sabato 22 dicembre 2012

Natale 2012. Il presepe dell'appartamento privato di Benedetto XVI ambientato nella zona di largo San Martino a ridosso delle Mura leonine, presso la chiesa dedicata ai Santi Martino di Tours e Sebastiano martire

Ha un’atmosfera familiare anche quest’anno la rappresentazione della Natività allestita nell’appartamento privato di Benedetto XVI: è infatti ambientata nella zona di largo San Martino a ridosso delle Mura leonine, presso la chiesa dedicata ai Santi Martino di Tours e Sebastiano martire, patroni della Guardia Svizzera Pontificia. Sullo sfondo si scorge il Palazzo Apostolico e di lato il colonnato del Bernini. Il presepe è stato preparato le maestranze della Floreria in collaborazione con gli elettricisti dei Servizi Tecnici del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e personale dei Musei Vaticani.

L'Osservatore Romano

Paolo Ceruzzi nominato esperto alla Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede. E' uno dei massimi esperti nel campo della pianificazione strategica economico-finanziaria

Il prof. Paolo Ceruzzi è stato nominato esperto alla Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede presieduta dal card. Giuseppe Versaldi. Il provvedimento, segnale di grande attenzione del nuovo corso alla programmazione economica, ha individuato il giovane torinese, molto conosciuto negli ambienti finanziari italiani e considerato uno dei massimi esperti nel campo della pianificazione strategica economico-finanziaria.

Vatican Insider

'L'infanzia di Gesù'. Nel mondo in punta di piedi. C'è sempre un nodo da sciogliere che si presenta a ogni generazione, come si presentò ai discepoli: 'Chi dite che io sia?'. E c'è sempre il rischio di considerare Dio un ostacolo da eliminare

Per Benedetto XVI Gesù Cristo non è un episodio intermittente nella vita ma un modo di vivere. "L’infanzia di Gesù", il volume che completa la trilogia su Gesù di Nazaret, riassume un percorso intellettuale di ricerca teologica e di senso dello studioso di teologia che non è terminata con l’elezione a successore di Pietro. Più che un messaggio su Gesù, Papa Ratzinger riassume la sua testimonianza su chi per lui è Gesù, la figura decisiva della fede cristiana. E lo fa perché convinto che per rinnovare la credibilità della fede nel mondo moderno sia necessario che ogni cristiano cerchi di confrontarsi seriamente con i Vangeli e risponda personalmente alla domanda di chi sia Gesù di Nazaret nella propria vita. Dalla risposta a questo interrogativo e dall’impegno conseguente dipende in gran parte la riuscita di un mondo più giusto, fraterno e umano come anche la riuscita delle vite individuali. Il Gesù proposto dal Papa non è una figura minimale e devozionale, ma la persona che in massimo grado ha rappresentato l’amore per Dio e per il prossimo tracciando la via di una possibile umanità nuova. La si comprende meglio nella scia dell’altro grande tema ratzingeriano, l’amore, che completa la ricerca cristologica, strappata così al puro esercizio intellettuale e divenendo, di fatto, principio animatore del quotidiano alla portata di ogni cristiano, ma anche di quanti pur non credendo cercano ragioni di vita. "L’infanzia di Gesù" si ricollega pertanto idealmente all’introduzione dell’Enciclica "Deus caritas est" e, lontano nel tempo, al famoso testo "Introduzione al cristianesimo" del 1968. Nella sua Enciclica, quella della sorpresa generale perché dedicata all’amore come linea guida del Pontificato, Benedetto XVI scrive tra l’altro: "All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. In un mondo in cui al nome di Dio viene a volte collegata la vendetta o perfino il dovere dell’odio e della violenza, questo è un messaggio di grande attualità e di significato molto concreto. Per questo nella mia prima Enciclica desidero parlare dell’amore, del quale Dio ci ricolma e che da noi deve essere comunicato agli altri". "L’infanzia di Gesù" racconta come avvenne che l’amore di Dio divenne una persona concreta, un bambino, perciò amabile, ma debole e indifeso come i poveri del mondo che il presepe ha immortalato nella figura dei pastori. Gente ai margini della città dove si disputa per il potere anziché per il servizio, immersa nel frastuono e perciò non attenta a lenire il dolore dei più e sollevare la debolezza dei tanti. I poveri sono importanti nel libro di Papa Ratzinger. Essi rappresentano l’atteggiamento giusto dell’uomo davanti a Dio, svuotati di presunzione, aperti a ricevere aiuto e a dare aiuto; consci della propria debolezza e del proprio limite, ma allo stesso tempo della propria dignità umana che sanno di aver ricevuto in dono gratuitamente. La figura del bambino è ricorrente nella riflessione teologica e omiletica del Papa. Gesù Bambino ha gli occhi giusti per vedere con tenerezza il mondo circostante, ma è un bambino ugualmente cosciente del dolore che lo attende. È un Bambino che vive già in prospettiva della croce prima di completare nella risurrezione la sua opera redentrice. Un bambino che viene nel mondo in punta di piedi e, nonostante lo stile lieve, difficile da accogliere perché alternativo alla sapienza mondana. Fin dalla nascita, con il semplice suo stare si pone a giudizio del mondo, nel senso che inaugura un tempo nuovo in cui invece della forza, del denaro, della sopraffazione avranno valore le beatitudini disarmate. È difficile leggere l’infanzia di Gesù firmata Ratzinger e immaginare che si tratti di un Papa nostalgico di forme superate dal tempo o meno amico dell’uomo contemporaneo di quanto il Bambino Gesù lo fosse del suo, nonostante i suoi non lo avessero ricevuto e accolto. Amare nella contraddizione è una delle questioni più grandi del nostro presente che è tempo di forti contraddizioni e di forti squilibri. Il libro del Papa giunge nel mezzo di questo passaggio del mondo, e rimette al centro del dibattito la questione di Dio vista come necessaria per trovare uno sbocco umano alla grande storia e alle piccole cronache della vita quotidiana. C’è sempre il nodo da sciogliere che si presenta a ogni generazione, come si presentò ai discepoli di Cristo: chi dite che io sia? C’è sempre da scegliere se pensare Dio una compagnia liberante o un ostacolo da eliminare. E per uscirne bene un semplice uomo, per quanto virtuoso, non basta. Si spiega con tale convinzione la decisione del Pontefice di dedicare gli ultimi dieci anni, compatibilmente con altri gravosi impegni, a una riflessione articolata su Gesù di Nazaret, punto di incontro unico e irripetibile di Dio e dell’uomo. Lui resta la via e la verità per dare soluzione all’annosa questione di Dio e alla pacificazione della ricerca intellettuale e vitale dell’uomo su di sé, sulla vita e sulla morte. Nel saggio introduttivo al volume dal titolo "Introduzione al cristianesimo" pubblicato con una nuova edizione nel 2000, il card. Ratzinger scriveva tra l’altro su una questione che ritroviamo basilare nella trilogia su Gesù di Nazaret: "La figura di Gesù viene spiegata in termini completamente diversi non solo rispetto al dogma, ma rispetto agli stessi Vangeli. A essere accantonata, cioè, è la fede che Cristo sia il figlio unico di Dio, che in lui Dio si sia realmente fatto uomo tra gli uomini e che l’uomo Gesù sia eternamente in Dio, sia Dio stesso, quindi non una forma di manifestazione di Dio, bensì il Dio unico e insostituibile. Cristo, cioè, da uomo che è Dio diventa uomo che ha sperimentato Dio in modo speciale. Egli è un illuminato e, in quanto tale, non più sostanzialmente diverso rispetto agli altri illuminati, come il Buddha". Nel caso di Gesù, è la sua persona a essere importante e a essere messa in questione. Lui ha detto di essere la via la verità e la vita. "Egli stesso è la via; non esiste alcuna via indipendentemente da lui; non esiste un cammino lungo il quale egli non conti più nulla". Il messaggio di Gesù non è una dottrina bensì la sua stessa persona. "Se la figura di Gesù viene sottratta a questo ordine di grandezza, che certamente provoca sempre scandalo, se viene separata dall’essere Dio, essa diventa allora contraddittoria: rimarrebbero solo dei frammenti che ci lascerebbero perplessi o si tradurrebbero in pretesti per indulgere nell’autoaffermazione". Allora come oggi, scriveva il Papa nell’introduzione al primo volume della trilogia, si era determinata una situazione drammatica nella coscienza comune della cristianità: sappiamo poco, si afferma da più parti, di Gesù e solo in seguito la fede nella sua divinità ha plasmato la sua immagine (in qualche modo un Gesù inventato, rispondente ai nostri desideri ma non al Gesù storico). Ciò rende incerto il punto di riferimento autentico della fede cristiana: l’intima amicizia con Gesù da cui tutto dipende, minaccia di annaspare nel vuoto. "L’infanzia di Gesù" finalmente completa il progetto iniziale di scrivere su Gesù di Nazaret. È stato ultimato dal Papa il 15 agosto 2012, festa dell’Assunta. Data scelta non a caso, considerando il ruolo di Maria nei Vangeli dell’infanzia. Si è fatto un gran parlare su un passaggio del testo dove si afferma che non è certo che ci fossero il bue e l’asino presso la mangiatoia, ma nella pubblicistica finora apparsa si è taciuto del tutto sulle cose importanti scritte a proposito del ruolo e dello stile di Maria. Speranza del Papa, proprio a partire dal Vangelo dell’Annunciazione, è che la lettura del libro possa aiutare molte persone nel cammino verso e con Gesù. Ci sono dei brani di questo libro che mettono con speciale forza in evidenza l’intento dell’autore: egli vuole offrire ai cristiani un aiuto su come essere cristiani oggi, fedeli a Gesù. Se la meditazione sui Vangeli non diventa vita, infatti, la stessa Incarnazione di Dio nel Bambino di Betlemme accade invano anche per quanti oggi non lo accolgono. Un lungo cammino interiore maturato attraverso gli studi e l’esperienza spirituale ha convinto Benedetto XVI a fare qualcosa di importante per contribuire a superare lo strappo tra il Gesù storico e il Cristo della fede. Ogni cristiano è chiamato a chiarire alla sua coscienza se il Cristo della sua fede è lo stesso Gesù che ci raccontano i Vangeli, oppure il Gesù di cui ci parla oggi la Chiesa è un Gesù inventato e abbellito dai suoi discepoli dopo la sua morte.

Carlo Di Cicco, L'Osservatore Romano

La pioggia e il fango: il Papa su Twitter. Chiunque legga i suoi testi si trova di fronte a un uomo che non solo 'dice qualcosa' ma che la dice col desiderio di coinvolgere l'intelligenza e il cuore dell'interlocutore

Qualche giorno fa Daniele Chieffi, esperto di media relations sul web, ha postato sul suo blog una riflessione sull'account Twitter del Papa che trovo veramente interessante. Chieffi fa notare che l'apertura dell'account di Benedetto XVI sul social network sta avendo un effetto molto positivo proprio per il flusso di "risposte" da parte della gente che l'operazione ha generato. E non importa se diverse di queste risposte spaziano, come dice Chieffi, "dalla simpatica ironia all'insulto sino alla più aperta blasfemia" perché è la presenza stessa del flusso, cioè aver aperto la possibilità di dire qualcosa al Papa, a rendere il tutto un'operazione di comunicazione efficace. Come nota bene Chieffi è "la pancia del web". Gli utenti emotivamente più reattivi sono di solito quelli che sul web si fanno vivi per primi. Succede a qualsiasi spazio web venga aperto da personaggi pubblici o istituzioni. Di fatto, aggiungo io, è un passaggio obbligato per accettare di comunicare al giorno d'oggi: per arrivare a tutti bisogna essere disposti anche ad esporsi alle sciocchezze di alcuni. Questa è la profonda differenza del web con qualsiasi altro medium che richiede sempre la mediazione di una redazione o di un editore. Senz'altro ne verranno frutti interessanti. Come ha detto bene Chiara Giaccardi su Twitter, citando un detto africano: "Se vuoi la pioggia (che lì è benedizione) devi essere disposto ad accettare il fango". Personalmente penso che vedremo i risultati nel tempo. Molti dei "reattivi" semplicemente si stuferanno mentre gli altri utenti, normalmente più riflessivi e meno propensi a dire la loro immediatamente, a mano a mano, si faranno avanti. Di fatto già a 10 giorni dall'apertura dell'account, per lo meno in Italia, si iniziano a vedere risposte interessanti. Al di là di tutto, come dice bene Chieffi, il flusso di tweet di risposta è uno strumento interessantissimo per avere un feedback immediato sui pregiudizi e sui temi polemici che animano di più gli utenti. Ci si può lavorare sopra. Direi insomma che Chieffi ha ragione, questa dell'account del Papa è una "lezione di teoria e tecnica della comunicazione online" valida per tutti: oggi e nel futuro, sempre di più, comunicare vorrà dire anzitutto esporsi e avvicinarsi al pubblico ancora prima di iniziare a parlare. E' una sorta di rivoluzione copernicana: eravamo abituati a rivolgerci al pubblico dall'altro di mezzi di comunicazione di ampia diffusione e autorevoli, oggi dobbiamo scendere tra la folla. Senz'altro Benedetto XVI saprà farlo egregiamente. Non solo perché ha molte cose interessanti da dire ma perché ha il modo di fare tipico di chi ha insegnato per anni a contatto con giovani studenti. Chiunque legga i suoi testi si trova di fronte a un uomo che non solo "dice qualcosa" ma che la dice col desiderio di coinvolgere l'intelligenza e il cuore dell'interlocutore. Provare per credere. E' di fatto ciò che tutti facciamo quando clicchiamo "mi piace" o condividiamo qualcosa sui social network: non stiamo solo diffondendo informazioni ma stiamo dicendo attorno a noi: "Qui c'è qualcosa che per me (e per te) è importante".

Il blog di Bruno Mastroianni

Benedetto XVI, più di ogni altro Pontefice dei tempi moderni, sa bene che è necessario condurre anche una battaglia intellettuale per difendere un’idea di essere umano corrispondente alla realtà, alla verità, e che questa lotta va sostenuta insieme con tutti gli alleati possibili

Il discorso di Benedetto XVI per gli auguri natalizi alla Curia è un esempio perfetto di stile ratzingeriano. Insieme alle note più propriamente religiose, come l’invito a seguire Gesù che dice "venite e vedrete" rivolto a chiunque, interiormente, stia percorrendo una ricerca e un cammino verso il Signore, gran parte del testo è stato dedicato a temi che coinvolgono la società in generale, e gli argomenti usati appaiono ragionevoli, validi per tutti, credenti e non credenti. Sono soprattutto i temi sottesi alla questione della famiglia che, in realtà, non è solo "una determinata forma sociale", ma "la questione dell’uomo stesso". Infatti, le trasformazioni che la società postmoderna sta realizzando nei rapporti fra le persone, e in particolare sulla famiglia, non consistono solamente nell’allargamento dei diritti, nell’ampliamento della sfera della libertà di scelta, ma rappresentano una ferita alle dimensioni essenziali dell’esperienza umana. Perché ciò che è in discussione, quando si parla di matrimoni omosessuali, o della cancellazione della differenza dei sessi con l’imposizione della categoria del "gender", è la visione stessa dell’essere umano, la concezione complessiva di umanità. E su questi temi il Papa interviene, guidando la Chiesa a prendere posizioni nette, coraggiose e impegnate sul piano intellettuale, dal momento che egli è profondamente consapevole del fatto che "chi difende Dio difende l’uomo". Benedetto XVI, più di ogni altro Pontefice dei tempi moderni, sa bene che è necessario condurre anche una battaglia intellettuale per difendere un’idea di essere umano corrispondente alla realtà, alla verità, e che questa lotta va sostenuta insieme con tutti gli alleati possibili. E gli alleati ci sono: molti intellettuali laici, ma anche rappresentanti di altre religioni con i quali il dialogo, ripete ancora una volta il Papa, deve partire proprio da questioni culturali, e non dalle insolubili differenze teologiche. Un dialogo che verte quindi intorno al condiviso senso di responsabilità nei confronti del destino umano. Proprio come quello che, nel suo discorso, Benedetto XVI intreccia con il gran rabbino di Francia, Gilles Bernheim, autore di una riflessione sul matrimonio omosessuale definita dal Papa non solo convincente dal punto di vista delle argomentazioni, che ampiamente condivide, ma addirittura "toccante". Egli si schiera quindi insieme a lui per salvare l’umanità da se stessa, dai pericoli che sta correndo nel seguire insensate e pericolose utopie. Non è la prima volta che un Pontefice mette in guardia i contemporanei dai pericoli che le ideologie da loro abbracciate comportano, e che essi non vedono. Basti pensare alle denunce di Pio XI nei confronti dell’eugenetica, allora sostenuta da quasi tutti gli scienziati, anche cattolici: denunce poi confermate dalle terribili forme di selezione messe in pratica, non solo da parte del regime nazista. E come dimenticare a questo proposito le parole del vescovo tedesco von Galen contro l’operazione t4 voluta da Hitler per sterminare i malati mentali, nel silenzio di tutti gli altri Paesi? Poi, negli anni successivi, le denunce contro l’utopia comunista, considerata pericolosa da Pio XII non solo per i suoi aspetti di persecuzione religiosa, ma per gli effetti sulla condizione umana. Si tratta di una difesa della cultura umana per quanto ha prodotto di più alto, spesso, ma non sempre, per ispirazione religiosa. Una difesa che si riallaccia all’esperienza iniziata dalla Chiesa antica che ha voluto e saputo trasmettere e conservare la cultura classica, anche se pagana, per difendere le creazioni più importanti dell’intelletto umano e offrire gli elementi su cui è stata poi costruita la civiltà occidentale. In questa antica e nobile tradizione si iscrive la voce di Benedetto XVI, capace di assumersi la responsabilità più alta: quella di essere la coscienza dell’umanità, di difendere la dignità dell’essere umano quale è stato creato da Dio a sua immagine e somiglianza, restituendo così alla Chiesa il suo grande ruolo culturale e morale. La vera novità sta nel riconoscere e nel valorizzare tutti gli alleati che incontra in questa battaglia e impostare su questa novità il dialogo fra le religioni, perché Papa Ratzinger sa che "questi sforzi possono avere anche il significato di passi comuni verso l’unica verità".

Lucetta Scaraffia, L'Osservatore Romano

Per il tecnico informatico Claudio Sciarpelletti si prepara un provvedimento di grazia del Papa per cui sia completamente conclusa anche la sua vicenda penale. Lombardi: da un paio di settimane ha ripreso la sua attività lavorativa

Grazia pontificia in arrivo in Vaticano anche per il tecnico informatico della Segreteria di Stato Claudio Sciarpelletti, secondo condannato nell'ambito del processo sul furto di documenti riservati della Santa Sede, al quale erano stati inflitti quattro mesi di detenzione ridotta a due grazie alle attenuanti e con pena sospesa e possibile cancellazione fra cinque anni senza nel frattempo nuovi reati a suo carico, accusato di favoreggiamento e riconosciuto colpevole invece solo di 'intralcio alla giustizia'. Il provvedimento di clemenza di Benedetto XVI nei confronti di Sciarpelletti è stato preannunciato dal diretto della Sala Stampa della Santa Sede Padre Federico Lombardi, nell'illustrare l'atto di grazia del Papa nei confronti dell'ex maggiordomo Paolo Gabriele. "Posso anche comunicare che per quanto riguarda Sciarpelletti - ha affermato padre Lombardi- che egli aveva già ripreso la sua attività lavorativa da qualche giorno, mi pare un paio di settimane. Però anche per lui è previsto un provvedimento in seguito alla domanda di grazia che egli pure ha avanzato per estinguere anche le conseguenze della condanna penale che aveva ricevuto, nonostante la pena fosse sospesa con la condizionale. Per lui non si pone evidentemente un problema di scarcerazione come per Paolo Gabriele, ma si prepara un provvedimento di grazia per cui sia completamente conclusa anche la sua vicenda penale e possa così riprendere una vita in condizioni del tutto serene".

TMNews

Natale 2012. I libretti delle Celebrazioni Liturgiche presiedute da Benedetto XVI

Santa Messa della Notte di Natale (24 dicembre)
Libretto della Celebrazione

Preghiera in occasione dell'Incontro europeo dei giovani di Taizé (29 dicembre)
Libretto della Celebrazione
 
Primi Vespri e Te Deum in ringraziamento per l'anno trascorso (31 dicembre)
 
Santa Messa nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio (1° gennaio)
Libretto della Celebrazione

Santa Messa con Ordinazioni episcopali (6 gennaio)
Libretto della Celebrazione

Santa Messa e Battesimo di alcuni bambini (13 gennaio)
Libretto della Celebrazione

Benedetto XVI concede il perdono e la grazia a Paolo Gabriele e glielo comunica di persona in un intenso incontro in cella. Lombardi: verrà offerta una possibilità per l’alloggio e per l’occupazione, però non in Vaticano

Benedetto XVI ha concesso la grazia a Paolo Gabriele. Lo ha annunciato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, nel corso di un briefing con i giornalisti. Il Papa ha incontrato in cella il suo ex aiutante di camera (foto), che subito dopo è stato scarcerato. Gabriele, arrestato nel maggio scorso, era stato condannato a 3 anni di reclusione, con pena ridotta ad un anno e mezzo, per furto aggravato di documenti riservati. "Un gesto paterno verso una persona con cui il Papa ha condiviso per alcuni anni una quotidiana familiarità”. Benedetto XVI, ha affermato padre Lombardi, leggendo un comunicato della Segreteria di Stato, ha voluto incontrare Paolo Gabriele per confermargli il proprio perdono e comunicargli di persona di avere accolto la sua domanda di grazia, condonandogli la pena: “Il Santo Padre si è recato alla Caserma della Gendarmeria, dove vi è la cella in cui il signor Gabriele era stato detenuto. E’ stato un colloquio personale di una quindicina di minuti, tra le 12.15 e le 12.30 di questa mattina, un colloquio molto intenso: era la prima volta che c’era di nuovo un rapporto diretto tra il Santo Padre e Paolo Gabriele”. Dopo l’incontro con il Papa, Paolo Gabriele è stato scarcerato ed è rientrato a casa. Non potrà riprendere il precedente lavoro, ma la Santa Sede, “confidando nella sincerità del ravvedimento manifestato, intende offrirgli la possibilità di riprendere con serenità la vita insieme alla sua famiglia”: “Si tiene conto anche della situazione della sua famiglia e della benevolenza con cui il Papa ha voluto intervenire nella situazione, e quindi verrà offerta una possibilità per l’alloggio e per l’occupazione, però non nella sede dello Stato della Città del Vaticano”. A questo punto, ha detto padre Lombardi, la vicenda di Paolo Gabriele può dirsi conclusa: “Con questo atto molto paterno, molto bello da parte del Santo Padre, si conclude questa vicenda processuale e della pena di detenzione, e quindi c’è una chiusura di questo capitolo triste e doloroso di questa vicenda, e si spera però che con il ravvedimento manifestato sinceramente e ribadito certamente da Paolo Gabriele anche nel colloquio di questa mattina, ci siano le premesse per un’atmosfera di serenità nel riprendere il cammino”. E’ stato un atto, ha osservato padre Lombardi, “che ci tocca molto profondamente, probabilmente ci fa venire in mente anche un po’ l’incontro di Giovanni Paolo II con Ali Agca, anche se la situazione è molto, molto diversa, evidentemente. Ma il perdono e la benevolenza da parte del Papa sono molto evidenti e quindi – ha aggiunto - è molto bello che noi lo possiamo comunicare, anche in questo clima di Natale”.

Radio Vaticana

COMUNICATO DELLA SEGRETERIA DI STATO
 



Il Papa nomina promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede Robert W. Oliver. La Santa Sede vuole portare avanti la strada della trasparenza da lui promossa a Boston allo scoppiare dello scandalo degli abusi

Papa Benedetto XVI ha nominato promotore di giustizia presso la Congregazione per la Dottrina della Fede il sacerdote Robert W. Oliver, assistente per le questioni canoniche dell’arcidiocesi di Boston negli Stati Uniti d’America. Quando nel 2002 i reportage del Boston Globe segnarono l’inizio dello scandalo della pedofilia negli Stati Uniti, Robert W. Oliver fu chiamato a gestire la situazione. E fu il primo a metterci la faccia. Scrivendo lui stesso articoli sul Boston Globe, in cui spiegava come la diocesi si stesse muovendo per affrontare la crisi. Delineando e collaborando con il comitato di otto laici che avrebbe analizzato ogni denuncia di abusi del clero e si sarebbero coordinati con l’arcivescovo. E persino superando gli scossoni che erano seguiti nella diocesi, quando il card. Bernard Francis Law era stato rimosso dalla guida della diocesi e Boston era passata sotto la guida del cardinale francescano Francis O’Malley. Ora, Oliver dovrà portare le sue competenze alla Congregazione della Dottrina della Fede. Oliver prende il posto di Charles J. Scicluna, che era stato colui che dal Vaticano aveva dovuto gestire la seconda ondata di scandali di abusi del clero sui bambini nel 2010. Scicluna è diventato vescovo ausiliare deiLa Valletta, a Malta, nella sua terra. Tornerà a portare il suo contributo e la sua esperienza a Roma, come membro della Congregazione per la Dottrina della Fede. Al suo posto, la scelta di Robert W. Oliver sembra lanciare un segnale preciso. E cioè che la Santa Sede vuole portare avanti la strada della trasparenza che fu promossa da Oliver allo scoppiare dello scandalo degli abusi. Una linea della trasparenza che mirava al coinvolgimento dei laici nella vita delle parrocchie, come strumento di garanzia. E che allo stesso tempo si preoccupava di dare tutte le garanzie giuridiche necessarie ai sacerdoti accusati, finché questi non fossero stati riconosciuti realmente colpevoli degli addebiti. Questa linea, Oliver la portò avanti già verso la fine del “regno” del card. Law sulla diocesi di Boston, mettendo su il comitato di laici, con a capo una donna, che doveva verificare ogni caso di abusi, e promuovendo gruppi di prevenzione degli abusi sessuali su bambini in ogni parrocchia o gruppo di parrocchie nell’arcidiocesi. Ma quando ci fu l’avvicendamento di Law con O’Malley, i giornali si lamentarono che le regole della commissione erano state cambiate di nascosto, diminuendo le possibilità di accesso ai fascicoli che riguardavano i procedimenti della Chiesa riguardo i preti accusati. O’Malley dichiarò ufficialmente sui giornali, per bocca del suo portavoce, che ogni nuova procedura per la protezione dei bambini dagli abusi sessuali sarebbe stata da allora in poi oggetto di una revisione trasparente. E Oliver, che aveva supervisionato i cambiamenti, spiegò che mentre erano state fatte delle modifiche per proteggere i diritti dei sacerdoti accusati, buona parte di questi cambiamenti erano di natura tecnica. Ma, aggiungeva, “non c’è stato niente di quanto creato che sia stato tolto dai fascicoli”. La polemica evidentemente rientrò. Tanto che O’Malley chiese poi alla Brotherhood of Hope, una comunità di laici consacrati fondata a Newark, New Jersey da Philip Merdinger nel 1980, di espandere la propria missione a Boston, al Catholic Center della Northeastern University. Oliver è parte della Brotherhood of Hope. Ora, Oliver porta la sua esperienza e la sua conoscenza dell’ambito legale anglo-americano al servizio della Congregazione della Dottrina della Fede. Una conoscenza necessaria. Il dramma degli scandali della pedofilia nel clero è stato infatti anche affiancato da una serie di interessi economici degli avvocati per quanto riguarda i risarcimenti, specialmente negli Stati Uniti. Quando scoppiò lo scandalo della pedofilia a Boston e poi in tutti gli Stati Uniti, era facile trovare avvocati di ogni tipo che si offrivano di patrocinare le vittime e far ottenere loro un risarcimento. Dietro la (giustissima) difesa delle vittime si mascherava l’interesse economico. Sono stati milioni di dollari quelli pagati dalle diocesi come risarcimento nei casi di abusi. Jeff Anderson, il grande patrocinatore della cause contro la Santa Sede, ne è riusciti ad ottenere un massimo di 30 milioni, e la sua parcella è del 25% del risarcimento. Nel frattempo Benedetto XVI ha portato avanti iniziative senza precedenti. Lui, per primo, ha voluto incontrare le vittime degli abusi: lo ha fatto negli Stati Uniti, in Australia, a Malta, e ha sottolineato più volte la necessità che queste vittime siano accompagnate nel processo di guarigione. Perché il risarcimento, per quanto doveroso, non basta. C’è necessità di ascolto.

Andrea Gagliarducci, Korazym.org

RINUNCE E NOMINE