giovedì 8 novembre 2012

La quarta Enciclica di Benedetto XVI, dedicata alla fede. Dopo il Concilio, c’è chi si era posto la domanda: qual è la dottrina del Vaticano II sulla prima delle virtù teologali?

Uscirà a gennaio la quarta enciclica di Benedetto XVI, ma terza del ciclo sulle virtù teologali; e infatti, proprio nell’Anno della fede, tratterà della fede. Il trittico delle virtù teologali era iniziato nel 2006 con la "Deus caritas est", e proseguito nel 2007 con la "Spe salvi". Il Papa vi ha lavorato la scorsa estate, come ha rivelato, un po’ a sorpresa, il card. Tarcisio Bertone i primi di agosto, dicendo che la principale occupazione del Papa a Castel Gandolfo era stata proprio la stesura del testo della nuova Enciclica. Sul nome, ovviamente, non ci sono indiscrezioni, ma non è difficile ipotizzarlo all’interno delle celebrazioni volute dal Papa per i 50 anni dell’apertura del Concilio Vaticano II. Con un precedente importante: Giovanni Paolo I negli incontri del mercoledì avrebbe voluto trattare proprio i temi delle virtù teologali, ma la sua prematura morte gli permise di affrontare solo la fede, non la speranza e la carità. Dopo il Concilio, c’è chi si era posto la domanda: qual è la dottrina del Vaticano II sulla fede, con evidente intento critico. Papa Paolo VI non volle lasciare senza risposta questo interrogativo e, nell’Udienza di mercoledì 8 marzo 1967, disse: “Se il Concilio non tratta espressamente della fede, ne parla a ogni pagina, ne riconosce il carattere vitale e soprannaturale, la suppone integra e forte, e costruisce su di essa le sue dottrine”. Per non parlare della "Gaudium et spes", che al n. 57 affronta proprio il tema fede e cultura: “I cristiani, in cammino verso la Città celeste, devono ricercare e gustare le cose di lassù; questo tuttavia non diminuisce, anzi aumenta l’importanza del loro dovere di collaborare con tutti gli uomini per la costruzione di un mondo più umano. E in verità il mistero della fede cristiana offre loro eccellenti stimoli e aiuti per assolvere con maggiore impegno questo compito e specialmente per scoprire il pieno significato di quest’attività, mediante la quale la cultura umana acquista un posto importante nella vocazione integrale dell’uomo”. Benedetto XVI nell’omelia pronunciata in occasione dell’inizio del suo Pontificato, parlava della fede come della “santa inquietudine di Cristo” che deve animare il Pastore in un tempo in cui tante persone si trovano a vivere nel deserto: “Vi è il deserto della povertà, il deserto della fame e della sete, vi è il deserto dell’abbandono, della solitudine, dell’amore distrutto. Vi è il deserto dell’oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell’uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi. Perciò i tesori della terra non sono più al servizio dell’edificazione del giardino di Dio, nel quale tutti possano vivere, ma sono asserviti alle potenze dello sfruttamento e della distruzione. La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza”. Così nel libro Luce del mondo, rispondendo a una domanda del giornalista Peter Seewald, Benedetto XVI afferma: “Viviamo in un’epoca nella quale è necessaria una nuova evangelizzazione; un’epoca nella quale l’unico Vangelo deve essere annunciato nella sua razionalità grande e perenne, ed insieme in quella sua potenza che supera quella razionalità”. Già qui possiamo trovare la radice dell’Anno della fede aperto dal Papa non solo per far memoria dei 50 anni del Concilio, ma per renderlo ancora attuale e per accompagnare l’uomo “fuori dal deserto, verso il luogo della vita”.

Fabio Zavattaro, La Voce

Facciamo chiarezza sui cattolici tradizionalisti: non sono scismatici ma pienamente dentro la Chiesa, nessuna confusione coi lefebrvriani. Sono legati alla liturgia del Messale di San Pio V, liberalizzato dal 'Summorum Pontificum'

Il nome "tradizionalisti" proprio non gli piace. Preferiscono chiamarsi “cattolici tradizionali”. I fedeli legati alle forme liturgiche antecedenti al Concilio Vaticano II spartiscono con i "tradizionalisti irregolari", la Fraternità Sacerdotale San Pio X, l’uso del Messale di San Pio V e l’attaccamento ad alcune pratiche e insegnamenti della Chiesa precedenti al Vaticano II. Senza essere scismatici, e dunque essendo pienamente all’interno della Chiesa Cattolica, sono convinti, però, che occorre tornare alla liturgia precedente l’ultimo Concilio. Per questo hanno salutato con favore il Motu Proprio "Sommorum Pontificum" con il quale, con molte prudenze ed eccezioni, Benedetto XVI ha disciplinato l’uso del Messale romano del 1962, il cosiddetto rito tridentino. Con il Motu Proprio il Papa, spiegando in quali occasioni e con quali autorizzazioni è possibile celebrare secondo il rito tridentino, ha voluto sia mettere ordine in quanto stava succedendo dentro la Chiesa Cattolica. L’anniversario dei 50 anni di apertura del Concilio Vaticano II ha poi rilanciato l’antica quanto inutile polemica sull’ermeneutica della continuità o discontinuità del Concilio. Questo tipo di ermeneutica, cioè interpretazione, si può applicare anche per il Concilio di Trento. Ogni Concilio, infatti, rappresenta una innovazione. Questo non vuol dire che cambi la struttura fondamentale della Chiesa, cioè che mutino gli elementi costitutivi. Diverso discorso per le pratiche ecclesiastiche. Anche il Concilio di Trento ha costituito una rottura con le pratiche ecclesiastiche precedenti. I “decreti di riforma” (si chiamano così) messi in pratica soprattutto da San Carlo Borromeo, hanno profondamente innovato la Chiesa lombarda e piemontese, per esempio. Il Vaticano II è stato un aggiornamento nella continuità: per vivere in modo autentico la tradizione della Chiesa c’è bisogno di rinnovarsi. Il tesoro della Chiesa, come diceva Sant'Ireneo, è un tesoro vivo che "ringiovanisce continuamente il vaso che lo contiene". Le critiche che i tradizionalisti muovono al Vaticano II sul tema della liturgia non tengono conto del fatto che ogni Concilio è un aggiornamento nella continuità: la Verità rivelata resta sempre la stessa, ma cambiano le parole e il metodo per far arrivare quella Verità al cuore degli uomini e delle donne. I tradizionalisti potrebbero essere quel ponte di dialogo che può facilitare il pieno rientro tanto auspicato dallo stesso Benedetto XVI di coloro che si sono allontanati dopo il Concilio. Nessuna confusione, quindi, tra tradizionalisti e lefebvriani.

Annachiara Valle, Famiglia Cristiana 

L'attenzione del Papa e della sua diplomazia per l'area del Medio Oriente: Benedetto XVI riceve il nunzio in Israele Lazzarotto, il predecessore Franco e il nunzio in Egitto Fitzgerald

Il Papa ha ricevuto oggi in separate udienze mons. Giuseppe Lazzarotto, nunzio apostolico in Israele e Cipro e delegato apostolico a Gerusalemme e in Palestina, mons. Antonio Franco, predecessore di Lazzarotto nello stesso incarico, e mons. Michael Louis Fitzgerald, nunzio apostolico in Egitto. Sulle udienze non sono finora forniti ulteriori dettagli, ma confermano l’attenzione del Papa e della sua diplomazia all’area mediorientale, anche all’indomani della decisione di Benedetto XVI di inviare il card. Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum", in missione in Libano per aiuto ai profughi siriani, dopo aver rinunciato ad inviare una delegazione ampia direttamente in Siria.

Vatican Insider

Il Papa: il dovere che nasce dall’amore mi ha spinto a rinnovare l’efficacia della collegialità dei vescovi slovacchi e a promuovere un’amministrazione pastorale ordinata nell’arcidiocesi di Trnava nello spirito del Concilio Vaticano II

In una lettera pubblicata oggi, inviata al presidente della Conferenza Episcopale slovacca mons. Stanislav Zvolenský, Benedetto XVI ha espresso apprezzamento per “l’intensa comunione ecclesiale” manifestata dall'Episcopato del Paese dopo la “dolorosa vicenda” che ha visto coinvolto mons. Róbert Bezák, sollevato dal suo incarico a luglio di quest’anno. “Dopo un esame attento e rigoroso della grave e sconcertante situazione e un’intensa preghiera, il dovere che nasce dall’amore mi ha spinto a rinnovare l’efficacia della vostra collegialità e a promuovere un’amministrazione pastorale ordinata nell’arcidiocesi di Trnava nello spirito del Concilio Vaticano II”, si legge nella lettera. Il Santo Padre ha inoltre espresso la certezza che i vescovi accompagneranno il loro confratello “con la preghiera” e “nella verità”, e che “cercheranno di vivere ogni giorno sempre più profondamente nello spirito della fede”.

SIR

Antonio Socci: Benedetto XVI rispose alla lettera di Paolo Gabriele con la richiesta di perdono inviando all'ex maggiordomo un libro dei salmi con la sua firma autografa. Il Papa si è inoltre preoccupato della situazione della famiglia

Benedetto XVI avrebbe perdonato il suo ex maggiordomo Paolo Gabriele (foto), reo confesso, e condannato con sentenza definitiva, per il furto dei documenti riservati finiti nelle pagine del libro di Gianluigi Nuzzi. Lo rivela Antonio Socci, giornalista e scrittore, sul quotidiano Libero. Dopo aver ricordato la lettera di scuse che l’aiutante di camera inviò a Papa Ratzinger attraverso i tre cardinali che stavano indagando sui vatileaks, Socci scrive: "Quando il segretario della Commissione cardinalizia, padre Martiniani, ha consegnato al Papa la lettera autografa di Gabriele che si diceva consapevole di averlo offeso e aver mancato alla sua fiducia e per questo gli chiedeva perdono, Benedetto XVI ha risposto inviando a Gabriele un libro dei Salmi (che lui aveva citato nella lettera). Il libro che reca la firma autografa del Papa con la sua benedizione apostolica indirizzata personalmente a Gabriele e il sigillo della segreteria particolare del Pontefice, è stato portato direttamente da Castel Gandolfo, dove risiedeva il Papa in quei giorni, nelle mani di Gabriele (il Pontefice si è inoltre preoccupato della situazione della famiglia)". "Tutto questo – continua l’autore dell’articolo – era la premessa per la grazia che si attendeva dopo il verdetto". Per Socci, il gesto dell’invio del libro autografato va interpretato come un segno concreto perdono papale. Mentre la mancata concessione della grazia, che molti si attendevano dopo la sentenza divenuta definitiva, sarebbe dovuta, secondo il giornalista di Libero, più a una volontà della Segreteria di Stato che dello stesso Pontefice, in quando Gabriele non ha chiesto scusa alle altre persone danneggiate dalla divulgazione dei documenti, in particolare al primo collaboratore di Joseph Ratzinger, il card. Tarcisio Bertone. Socci sottolinea a questo proposito la durezza del comunicato diffuso dalla Segreteria di Stato lo scorso 25 ottobre, nel giorno in cui Paolo Gabriele è tornato nelle celle della Gendarmeria vaticana dopo che la sentenza di condanna a un anno e mezzo di carcere è diventata definitiva. E si augura che alla fine prevalga "la bontà e la saggezza del Santo Padre". "Sarebbe – conclude – un esempio per il mondo. Padre Pio amava ripetere: 'Dio vuole che la nostra miseria sia il trono della Sua misericordia'". È comunque difficile immaginare che il comunicato del 25 ottobre non abbia ricevuto l’approvazione di Benedetto XVI, come pure è complesso supporre che non dipenda in primo luogo dalla volontà del Papa il mancato annuncio della grazia dopo la sentenza, dato che compete a lui e solo alla sua sovrana decisione l’eventuale concessione del perdono.

Andrea Tornielli, Vatican Insider 

L'esempio di carità del Papa (Antonio Socci, Libero - Blog Lo straniero)

Il Papa: necessità urgente di continuo dialogo e cooperazione tra i mondi della scienza e della fede per costruire una cultura di rispetto per l’uomo, per la dignità e la libertà umana, per il futuro della nostra famiglia umana e per lo sviluppo sostenibile a lungo termine del nostro pianeta

Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevutro in udienza i partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, che si è svolta nei giorni scorsi (5-7 novembre) presso la Casina Pio IV in Vaticano, sul tema "Complexity and Analogy in Science: Theoretical, Methodological and Epistemological Aspects". “Nella grande impresa umana di tentare di svelare i misteri dell’uomo e dell’universo, sono convinto della necessità urgente di continuo dialogo e cooperazione tra i mondi della scienza e della fede per costruire una cultura di rispetto per l’uomo, per la dignità e la libertà umana, per il futuro della nostra famiglia umana e per lo sviluppo sostenibile a lungo termine del nostro pianeta”, ha detto il Papa nel suo discorso. “Senza questa necessaria interazione - ha precisato -, le grandi domande dell’umanità lasciano il dominio della ragione e della verità, e sono abbandonate all’irrazionale, al mito o all’indifferenza, con grande danno per l’umanità stessa, la pace nel mondo e il nostro destino ultimo”. Il tema della plenaria apre, secondo il Pontefice, “una serie di prospettive che puntano ad una nuova visione dell’unità delle scienze”. In effetti, ha osservato Benedetto XVI, “le importanti scoperte e i progressi degli ultimi anni ci invitano a considerare la grande analogia di fisica e biologia”, e al tempo stesso “la grande unità della natura nella struttura complessa del cosmo” e il “mistero dell’uomo posto al suo interno”. Secondo il Papa, la complessità e la grandezza della scienza contemporanea “in tutto ciò che permette all’uomo di conoscere la natura ha dirette ripercussioni sugli esseri umani. Solo l’uomo può continuare a sviluppare la propria conoscenza della verità e dell’ordine in modo saggio per il suo bene e quello del suo ambiente”. “Nelle vostre discussioni - ha sintetizzato Benedetto XVI -, avete tentato di esaminare, da un lato, la dialettica in corso della costante espansione della ricerca, dei metodi e delle specializzazioni scientifiche e, dall’altro, la ricerca di una visione globale di questo universo in cui gli esseri umani, dotati di intelligenza e libertà, sono chiamati a comprendere, amare, vivere e lavorare”. Al giorno d’oggi, ha proseguito il Pontefice, “la disponibilità di potenti strumenti di ricerca e il potenziale per esperimenti di elevata complessità e precisione hanno consentito alle scienze naturali di avvicinare i fondamenti stessi della realtà corporea in quanto tale, anche se essi non riescono a comprendere completamente la sua struttura unificante e la sua unità ultima”. “La successione ininterrotta e l’integrazione paziente di varie teorie, laddove i risultati una volta ottenuti servono a loro volta come presupposti per nuove ricerche – ha sottolineato il Papa -, testimoniano sia l’unità del processo scientifico sia la spinta costante degli scienziati verso una comprensione più adeguata della verità della natura e una sua visione più inclusiva”. Un “approccio interdisciplinare alla complessità” che, secondo il Pontefice, mostra la connessione delle scienze tra loro e con la realtà, e la loro finalizzazione “allo studio della natura come realtà unica, intelligibile e armoniosa nella sua innegabile complessità”. Tale visione ha, secondo il Papa, “punti di contatto fecondi con la concezione dell’universo tratta dalla filosofia e dalla teologia cristiana”, secondo cui ogni creatura agisce all’interno di “un cosmo ordinato che ha origine dalla Parola creatrice di Dio” in una sorta di “compartecipazione orizzontale tra gli esseri” e di “partecipazione trascendente da parte del Primo Essere”. L’universo, ha precisato Benedetto XVI, “non è caos o risultato del caos, ma appare sempre più chiaramente come complessità ordinata che ci permette di innalzarci, attraverso l’analisi e l’analogia comparativa, dalla specializzazione ad un punto di vista più universalizzante e viceversa”. Dal Papa la sottolineatura di “quanto si sia dimostrato proficuo l’uso dell’analogia” per la filosofia e la teologia, “non solo come strumento di analisi orizzontale delle realtà della natura, ma anche come stimolo al pensiero creativo su un piano superiore trascendente”. Proprio a causa della nozione di creazione, è la tesi di Benedetto XVI, “il pensiero cristiano ha impiegato l’analogia non solo per l’indagine delle realtà terrene, ma anche come mezzo di elevazione dall’ordine creato alla contemplazione del suo Creatore, nel rispetto del principio che la trascendenza di Dio implica che ogni somiglianza con le sue creature comporti necessariamente una dissomiglianza più grande: mentre la struttura della creatura è quella di essere un essere per partecipazione, quella di Dio è quella di essere un essere per essenza, ossia Esse subsistens”.

SIR

Ai partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze - il testo integrale del discorso del Papa
 

Terremoto nelle regioni nordoccidentali del Guatemala. Messaggio del Papa: profondo dolore per le vittime. Appello a una fraterna soldarietà per un aiuto efficace, con spirito generoso e sollecita carità

Il Papa ha espresso in un messaggio il suo profondo dolore per le vittime del terremoto che ha colpito ieri le regioni nordoccidentali del Guatemala: finora i corpi recuperati sono 48, oltre 20 i dispersi, 17mila gli sfollati, ingenti i danni materiali a case e infrastrutture. Il sisma, di magnitudo 7.4 della scala Richter, ha interessato soprattutto il dipartimento di San Marcos, tra i più grandi del Paese e confinante con il Messico. Benedetto XVI ha voluto manifestare la sua vicinanza spirituale alla popolazione di “questo amato Paese” invocando la consolazione di Dio su quanti sono stati colpiti da tale “enorme sciagura”. Ha quindi lanciato un appello ad una “fraterna solidarietà” incoraggiando “vivamente le comunità cristiane, le istituzioni civili e le persone di buona volontà, perché in questo momento triste, forniscano un aiuto efficace alle vittime, con spirito generoso e sollecita carità”. Infine, il Papa ha invocato “la protezione amorevole” di Nostra Signora del Rosario sull' “amato popolo del Guatemala, così presente nel mio cuore”.

Radio Vaticana

Nelle Chiese locali della Siria l'accoglienza delle parole di Benedetto XVI: è l'unica voce che parla di pace per il Paese. Lo ringraziamo per la sua vicinanza spirituale e il suo sostegno materiale, non ci ha mai lasciati soli

“Non risparmiare alcuno sforzo nella ricerca della pace e a perseguire, attraverso il dialogo, le strade che portano a una giusta convivenza, in vista di un’adeguata soluzione politica del conflitto. Non è mai troppo tardi per lavorare per la pace! Dobbiamo fare tutto il possibile perché un giorno potrebbe essere troppo tardi”: è l’invito di Benedetto XVI “alle parti in conflitto e a quanti hanno a cuore il bene della Siria” lanciato ieri durante l’Udienza generale. Nel suo appello il Papa, spiegando che “diverse circostanze e sviluppi non hanno reso possibile” l’invio di una delegazione di Padri sinodali a Damasco, ha annunciato che “una missione speciale” guidata dal card. Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio 'Cor Unum': da ieri fino al 10 novembre sarà in Libano per incontrare “pastori e fedeli delle Chiese che sono presenti in Siria”. “Un appello che abbiamo accolto con gioia. Aspettavamo con ansia la delegazione dei Padri sinodali qui in Siria, ma ora questo appello, con la notizia dell’arrivo a Beirut del card. Robert Sarah, di 'Cor Unum', ci riempie di speranza” spiega da Aleppo, città tra le più colpite dal conflitto interno, padre Giorgio Abuhkazan, della parrocchia di San Francesco. “Ringraziamo di cuore il profondo interesse con cui il Santo Padre segue le tristi vicende del nostro Paese che mai come ora ha bisogno di parole di pace e di riconciliazione. Speriamo che siano ascoltate da chi può veramente mettere la parola fine alla violenza. Quella di Benedetto XVI - prosegue il parroco - è l’unica voce che parla di pace per la Siria. Le grandi potenze, che tutto hanno in mano, ascoltino questo invito e si diano da fare per promuovere il dialogo e la soluzione pacifica”. L’appello, fa notare padre Abuhkazan, “giunge nel giorno della rielezione di Barack Obama a presidente degli Usa. Che possa essere proprio lui il primo ad ascoltare Benedetto XVI. Ma ricordo anche che in questi giorni le opposizioni siriane sono in Qatar per loro consultazioni. Spero trovino un accordo per aprire un canale di dialogo con il governo di Assad”. Dal parroco arriva il punto sulla situazione in città: “Drammatica… Quasi tutti hanno perso il lavoro e le condizioni di vita si sono fatte molto dure. Siamo spettatori inermi della sistematica distruzione della città da parte di bande armate, integraliste, composte in buona parte da stranieri. Moltissime fabbriche, vanto di Aleppo, sono state distrutte o rese inutilizzabili. Le strade non sono sicure, si registrano rapimenti, violenze, la popolazione esce lo stretto indispensabile. Cerchiamo di dare aiuto materiale per quello che possiamo a feriti, sfollati, famiglie, ma non è facile. Spero che questo appello risvegli le coscienze di tanti anche per quello che riguarda solidarietà”. Soddisfazione anche a Damasco, la capitale, dove dalla parrocchia di sant’Antonio da Padova, si leva la voce di padre Giuseppe Costantin, siriano con origini della città di Antiochia. “Siamo felici per le parole del Papa. Lo ringraziamo per la sua vicinanza spirituale e il suo sostegno materiale. Non ci ha mai lasciati soli. Abbiamo apprezzato molto la sua visita in Libano e siamo adesso speranzosi che l’arrivo a Beirut della missione Cor Unum possa portare un miglioramento delle condizioni di vita di sfollati, rifugiati, famiglie e persone colpite dal conflitto”. Rispetto ad Aleppo la situazione a Damasco, appare migliore: “In città la vita sembra andare avanti normalmente, ma si sentono spari nelle zone più periferiche ed esterne dove grandi sono le difficoltà. Sappiamo che nel quartiere di Damasco di Bab-Touma, dove il 22 ottobre è stata perpetrata una strage, la parrocchia locale cerca di dare sostegno alla popolazione colpita”. E da Bab-Touma giungono le parole di padre Raimondo Gerges, che invita alla preghiera “affinché ci sia qualcuno che possa ascoltare il Santo Padre. Il suo appello ci dona speranza per il futuro. Preghiamo perché non possiamo fare altro”. “Un appello importante che mi auguro trovi i cuori dei potenti, e delle parti in lotta, pronti ad ascoltarlo”, dichiara dalla parrocchia del Sacro Cuore di Gesù di Lattakia, padre Maroun Younan. “Qui in città e in tutta la zona costiera viviamo lontano dai fatti drammatici e violenti che colpiscono invece le zone interne del Paese e città come Homs, Aleppo, Damasco”. L’assenza di conflitto ha richiamato in questa zona migliaia di sfollati e rifugiati ai quali, spiega il parroco, “cerchiamo di dare assistenza, ma è difficile anche per la scarsità degli aiuti. Diamo quello che abbiamo. L’incontro a Beirut con il card. Sarah spero serva a migliorare l’organizzazione e a raggiungere più persone bisognose. Ascoltiamo le loro lamentele, parlano di promesse di aiuti non mantenute da parte della comunità internazionale”. Fiaccati nel fisico, ma non nel morale, sfollati e rifugiati, dice padre Younan, “accolgono appelli come quelli di Benedetto XVI con speranza. In loro c’è sempre la convinzione che ricostruire la Siria è possibile anche se sul futuro gravano incognite non di poco conto specialmente per quel che riguarda lo Stato. Le bande armate fondamentaliste che imperversano nel Paese minano, infatti, il futuro politico siriano e incutono timore”.

SIR

Anno della fede. Alissa Thorell: ci sono almeno cinque cose che ogni buon cattolico dovrebbe sapere riguardo al Catechismo della Chiesa Cattolica, valido strumento per irrobustire la fede nello spirito dell’impegno alla nuova evangelizzazione

Ci sono almeno cinque cose che ogni buon cattolico, soprattutto nel corso dell’Anno della fede, dovrebbe sapere riguardo al Catechismo della Chiesa Cattolica. È quanto sostiene, sul sito in rete dell’Episcopato statunitense, Alissa Thorell, studiosa ed esperta del segretariato per l’evangelizzazione e la catechesi. L’Anno della fede, secondo anche quanto auspicato da Benedetto XVI, deve insomma costituire l’occasione propizia per riscoprire, o scoprire, la ricchezza di un testo che costituisce uno dei frutti principali del Concilio Vaticano II. E che certamente costituisce un valido strumento per irrobustire la fede nello spirito dell’impegno alla nuova evangelizzazione. Conoscerne perciò, almeno a grandi linee, il significato e la struttura costituisce, per la Thorell, come la premessa necessaria per avvicinarsi con profitto allo studio e all’approfondimento del Catechismo. Il primo elemento da tenere in considerazione è dunque "l’universalità dell’obiettivo". Promulgato nel 1992, il Catechismo della Chiesa Cattolica è il primo libro del genere dopo 450 anni. Esso rappresenta lo "sforzo compiuto dall’episcopato mondiale per far conoscere il contenuto della fede cattolica a tutta la Chiesa". In seguito al Vaticano II, infatti, "i vescovi hanno riconosciuto l’importanza di fornire una più completa presentazione della fede cattolica e dei suoi insegnamenti ai cattolici che vivono nel mondo moderno". Il secondo elemento è strettamente correlato al primo e riguarda "l’universalità dei contenuti". L’esperta dell’Episcopato statunitense ricorda in proposito che il Catechismo racchiude la tradizione viva della Chiesa e, in questo senso, ne sottolinea l’importanza della sua suddivisione in quattro sezioni: quello che i cattolici credono; come la fede viene trasmessa (culto e sacramenti); come i cattolici sono chiamati a vivere (morale); e la preghiera. Soprattutto, viene poi evidenziato, ed è il terzo punto, che il Catechismo rappresenta una "risorsa per l’educazione". Infatti, "l’obiettivo principale del Catechismo è quello di aiutare vescovi, pastori, catechisti, genitori e tutti coloro che insegnano la fede". Esso, come noto, costituisce inoltre il testo di riferimento degli episcopati per elaborare i singoli catechismi nazionali. Il Catechismo rappresenta poi un importante "invito alla preghiera". Attingendo alla ricchezza della Chiesa (Sacra Scrittura, tradizione, magistero, vite dei Santi), esso "diventa utile non solo per conoscere i contenuti della fede, ma anche per crescere nella fede attraverso la meditazione e la preghiera". Infine, ed è il quinto punto, viene ricordato che il Catechismo è un libro "per i cattolici di ogni età". Infatti, "imparare a vivere la fede è un processo che dura tutta la vita di una persona, e il Catechismo può aiutare i cattolici ad avvicinarsi a Cristo e ad amarlo". In questa prospettiva, viene suggerita anche la consultazione del Compendio che offre una spiegazione accessibile a tutti.

L'Osservatore Romano

Natale 2012. L'abete bianco della comunità molisana di Pescopennataro affiancherà il presepe offerto dalla regione Basilicata che verrà allestito in Piazza San Pietro

Un abete bianco, dono per il Papa da parte della comunità molisana di Pescopennataro in provincia di Isernia, affiancherà il presepe che verrà allestito in Piazza San Pietro per il prossimo Natale, offerto dalla regione Basilicata. "L'albero - ha fatto sapere il Governatorato vaticano - misura 24 metri e sarà prelevato dalla sede naturale nella mattinata del prossimo 5 dicembre". Prelevato da una gru fornita dalla protezione civile, issato su un elicottero offerto dal Corpo forestale dello Stato e poi, dal fondovalle a piazza San Pietro, trasportato con un autoarticolato di oltre trenta metri scortato dalla polizia di Stato, l'albero verrà acceso il 14 dicembre.

TMNews 

A pochi giorni dall’incontro dei teologi della Liberazione, Convegno internazionale organizzato dalla Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI a Rio de Janeiro per riflettere sul pensiero del Papa

Il Brasile è stato, per molti anni, uno dei centri nevralgici della Teologia della Liberazione latinoamericana. Culla di personaggi come Leonardo Boff, ex religioso francescano contestatore, ecologista, ideologo di questa corrente di pensiero d’ispirazione marxista. Ma il cattolicesimo brasiliano è molto di più dei “liberazionisti” e delle “comunità ecclesiali di base”: è anche la culla di movimenti profondamente fedeli al Papa. Uno di questi, gli Araldi del Vangelo, porterà nel proprio paese nient’altro che la teologia di Joseph Ratzinger. "Cos’è che fa dell’uomo un uomo". Questo è il titolo del secondo convegno internazionale organizzato dalla Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Il primo è stato a Bydgoszcz, Polonia, alla fine del 2011. L’Università Cattolica di Río de Janeiro sarà il luogo, oggi e domani, nel quale diversi rappresentanti di più di 90 atenei discuteranno sul pensiero dell’attuale Papa. L’incontro mette sul tavolo una questione sospesa per l’America Latina. Dove sono i grandi pensatori cattolici di questa regione? C’è una teologia autoctona, oltre i “liberazionisti” che promuovono una Chiesa “popolare”, di base, critica e, in genere, in rotta di collisione con la Santa Sede? Tutte questioni più attuali che mai, perché i teologi della liberazione hanno appena concluso il loro convegno continentale (tenutosi dal 7 all’11 ottobre a Sao Leopoldo, Brasile).  "La teologia della liberazione sembrava una grande teologia, ma poi è rimasto chiaro che non offriva nessuna prospettiva, non portava la gioia. Nella riflessione sul come andare avanti c’è il rischio di ritornare al passato, o la tentazione di non voler fare più teologia", ha detto a Vatican Insider mons. Giuseppe Scotti, presidente della Fondazione Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, parlando dei percorsi teologici latinoamericani. E anche se riconoscesse che non è ancora stato individuato un intellettuale di questa regione meritevole del Premio Ratzinger (chiamato anche “Nobel di teologia”), Scotti è convinto che "l’America Latina ha molte più possibilità di quelle che si possano immaginare". "Noi, ad oggi, non abbiamo individuato delle persone specifiche per il premio. Ma abbiamo notato alcuni professori molto attivi e culturalmente preparati, capaci di non perdere il legame con Roma, nel senso bello e buono della fede, ma con una declinazione locale", ha spiegato. E poi ha aggiunto: "La teologia non può essere eurocentrica. L’uomo impara a parlare di Dio non solo nella sua lingua, ma anche nel suo contesto culturale, umano, sociale, con tutte le gioie e tutti i dolori". Adesso, dunque, il pensiero diJoseph Ratzinger sbarcherà nella terra di Boff. Non il pensiero del Papa, ma quello del teologo, colui che 50 anni fa (durante il Concilio Vaticano II) era considerato progressista e oggi è profondamente “aperturista”. Almeno secondo mons. Scotti: "Il mondo moderno percepisce quest’uomo come un 'provocatore' dal punto di vista culturale".

Andrés Beltramo Álvarez, Vatican Insider