mercoledì 27 ottobre 2010

Scaraffia: da Benedetto un linguaggio moderno che arriva immediatamente al cuore delle cose. Vuole restituire ai cattolici la dignità intellettuale

Prima da teologo, poi da cardinale e ora da Papa, Joseph Ratzinger ha sempre scelto “un linguaggio moderno, molto netto, che arriva immediatamente al cuore delle cose. Un linguaggio che - afferma Lucetta Scaraffia, docente di storia contemporanea a La Sapienza e editorialista de L’Osservatore Romano - non è mai difficile, ma cerca di comunicare nel modo più facile possibile quello che vuole dire. Un linguaggio che non è mai autoreferenziale, non indulge mai a quel gergo che invece è purtroppo così diffuso nella cultura cattolica contemporanea, separandola completamente da quella laica, e che soprattutto non suscita riflessione e quindi vero coinvolgimento personale”. “Nelle parole di Ratzinger e di Benedetto XVI - osserva la professoressa Scaraffia, relatrice questo pomeriggio con il card. Bertone e Gianni Letta alla presentazione del primo volume dell’Opera Omnia del teologo e Papa all’ambasciata d’Italia presso al Santa Sede - non ci sono mai cadute in questo senso, non ci sono banalità, concetti scontati e privi ormai di valore per essere stati ripetuti troppe volte. E la questione del linguaggio è un problema fondamentale per toccare il cuore dei credenti e soprattutto per farsi ascoltare dal resto del mondo, un problema che la Chiesa di oggi può risolvere seguendo l’esempio del Papa”. Per la Scaraffia, “Ratzinger non si limita solo alla ricerca della comunicazione piu’ comprensibile, ma, continuando il lavoro di Guardini, vuole restituire ai cattolici quella dignità intellettuale che sembrano avere perso, tanto che molti cattolici colti si vergognano addirittura un po' di essere cattolici, fino ad arrivare a pensare che la loro vita intellettuale è una cosa e il loro essere credenti un’altra. Romano Guardini ha rovesciato completamente questo punto di vista scrivendo che, al contrario, essere cattolico permette di avere un punto di vista più ricco nei confronti della realtà, della storia, del pensiero, perchè “ogni vero e reale credente è un vivo giudizio sul mondo” in quanto possiede, in parte, anche un punto di vista fuori del mondo: la ‘Weltanschauung’ cattolica è così ‘lo sguardo che la Chiesa volge sul mondo, nella fede, dal punto di vista del Cristo vivente e nella pienezza della sua totalità trascendente ogni tipo’”. Di ciò, sottolinea la storica, “abbiamo una prova anche dal modo in cui Ratzinger affronta i problemi che le biotecnologie pongono al mondo attuale, e di cui egli coglie il senso profondo, quello di rimediare alla debolezza umana, di riscattare l’essere umano dalla sua finitezza”.

Agi

Il card. Bertone: il Magistero del Papa è un continuo appello all'uomo perché accolga la vocazione alla pienezza di vita nella verità e nella carità

E' stata presentata questo pomeriggio all'ambasciata d'Italia presso la Santa Sede la traduzione in italiano del primo volume dell’ “Opera omnia” di Joseph Ratzinger, "La teologia della Liturgia", e del libro curato da Pierluca Azzaro “Joseph Ratzinger. Opera omnia. Invito alla lettura”. Alla presenza dell'Ambasciatore Antonio Zanardi Landi, sono intervenuti il card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato, Gianni Letta, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana, Christian Schaller, direttore vicario dell'Istituto Benedetto XVI di Ratisbona, e Lucetta Scaraffia, dell'Università di Roma La Sapienza. Il tratto caratteristico del Magistero di Benedetto XVI è “un continuo appello all'uomo perché riconosca e accolga” la “sua vocazione alla pienezza di vita nella verità e nella carità. Libertà e amore hanno il loro fondamento nella capacità stessa dell'uomo di usare bene la ragione”, ha detto nel suo intervento il card. Bertone. Nel primo discorso di Benedetto XVI alla Curia Romana nel 2005 in occasione della presentazione degli auguri natalizi, ha rammentato il card. Bertone, “il Papa ha rilevato che” in vaste parti della Chiesa la recezione del Concilio Vaticano II “si è svolta in modo piuttosto difficile” perché “due ermeneutiche contrarie si sono trovate a confronto” e su di esso “è ancora in atto un 'confronto'”. Se tuttavia il Concilio viene recepito secondo “una giusta ermeneutica”, per Papa Ratzinger esso “può essere e diventare sempre di più una grande forza” per il “necessario rinnovamento della Chiesa”. “Ecco spiegata - ad avviso del card. Bertone - la prospettiva di questo primo e fondamentale volume dell'Opera omnia: l’intento di aiutare la Chiesa in un grande rinnovamento che si rende possibile solo se si 'ama l'Amato', come insegna la liturgia, un amore che porta frutto nella vita di tutti i giorni”. Questo “aiuto alla Chiesa” il card. Ratzinger, ora Benedetto XVI, “lo ha dato in tutta una vita di ricerca” che ha prodotto oltre un centinaio di volumi e più di 600 articoli di cui, avverte il segretario di Stato, “l'Opera omnia deve dar conto nell'insieme dei sedici volumi previsti. In questo sulla liturgia troviamo raccolti scritti che vanno dal 1964 al 2004”. Particolare il “metodo di ricerca” sviluppato da Joseph Ratzinger: “Mentre scava in profondità nel passato – osserva Bertone -, sa dire una parola significativa e originale all'uomo contemporaneo. Un pensiero, dunque, che si raccorda sempre con la vita e i suoi problemi”. Un “metodo teologico” che “parte sempre da una seria e acuta analisi biblica, per passare poi ai Padri della Chiesa - dei quali possiede una conoscenza molto profonda - per giungere alla riflessione teologica sistematica”. Questo “modo di procedere rigoroso – conclude il segretario di Stato - non diventa mai una 'gabbia' per il pensiero, ma una garanzia per offrire una parola originale e illuminante sul presente”. ''Questa mole di testi - afferma il segretario di Stato vaticano - attesta non solo il lavoro dello studioso, ma getta luce anche sulla encomiabile generosità con la quale il professor Joseph Ratzinger ha voluto condividere il frutto delle sue ricerche con un pubblico veramente vasto ed eterogeneo''. Bertone racconta poi come sia stato lo stesso Pontefice, dopo aver accettato il progetto di un'edizione di tutte le sue opere, ad aver deciso ''l'ordine delle priorità'' dei libri, lo stesso seguito dal Concilio, ''e che quindi all'inizio doveva esserci il volume con i miei scritti sulla liturgia''.

Asca, SIR

Il portavoce vaticano: non venga eseguita la sentenza di condanna a morte di Tarek Aziz. L'intervento umanitario vaticano non pubblico ma diplomatico

La Santa Sede fa un appello perchè non sia eseguita la pena di morte comminata in Iraq a Tarek Aziz, ministro degli Esteri cristiano di Saddam Hussein, facendo trapelare la possibilità di una mediazione diplomatica di tipo umanitaria per salvargli la vita. "La posizione della Chiesa Cattolica sulla pena di morte è nota. Ci si augura quindi davvero - scrive in una nota il portavoce vaticano padre Federico Lombardi (nella foto con Benedetto XVI) - che la sentenza contro Tarek Aziz non venga eseguita, proprio per favorire la riconciliazione e la ricostruzione della pace e della giustizia in Iraq dopo le grandi sofferenze attraversate. Per quanto riguarda poi un possibile intervento umanitario, la Santa Sede è solita adoperarsi non in forma pubblica, ma per le vie diplomatiche a sua disposizione".

Apcom

Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente. Padre Pizzaballa: un assise cristiana ma araba. Non c’è antisemitismo e la Chiesa non è in ostaggio

Sulle feroci polemiche che hanno accompagnato la chiusura del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente, “un’assise presa in ostaggio da una maggioranza anti israeliana”, hanno accusato da Israele, dice la sua padre Pierbattista Pizzaballa (nella foto con Benedetto XVI), 45 anni, francescano, dal 2004 Custode di Terrasanta e, dunque, l’uomo incaricato della potestà su tutti i maggiori luoghi sacri cristiani della regione. Dice: “Non credo che i Padri sinodali siano stati presi in ostaggio da nessuno. Il Sinodo ha espresso la voce di personalità della Chiesa che vivono in Medio Oriente. La maggior parte di queste personalità, direi il 90 per cento, è araba. Che il mondo arabo abbia poca simpatia per Israele è evidente. E, dunque, che questa poca simpatia sia stata in qualche modo presente nel Sinodo è cosa normale. Ma insieme si deve ricordare che il Messaggio finale del Sinodo condanna l’antisemitismo e l’antigiudaismo. E ricorda l’importanza di studiare i due testamenti, il Nuovo ma anche l’Antico. Non è scontato che i Padri sinodali del mondo mediorientale abbiano scritto queste parole”. Tante parole sono uscite dal Sinodo. Due giorni fa il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha detto che solo il messaggio finale fa testo. Dice Pizzaballa: “Il Messaggio finale è quello ufficiale. Ma non è la voce del Vaticano e nemmeno della Chiesa. E’ semplicemente la voce dei Padri sinodali”. Se il Messaggio fa testo ma non è la voce ufficiale del Vaticano, gli interventi dei singoli vescovi durante il Sinodo cosa sono? “Sono interventi personali. Vanno presi come punti di vista di singole persone e assolutamente non come la voce comune”. Quali novità porta il Messaggio finale rispetto a Israele? “Poche, direi. Si condanna l’occupazione dei Territori e si dice che non si può usare il nome di Dio per compiere violenze. E’ una posizione già espressa in passato”. Già, però sotto sembra esserci una condanna teologica: il ritorno di Israele nella terra promessa e, dunque, la sua legittimità a esistere. Tutto sembra evidenziare un forte antisionismo. Risponde padre Pizzaballa: “Anzitutto vorrei dire una cosa sull’antisionismo. E’ una categoria occidentale. E’ un modo con cui l’occidente prova a descrivere una situazione”. Una situazione reale? “Che un certo antisionismo sia presente anche tra i cristiani del Medio Oriente è evidente. Ma questo antisionismo, se c’è, non ha fondamenti teologici. E’ più che altro un sentimento motivato dal conflitto israelo-palestinese. E’ una reazione a una situazione drammatica e nella quale non si vedono soluzioni immediate”. Tuttavia esiste una teologia che vuole negare agli ebrei la terra promessa… “Su questo devo ammettere che occorre maggiore dialogo tra cattolici ed ebrei. Abbiamo due modi diversi di leggere le scritture e questi due modi ci dividono. Non parlerei di teologie diverse ma di diversi modi di interpretare la scrittura. Noi siamo abituati a fare una lettura spirituale e allegorica delle scritture e non sempre questa nostra lettura combacia con quella degli ebrei”. Benedetto XVI a Ratisbona nel 2006 parlò dell’islam e condannò l’uso del nome di Dio per giustificare la violenza. Oggi il Sinodo dice le stesse cose a Israele. La Chiesa ha cambiato obiettivo? “Ripeto: non è la Chiesa a parlare ma sono i vescovi mediorientali. C’è differenza. In secondo luogo devo dire che il Sinodo ha espresso anche diverse critiche a un certo modo di vivere l’islam. I vescovi dei paesi a maggioranza musulmana non sono stati teneri con chi usa l’islam con la spada. Le critiche, insomma, non sono state unilaterali. Anche se il Sinodo non aveva principalmente questi temi in agenda”. Di che cosa si è parlato principalmente? “E’ stato un evento di Chiesa. Erano riunite a Roma tutte le realtà ecclesiali del mondo mediorientale. Tutte hanno presentato le proprie realtà. Si è parlato di laicità positiva nel mondo islamico e di piena cittadinanza. Per i giornali sono stati importanti alcuni accenti di alcuni interventi. E sono stati ignorati gli interventi per noi più significativi, quelli di carattere pastorale. E poi abbiamo parlato molto dei tanti cristiani occidentali che oggi vivono nel mondo arabo: una risorsa che servirà in futuro e della quale non si parla mai. Sono occidentali e sono di rito latino”. Come si fa a custodire i luoghi cari alla cristianità in una regione così contesa? “Vivo in solitudine. Una certa solitudine è necessaria qui. Certo, ho vicino i frati francescani che mi aiutano. E poi ci sentiamo molto anche con Roma, col nunzio e col Vaticano. Ci aiutiamo a decifrare questa terra così complessa”.

Paolo Rodari, Il Foglio

Il Papa a Santiago de Compostela e Barcellona. Benedetto XVI pellegrino di speranza. Un omaggio a secoli di tradizione che hanno forgiato l'Europa

Santiago de Compostela è bellissima, anche sotto una fitta pioggia. "Qui ci siamo abituati" dicono i galiziani, sfoderando la loro proverbiale tranquillità. Ogni tanto, però, le nubi si aprono. Il sole illumina la grande Cattedrale e fa brillare come oro i licheni aggrappati da secoli alle statue, alle colonne, alle mura. La città del Cammino aspetta il Papa, che arriverà, "pellegrino della fede e testimone di Cristo Risorto", sabato 6 novembre. La Galizia non nasconde l’emozione dell’attesa. Dopo Giovanni Paolo II, a Santiago de Compostela nel 1982 e poi nel 1989 per la Giornata Mondiale della Gioventù, questo affascinante angolo nord-occidentale della penisola iberica accoglierà ora anche Benedetto XVI. Sarà una tappa di poche ore, spiegano gli organizzatori, ma intensissime. Un’iniezione di speranza ed energia, secondo la comunità locale. Nell’attuale situazione di "relativismo" e "laicismo" che impregna la società spagnola, spiega mons. Julian Barrio, arcivescovo di Santiago, "il pellegrinaggio del Papa servirà a una rivitalizzazione religiosa e sociale": "Aumenta l’opportunità – e anche la necessità – di parlare della nostra fede". Del resto il fenomeno dell’impoverimento spirituale non è esclusivo del paese iberico. Ma non c’è spazio per il pessimismo. "Se c’è un luogo per la speranza, quella è la casa dell’Apostolo", sottolinea l’arcivescovo. Con l’arrivo del Papa a Santiago, città europea per eccellenza, che con il suo Cammino ha contribuito a formare l’unità e l’identità del Continente, come intuì Goethe, "deve risuonare la speranza cristiana". E se è vero che "tutta la storia della Chiesa è come il diario di un pellegrinaggio infinito" verso Dio, la partenza di Benedetto XVI per Santiago assume un valore profondamente simbolico, universale: "Il fratello di Roma viene ad abbracciare il fratello di Compostela", dice mons. Barrio. Il Pontefice non toccherà la terra gallega in un momento qualsiasi: l’Anno Santo Compostelano in corso, infatti, "è una chiamata per recuperare l’antropologia cristiana", per riscoprire "la bontà della creazione e della creatura", per riconoscere "la minaccia e le conseguenze del peccato" e la "possibilità dell’uomo di essere curato e perdonato" e infine per ricordare "la presenza della Grazia" che è in tutto il creato. Il Cammino è una via, ma anche una luce, un faro che può illuminare molti: "L’Europa oggi mostra segnali di inquietante debolezza e preoccupa il ripudio della sua identità ed eredità", ammette l’arcivescovo. Nel cuore di Santiago, nella piazza dell’Obradoiro dove Benedetto XVI celebrerà la Messa il 6 novembre di fronte a circa settemila fedeli, ogni giorno, in ogni momento, arrivano pellegrini: anziani e giovani, spagnoli e stranieri di tutto il mondo, quest’anno in molti anche dall’Australia e Nuova Zelanda, in gruppo o completamente soli. Esausti, ma felici. In tanti hanno deciso di rimandare il giorno in cui arriveranno a Santiago, per aspettare il Papa. Lungo l’itinerario dall’aeroporto al centro della città, "ci saranno circa 200mila persone", conferma Alfonso Rueda, numero due del governo della Galizia. Migliaia di bambini si preparano per il passaggio della papamobile. Un eventuale temporale costringerà i galiziani a restare in casa? Qui è un’ipotesi che non viene neppure presa in considerazione. "La gente è abituata alla pioggia", ci ricorda sorridente mons. Salvador Domato, coordinatore del viaggio papale. Autorità civili ed ecclesiastiche snocciolano le cifre dell’evento: centinaia di migliaia di galiziani in attesa, duemila giornalisti, mille volontari. "La visita del Papa è quella del Pellegrino che viene a rendere omaggio a secoli di tradizione, che hanno contribuito a forgiare l’Unione europea", afferma Alberto Núñez Feijoo, presidente della regione Galizia. Soddisfatto dalle cifre, il 2010 si concluderà con oltre otto milioni di turisti, Feijoo non può evitare una nota di delusione: da parte del governo centrale "è mancato qualsiasi tipo di appoggio a quest’Anno Santo Compostelano", sia dal punto di vista finanziario che culturale. Il viaggio del Papa proseguirà il 7 novembre a Barcellona.

Michela Coricelli, Avvenire

Giornata Mondiale della Gioventù 2011. Nei giorni precedenti ogni angolo della Spagna sarà una piccola Babele accogliendo giovani di cinque continenti

Madrid non è l’unico luogo in Spagna che sarà destinato ad accogliere giovani di tutto il mondo, ma anche altre zone della Spagna si stanno preparando: nei giorni precedenti la Giornata Mondiale della Gioventù 2011, dall’11 al 15 agosto, molte località spagnole offriranno ai giovani di altri Paesi la possibilità di trascorrere un tempo di convivenza con altri coetanei, in preparazione della GMG. È scritto in un comunicato diffuso oggi dall’Ufficio stampa della GMG di Madrid 2011. “Si può dire – si legge nella nota – che la Giornata Mondiale trasformerà ogni angolo della Spagna in una piccola Babele, accogliendo giovani di tutti i Paesi dei cinque continenti: Francia, Bielorussia, Malawi, Nigeria, Stati Uniti, Argentina, Qatar, Nuova Zelanda… Ci sono oltre 65 diocesi di accoglienza - incluse la britannica Gibilterra e la francese Bayonne – che già si stanno facendo in quattro nei preparativi”. Il programma di questi giorni varia da una zona all’altra, ma tutti contemplano attività culturali, visite storiche, momenti di festa, tempo di preghiera e celebrazioni nei santuari e luoghi di pellegrinaggi, che fanno parte dell’identità religiosa locale. Inoltre, sarà offerto alloggio gratuito in scuole, centri parrocchiali, polisportivi e case. Con l’iscrizione alla GMG si può scegliere di partecipare ai “Giorni nelle diocesi”, cui sono iscritti già 130.000 giovani. “Valencia – ricorda il comunicato accoglierà 30.000 giovani; Toledo, Santiago e Barcellona 10.000; Cádiz, San Sebastián e Córdoba 6.000. Si calcola che parteciperanno circa 300.000 giovani (il 50% dei partecipanti alla GMG che vengono dall’estero)”. Intanto, da aprile 2010, la Croce della Giornata Mondiale della Gioventù sta andando pellegrina per tutta la Spagna “offrendo un’occasione d’oro per conoscere la GMG. In questo mese la Croce ha visitato Avila, provincia che accoglierà nella settimana previa alla GMG oltre 6.000 giovani, di 16 Paesi. Già è stato profilato il programma per quei giorni: itinerari sulla figura di Santa Teresa di Gesù e San Giovanni della Croce (entrambi patroni della GMG e con i natali in città) e altre manifestazioni delle sue tradizioni più popolari”. Sono state create anche équipe di volontari che gireranno ogni fine settimana per le località della provincia per far conoscere ai giovani la GMG con varie iniziative. Di recente la Croce è stata anche a Pamplona con la partecipazione di oltre mille giovani.

SIR

Benedetto XVI: chiedo alla comunità internazionale di prodigarsi per fornire il necessario aiuto per lo tsunami in Indonesia e l'alluvione nel Benin

Appello di Papa Benedetto XVI per le popolazioni dell’Indonesia e del Benin. Lo ha lanciato al termine dell’Udienza generale del mercoledì, prima dei saluti in lingua italiana. Il Papa ha chiesto “alla comunità internazionale di prodigarsi” per far giungere alle popolazioni colpite dalle due catastrofi “il necessario aiuto”, e “alleviare le pene di quanti soffrono”. Il Santo Padre ha esordito ricordando il “nuovo terribile” tsunami che ha colpito le popolazioni dell’Indonesia, causando anche “numerosi morti”. Il Santo Padre ha voluto esprimere “ai familiari il più vivo cordoglio per le perdite dei loro cari”, assicurando la sua personale “vicinanza e preghiere”. Nel suo appello, il Papa ha anche ricordato il Benin, paese colpito da una fortissima alluvione che ha lasciato tantissime persone “senza tetto e in precarie situazioni sanitarie”. Anche al Benin, il Papa ha lanciato la sua “benedizione”.

SIR

Il Papa: riconoscenza alle tante donne che illuminano le famiglie con la testimonianza di vita cristiana. L’Europa si alimenti sempre dalle sue radici

Udienza generale di Benedetto XVI, tenuta questa mattina in una Piazza San Pietro inondata da un luminoso sole autunnale, davanti a 30mila persone. Il Papa ha dedicato la catechesi a Santa Brigida di Svezia, vissuta nel XIV secolo, la grande mistica compatrona d’Europa ed esempio di santità coniugale. Moglie e poi vedova, mistica e poi Santa, Patrona d’Europa: Benedetto XVI ha considerato una ad una queste varie fasi, non tanto per evidenziare una salita dal basso verso l’alto, quanto per dimostrare come una vita cristiana coerente, qualsiasi sia la vocazione di una persona, è sempre apportatrice di santità. Nata nel 1303 in un Paese, quello scandinavo, divenuto cristiano da 300 anni, Brigida, ha affermato il Papa, fu dapprima moglie e madre di otto figli. Un matrimonio lungo e sereno, durato 28 anni, e impostato saldamente su valori mutuati dal Vangelo: “Brigida, spiritualmente guidata da un dotto religioso che la iniziò allo studio delle Scritture, esercitò un influsso molto positivo sulla propria famiglia che, grazie alla sua presenza, divenne una vera ‘chiesa domestica’...Questo primo periodo della vita di Brigida ci aiuta ad apprezzare quella che oggi potremmo definire un’autentica 'spiritualità coniugale': insieme, gli sposi cristiani possono percorrere un cammino di santità, sostenuti dalla grazia del Sacramento del Matrimonio”. Come “non poche volte” accade anche oggi in una vita coniugale, ha constatato il Pontefice, fu il marito di Brigida, Ulf, ad essere aiutato con sensibilità e delicatezza dalla moglie a compiere un percorso di fede. E’ spesso la donna, ha detto Benedetto XVI, che “con la sua sensibilità religiosa, con la delicatezza e la dolcezza riesce a far percorrere al marito un cammino di fede”. Ed ha aggiunto: “Penso con riconoscenza a tante donne che, giorno dopo giorno, ancor oggi illuminano le proprie famiglie con la loro testimonianza di vita cristiana. Possa lo Spirito del Signore suscitare anche oggi la santità degli sposi cristiani, per mostrare al mondo la bellezza del matrimonio vissuto secondo i valori del Vangelo: l’amore, la tenerezza, l’aiuto reciproco, la fecondità nella generazione e nell’educazione dei figli, l’apertura e la solidarietà verso il mondo, la partecipazione alla vita della Chiesa”. La vedovanza, che sopraggiunse dopo il 1341, porta con sé un radicale cambio di vita per la futura Santa. Brigida rinuncia alle nozze e approfondisce il suo rapporto interiore con Dio. Scaturisce da qui, ha descritto Benedetto XVI, quella lunga e variegata esperienza di rivelazioni divine, che ebbero nella contemplazione della Passione di Cristo uno dei fulcri spirituali. Ma Brigida era consapevole, ha detto il Papa, che questo suo carisma era a servizio della Chiesa: “Proprio per questo motivo, non poche delle sue rivelazioni erano rivolte, in forma di ammonimenti anche severi, ai credenti del suo tempo, comprese le Autorità religiose e politiche, perché vivessero coerentemente la loro vita cristiana; ma faceva questo sempre con un atteggiamento di rispetto e di fedeltà piena al Magistero della Chiesa, in particolare al Successore dell’Apostolo Pietro”. Brigida, spesso in pellegrinaggio, nel 1371 arriva anche in Terra Santa, fonda un Ordine religioso con i due rami, maschile e femminile, sotto l’autorità di una “abbadessa”. Un fatto questo, ha soggiunto il Pontefice, che non deve stupire: “Di fatto, nella grande tradizione cristiana, alla donna è riconosciuta una dignità propria, e – sempre sull’esempio di Maria, Regina degli Apostoli – un proprio posto nella Chiesa, che, senza coincidere con il sacerdozio ordinato, è altrettanto importante per la crescita spirituale della comunità. Inoltre, la collaborazione di consacrati e consacrate, sempre nel rispetto della loro specifica vocazione, riveste una grande importanza nel mondo d’oggi”. Per questi motivi, ha concluso Benedetto XVI, Brigida diviene fin da subito “una una figura eminente nella storia dell’Europa”. “Dichiarandola compatrona d’Europa, il Papa Giovanni Paolo II ha auspicato che Santa Brigida – vissuta nel XIV secolo, quando la cristianità occidentale non era ancora ferita dalla divisione – possa intercedere efficacemente presso Dio, per ottenere la grazia tanto attesa della piena unità di tutti i cristiani. Per questa medesima intenzione, che ci sta tanto a cuore, e perché l’Europa sappia sempre alimentarsi dalle proprie radici cristiane, vogliamo pregare, cari fratelli e sorelle, invocando la potente intercessione di Santa Brigida di Svezia, fedele discepola di Dio e compatrona d’Europa”.
I saluti particolari del Papa, al termine delle catechesi, sono andati ai pellegrini provenienti da Sulmona, che hanno ricambiato la visita pastorale di Benedetto XVI dello scorso luglio, e alle Suore del Preziosissimo Sangue, presenti a Roma per la Beatificazione di Alfonsa Clerici, e alle religiose Brigidine, riunite per il loro Capitolo generale, alle quali il Pontefice ha augurato che dall’assemblea in corso “scaturiscano generosi propositi di vita evangelica per l’intero Istituto”.

Radio Vaticana

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa