martedì 12 ottobre 2010

Il card. Sodano: un'alba nuova per il Medio Oriente. Mons. Boghossian: i patriarchi orientali al conclave. Mons. Sako: denunciare il commercio delle a

“Dobbiamo lavorare tutti insieme per preparare un’alba nuova per il Medio Oriente usando i talenti che Dio ci ha dato. Certo, è urgente favorire la soluzione del tragico conflitto israelo-palestinese ed operare perché terminino le correnti aggressive dell’Islam”. Lo ha detto il card. Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio, intervenuto questa mattina ai lavori della terza Congregazione del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente. “Dovremo sempre chiedere rispetto per la libertà religiosa di tutti i credenti – ha rimarcato il cardinale – è una missione difficile quella che voi, pastori della Chiesa in Medio Oriente, dovete svolgere in un momento storico così drammatico. Sappiate però che non siete soli nella vostra sollecitudine quotidiana per preparare un avvenire migliore alle comunità”. Nel suo discorso il decano del collegio cardinalizio ha, inoltre, richiamato “ad una stretta unità con la Chiesa di Roma” i pastori e i fedeli in Medio Oriente, “un’unione affettiva che deve portare ad un’unione effettiva con la Santa Sede, attraverso i numerosi canali oggi esistenti” tra cui i Rappresentanti pontifici esistenti nel Medio Oriente (Gerusalemme, Beirut, Damasco, Ankara, Baghdad, Teheran, Cairo e Safat).
“I Patriarchi delle Chiese Orientali Cattoliche, per la loro identità di Padri e Capi di Chiese ‘sui iuris’ che compongono la cattolicità della Chiesa Cattolica, dovrebbero essere membri, ipso facto, del Collegio che elegge il Sommo Pontefice, senza necessità di ricevere il titolo latino di cardinale. Per lo stesso motivo, dovrebbero anche avere la precedenza su di loro”. A chiederlo mons. Vartan Waldir Boghossian, vescovo di San Gregorio di Narek in Buenos Aires degli Armeni, Esarca Apostolico per i fedeli di rito armeno residenti in America Latina e Messico. Nel suo intervento l’esarca ha parlato della grande mobilità umana che ha spostato quantità di fedeli fuori del loro territorio patriarcale di origine, così che ci sono delle Chiese che hanno oggi la più gran parte dei loro fedeli nella Diaspora. ”È difficile capire – ha detto l’esarca - perché le attività dei Patriarchi, dei Vescovi e dei Sinodi delle Chiese Orientali, vengono limitate al loro territorio. Il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali afferma che i Patriarchi sono Padri e Capi della loro Chiesa. Questa paternità e giurisdizione non dovrebbero essere limitate ad un territorio” tanto più se in esso “non sono più presenti membri della sua Chiesa”.
“Senza dialogo con i musulmani non ci sarà la pace e la stabilità. Insieme possiamo eliminare guerre e tutte le forme di violenza. Dobbiamo unire le nostre voci per denunciare insieme il grande affare economico del commercio delle armi”: la denuncia è di mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk. “Le guerre – ha detto - sono una vera minaccia nella nostra regione dove si sono tragicamente avverate le parole di Giovanni Paolo II, ‘la guerra è un’avventura senza ritorno’”. Senza dialogo, anche “il mortale esodo che affligge le nostre Chiese non potrà essere evitato. L'emigrazione è la più grande sfida che minaccia la nostra presenza”. Per l’arcivescovo caldeo, “le Chiese Orientali, ma anche la Chiesa universale, devono assumersi le proprie responsabilità e trovare con la comunità internazionale e le autorità locali scelte comuni che rispettino la dignità della persona umana. Scelte che siano basate sull'uguaglianza e sulla piena cittadinanza, con impegni di partenariato e di protezione. La forza di uno Stato – ha concluso - si deve basare sulla credibilità nell'applicazione delle leggi al servizio dei cittadini, senza discriminazione tra maggioranza e minoranza. Vogliamo vivere in pace e libertà invece di sopravvivere”.

SIR



Terza Congregazione generale. L’Iraq e la fine di ogni conflitto, il dialogo con i musulmani, l'educazione. Eletta la Commissione per il Messaggio

Terza Congregazione generale, questa mattina, alla presenza di Benedetto XVI. Al termine della mattinata, sono stati eletti anche i membri della Commissione per il Messaggio. Dal Sinodo un appello perché terminino i conflitti, le correnti aggressive dell’Islam, e ci sia rispetto per la libertà religiosa. Di scena, in particolare, l’Iraq: senza dialogo non ci saranno pace e stabilità, dicono i vescovi, e le voci devono unirsi nella denuncia del grande affare economico del commercio delle armi. I cristiani vogliono vivere in pace e libertà, invece di sopravvivere e l’esodo, definito mortale, è una sfida che va affrontata. E un pensiero è andato anche all’Afghanistan: pur non presente al Sinodo come Paese del Medio Oriente, è stato comunque ricordato nella solidarietà dai Padri sinodali, a causa delle tribolazioni vissute dalla popolazione locale. Richiamata, quindi, la responsabilità delle potenze occidentali, in particolare di quelle che hanno commesso errori storici nei confronti del Medio Oriente, affinché il grido di giustizia e pace nella regione non rimanga inascoltato. Il Sinodo ha ribadito anche la collaborazione tra le Chiese mediorientali e quelle del Maghreb e definisce “imperativa” l’importanza dei mass media: grazie a loro, infatti, si possono diffondere nella popolazione le nozioni su cittadinanza, uguaglianza, accettazione della diversità, evitando la manipolazione delle masse e la deriva verso l’estremismo. L’Aula ha affrontato poi il dialogo tra cristiani e musulmani, visto come un arricchimento reciproco: dall’Islam, i cristiani possono imparare ad essere più praticanti, mentre la loro vicinanza al Vangelo fa riflettere i musulmani su una lettura critica del Corano. In quest’ottica, i Padri sinodali hanno deplorato iniziative provocatorie nei confronti dell’Islam, come le vignette satiriche o i roghi del Corano, mentre hanno incoraggiato le attività degli scout in cui i ragazzi sono fianco a fianco, senza distinzione di credo. Poi i dati confortanti sull’educazione: in Medio Oriente la Chiesa cattolica cura un migliaio di istituzioni scolastiche con circa 600mila alunni, quattro università, otto istituti superiori ecclesiastici e almeno 10 seminari di diversi riti. Molto apprezzati, tutti questi centri sono aperti anche ai più poveri. Segnalata anche l’importanza di un laicato maturo nella fede e consapevole nella vocazione, così come dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, che non rappresentano una minaccia, ma un sostegno prezioso ed indispensabile per rivitalizzare l’evangelizzazione. Una pagina singolare è stata dedicata alla questione delle sètte: una cinquantina, ad esempio, quelle presenti in Giordania. Auspicata, allora, la cura pastorale della famiglie e la revisione dei libri di catechismo. Infine, alcuni auspici: istituire Commissioni di dialogo interreligioso in Medio Oriente, snellire le procedure per le elezioni dei Patriarchi e creare una “banca dei sacerdoti senza frontiera”, pronti ad essere inviati nella regione mediorientale per incoraggiare i cattolici e conservarli nella fede.

Radio Vaticana

Seconda Congregazione generale. Le relazioni sui rapporti tra il Medio Oriente e i continenti: le migrazioni, l'attività missionaria e la liturgia

A dominare i lavori di ieri pomeriggio, nella seconda Congregazione generale, sono state le cinque “Relazioni continentali”, dedicate ai rapporti tra il Medio Oriente ed il resto del mondo. Denominatore comune dei cinque interventi è stata la questione delle migrazioni che porta i cristiani del Medio Oriente in tutto il mondo. E' stato ribadito quindi il sostegno, anche attraverso la Caritas Internationalis, a coloro che vivono la diaspora, così come la necessità di comunione e l’importanza dell’eredità culturale cristiana del Medio Oriente la quale, soprattutto in Europa, risveglia la coscienza dei fedeli. E' stata auspicata poi la giusta formazione dei laici e dei presbiteri, in vista di un’azione missionaria condivisa. E ancora: sono stati richiamati la riflessione sulla liturgia che, se radicata nella tradizione, aiuta a preservare la vivacità della fede, e il rinnovamento dell’attività missionaria, poiché, si è detto in Aula, la Chiesa del Medio Oriente non deve avere né paura né vergogna di predicare il Vangelo. Infine è stata ricordata l’importanza della diffusione della cultura biblica, affinché la Parola di Dio sia fondamento di ogni educazione, insegnamento e dialogo per costruire una civiltà pacifica.

Radio Vaticana

SECONDA CONGREGAZIONE GENERALE

Mons. Fisichella: trovare forme adeguate per rinnovare l'annuncio tra tanti battezzati che non comprendono più l'appartenere alla comunità cristiana

''Spesso la mancanza di conoscenza dei contenuti basilari della fede porta, inevitabilmente, ad assumere comportamenti e forme di giudizio morale spesso in contrasto con l'essenza stessa della fede, così come è stata sempre annunciata e vissuta nel corso dei venti secoli della nostra storia'': così mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, ha presentato questa mattina in Vaticano il Motu Proprio "Ubicumque et semper" di Papa Benedetto XVI che istituisce il suo dicastero. ''Il relativismo - ha detto il prelato -, di cui Papa Benedetto ha sempre denunciato i limiti e le contraddizioni, proprio in vista di una corretta antropologia, emerge come la nota caratteristica di questi decenni segnati sempre piu' dalle conseguenze di un secolarismo teso ad allontanare il nostro contemporaneo dalla sua relazione fondamentale con Dio. In questo senso, sono soprattutto le Chiese di antica tradizione che risentono di questa condizione, anche se nel processo di globalizzazione in cui siamo inseriti nessuno sembra sfuggire a questa drammatica situazione''. ''Al principio secolarista di vivere nel mondo 'etsi deus non daretur' - aggiunge mons. Fisichella -, l'allora card. Joseph Ratzinger aveva opposto il principio di vivere nel mondo 'veluti si Deus daretur'. E' questo uno dei motivi che ha portato Papa Benedetto alla creazione di un dicastero con il compito di promuovere la nuova evangelizzazione''. Obiettivo del nuovo dicastero, secondo il suo presidente, sarà quindi quello di ''trovare le forme adeguate per rinnovare il proprio annuncio presso tanti battezzati che non comprendono più il senso di appartenenza alla comunità cristiana e sono vittima del soggettivismo dei nostri tempi con la chiusura in un individualismo privo di responsabilità pubblica e sociale''. Primo impegno del neonato dicastero, definito da mons.Fisichella una ''provocazione'' nei confronti del mondo contemporaneo, sarà organizzare le basi pratiche del lavoro come i compiter o la carta intestata. Oltre al presidente il nuovo dicastero avrà un segretario, di un sotto segretario, membri e consultori esperti della materia, la cui scelta non è stata però ancora effettuata da Benedetto XVI. Per mons. Fisichella, ''dovremo evitare, anzitutto, che 'nuova evangelizzazione' risuoni come una formula astratta. Dovremo riempirla di contenuti teologici e pastorali e lo faremo forti del magistero di questi ultimi decenni''. Tra i compiti principali ci sarà quello di promuovere la diffusione del Catechismo della Chiesa Cattolica. ''Nel 2012 - ha ricordato il presule - ricorrerà il ventesimo anniversario della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Tra le competenze che vengono affidate al Dicastero risulta essere qualificante quella di 'promuovere' il suo uso''. ''Il Catechismo - ha osservato mons. Fisichella - risulta essere uno dei frutti più maturi delle indicazioni conciliari; in esso viene raccolto in modo organico l'intero patrimonio dello sviluppo del dogma e rappresenta lo strumento più completo per trasmettere la fede di sempre dinanzi ai costanti cambiamenti e interrogativi che il mondo pone ai credenti''. Compito del dicastero sarà anche quello di ''trovare tutte le forme che il progresso della scienza della comunicazione ha realizzato per farle diventare strumenti positivi a servizio della nuova evangelizzazione'', ''consapevoli del ruolo determinante che i mezzi di comunicazione hanno nel veicolare la cultura e la mentalità nel contesto attuale''. “I cristiani sono chiamati ad essere presenti nella vita politica, nella società, nella cultura, nella scienza, in tutte le espressioni che appartengono alla vita delle persone e costituiscono la vita della società”. Così mons. Fisichella ha risposto alla domanda di un giornalista circa l’eventuale ruolo “politico” del nuovo dicastero vaticano. “Il termine politico – ha spiegato il neopresidente – va inteso nel senso di ‘costruzione della polis’”. Di qui il compito del nuovo dicastero pontificio: “Aiutare i cattolici a recuperare il senso profondo della propria responsabilità, per una testimonianza coerente, soprattutto dei laici, negli ambiti dove solo loro possono arrivare, per lo status stesso che possiedono”. “Dopo un periodo di assunzione passiva del secolarismo – ha affermato mons. Fisichella – dobbiamo riprendere la nostra parola forte e coraggiosa”. Quanto ai rapporti con gli altri dicasteri della Santa Sede, in particolare quello dedicato alle missioni, mons. Fisichella ha risposto che “compito specifico e peculiare di Propaganda Fide è il primo annuncio, la ‘missio ad gentes’; noi abbiamo di fronte le Chiese di antica tradizione”. Per il presidente del nuovo organismo vaticano, “la nuova evangelizzazione taglia trasversalmente la vita e l’azione della Chiesa: per questo dobbiamo essere capaci di maggiore collaborazione tra di noi”. ''Il Papa - ha aggiunto in risposta ad una domanda sul possibile appesantimento della macchina burocratica vaticana - non è un uomo della burocrazia, ma un uomo dell'annuncio che con profonda intelligenza teologica ha saputo individuare questo spazio per impegnare la Chiesa in un missione concreta''. ''Questa è la prima garanzia. Ed io neanche - ha concluso - sono un uomo della burocrazia. Non vedo pericoli di burocratizzazione, ma un'azione tipicamente pastorale del Santo Padre''.

Motu Proprio 'Ubicumque et semper' con il quale Benedetto XVI istituisce il Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione

“La Chiesa ha il dovere di annunciare sempre e dovunque il Vangelo di Gesù Cristo”. Comincia con questo imperativo la Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio “Ubicumque et semper”, con la quale Benedetto XVI istituisce il Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova evangelizzazione. “Fedele” al “comando” dato da Gesù, “il primo e supremo evangelizzatore”, agli apostoli, “Andate e fate discepoli tutti i popoli”, la Chiesa , prosegue il Papa nel Motu Proprio, "dal giorno di Pentecoste in cui ha ricevuto in dono lo Spirito Santo, non si è mai stancata di far conoscere al mondo intero la bellezza del Vangelo”. La “missione evangelizzatrice” è, dunque, “per la Chiesa necessaria ed insostituibile, espressione della sua stessa natura”, ed “ha assunto nella storia forme e modalità sempre nuove a seconda dei luoghi, delle situazioni e dei momenti storici”. “Nel nostro tempo”, per il Santo Padre, “uno dei suoi tratti singolari è stato il misurarsi con il fenomeno del distacco dalla fede, che si è progressivamente manifestato presso società e culture che da secoli apparivano impregnate dal Vangelo”. Nella lettera, il Papa cita “le trasformazioni sociali” degli ultimi decenni, che “hanno profondamente modificato la percezione del nostro mondo”, l’analisi del Papa: “Si pensi ai giganteschi progressi della scienza e della tecnica, all'ampliarsi delle possibilità di vita e degli spazi di libertà individuale, ai profondi cambiamenti in campo economico, al processo di mescolamento di etnie e culture causato da massicci fenomeni migratori, alla crescente interdipendenza tra i popoli”. Se, da un lato, “l’umanità ha conosciuto innegabili benefici da tali trasformazioni e la Chiesa ha ricevuto ulteriori stimoli per rendere ragione della speranza che porta”, dall’altro “si è verificata una preoccupante perdita del senso del sacro, giungendo persino a porre in questione quei fondamenti che apparivano indiscutibili, come la fede in un Dio creatore e provvidente, la rivelazione di Gesù Cristo unico salvatore, e la comune comprensione delle esperienze fondamentali dell'uomo quali il nascere, il morire, il vivere in una famiglia, il riferimento ad una legge morale naturale”. “Se tutto ciò è stato salutato da alcuni come una liberazione – scrive il Pontefice - ben presto ci si è resi conto del deserto interiore che nasce là dove l'uomo, volendosi unico artefice della propria natura e del proprio destino, si trova privo di ciò che costituisce il fondamento di tutte le cose”. Già il Concilio, ricorda il Papa nel motu proprio, “assunse tra le tematiche centrali la questione della relazione tra la Chiesa e questo mondo contemporaneo”, e sulla scia del Vaticano II “i miei predecessori hanno poi ulteriormente riflettuto sulla necessità di trovare adeguate orme per consentire ai nostri contemporanei di udire ancora la Parola del Signore”. Benedetto XVI ha citato in particolare la “lungimiranza” di Paolo II nel denunciare le “situazioni di scristianizzazione” e di Giovanni Paolo II, che coniò il termine di “nuova evangelizzazione” e ne fece “uno dei cardini del suo vasto magistero”, tanto da farne “il compito che attende la Chiesa oggi, in particolare nelle regioni di antica scristianizzazione”. Per l’intera comunità cristiana, precisa Benedetto XVI, il compito della nuova evangelizzazione “riguarda il suo modo di relazionarsi verso l’estero” ma “presuppone, prima di tutto, un costante rinnovamento al suo interno, un continuo passare, per così dire, da evangelizzata ad evangelizzatrice”. “Indifferentismo, secolarismo e ateismo”, già individuati nella “Christifideles laici” come tipici delle nazioni “del cosiddetto Primo Mondo”, portano ad uno scenario, sempre attuale, in cui “il benessere economico e il consumismo ispirano e sostengono una vita vissuta ‘come se Dio non esistesse’”, e nel quale “l’indifferenza religiosa e la totale insignificanza pratica di Dio per i problemi anche gravi della vita non sono meno preoccupanti ed eversivi rispetto all’ateismo dichiarato”. Di qui la necessità di “rifare il tessuto cristiano della società umana”. La Chiesa, di fronte al diffondersi della secolarizzazione nell'Occidente, deve ''misurarsi con il fenomeno del distacco dalla fede, che si è progressivamente manifestato presso società e culture che da secoli apparivano impregnate dal Vangelo''. L'azione del nuovo Pontificio Consiglio sarà infatti rivolta soprattutto ''alle Chiese di antica fondazione, che pure vivono realtà assai differenziate, a cui corrispondono bisogni diversi, che attendono impulsi di evangelizzazione diversi''. Lo scenario dei Paesi secolarizzati non è infatti identico ovunque: ''In alcuni territori, infatti, pur nel progredire del fenomeno della secolarizzazione, la pratica cristiana manifesta ancora una buona vitalità e un profondo radicamento nell'animo di intere popolazioni; in altre regioni, invece, si nota una più chiara presa di distanza della società nel suo insieme dalla fede, con un tessuto ecclesiale più debole, anche se non privo di elementi di vivacità, che lo Spirito Santo non manca di suscitare; conosciamo poi, purtroppo, delle zone che appaiono pressochè completamente scristianizzate, in cui la luce della fede è affidata alla testimonianza di piccole comunità: queste terre, che avrebbero bisogno di un rinnovato primo annuncio del Vangelo, appaiono essere particolarmente refrattarie a molti aspetti del messaggio cristiano''. ''La diversità delle situazioni - sottolinea il Pontefice - esige un attento discernimento; parlare di 'nuova evangelizzazione' non significa, infatti, dover elaborare un'unica formula uguale per tutte le circostanze''. Il compito del dicastero sarà di operare, insieme ai vescovi locali, ''specialmente in quei territori di tradizione cristiana dove con maggiore evidenza si manifesta il fenomeno della secolarizzazione''. Il neonato dicastero della Santa Sede, si legge nel Motu Proprio, ha tra i suoi compiti specifici quello di “far conoscere e sostenere iniziative legate alla nuova evangelizzazione già in atto nelle diverse Chiese particolari e promuoverne la realizzazione di nuove” e di “studiare e favorire l’utilizzo delle moderne forme di comunicazione, come strumenti per la nuova evangelizzazione”. Altro impegno, quello di “promuovere l’uso del Catechismo della Chiesa cattolica, quale formula essenziale e completa del contenuto della fede per gli uomini del nostro tempo”,

Mons. Cesare Nosiglia nuovo arcivescovo di Torino. Il card. Poletto: sincera e grande riconoscenza al Papa per chi ha voluto come pastore della città

Benedetto XVI ha accettato ieri la rinuncia alla guida dell'arcidiocesi di Torino del card. Severino Poletto per raggiunti limiti di età, e ha nominato arcivescovo metropolita della città mons. Cesare Nosiglia (foto), finora arcivescovo di Vicenza. “Il primo sentimento che ci nasce nel cuore è di sincera e grande riconoscenza al Santo Padre, che ha voluto inviare come pastore a Torino un vescovo dotato di una non comune preparazione culturale e di lunga esperienza pastorale”: sono le parole del card. Poletto, espresse nel messaggio alla diocesi con cui ha annunciato il suo successore mons. Nosiglia, il 102° vescovo della diocesi dopo san Massimo. Il card. Poletto dal pulpito della Consolata, “cuore della diocesi”, ha assicurato: “Mi sento molto sereno e gioioso nel consegnare il pastorale ad un vescovo amico e che stimo, perché so che verrà per continuare quel lavoro che con tanta convinzione e senza risparmio di tempo e di energie ho cercato di fare in questi undici anni per costruire insieme il Regno di Dio”. Nella lettera del nunzio Giuseppe Bertello il Papa ha espresso il ringraziamento al cardinale per il “lungo e fecondo ministero episcopale svolto per trent’anni nelle chiese di Fossano, Asti e Torino e nella Conferenza Episcopale piemontese”. L’annuncio della nomina è avvenuto a 48 anni dall’apertura del Concilio Vaticano II.

Asca, SIR

Il 9 ottobre 2011 Benedetto XVI a Lamezia Terme e Serra San Bruno. Mons. Cantafora: un grande dono per la terra di Calabria

Benedetto XVI visiterà la diocesi di Lamezia Terme (foto) e la certosa di Serra San Bruno, domenica 9 ottobre 2011. In mattinata, il Papa si recherà nella città calabrese per la Messa, seguita dalla recita dell'Angelus. Nel pomeriggio si trasferirà a Serra San Bruno per la celebrazione dei vespri con la comunità dei certosini. In serata il rientro in Vaticano. La notizia del viaggio, confermata dalla Prefettura della Casa Pontificia, è stata data dal vescovo di Lamezia Terme, mons. Luigi Antonio Cantafora, e dal padre Jacques Dupont, priore della Certosa. Tanta la gioia e la commozione del vescovo Cantafora nell’annunciare la visita di Papa Benedetto XVI. "Questo è un grande dono per la nostra terra - ha detto ai fedeli il vescovo della diocesi lametina - preparandoci accuratamente e vivendo coralmente questo straordinario evento potremo meglio comprendere i segni preziosi che lo Spirito ha disseminato tra noi lungo questo periodo di grazia e aprirci in tal modo pieni di speranza al futuro. La venuta del Santo Padre tra noi non è casuale - ha proseguito il vescovo - Lamezia Terme è nel cuore della Calabria, ma è anche una città in cui convergono tutte le problematiche del nostro tempo. Il Santo Padre verrà quindi per annunciare la buona notizia, che rende feconda la vita degli uomini sulla terra. Da oggi - ha proseguito l’alto prelato della Chiesa lametina - avvieremo l’organizzazione di questo importante evento, che richiede una pianificazione meticolosa e puntale". La visita di Benedetto XVI, ha sottolineato mons. Cantafora, "non è una visita passeggera o di sfuggita, il Papa rimarrà infatti a Lamezia per tutta la mattina, a dimostrazione dell’attenzione che ha verso questa terra". Così, a distanza di 27 anni esatti, la Calabria rivivrà la gioia di accogliere il Santo Padre: era infatti il 5 ottobre del 1984 quando Papa Giovanni Paolo II atterò all’aeroporto di Lamezia per la sua visita pastorale in Calabria.

Apcom, Gazzetta del Sud

Il Papa ad Aquileia e Venezia il 7 e 8 maggio 2011. Darà avvio all'anno di preparazione interdiocesana al secondo Convegno delle Chiese del Nordest

Con grande gioia e commozione il card. Angelo Scola, Patriarca di Venezia, durante il tradizionale incontro che si è svolto all'inizio di ogni nuovo anno pastorale con i sacerdoti del Patriarcato nella Basilica Cattedrale di San Marco, ha annunciato che il Santo Padre Benedetto XVI ha accolto l'invito a compiere una Visita Pastorale ad Aquileia e a Venezia (foto) il 7 e 8 maggio 2011. ''Questo dono che il Santo Padre fa al Patriarcato di Venezia coincide con la conclusione della Visita Pastorale in atto nel Patriarcato dal 2004 - ha detto Scola -. Preparandoci accuratamente e vivendo coralmente questo straordinario evento potremo meglio comprendere i segni preziosi che lo Spirito ha disseminato tra noi lungo questo periodo di grazia e aprirci in tal modo pieni di speranza al futuro. Come il Santo Padre ci ha documentato nei recenti viaggi in Inghilterra e a Palermo, la fede, nutrita dalla preghiera liturgica e personale ed alimentata dalla carità e dal pensiero di Cristo, rivela la sua straordinaria ''convenienza'' per gli uomini e le donne di oggi''. La venuta del Santo Padre tra noi - continua Scola - risponde anche ad un'altra istanza emersa durante la Visita Pastorale nel Patriarcato di Venezia: l'utilità che i cristiani propongano alla libertà di tutti gli abitanti e gli ospiti di Venezia ''citta' dell'umanità'' pratiche di vita buona per la società civile. Essi desiderano un confronto sincero e leale con tutti i soggetti in campo. ''E' inoltre di grande valore il fatto che il Santo Padre abbia accettato di inaugurare l'anno di preparazione interdiocesana all'evento del Secondo Convegno di Aquileia. Tutti i rappresentanti delle diocesi del Nord-Est, della Slovenia, Croazia ed Austria nate da quella celebre Chiesa madre sono convocati in Aquileia per l'incontro col Papa''. ''A nome di tutti i vescovi delle diocesi interessate - conclude il patriarca - mi permetto di invitare le realtà ecclesiali, le parrocchie, i movimenti e le associazioni, ma anche, con le debite distinzioni, tutta la società civile e le varie Istituzioni a mobilitarsi per accogliere Benedetto XVI che verrà a Venezia, dopo 26 anni dalla visita di Giovanni Paolo II e quasi 40 da quella di Paolo VI, nel vincolo di grata memoria con Pio X, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I, i tre Patriarchi Papi del secolo scorso''. Il programma non è stato ancora deciso se non a grandi linee. Sabato l'arrivo ad Aquileia per il Convegno ecclesiale, domenica mattina una grande Messa al parco di San Giuliano per tutte le Chiese del Nordest. Le altre due tappe sono quasi sicuramente l'inaugurazione della Biblioteca del Marcianum e una visita alla Basilica di San Marco.

Asca