martedì 14 febbraio 2012

Vian: Benedetto XVI Pontefice di pace che vuole ravvivare la fiamma del primato di Dio, mite pastore che non indietreggia davanti ai lupi

"Trent'anni fa, il 15 febbraio 1982 - ricorda il quotidiano della Santa Sede senza fare alcun riferimento alle notizie di cronaca di questi giorni su complotti, salute del Papa e sue dimissioni - veniva resa pubblica la notizia che Giovanni Paolo II, venendo incontro al desiderio del cardinale Joseph Ratzinger, lo sollevava dal governo pastorale della diocesi di Monaco e Frisinga": così L'Osservatore Romano in un editoriale di prima pagina del direttore Giovanni Maria Vian dedicato a Benedetto XVI. "Il 25 novembre precedente, infatti, il cinquantaquattrenne porporato tedesco era stato nominato dal Papa prefetto del primo dicastero della Curia romana, la Congregazione per la Dottrina della Fede. Così, dopo avere tenuto ancora per quasi tre mesi la guida della grande arcidiocesi bavarese, in quei giorni di febbraio Ratzinger si trasferì a Roma". “Per quasi un quarto di secolo, dalla sede romana i due uomini hanno così sostenuto insieme la Chiesa”, annota Vian: “Accompagnando questa umanità e testimoniandole che Dio è vicino, come ha sempre fatto nel corso della storia chi ha saputo seguire davvero Gesù, nonostante colpe e imperfezioni umane presenti anche nella Chiesa”. Nel 2005 poi a Joseph Ratzinger “è stato chiesto ancora di più al momento della rapidissima elezione in conclave”. "Oggi, a trent'anni dall'inizio del periodo romano di questo mite pastore che non indietreggia davanti ai lupi, è nitido il profilo della maturità di un Pontificato che passerà alla storia, dissolvendo come fumo stereotipi duri a morire e contrastando comportamenti irresponsabili e indegni. Questi finiscono per intrecciarsi a clamori mediatici, inevitabili e certo non disinteressati, ma che bisogna saper cogliere come occasione di purificazione della Chiesa". "Pontefice di pace che vuole ravvivare la fiamma del primato di Dio, Benedetto XVI è perfettamente coerente con la sua storia", "segnata da uno sguardo ampio che nel trentennio romano ha sempre cercato un respiro mondiale ed è stata caratterizzata da un'opera d'innovazione e purificazione perseguita con coraggio, tenacia e pazienza, nella consapevolezza che nottetempo nel campo il nemico semina zizzania. Per questo il Papa indica senza stancarsi la necessità del rinnovamento continuo ('ecclesia semper reformanda'), ricordando che la santità della Chiesa non sarà offuscata se, nell'ascolto della verità, resta vicina all'unico Signore".

TMNews, SIR

Trent’anni dopo

Aperto a Roma il Simposio organizzato dai vescovi dell'Europa e dell'Africa: un solo Vangelo per due continenti dalla fede antica e dalla fede giovane

L’evangelizzazione, una sfida che unisce due continenti. Quello della fede antica, l’Europa, assediato dal processo di secolarizzazione. E quello della fede giovane, l’Africa, colpito tragicamente dagli effetti perversi di una cattiva globalizzazione. Per questo i vescovi europei e africani avvertono "il bisogno di unire le loro forze e i loro mezzi per annunciare meglio il Vangelo agli uomini e alle donne di oggi, in tutti i Paesi e continenti". È quanto ha affermato il card. Théodore-Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, aprendo nel pomeriggio di ieri l’incontro organizzato a Roma dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa e dal Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar sul tema "L’evangelizzazione oggi: comunione e collaborazione pastorale tra l’Africa e l’Europa. L’uomo e Dio: la missione della Chiesa di annunciare la presenza e l’amore di Dio". All’evento, che si concludera giovedi 16, partecipano circa settanta presuli delegati delle Conferenze Episcopali dei due continenti, oltre a rappresentanti di dicasteri vaticani e organizzazioni caritative come Aiuto alla Chiesa che Soffre e Missio. Momento culminante del Simposio sarà, nella mattina della giornata conclusiva, l’udienza con Benedetto XVI. I presuli africani ed europei, ha sottolineato l’arcivescovo di Dakar, nonche primo vice presidente dello Sceam, "consapevoli della nuova interdipendenza tra i Paesi, popoli e continenti", e "coinvolti dalla globalizzazione nei suoi aspetti positivi e negativi", hanno "un grande desiderio di collaborazione tra le Chiese", per "precisare gli ambiti, le modalita e le condizioni di questa collaborazione". Auspicio condiviso
anche dal cardinale arcivescovo di Dar-es-Salaam, Polycarp Pengo, presidente
dello Sceam, nelle parole di introduzione ai lavori: "Cercheremo di approfondire la nostra chiamata alla comunione e alla solidarietà per diventare ogni giorno una benedizione per il continente africano e per il mondo intero. Mi aspetto che questo simposio ci offra l’opportunità di approfondire ulteriormente la nostra responsabilità, la comunione, la collaborazione e lo scambio delle nostre risorse spirituali, umane e materiali tra la gente dei nostri due continenti". I lavori sono stati introdotti anche dal card. Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace che ha presentato l’Esortazione Apostolica post-sinodale "Africae munus". Il porporato, a margine dell’assemblea, parlando a proposito degli attacchi terroristici dei quali sono bersaglio le chiese e le comunita cristiane della Nigeria, ha sottolineato l’importanza dell’apertura di una nuova fase del dialogo tra le religioni nel continente africano. "Noi da un po’ di tempo abbiamo cominciato a incoraggiare il fatto che invece di parlare di dialogo fra Chiesa Cattolica e islam, si parli di dialogo fra musulmani e cattolici. E un po’ più facile identificare alcuni individui che sono disposti a dialogare, perchè l’islam come sistema non esiste, ci sono solo persone che aderiscono a questa fede. Cerchiamo insomma di impegnarci in questa direzione per arrivare a una forma di convivenza in Africa". Dall’Africa all’Europa. Cambiano gli scenari, ma identica e la preoccupazione pastorale di annunciare il Vangelo, perche, come ha spiegato il cardinale arcivescovo di Zagabria, Josip Bozanić "siamo consapevoli che in questo momento storico ci troviamo dinanzi alla sfida della nuova evangelizzazione". In tale ottica, ha proseguito il porporato, "vogliamo parlare di evangelizzazione partendo da un’esperienza di vita, la nostra comunione, e in vista di una missione specifica, quella del pastore. In questa missione, che consiste nella cura delle persone, tutto e presente: sia le preoccupazioni sociali che quelle spirituali. Esse non sono separate l’una dall’altra, ma sono dimensioni di uno stesso sviluppo integrale della persona e della società umana". L’idea di fondo e "uno sguardo di fede che comprende l’uomo, in Africa o in Europa, come qualcuno che è stato creato a immagine e somiglianza di Dio e che ha nel suo cuore delle esigenze fondamentali che soltanto Dio può soddisfare pienamente". La frontiera e quella della nuova evangelizzazione. "La questione più urgente oggi nella Chiesa e la questione della fede: non della fede di chi non ha ancora la fede, ma di chi ce l’ha", ha sottolineato il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale italiana e vice presidente del CCEE. Per il porporato "è, questa, una frontiera difficile, perche l’onda culturale dell’Europa e inquinata dallo scetticismo veritativo che sfocia nel nichilismo valoriale: l’uno e l’altro generano tristezza e angoscia. Neppure il progresso materiale può arginare quell’aria di infelicità profonda,di mancanza di speranza nel futuro, che caratterizza la vera vecchiaia". Tuttavia, "questo andamento culturale potrebbe interessare in qualche misura anche il grande continente africano. L’invasione violenta del consumismo sfrenato, fine a se stesso, corrode il modo di pensare, le aspettative, e quindi le grandi tradizioni, i valori più veri, il senso di appartenenza a una comunità e a un popolo, la solidarietà fraterna". La globalizzazione "corre ovunque" e con essa "anche i dinamismi buoni, ma anche quelli perversi che e necessario contrastare e, se possibile, prevenire con l’annuncio instancabile del Vangelo di Cristo".


L'Osservatore Romano

I trent’anni di Joseph Ratzinger Ratzinger 'romano': il 15 febbraio 1982 il futuro Benedetto si trasferì da Monaco nel quartier popolare di Borgo Pio

Trent’anni. Tanto è passato da quando l’allora l’ex arcivescovo di Monaco-Frisinga, Joseph Ratzinger, si trasferì nella città che lo vedrà divenire Successore di Pietro. Trent’anni dopo, Piazza della Città leonina numero 1, nel quartiere popolare e “papalino” di Borgo Pio, è ancora idealmente l’indirizzo del card. Ratzinger. Nessuno infatti ha più abitato nell’appartamento dove colui che veniva già apprezzato come fine professore, conosciuto persino con l’appellativo di ’teenager’ della teologia per essersi distinto in questo campo fin da giovane, ebbe casa da poco dopo il suo trasferimento a Roma, avvenuto proprio il 15 febbraio del 1982. Da allora, fino all’elezione al Soglio pontificio, Joseph Ratzinger per 23 anni ha risieduto sempre lì, proprio all’ombra del Cupolone, divenendo una presenza discreta ma ben nota a “Borgo”. Ogni mattina, alla stessa ora, percorreva a piedi il breve tratto dal suo appartamento al Palazzo del Sant’Uffizio, sull’altro lato del colonnato di San Pietro, dove svolgeva il delicato ruolo di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cui lo aveva chiamato Giovanni Paolo II con una nomina datata 25 novembre 1981. Il suo trasferimento dalla Germania non fu però immediato. Come ricorda il segretario che lo affiancò dal 1984 al 2003, mons. Josef Clemens, il card. Ratzinger lasciò "il governo pastorale della diocesi di Monaco solo il 15 febbraio dell’82", iscrivendo per sempre Roma, ma questo ancora non poteva saperlo, nella sua biografia. Oggi Benedetto XVI guarda la “Città eterna” dalle finestre vaticane ma ancora sono vivi i segni della sua presenza in quella che ormai è a buon diritto la sua città. E di cui, come Papa, è vescovo. "Quando si trasferì - racconta Clemens - il suo appartamento non era ancora pronto, vi stavano facendo lavori di ristrutturazione. Risiedette quindi, per un breve periodo, al Collegio teutonico. Poi, ad aprile, prese definitivamente possesso della casa alla fine di via di Porta angelica". Sul citofono per contattare l’appartamento del quarto piano dove risiedeva non c’era il suo nome, celato dietro una più riservata numerazione romana. A Borgo però, il cardinale che camminava sempre col basco in testa, era ben noto. Il futuro Papa, infatti, frequentava i luoghi della zona, a partire dai ristoranti. Confondendosi tra la folla di turisti, pellegrini, religiosi e commercianti che tutti i giorni anima le viuzze di Borgo, raggiungeva posti come la Cantina Tirolese in via Vitelleschi, da molti ritenuto il suo ristorante preferito per la cucina che offriva piatti bavaresi e per le cioccolate calde che amava gustare, o il Passetto di Borgo, al numero 60 di Borgo Pio, dove non di rado si concedeva un piatto tipicamente romano come la carbonara. Di giorno, era possibile incontrare il cardinale tedesco mentre si recava nelle librerie specializzate di via della Conciliazione e dintorni. Come molti cardinali oggi, perlustrava ad esempio gli scaffali della libreria Leoniana di via dei Corridori alla ricerca degli ultimi testi di teologia e filosofia. Nella biografia di Joseph Ratzinger “romano” non c’è però solo la Roma dei Sacri Palazzi. Il porporato era infatti molto legato anche al quartiere periferico di Casalbertone, a est della Capitale. Qui si trova la chiesa di Santa Maria Consolatrice, di cui ha avuto il titolo come cardinale dal 1977 al 1993. Con i parrocchiani di Casalbertone, il futuro Papa intratteneva un rapporto profondo, recandosi spesso in visita e celebrando la messa. E proprio quella fu la prima parrocchia romana che visitò, il 18 dicembre 2005, una volta divenuto Pontefice.

Vatican Insider