domenica 5 aprile 2009

I giovani di Madrid ricevono la Croce della GMG. Il Papa: segno dell'amore invincibile di Cristo. Noi la accompagniamo trovando la nostra strada.

Si celebra oggi nelle diocesi di tutto il mondo la XXIV Giornata Mondiale della Gioventù. "Alla fine di questa liturgia - ha detto il Papa nell'omelia della solenne celebrazione della Domenica delle Palme - i giovani dell'Australia consegneranno la Croce della Giornata Mondiale della Gioventù ai loro coetanei della Spagna. La Croce - ha proseguito il Pontefice - è in cammino da un lato del mondo all'altro, da mare a mare. E noi la accompagniamo. Progrediamo con essa sulla sua strada e troviamo così la nostra strada".
"Come è tradizione - ha detto il Papa prima della recita dell'Angelus - i giovani australiani consegneranno tra poco ai giovani spagnoli la Croce delle Giornate Mondiali della Gioventù, la 'croce pellegrina', che reca a tutti i giovani della terra il messaggio dell'amore di Cristo. Questo 'passaggio di testimone' - ha spiegato Benedetto XVI - assume un valore altamente simbolico, con cui esprimiamo immensa gratitudine a Dio per i doni ricevuti nel grande incontro di Sydney e per quelli che vorrà concederci in quello di Madrid". "Domani la Croce, accompagnata dall'Icona della Vergine Maria, partirà per la capitale spagnola - ha concluso il Pontefice - e là sarà presente alla grande processione del Venerdì Santo. In seguito inizierà un lungo pellegrinaggio che, attraverso le Diocesi della Spagna, la riporterà a Madrid nell'estate 2011. Possano questa Croce e questa Icona di Maria essere per tutti segno dell'amore invincibile di Cristo e della sua e nostra Madre!".


L'Angelus. Il Papa: tutti i Paesi aderiscano alla Convenzione contro le mine antiuomo. Non possiamo rassegnarci alle tragedie del mare

Il Papa ha incoraggiato tutti i Paesi del mondo che non hanno firmato la Convenzione per la messa al bando delle mine antipersona ad aderirvi al più presto. Prima della recita dell'Angelus, al termine della celebrazione della Domenica delle Palme, in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha ricordato che ieri è stata celebrata la IV Giornata indetta dall'Onu per la sensibilizzazione sul problema delle mine antipersona. "A dieci anni dall'entrata in vigore della Convenzione per la messa al bando di questi ordigni, e dopo la recente apertura alla firma della Convenzione per l'interdizione delle munizioni a grappolo - ha affermato il Papa - desidero incoraggiare i Paesi che non lo hanno ancora fatto a firmare senza indugio questi importanti strumenti del diritto internazionale umanitario, ai quali la Santa Sede ha dato da sempre il proprio appoggio. Esprimo altresì il mio sostegno - ha concluso Papa Ratzinger - a qualsiasi misura intesa a garantire la necessaria assistenza alle vittime di tali armi devastanti".
Il pensiero del Papa è andato poi alle vittime delle "tragedie" del mare, "che purtroppo si ripetono da tempo". "Non possiamo rassegnarci a tali tragedie", è stato il forte grido di Benedetto XVI. "Vorrei ricordare con grande pena i nostri fratelli e sorelle africani, che pochi giorni fa hanno trovato la morte nel Mare Mediterraneo, mentre cercavano di raggiungere l'Europa", ha affermato il Pontefice. "Non possiamo rassegnarci a tali tragedie, che purtroppo si ripetono da tempo! Le dimensioni del fenomeno - ha proseguito - rendono sempre più urgenti strategie coordinate tra Unione Europea e Stati africani, come pure l'adozione di adeguate misure di carattere umanitario, per impedire che questi migranti ricorrano a trafficanti senza scrupoli". "Mentre prego per le vittime, perché il Signore le accolga nella sua pace - ha concluso il Pontefice - vorrei osservare che questo problema, ulteriormente aggravato dalla crisi globale, troverà soluzione solo quando le popolazioni africane, con l'aiuto della comunità internazionale, potranno affrancarsi dalla miseria e dalle guerre".


Domenica delle Palme. Il Papa: le rinunce per amore di Dio rendono autentica la vita. La Croce è la sola via per costruire un 'Regno universale'

Una grande folla, almeno 100 mila persone, ha preso parte all’inizio dei riti della Settimana Santa con la celebrazione della Domenica delle Palme in Piazza San Pietro, presieduta da Benedetto XVI. La maggioranza di loro sono stati giovani romani e da diverse nazioni con magliette multicolori, cappelli, sciarpe, fazzoletti e un universo di palme e rami d’ulivo, venuti per celebrare con il Papa la XXIV Giornata Mondiale della Gioventù.
Dopo il canto lungo ed emozionante della Passione di Gesù secondo San Marco, il Papa si è rivolto proprio ai giovani con una proposta profonda ed esigente. Prendendo spunto dalla commemorazione odierna, dell’entrata di Gesù a Gerusalemme, il Pontefice ha ricordato il valore delle giornate di Sydney: "l’obiettivo essenziale era questo: Vogliamo vedere Gesù”, acclamato, come nella liturgia di oggi, come “colui che viene nel nome del Signore", e come il " Regno che viene, del nostro padre Davide!” (Mc 11, 9s). Benedetto XVI ha invitato a uscire dal proprio egoismo per aprirsi agli altri, perchè "chi ama la propria vita la perderà". "Nessuno - ha detto - può porre come assoluto se stesso, la sua cultura e il suo mondo. Ciò richiede che tutti ci accogliamo a vicenda, rinunciando a qualcosa di nostro. L'universalità include il mistero della croce, il superamento di se stessi". Il Papa si è domandato: “Abbiamo capito che cosa sia il Regno di cui Egli ha parlato nell’interrogatorio davanti a Pilato? Comprendiamo che cosa significhi che questo Regno non è di questo mondo? O desidereremmo forse che invece sia di questo mondo?”. “Possiamo – spiega - riconoscere due caratteristiche essenziali di questo Regno. La prima è che questo Regno passa attraverso la croce… La seconda caratteristica dice: il suo Regno è universale”. Ma subito, Benedetto XVI ha sottolineato la diversità del Regno di Gesù Cristo: “non è una regalità di un potere politico, ma si basa unicamente sulla libera adesione dell’amore – un amore che, da parte sua, risponde all’amore di Gesù Cristo che si è donato per tutti".
"Penso che dobbiamo imparare sempre di nuovo ambedue le cose – innanzitutto l’universalità, la cattolicità. Essa significa che nessuno può porre come assoluto se stesso, la sua cultura e il suo mondo. Ciò richiede che tutti ci accogliamo a vicenda, rinunciando a qualcosa di nostro. L’universalità include il mistero della croce – il superamento di se stessi, l’obbedienza verso la comune parola di Gesù Cristo nella comune Chiesa. L’universalità è sempre un superamento di se stessi, rinuncia a qualcosa di personale. L’universalità e la croce vanno insieme. Solo così si crea la pace”.
Benedetto XVI ha ricordato le parole di Gesù: "Chi vuole avere la sua vita per sè, vivere solo per se stesso, stringere tutto a sè e sfruttarne tutte le possibilità, proprio costui perde la vita. Essa diventa noiosa e vuota". Invece, ha ribadito Papa Ratzinger, "soltanto nell'abbandono di se stessi, soltanto nel dono disinteressato dell'io in favore del tuo, soltanto nel 'sì' alla vita più grande". Un principio "identico al principio dell'amore" che "significa lasciare se stessi, donarsi, non voler possedere se stessi, ma diventare liberi da sè: non ripiegarsi su se stessi, ma guardar avanti, verso l'altro". Il Papa ha invitatodunque a una scelta più grande e più alta: "E' importante osare una volta la grande decisione fondamentale, osare il grande sì, che il Signore chiede in un certo momento della nostra vita". Un 'sì' che "deve essere quotidianamente riconquistato nelle situazioni di tutti i giorni in cui, sempre di nuovo, dobbiamo abbandonare il nostro io, metterci a disposizione, quando in fondo vorremmo invece aggrapparci al nostro io". Il Papa ha aggiunto: "Se getto uno sguardo retrospettivo sulla mia vita personale, devo dire che proprio i momenti in cui ho detto 'sì' a una rinuncia sono stati i momenti grandi ed importanti della mia vita". E ancora: "Chi vuole riservare la sua vita per se stesso, la perde. Chi dona la sua vita, quotidianamente nei piccoli gesti, che fanno parte della grande decisione, questi la trova".
Il Papa ha volto poi il pensiero ai momenti dello “spavento di Gesù”, “il suo spavento davanti al potere della morte, davanti a tutto l’abisso del male che Egli vede e nel quale deve discendere”. “Anche noi – ha spiegato Benedetto XVI - possiamo pregare in questo modo. Anche noi possiamo lamentarci davanti al Signore come Giobbe, presentargli tutte le nostre domande che, di fronte all’ingiustizia nel mondo e alla difficoltà del nostro stesso io, emergono in noi. Davanti a Lui non dobbiamo rifugiarci in pie frasi, in un mondo fittizio. Pregare significa sempre anche lottare con Dio, e come Giacobbe possiamo dirGli: ‘Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!’ (Gen 32, 27)”. Alla fine, però, “la gloria di Dio, la sua signoria, la sua volontà è sempre più importante e più vera che il mio pensiero e la mia volontà. Ed è questo l’essenziale nella nostra preghiera e nella nostra vita: apprendere questo ordine giusto della realtà, accettarlo intimamente; confidare in Dio e credere che Egli sta facendo la cosa giusta; che la sua volontà è la verità e l’amore; che la mia vita diventa buona se imparo ad aderire a quest’ordine. Vita, morte e risurrezione di Gesù sono per noi la garanzia che possiamo veramente fidarci di Dio. È in questo modo che si realizza il suo Regno”. Ritornando poi al simbolo della Croce dei giovani che passa da Paese a Paese, accompagnata dai giovani, ha sottolineato: “Quando tocchiamo la Croce, anzi, quando la portiamo, tocchiamo il mistero di Dio, il mistero di Gesù Cristo. Il mistero che Dio ha tanto amato il mondo – noi – da dare il Figlio unigenito per noi (cfr Gv 3, 16). Tocchiamo il mistero meraviglioso dell’amore di Dio, l’unica verità realmente redentrice. Ma tocchiamo anche la legge fondamentale, la norma costitutiva della nostra vita, cioè il fatto che senza il ‘sì’ alla Croce, senza il camminare in comunione con Cristo giorno per giorno, la vita non può riuscire. Quanto più per amore della grande verità e del grande amore – per amore della verità e dell’amore di Dio – possiamo fare anche qualche rinuncia, tanto più grande e più ricca diventa la vita. Chi vuole riservare la sua vita per se stesso, la perde. Chi dona la sua vita – quotidianamente nei piccoli gesti, che fanno parte della grande decisione – questi la trova. È questa la verità esigente, ma anche profondamente bella e liberatrice, nella quale vogliamo passo passo entrare durante il cammino della Croce attraverso i continenti. Voglia il Signore benedire questo cammino. Amen”.