venerdì 3 dicembre 2010

'Luce del mondo'. Il valdese Ferrario: suscita rispetto. Idee limpide e chiare, esposizione non animosa benchè severa, autocritica forte e sincera

Nessun entusiasmo, ma il settimanale protestante Riforma dedica un editoriale elogiativo al recente libro-intervista del Papa "Luce del mondo". A firmare il corsivo è il teologo valdese Filvio Ferrario che, invece, definisce l'intervistatore di Benedetto XVI, il giornalista tedesco Peter Seewald (foto), "più papista del Papa". "Joseph Ratzinger, lo sappiamo, suscita rispetto. Idee limpide e chiare, esposizione non animosa, benché spesso severa, interesse per le persone, anche quando incarnano idee da lui profondamente avversate. Autocritica anche, forte e sincera", annota Ferrario. "Il tutto al servizio di una concezione del cattolicesimo romano ('la Chiesa', appunto) fortemente autoreferenziale, che secondo lui è quella del Vaticano II. Chi, tra i cattolici, la pensa allo stesso modo, ha motivo di essere fiducioso. Quanti, invece, si aspettano una riforma, difficilmente la troveranno in Vaticano. Nessuno, spero, ne vorrà a chi non si stupisce". Non mancano appunti critici ad alcune affermazioni del Papa sul protestantesimo, tipo "le chiese protestanti stesse, del resto, affermano di 'non essere inserite nella grande tradizione antica': ma chi gliel'ha detto?", ma il tono è molto rispettoso. Secondo il teologo protestante, invece, "uno dei motivi conduttori del volume è che il Papa corregge in senso 'moderato' lo zelo del suo intervistatore". Qualche esempio: "Mentre il giornalista si scaglia contro la congiura mediatica che intende colpire la Chiesa, il Papa sottolinea qualche problema di comunicazione da parte del Vaticano; per l'intervistatore, che cita la 'rivista protestante' Christian Science Monitor, ci sono molti più pedofili tra i protestanti che tra i cattolici; il Papa afferma che comunque il problema resta drammatico". Ancora "la già celebre frase sui profilattici (una prostituta è autorizzata dal papa a usarli, come 'un primo atto di responsabilità', p. 171) rappresenta per l'intervistatore una pericolosa deriva liberale, che suscita la domanda ansiosa: 'Questo significa, dunque, che la Chiesa non è fondamentalmente contraria all'uso dei profilattici?'. Il pPontefice lo rassicura: 'Naturalmente' esistono soluzioni più autentiche e morali al dramma dell'Hiv. Dopodiché, mantiene il proprio punto. Seewald può consolarsi con la convinzione papale che il mondo, prima del 1968, fosse meno disordinato di quanto è ora". Insomma, "la notizia - per il settimanale delle Chiese evangeliche, battiste, metodiste e valdesi - è che c'è qualcuno più papista di Ratzinger".

Apcom

Il Papa: nessun sistema teologico sussiste se non permeato dall'amore. Non si può essere teologi nella solitudine, ma solo nella comunione

"Non si può essere teologi nella solitudine": è quanto ha detto il Papa ricevendo questa mattina in Vaticano i membri della Commissione Teologica Internazionale al termine della loro plenaria. La teologia è vera solo a partire dall’incontro col Cristo risorto, perché “nessun sistema teologico può sussistere se non è permeato dall’amore” divino. Infatti, ha affermato il Papa, “chi ha scoperto in Cristo l’amore di Dio, infuso dallo Spirito Santo nei nostri cuori, desidera conoscere meglio Colui da cui è amato e che ama”. “Conoscenza e amore si sostengono a vicenda. Come hanno affermato i Padri della Chiesa, chiunque ama Dio è spinto a diventare in un certo senso teologo, uno che parla con Dio, che pensa di Dio e cerca di pensare con Dio”. La riflessione teologica, ha proseguito il Papa, aiuta il “dialogo con i credenti di altre religioni ed anche con i non credenti” grazie alla sua razionalità. “Possiamo – infatti - pensare a Dio e comunicare ciò che abbiamo pensato perché Egli ci ha dotati di una ragione in armonia con la sua natura”. E’ necessario tuttavia che “la stessa razionalità della teologia” aiuti “a purificare la ragione umana liberandola da certi pregiudizi ed idee che possono esercitare un forte influsso sul pensiero di ogni epoca”. Inoltre, ha spiegato, “conoscere Dio nella sua vera natura”, ovvero come “fonte di perdono”, è anche “il modo sicuro per assicurare la pace” nel mondo. In tutto questo, i teologi, perché il loro metodo sia veramente scientifico, oltre a procedere in modo razionale, devono essere fedeli alla natura della fede ecclesiale, “sempre in continuità e in dialogo con i credenti e i teologi che sono venuti prima di noi” perché “il teologo non incomincia mai da zero”. Quindi il Papa ha sottolineato “l’unità indispensabile che deve regnare fra teologi e Pastori”: “Non si può essere teologi nella solitudine: i teologi hanno bisogno del ministero dei Pastori della Chiesa, come il Magistero ha bisogno di teologi che compiono fino in fondo il loro servizio, con tutta l’ascesi che ciò implica”. “Cristo è morto per tutti, benché non tutti lo sappiano o lo accettino”, ha osservato Benedetto XVI. Questa fede “ci porta al servizio degli altri nel nome di Cristo; in altre parole l’impegno sociale dei cristiani deriva necessariamente dalla manifestazione dell’amore divino. Contemplazione di Dio rivelato e carità per il prossimo – ha concluso il Papa - non si possono separare, anche se si vivono secondo diversi carismi”. “In un mondo che spesso apprezza molti doni del Cristianesimo - come per esempio l’idea di uguaglianza democratica...senza capire la radice dei propri ideali, è particolarmente importante mostrare che i frutti muoiono se viene tagliata la radice dell’albero. Infatti non c’è giustizia senza verità, e la giustizia non si sviluppa pienamente se il suo orizzonte è limitato al mondo materiale. Per noi cristiani la solidarietà sociale ha sempre una prospettiva di eternità”.

Radio Vaticana

UDIENZA AI MEMBRI DELLA COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE - il testo integrale del discorso del Papa

Il Papa all'ambasciatore della Costa Rica: in Cristo si trova la forza per garantire la giustizia sociale, il bene comune e il progresso della persona

La Costa Rica non smetta di insegnare ai propri giovani che il progresso del Paese è possibile solo lottando contro la corruzione e la delinquenza, promuovendo leggi difendano la vita e la famiglia e e l’ambiente naturale. E’ il pensiero di fondo del discorso rivolto questa mattina da Benedetto XVI al nuovo ambasciatore del Paese centroamericano presso la Santa Sede, Fernando Felipe Sánchez Campos (foto), ricevuto in udienza per la presentazione delle Lettere credenziali. Un Paese “dove la bellezza è fatta di montagna e di pianura, di fiumi e mare, di aria e vento che danno impulso a un popolo ospitale, orgoglioso delle sue tradizioni”, un popolo che per secoli ha accolto con favore il seme del Vangelo, germogliato “in molte iniziative educative, sanitarie e si sviluppo umano”. Comincia in modo quasi poetico l’analisi, in verità molto concreta, che Benedetto XVI fa della Costa Rica, una delle tante nazioni di tradizione latinoamericana in cui retaggio cristiano e fughe verso il relativismo dei valori costituiscono un nodo complesso da affrontare. Essere cristiani, ha affermato il Papa, certamente insegna ai giovani costaricensi che “in Cristo, il Figlio di Dio, l'uomo può sempre trovare la forza di lottare contro la povertà, la violenza domestica, la disoccupazione e la corruzione, garantire la giustizia sociale, il bene comune e il progresso di tutta la persona...In questo contesto, l'autorità pubblica deve essere la prima a trovare ciò a va a vantaggio di tutti, lavorando soprattutto come una forza morale che esalta la libertà e il senso di responsabilità di ciascuno”. Quello del Pontefice è un richiamo alto a tutto ciò che di nobile e sacro può esservi nella valori civili e spirituali di uno Stato e, insieme, un’esortazione anzitutto a chi gestisce la cosa pubblica perché dia l’esempio di cosa voglia dire servizio al bene comune. “E importante – ha ripetuto Benedetto XVI - che le autorità non esitino a respingere con fermezza l'impunità, la delinquenza giovanile, il lavoro minorile, l'ingiustizia e il traffico di droga, promuovendo misure importanti come la sicurezza pubblica, una formazione adeguata per i bambini e i giovani, con un’attenta considerazione per i detenuti, un’efficace assistenza sanitaria per tutti, specialmente i più bisognosi e gli anziani, e con programmi che consentano alle persone di ottenere un alloggio e lavoro dignitosi”. Immancabile l’invito del Papa alla difesa dei valori-base, cominciando dalla salvaguardia della vita umana. Benedetto XVI ha accennato alla firma del “Patto di San José”, nel quale, ha ricordato, “si riconosce esplicitamente il valore della vita umana fin dal concepimento. E 'pertanto auspicabile che la Costa Rica non violi i diritti del nascituro con leggi che legittimino la fecondazione in vitro e l'aborto”. La famiglia, ha osservato poi, è “un'istituzione che sta soffrendo, forse come nessun’altra”, i cambiamenti che stanno avvenendo nella società e nella cultura, e tuttavia ciò non deve farle smarrire, ha detto, “la sua identità più autentica” di centro di formazione dei giovani. L’ultimo tema toccato da Benedetto XVI ha riguardato “l’alleanza tra l’uomo e l’ambiente”, quest’ultimo, come aveva riconosciuto all’inizio il Papa, ben rigoglioso in tutta la Costa Rica: “La difesa della pace sarà inoltre agevolata con la cura dell'ambiente naturale, che sono realtà strettamente correlate. A questo proposito, la Costa Rica...ha ottenuto buoni risultati nel preservare l'ambiente e ricercare un equilibrio tra lo sviluppo umano e la conservazione delle risorse...Con questo obiettivo, incoraggio tutti i costaricani nel continuare a sviluppare ciò che promuove il vero sviluppo umano in armonia con il creato, evitando interessi spuri e incomprensioni su un argomento di tale importanza”.

Radio Vaticana


E' morto il card. Michele Giordano. Il Papa: gratitudine al Signore per l'intesa opera pastorale, ha servito generosamente il Vangelo e la Chiesa

Si è spento nella notte, all’ospedale Monaldi di Napoli, dov’era ricoverato dalla scorsa settimana, il card. Michele Giordano (nella foto con Benedetto XVI), arcivescovo emerito del capoluogo partenopeo. Il porporato aveva compiuto 80 anni lo scorso 26 settembre. Un improvviso malore lo aveva costretto al ricovero alcuni giorni fa e le sue condizioni erano migliorate, ma nella tarda serata di ieri sono sopraggiunte complicazioni respiratorie e cardiache. “Desidero esprimere a vostra eminenza e all’intera comunità diocesana come ai familiari del compianto porporato la mia profonda partecipazione al loro dolore”: così inizia il telegramma che Benedetto XVI ha inviato al card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, non appena appresa la notizia della morte del suo predecessore. “Pensando con affetto a questo caro fratello che ha servito generosamente il Vangelo e la Chiesa, ricordando con gratitudine al Signore l’intensa opera pastorale profusa dapprima a Tursi-Lagonegro poi a Matera-Irsina e infine nell’arcidiocesi partenopea – scrive il Papa – elevo fervide preghiere al Signore perché lo accolga nella sua pace”. I funerali verranno celebrati domani alle 16.30 dal card. epe nella Basilica dell'Incoronata, a Capodimonte, dove oggi viene allestita la Camera ardente e dove il porporato sarà tumulato.

La parrocchia anglicana di San Giovanni Evangelista di Calgary in Canada diventa cattolica: siamo disposti a perdere tutto pur di realizzare questo

Si trova a Calgary, la prima par­rocchia anglicana del Canada ad aver deciso l’ingresso nel­la Chiesa Cattolica. Si tratta della chiesa intitolata a San Giovanni E­vangelista, guidata dal reverendo Lee Kenyon, che appunto in que­sti giorni ha annunciato la deci­sione maturata al termine di una ri­flessione durata vari mesi. "Il mo­tivo – ha spiegato Kenyon ai media locali – non ha a che fare con le ten­sioni all’interno dell’anglicanesi­mo, che pure ci sono, quanto piuttosto con il profondo senso di con­vinzione personale e l’accettazione della dottrina cattolica". I parroc­chiani, coinvolti nel dibattito e nel­le procedure decisionali a tutti i li­velli, a fine novembre si sono e­spressi al 90% a favore del passag­gio. Si prevede però un lungo strascico giudiziario, come in altri ca­si di Chiese protestanti che sono passate da una denominazione al­l’altra, a proposito del possesso del­la parrocchia e del terreno su cui è edificata. A mettere le mani avanti lo stesso Kenyon: "Io con i miei par­rocchiani, siamo disposti a perde­re tutto pur di realizzare la nostra decisione. Da quando nel 2009 - ha aggiunto - con la Costituzione apostolica "Anglicanorum Coeti­bus" il Papa ci ha offerto la possi­bilità di entrare nella Chiesa Catto­lica, abbiamo avviato una rifles­sione anche alla luce della mag­giore distanza che sentiamo ri­spetto alla Comunione anglicana". Quello di Calgary non è un fenomeno isolato. In altre zone del Pae­se almeno 40 parrocchie, legate so­prattutto a settori anglicani con­servatori, hanno deciso di unirsi a comunità "evangelical" degli Stati Uniti, spesso con conseguenti con­troversie legali sulle proprietà dei luoghi di culto.

Fabrizio Mastrofini, Avvenire

'Verbum Domini'. Congresso all'Università Urbaniana: invito pressante a vivere una nuova Pentecoste. Parola di Dio roccia su cui costruire il futuro

La "Verbum Domini" "è un invito pressante a vivere all’inizio di questo nuovo millennio una nuova Pentecoste". Un invito "a co­municare a tutti i popoli della terra lo stesso Vangelo da ascoltare ciascuno nella propria lingua". Perché, come quell’Esortazione apostolica mette in evidenza, "le Sante Scritture permettono di avere visioni, di scorgere un futuro per tutti gli uomini, e nello stesso tempo danno la forza per viverle". E questo è proprio "ciò di cui il mondo ha bisogno per guardare con speranza i decenni che verranno". Sono le parole con le quali il vescovo di Terni-Narni-Amelia mons. Vin­cenzo Paglia, presidente della Fede­razione biblica cattolica, ha in­trodotto ieri mattina all’Università Ur­baniana di Roma il Congresso inter­nazionale "La Sacra Scrittura nella vi­ta e nella missione della Chiesa". Una riflessione che la FBC ha voluto dedi­care all’Esortazione Apostolica post­sinodale di Benedetto XVI "Verbum Do­mini" la quale, con la "Dei Verbum", for­ma "un preziosissimo dittico che, co­me due fuochi di una medesima luce, illuminano ancor più chiaramente il cammino della Chiesa all’inizio di questo nuovo millennio". Senza la "pretesa di esaurire l’analisi della 'Verbum Domini'", il Congresso, in programma fino a domani con in­terventi, tra gli altri, del card. Gianfranco Ravasi e degli arcivescovi Rino Fisichella e Nikola Eterovic, "vuo­le tuttavia realizzare – ha spiegato Pa­glia – un primo 'incontro' per comprenderne la ricchezza, raccoglierne le ispirazioni e attuarne le indicazio­ni". Nella consapevolezza "che l’E­sortazione Apostolica si iscrive in ma­niera provvidenziale nell’orizzonte della nuova evangelizzazione. Sono passati i primi dieci anni del nuovo secolo. Anni difficili, talora dramma­­tici, sebbene non siano mancate le no­vità positive come, ad esempio, l’e­mergenza nella scena mondiale di grandi Paesi prima assenti. Ma le dif­ficoltà in cui l’umanità si dibatte permangono e non sembrano affatto sciogliersi...Come perciò non essere preoccupati per l’instabilità della con­vivenza tra i popoli? Come non senti­re la preoccupazione per i più deboli della società, i primi a subire i danni della crisi? Ebbene, l’Esortazione A­postolica già con il suo incipit ci offre la risposta decisiva: 'Verbum Domini, manet in aeternum'. La Parola del Si­gnore rimane in eterno, è la roccia su cui è possibile edificare quella casa stabile di cui parla il Vangelo di Mat­teo". Ricchissimo di spunti, il programma del primo giorno è stato aperto dalla relazione su "La Bibbia, alfabeto di Dio? Il rapporto tra rivelazione, paro­la e testo", svolta dal card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Con­siglio per la promozione dell’unità dei cristiani. "La Sacra Scrittura – ha det­to tra l’altro il porporato – è e rimane un libro vivo solo se il suo popolo lo accoglie e lo fa suo. Viceversa, questo popolo non può esistere senza la Sa­cra Scrittura, poiché è in essa che tro­va il fondamento della propria esi­stenza, la propria vocazione e la pro­pria identità". Da ciò, ha aggiunto Ko­ch, "è facile comprendere che l’ambi­to vitale nel quale il popolo di Dio in­contra in modo particolare la Parola nella Sacra Scrittura è l’azione liturgi­ca della Chiesa".

Salvatore Mazza, Avvenire

Cantalamessa: per vedere Dio occorre aprire un occhio diverso, rifiutare la scienza un torto alla fede. Natale l'antitesi più radicale allo scientismo

“Le tre meditazioni di questo Avvento 2010 vogliono essere un piccolo contributo alla necessità della Chiesa che ha portato il Santo Padre Benedetto XVI a istituire il ‘Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione”’e a scegliere come tema della prossima Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi il tema ‘La nuova evangelizzazione per la trasmissione delle fede cristiana’”. Lo ha detto oggi padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, nella sua prima predica di Avvento, nella cappella Redemptoris Mater del Palazzo apostolico vaticano, alla presenza del Papa. “L’intento – ha chiarito padre Cantalamessa - è quello di individuare alcuni nodi o ostacoli di fondo che rendono molti paesi di antica tradizione cristiana ‘refrattari’ al messaggio evangelico, come dice il Santo Padre nel Motu Proprio con cui ha istituito il nuovo Consiglio. I nodi o le sfide che intendo prendere in considerazione e a cui vorrei cercare di dare una risposta di fede sono lo scientismo, il secolarismo e il razionalismo”. Nella prima meditazione il predicatore della Casa Pontificia ha preso in esame lo scientismo. In realtà, lo scienziato ateo quando dice “Dio non esiste”, ha commentato padre Cantalamessa, “giudica un mondo che non conosce, applica le sue leggi a un oggetto che è fuori della loro portata”. “Per vedere – ha chiarito il predicatore della Casa Pontificia - Dio occorre aprire un occhio diverso, occorre avventurarsi fuori della notte. In questo senso, è ancora valida l’antica affermazione del salmista: 'Lo stolto dice: Dio non esiste'”. Ma, ha avvertito padre Cantalamessa, “il rifiuto dello scientismo non ci deve naturalmente indurre al rifiuto della scienza o alla diffidenza nei confronti di essa. Fare diversamente sarebbe un far torto alla fede, prima ancora che alla scienza. La storia ci ha dolorosamente insegnato dove porta un simile atteggiamento”. Di un atteggiamento aperto e costruttivo verso la scienza, ha soggiunto, ci ha dato un esempio il nuovo Beato John Henry Newman. Padre Cantalamessa ha citato il passaggio di una lettera del grande teologo inglese sulla teoria dell’evoluzione di Darwin: “La teoria del signor Darwin non necessariamente deve essere atea, che essa sia vera o meno; può semplicemente star suggerendo un’idea più allargata di Divina Prescienza e Capacità...A prima vista non vedo come ‘l’evoluzione casuale di esseri organici’ sia incoerente con il disegno divino – È casuale per noi, non per Dio”. D’altro canto, “dell’atteggiamento nuovo e positivo da parte della Chiesa Cattolica nei confronti della scienza è espressione concreta l’Accademia Pontificia delle Scienze, in cui eminenti scienziati di tutto il mondo, credenti e non credenti, si incontrano per esporre e dibattere liberamente le loro idee su problemi di comune interesse per la scienza e per la fede”. Bisogna, comunque, fare attenzione perché “è ormai una gara tra gli scienziati non credenti, soprattutto tra biologi e cosmologi, a chi si spinge più avanti nell’affermare la totale marginalità e insignificanza dell’uomo nell’universo e nello stesso grande mare della vita”. E “questa visione dell’uomo comincia ad avere dei riflessi anche pratici, a livello di cultura e di mentalità. Si spiegano così certi eccessi dell’ecologismo che tendono a equiparare i diritti degli animali e perfino delle piante a quelli dell’uomo. E’ risaputo che ci sono animali accuditi e nutriti molto meglio di milioni di bambini”. “Si dovrebbe parlare, a mio parere, di anti-umanesimo, o addirittura di disumanesimo ateo”. Il Cristianesimo, invece, ci mostra che il “cosmo è per l’uomo, non l’uomo per il cosmo”. Proprio l’opposto della visione scientista che si prende gusto “a deprimere l’uomo e spogliarlo di ogni pretesa di superiorità sul resto della natura”. Il cristiano sa invece che “l’espressione più alta della dignità e della vocazione dell’uomo” è nella “divinizzazione” della persona. In quanto “capace di relazioni”, ha affermato, l’uomo partecipa infatti “alla dimensione personale e relazionale di Dio”. “La domanda cruciale è: saremo capaci, noi che aspiriamo a rievangelizzare il mondo, di dilatare la nostra fede a queste dimensioni da capogiro? Crediamo noi davvero, con tutto il cuore, che 'tutto è stato fatto per mezzo di Cristo e in vista di Cristo'?” Proprio il Natale, ha risposto padre Cantalamessa, è l’occasione ideale per riproporre questo patrimonio comune della Cristianità: “Il Verbo si è fatto uomo affinché noi stessi potessimo essere deificati”. Per questo, il Natale “è l’antitesi più radicale alla visione scientista”. Non siamo il frutto del caso, ma dell’amore infinito di Dio.

SIR, Radio Vaticana

Domani l'incontro del Papa con una delegazione del Consiglio ecumenico delle Chiese. Il segretario: importante che si parli onestamente delle sfide

La ricerca dell’unità della Chiesa, il sostegno alle comunità cristiane in Medio Oriente e un rinnovato impegno ecumenico per un'azione comune nel mondo. Di questo parleranno Papa Benedetto XVI e il reverendo Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (WCC) di Ginevra, nel corso dell’udienza privata che si terrà domani in Vaticano. L’incontro avviene nell’ambito di una visita ufficiale di una delegazione del Wcc al Santo Padre e al Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. A elencare i temi in agenda, è il reverendo Tveit in un comunicato diffuso alla vigilia dell’incontro con il Papa. Riguardo alla ricerca ecumenica, il reverendo assicura che la chiamata all’unità della Chiesa è “condivisa da molti come una priorità e – ha aggiunto – so che è la causa di Papa Benedetto XVI”. "E' importante – ha proseguito il reverendo - che si parli onestamente in questo incontro delle sfide che abbiamo. Ci sono delle aspettative per il movimento ecumenico che non sono state soddisfatte, e ci sono tensioni che provengono da e tra le Chiese. E’ quindi importante più che mai ribadire questo nostro impegno e riflettere su ciò che questo invito comporta nella nostra vita quotidiana come cristiani in tutto il mondo". La proposta di Tveit, che guida come segretario generale del WCC una partnership ecumenica di 349 Chiese (protestanti, anglicane e ortodosse) per una rappresentanza di milioni di cristiani di 110 Paesi del mondo, è di concentrarsi su “ciò che è possibile fare insieme". Il reverendo ha quindi richiamato l’attenzione sulle “questioni ecclesiologiche di fondo che sono ancora un ostacolo per l'unità visibile, come le questioni dell’Eucaristia e del ministero ordinato”. A questo proposito, Tveit ha sottolineato quanto sia importante l’impegno delle Chiese su queste questioni. Ed ha aggiunto: “Ho molto apprezzato quello che Papa Benedetto ha detto in diverse occasioni: come si è impegnato per il lavoro dell’unità, come si è impegnato nella missione della Chiesa, nel lavoro per la giustizia e la pace". Durante la sua udienza con Benedetto XVI, il reverendo prevede anche di discutere la situazione dei cristiani in Medio Oriente per “un'azione comune di sostegno e di sensibilizzazione”. "La nostra testimonianza del Vangelo, il nostro sostegno per la giustizia e la pace, la solidarietà con gli oppressi, le iniziative per il dialogo e la cooperazione ebraico-cristiano e musulmano-cristiano, tutto questo si unisce in Medio Oriente, e specialmente a Gerusalemme".

SIR