martedì 6 ottobre 2009

La Sala stampa vaticana diffonde la trascrizione letterale delle parole del card. Turkson sui condom. Grossolani errori nella traduzione simultanea

Dopo l'ampio dibattito suscitato ieri dalle parole del cardinale ghanese Peter Kodwo Appiah Turkson (foto), durante la conferenza stampa sul Sinodo dei vescovi per l'Africa, la Sala stampa vaticana ha diffuso ieri sera la ''trascrizione letterale'', in inglese, delle parole del cardinale, in seguito alle richieste di ''chiarimenti su quanto effettivamente detto''. Ne risultano alcune differenze rispetto alla traduzione simultanea in italiano fornita ai giornalisti che seguivano la conferenza, con l'inglese dal forte accento del cardinale più sfumato rispetto alla versione italiana. Secondo la traduzione simultanea italiana, il card. Turkson, ad una domanda sull'uso del condom nelle coppie sposate in cui uno dei coniugi fosse sieropositivo, ''io raccomanderei l'uso del preservativo, ma sapendo che anche questo è un rischio perchè ce ne sono molti in giro di bassa qualita'', aggiungendo poi che per la Chiesa ''è più importante la fedeltà e la lealtà all'interno della coppia, l'astinenza di chi è stato contagiato e un maggiore investimento sui farmaci antiretrovirali e sulla ricerca''. Nell'intervento integrale, invece, il card. Turkson, parla di una ricerca a campione condotta negli ospedali cattolici del Ghana sull'efficacia dell'uso del preservativo nelle coppie sieropositive: ''Da questa piccola indagine abbiamo scoperto nei nostri ospedali che - spiega - anche quando la gente propone, sapete, l'uso del preservativo, questo diventa efficace solo nelle famiglie in cui c'è anche la scelta di essere fedeli. L'uso ordinario dei preservativi, solo come difesa dall'Aids, non è nel nostro caso previsto e apprezzabile. Quando i giovani ricorrono al preservativo, è solo se va inseme con la fedeltà, nelle situazioni in cui uno dei due partner può essere infetto da Hiv/Aids. In questi casi, diciamolo chiaramente: stiamo parlando di un prodotto di fabbrica e ci sono qualità differenti. Ci sono condom che arrivano in Ghana dove, per il caldo, si rompono durante l'atto sessuale, e in questo caso dà ai poveri un falso senso di sicurezza che facilita piuttosto la diffusione dell'Hiv/Aids. In questi casi, allora siamo riluttanti anche se, sapete, sono relazioni coniugali e di persone fedeli - ha sottolineato il cardinale - la gente è riluttante a parlarne''. Il cardinale ha insistito molto sulla qualità dei preservativi che arrivano in Africa, spesso così cattiva da costituire un rischio aggiuntivo piuttosto che una protezione: ''Nella nostra parte del mondo, persino l'uso del preservativo a volte è rischioso. Rischioso nel senso che avremo casi di preservativi che si rompono durante l'atto sessuale, e sono loro stessi che ce ne vengono a parlare, altrimenti non lo avremmo saputo nei nostri ospedali. Quindi, poichè le cose stanno così, se abbiamo fornito preservativi di massima qualità, nessuno probabilmente ne parlerebbe (con) incertezza, ma così non è. In sostanza, spero che la quantità di risorse disponibili per la produzione di preservativi, se fossero spese per ridurre i prezzi degli anti-retrovirali, saremmo più felici in Africa per la disponibilità degli anti-retrovirali''. ''Usiamo queste risorse - conclude il cardinale - per sostenere la produzione degli anti-retrovirali in modo che siano più disponibili per la gente. In questo momento non molti hanno accesso a causa dei costi. Se si hanno i mezzi per abbassare i costi è probabilmente il grande favore che possiamo fare alle persone che soffrono di Hov/Aids''.

Asca

Terza Congregazione generale: la leadership senza principi prima causa dei conflitti in Africa, nei quali sono coinvolti anche molti pastori

Il card. Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar-es-Salaam in Tanzania, ha denunciato la responsabilità di alcuni ecclesiastici nei conflitti in Africa. "E' triste - ha detto il presidente del Secam, il Simposio delle Conferenze Episcopali d'Africa e Madagascar, durante la terza Congregazione generale dell'Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per l'Africa in Vaticano - dover riconoscere che molti pastori sono coinvolti nei conflitti, tramite partecipazione o omissione. Dobbiamo accusare anche noi stessi e riconoscere l'abuso del nostro ruolo e la pratica del potere - ha detto il porporato africano - nonché il rischio di tribalismo e di etnocentrismo. E' urgente che le questioni etniche esplose in conflitti siano affrontate apertamente con iniziative pastorali". "I vecchi dittatori non ci sono più, ma i dittatori leggeri sono uguali ai primi: non credono ai principi della democrazia". Lo denuncia l'arcivescovo emerito di Kampala, in Uganda, card. Emanuel Wamala, intervenuto questa mattina per il quale una "leadership senza principi è la prima causa dei conflitti". "Molti leader - ha sottolineato - alimentano le divisioni per assicurare il loro ruolo". In questo contesto, "la riconciliazione rappresenta la sfida principale per i cattolici". Ed è proprio quello della riconciliazione il tema più trattato dai 18 Padre Sinodali che hanno preso la parola oggi. Dal Senegal arriva l'invito a "liturgie di penitenza e perdono che debbono essere celebrazioni di gioia, dove l'uomo si riappacifica col fratello, dal Camerun l'esaltazione del "perdono ricevuto e accolto" nella cultura tribale dei Bantù del Sud. "Il clan - ha spiegato il presidente dei vescovi, mons. Simon Victor Tonye Bakot - sa ristabilire la pace e la riconciliazine più dei cristiani, che hanno l'Eucaristia ma spesso non sanno superare le divergenze e in molti casi tra i fedeli nemmeno si danno il segno della pace". "Non dobbiamo nascondere le tensioni itneretniche e la corruzione su larga scala che minano il Continente", ha chiesto da parte sua mons. Fidele Agbatchi del Benin, per il quale "l'Africa ha paura e vive di paura, chiudendosi in un atteggiamento di autodifesa che sfocia troppo spesso in aggressività". Mons. Giorgio Bertin, vescovo in Somalia, ha raccontato però un'esperienza ben diversa quando ha ricordato che "venti anni fa è stato ucciso mons. Salvatore Colombo, dopo che aveva servito il popolo per 40 anni e come lui sono state assassinate anche Annalena Tonelli e suor Leonella". "Il 9 luglio - ha spiegato - celebriamo la Giornata dei Martiri della Somalia e vogliamo fare memoria insieme di queste personalità eroiche". Mons. Bertin ha lanciato anche un appello contro la pirateria. Mons. Sthembele Anton Sipuka del Sudafrica sottolinea invece che il suo Paese testimonia come "grazie all'affermarsi di una mentalità che la Chiesa deve favorire", la pace e la riconciliazioni siano "possibili dopo anni di confliti", anche se nella società "non mancano purtroppo comportamenti aggressivi" e c'è "rabbia contro gli altri popoli africani". Nutrita la pattuglia dei curiali intervenuta oggi nel dibattito. Il card. Zenon Grocholeski ha esortato vescovi e rettori dei seminari sottoporre alal Santa Sede il "regolamento studiorum" per la formazione dei futuri sacerdoti e raccomandato coerenza anche di vita nei docenti delle 12500 scuole materne (un milione 260mila allievi), delle 33 mila 250 scuole primarie (14 miloni di scolari), 10 mila scuole secondarie (4 miloni di studenti). Mentre, ha affermato, "debbono rafforzare la loro chiara identità cattolica in particolare gli istituti superiori: 23 università cattoliche 5 facoltà teologiche, 3 filosofiche e 70 atenei affiliati alle Università Pontificie". In sintonia con lui il card. Franc Rodè, prefetto della Congregazione per i religiosi, che ha denunciato come "difficoltà" nella formazione alla vita religiosa in Africa, "la mancanza di una cultura cristiana diffusa che rende più difficile la pratica dei valori".

Apcom, Agi


Il card. Sodano: le nazioni africane superino le divisioni e cooperino per il progresso. Mons. Lahham: la Chiesa nei Paesi islamici del nord

“Come dimenticare che anche in Africa la furia omicida fra differenti gruppi etnici ha sconvolto interi paesi?”: se lo è chiesto oggi, durante i lavori mattutini della terza Congregazione generale del Sinodo dei vescovi per l’Africa, il card. Angelo Sodano, decano del collegio cardinalizio, intervenendo in assemblea alla presenza del Papa. “Basterebbe pensare – ha detto – al Rwanda ed ai paesi limitrofi. Nel 1994 e negli anni successivi l’ideologia nazionalista giunse a provocare più di 800 mila morti, fra i quali tre membri generosi dell’episcopato”. Ha citato al riguardo la figura del nunzio apostolico mons. Michael Courtney, che fu barbaramente assassinato in Burundi il 29 dicembre 2003. Sodano ha quindi ricordato i grandi principi dell’umanesimo cristiano, “dignità di ogni persona umana e unità del genere umano”, sottolineando che “le attuali 53 nazioni africane avranno un grande avvenire, nel concerto delle 192 nazioni che compongono oggi l’intera famiglia umana, se sapranno superare le loro divisioni e cooperare congiuntamente per il progresso materiale e spirituale dei loro popoli”.
“Circa l’80% dei 350 milioni di arabi musulmani africani vive nei paesi dell’Africa settentrionale”: lo ha ricordato mons. Maroun Elias Lahham, vescovo di Tunisi, il cui intervento si è concentrato proprio sui rapporti tra cristiani e seguaci dell’Islam nel continente “nero”. “I rapporti islamo-cristiani in Africa del nord – ha detto – sono diversi da quelli dell’Europa, dell’Africa subsahariana e anche dei paesi arabi del Medio oriente. La specificità delle relazioni islamo-cristiane nelle Chiese dell’Africa settentrionale può arricchire le esperienze di dialogo vissute altrove, in Europa e nell’Africa subsahariana”. Secondo mons. Lahham “la Chiesa che vive in tali paesi al 100% musulmani gode di un margine abbastanza ampio di libertà nell’esercizio del culto cristiano, come per esempio in Tunisia”. Tra l’altro ha notato che “si tratta di una Chiesa che vive in paesi musulmani in cui sta nascendo un movimento di pensiero critico nei confronti dell’Islam integralista e fanatico”. Il vescovo ha quindi proposto che “il Sinodo per il Medio Oriente previsto per l’ottobre 2010 comprenda anche le diocesi dell’Africa del nord, soprattutto per quanto riguarda le minoranze cristiane e i rapporti e il dialogo con l’Islam”.

SIR


Mons. Monsengwo: l'elezione di un afro-americano a presidente degli Stati Uniti un segnale divino che la Chiesa non deve ignorare

La Chiesa Cattolica "ci guadagnerebbe" a non "ignorare" l'elezione di un afro-americano come presidente degli Stati Uniti (Barack Obama, nella foto con Benedetto XVI), "avvenimento fondamentale della storia contemporanea" e "segnale divino": parola di mons. Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa nella Repubblica democratica del Congo, intervenuto con queste parole al II Sinodo speciale per l'Africa in corso in Vaticano. "I quattrocentotrenta anni di schiavitù del popolo ebraico in Egitto - ha detto il vescovo africano - possono indurci a interpretare la piega che prende la geopolitica contemporanea. Essa sembra essere la conclusione della 'rotta degli schiavi' del XV e del XVI secolo, considerata come un piano di Dio 'per la salvezza della moltitudine'. E se l'elezione di un nero a capo degli Stati Uniti d'America - ha detto Monsengwo - è stato un 'segnale divino' e un 'richiamo dello Spirito Santo a una riconciliazione di razze e di etnie' per relazioni umane pacificate e perché cessi 'il partenariato delle materie prime' per un 'partenariato delle materie grigie' nelle relazioni nord-sud...Il presente Sinodo e la Chiesa universale contemporanea - ha detto il presule africano - ci guadagnerebbe a non ignorare questo avvenimento fondamentale della storia contemporanea, che è lontano dall'essere un banale gioco di alleanze politiche".

Apcom

L'appello del Patriarca ortodosso etiope all’unità di tutti i cristiani a favore dell’Africa. Il Papa: il Vangelo mai separato da una giusta società

“Le nostre Chiese possano avvicinarsi sempre più nell’unità che è il dono dello Spirito santo, e offrire una comune testimonianza della speranza portata dal Vangelo”: è l’auspicio espresso questa mattina da Benedetto XVI, rispondendo all’intervento del Patriarca della Chiesa tewahedo ortodossa di Etiopia Abuna Paulos (nella foto con Benedett XVI), alla II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi. Sottolineando che la presenza del Patriarca testimonia “l’antichità e le ricche tradizioni della Chiesa in Africa”, il Papa si è detto concorde con Paulos che “la proclamazione del Vangelo non può essere separata dall’impegno a costruire una società secondo il volere di Dio, che rispetti il creato e protegga la dignità e l’innocenza di tutti i suoi figli”. Di qui l’esortazione a continuare “a lavorare insieme per lo sviluppo integrale di tutti i popoli dell’Africa, rafforzando le famiglie che sono il baluardo della società africana, educando i giovani” che ne sono il futuro e “contribuendo alla costruzione di società caratterizzate dall’onestà, dall’integrità e dalla solidarietà”. "In Cristo - ha detto Benedetto XVI - sappiamo che la riconciliazione è possibile, la giustizia può prevalere, la pace può durare! Questo è il messaggio di pace che siamo chiamati a proclamare. Questa è la promessa che la gente dell'Africa attende di vedere realizzata al giorno d'oggi".
In precedenza, il Patriarca Abuna Paulos aveva ricordato le piaghe dell’Africa, segnata da sfruttamento, pandemie e carestie. Ma aveva sottolineato come essa presenti un molte risorse naturali, che contribuiscono allo sviluppo di altri Paesi. Poi, l’appello alla difesa dei bambini: "In che modo – ha detto il Patriarca Ortodosso etiope – dobbiamo denunciare le guerre civili che spesso sono combattute da bambini-soldato?”. Di qui, l’appello all’unità perché tutti i leader della cristianità uniscano i loro sforzi a favore dell’Africa. Tra gli altri temi trattati in Aula, l’importanza della Chiesa in Africa nel campo dell’educazione, testimoniata dalle circa 56mila scuole, frequentate da 19milioni di alunni, e dalle 23 Università cattoliche. Centrale anche il dialogo con l’Islam: un’esperienza positiva arriva dal Nord Africa, zona a maggioranza musulmana, in cui i cristiani godono comunque di una certa libertà, c’è un pensiero critico verso l’estremismo islamico e la Chiesa è chiamata a collaborare nella società. A questo proposito, è giunto l’auspicio che il Sinodo per il Medio Oriente del 2010 comprenda anche le diocesi del Nord Africa. Il pensiero, poi, è andato ai tanti martiri caduti in Africa e alle speranze che il cammino verso la democrazia di tanti Paesi non diventi un passaggio da una “dittatura pesante” ad altre più “leggere”.

SIR, Radio Vaticana


L’Ecclesia in Africa e il rapporto dell'Africa con gli altri continenti al centro della riflessione dei Padri Sinodali ieri pomeriggio

Ieri pomeriggio, nel corso della seconda Congreazione generale del Sinodo per l'Africa, i Padri Sinodali hanno riflettuto sui rapporti tra l’Africa e gli altri continenti. Molti i legami in comune, si è detto, poiché il continente africano presenta i problemi di tutto il mondo, come la povertà, l’assenza di una democrazia radicata, i fenomeni di ingiustizia contro le donne. Tuttavia, hanno ribadito i Padri Sinodali, l’Africa può rappresentare un modello di fede profonda e dinamica, di un cristianesimo giovane e volenteroso, di dialogo interreligioso. E dall’Africa, si può imparare ad intensificare l’evangelizzazione. Quindi, è toccato a mons. Laurent Monsengwo Pasinya (foto), arcivescovo di Kinshasa, presentare un rapporto sull’Ecclesia in Africa, l’Esortazione apostolica post-sinodale siglata da Giovanni Paolo II nel 1995. Il presule ha sottolineato come il documento sia stato accolto con entusiasmo in Africa, dando luogo a sinodi diocesani e regionali per riflettere sulla Chiesa famiglia di Dio o per elaborare progetti e piani pastorali. Con il risultato di donare un nuovo impulso alla vita e alla missione della Chiesa in Africa.

Radio Vaticana

La lotta all'Aids, il perdono contro la violenza, il futuro della Chiesa nel continente: i temi della prima conferenza stampa del Sinodo per l'Africa

I problemi dell’Africa. Dall’Aids alla violenza, ai crimini di guerra. Dalla povertà al tribalismo. Senza dimenticare le questioni ecclesiali come la fedeltà dei sacerdoti africani al celibato. Il card. Peter Kodwo Appiah Turkson, arcivescovo di Cape Coast nel Ghana, non si sottrae a nessuno dei temi che gli vengono proposti durante la prima conferenza stampa del II Sinodo dei vescovi per l'Africa; con lui c’era Odon Marie Arsène Razanakolona, arcivescovo di Antananarivo, nel Madagascar. In precedenza, nell’Aula Sinodale, alcuni di quei temi li aveva affrontati anche nella relazione prima della discussione. Ora risponde con franchezza, alternando l’inglese a un discreto italiano. Gli chiedono ad esempio come sia possibile arrestare in Africa il flagello della più terribile malattia infettiva degli ultimi decenni. "So che molti auspicano l’uso del preservativo, che però in molti casi può essere anche di cattiva qualità e quindi rischioso. Per noi è più importante la fedeltà e la lealtà all’interno della coppia, l’astinenza di chi è stato contagiato e un maggiore investimento sui farmaci antiretrovirali e sulla ricerca". Questa è "la prima via" per prevenire il contagio. Insomma, "una persona che sa di essere contagiata, non dovrebbe avere rapporti"; il cardinale si riferisce evidentemente al caso di una coppia sposata nella quale uno dei due sia infetto, poiché nel caso di rapporti prematrimoniali il problema morale si pone a un livello anteriore, cioè della illiceità stessa di questa atti. In questi casi, infatti, ha aggiunto Turkson, "l’uso dei preservativi, che spesso in Africa sono di bassa qualità, non protegge completamente e, anzi, dà false sicurezze". Inoltre, ha aggiunto, "occorre far sì che i farmaci antiretrovirali non abbiano costi così alti, specie per i poveri dell’Africa". "I vescovi africani sostengono il lavoro della Corte penale internazionale, e i provvedimenti che ha emesso sui crimini di guerra compiuti nella Repubblica democratica del Congo e in Sudan", ha aggiunto poi Turkson in risposta ad un’altra domanda. "Questo è un Sinodo di persone di fede ma se seguiamo quanto succede nel mondo – ha precisato – sicuramente ci sarà un riferimento diretto a questi temi. Crediamo che la giustizia non consista solo nella richiesta di riparazione e risarcimento economico ma anche nel perdono". Lotta alla povertà. Secondo il porporato anche la recente Enciclica sociale di Benedetto XVI avrà largo spazio nei dibattito sinodale. "Peccato – ha aggiunto – che alcuni Padri non abbiano ancora potuto leggerla perché per questioni di traduzione e spedizione l’hanno ricevuta non molto tempo fa". Ma sicuramente, "il documento offre tanti spunti per parlare dello sviluppo del continente". L’arcivescovo di Cape Coast ha infine richiamato la necessità che i sacerdoti africani vivano con più fedeltà il loro voto celibatario. E ha fatto accenno alla richiesta di alcuni gruppi che anche in Africa si parli di temi legati all’omosessualità. "Tuttavia – ha fatto notare – nel sentire popolare già non avere figli mette in crisi una coppia, per cui è ancora più difficile trattare simili questioni".

Mimmo Muolo, Avvenire

Giovedì Benedetto XVI riceverà in udienza il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese

Il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Mahmud Abbas Abu Mazen (nella foto con Benedetto XVI) incontrerà il Papa giovedì 8 ottobre in Vaticano. L'incontro, che segue quello di Betlemme dello scorso maggio e quello sempre in Vaticano nell'aprile del 2007, avverrà intorno alle 12.00, prima che Abu Mazen lasci l'Italia.
Il presidente palestinese, ricevendo Papa Benedetto lo scorso 13 maggio nel palazzo presidenziale al suo arrivo a Betlemme, denunciò ancora una volta l'occupazione israeliana ringraziando Benedetto XVI per la comprensione delle ''sofferenze'' subite dal popolo palestinese. ''In questa Terra Santa c'è chi ancora continua a costruire muri di separazione e non ponti e tenta, con la forza dell'occupazione, di costringere musulmani e cristiani a lasciare il Paese'', disse il leader chiedendo allo stesso Papa di lavorare insieme verso una risoluzione del conflitto e criticando con forza l'occupazione israeliana e i muri separatori della Cisgiordania. ''Sua Santità è del tutto consapevole della situzione a Gerusalemme circondata dal muro dell'apartheid che impedisce alla nostra gente della Cisgiordania di raggiungere la Basilica del Santo Sepolcro o la Moschea di Al Aqsa'', spiegò Abbas riferendosi ai principali siti cristiani e musulmani di Gerusalemme. ''E' tempo che le sofferenze finiscano e vengano sostituite dall'amore e dalla pace'', aggiunse Abbas che definì il messaggio del Papa ricco ''di speranza per un domani senza più occupazione, profughi o prigionieri, ma basato sulla coesistenza pacifica e sulla prosperità''.

Ansa, Apcom