminata’. Dobbiamo deporre le nostre false certezze, la nostra superbia intellettuale, che ci impedisce di percepire la vicinanza di Dio”. Non solo: “Dobbiamo seguire il cammino interiore di San Francesco – il cammino verso quell’estrema semplicità esteriore ed interiore che rende il cuore capace di vedere. Dobbiamo chinarci, andare spiritualmente, per così dire, a piedi, per poter entrare attraverso il portale della fede ed incontrare il Dio che è diverso dai nostri pregiudizi e dalle nostre opinioni: il Dio che si nasconde nell’umiltà di un bimbo appena nato”. Il Pontefice ha quindi invitato a rinunciare “a fissarci su ciò che è materiale, misurabile e toccabile” e a lasciarsi “rendere semplici da quel Dio che si manifesta al cuore diventato semplice. E preghiamo in quest’ora anzitutto anche per tutti coloro che devono vivere il Natale in povertà, nel dolore, nella condizione di migranti, affinché appaia loro un raggio della bontà di Dio; affinché tocchi loro e noi quella bontà che Dio, con la nascita del suo Figlio nella stalla, ha voluto portare nel mondo”.
Al termine della celebrazione, mentre il coro della Cappella Sistina intonava il tradizionale canto natalizio "Tu scendi dalle stelle", e mentre l'immagine del Bambino Gesù veniva collocata nel Presepe all'interno della Basilica, il Papa ha ripercorso la navata applaudito dalla folla dei fedeli. Prima di recarsi in sagrestia, ha sostato dinanzi al Presepe per un momento di venerazione, dove alcuni bambini, in rappresentanza di vari Paesi (Italia, Guatemala, Gabon, Burkina Faso, Corea del sud, Francia) hanno deposto un omaggio floreale, .

La Repubblica.it, Zenit, SIR

SANTA MESSA DELLA NOTTE NELLA SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE - il testo integrale dell'omelia del Papa