sabato 10 aprile 2010

Iniziata l'Ostensione della Sindone. Il card. Poletto: possa mettere in evidenza le tante sofferenze nascoste, nel silenzio, e quella della Chiesa

Una coppia della provincia di Alessandria, Luciano Saglietta Verri, 65 anni, e la moglie Rosalinda: ecco i primi pellegrini, in coda un'ora prima dell'apertura ai fedeli, della nuova Ostensione della Sindone a Torino, la prima dopo il Giubileo del 2000, cominciata ufficialmente oggi alle 18. Per la giornata inaugurale c'è stata la prenotazione di dodicimila fedeli, tra cui tra tanti stranieri, in particolare tedeschi e francesi. Nel Duomo si è potuto entrare fino alle 22.30. Sono circa due milioni le persone che tramite internet hanno prenotato per vederla, fino a domenica 23 maggio, il sacro lino. La giornata inaugurale è cominciata alle 9.15 con una visita riservata ad alcune autorità, tra cui il presidente della Fiat Luca Cordero di Montezemolo, accompagnato dalla moglie, e l'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne. Nel gruppo anche il neo presidente regionale Roberto Cota, alla sua prima uscita ufficiale da governatore. L'inaugurazione ufficiale è avvenuta nel pomeriggio con la Messa concelebrata dall'arcivescovo di Torino, card. Severino Poletto (foto), insieme con i vescovi del Piemonte. Nell'omelia, Poletto ha ricordato che la Sindone, "da oggi esposta è un richiamo alle tante sofferenze nascoste, vissute nel silenzio tra lacrime e disperazioni. Davanti alla Sindone come non pensare ai milioni di uomini che muoiono di fame - ha affermato Poletto citando Giovanni Paolo II che contemplò la Sindone nel 1998 - agli orrori perpetrati nelle tante guerre che insanguinano le nazioni, lo sfruttamento brutale di donne e bambini, i milioni di esseri umani che vivono di stenti e di umiliazioni ai margini delle metropoli, specialmente nei paesi in via di sviluppo". Alla fine della Messa è stato dato il via libera ai pellegrini che prima di arrivare in Duomo, compiono un percorso di avvicinamento attraverso i Giardini Reali. Grande attesa per la visita di Papa Benedetto XVI di domenica 2 maggio. "Mi auguro che l'Ostensione metta in evidenza la sofferenza della Chiesa. Che l'Ostensione risolva tutto ciò che i giornali dicono in questi giorni però non è automatico perché dipende dalla vostra volontà", ha detto il card. Poletto rivolgendosi ai giornalisti. "Se c'è una persona che non si può toccare in tutta questa vicenda - ha puntualizzato Poletto - perché è sempre stato inflessibile è sua Santità Benedetto XVI. Solo che vedo questo accanimento sui giornali e mi chiedo ma chi ci sta dietro a questa insistenza? Lascio un punto interrogativo". Il caso mediatico potrebbe quindi essere pilotato da qualcuno? "Potrebbe anche essere una manovra" ha risposto il cardinale. "Perché non si spiega - ha aggiunto - come mai prima il Papa era chiamato il "cardinale di ferro" e ora invece lo coprono di accuse, dicono che sarebbe stato molle, che avrebbe coperto...". "La Chiesa di momenti dolorosi ne ha sempre vissuti nella storia e questo momento è doloroso forse anche per un accanimento eccessivo dei mezzi di comunicazione". "Si punta il dito contro gli errori di qualche persona consacrata, sacerdote o religioso - ha detto Poletto - dimenticando di dire il tanto bene che nella storia la Chiesa ha fatto per l'umanità. Il primo a condannare è stato proprio il Santo Padre, che ha scritto ai cattolici di Irlanda dicendo di provare vergogna. La Chiesa non vuole insabbiare o attenuare, condanna con durezza. Ma continuare da settimane e mesi su questa cosa dimenticando i meriti della Chiesa non è un atto onesto. È come si vede il puntino nero e non il foglio bianco". "L'Ostensione non è collegata a questi temi - ha sottolineato Poletto - ma può contribuire a farci diventare tutti più buoni, anche i giornalisti, a far pensare loro che forse non è il caso di tornare su un argomento di un mese fa se già era stato detto. La finalità di diventare più buoni non è dire 'non parlate più di queste cose' ma di diventare più buoni in generale, nella vostra serietà professionale che è una grande responsabilità".

La Repubblica.it, Apcom

Il vescovo di Oakland: Giovanni Paolo II rallentò molto il processo di riduzione allo stato laicale per arginare la grande fuga dei preti

Ci sarebbe una norma procedurale voluta da Papa Giovanni Paolo II dietro il ritardo di due anni con cui la Congregazione per la Dottrina della fede guidata dall'allora card. Joseph Ratzinger concesse la 'dimissione dallo stato clericale' a Stephen Kiesle, il prete molestatore di Oakland, in California. Kiesle aveva chiesto di essere ridotto allo stato laicale - richiesta appoggiata anche dal suo vescovo, mons. John S. Cummins - ma era nato 'solo' nel 1947. Questo significa che nel 1985, quando Cummins scrisse al card. Ratzinger per chiederne la laicizzazione, Kiesle aveva solo 38 anni. Di qui la risposta di Joseph Ratzinger che invitava a prendere tempo e ad esaminare il caso più attentamente ''per il bene della Chiesa universale''. A puntare il dito contro Wojtyla è oggi lo stesso Cummins che, parlando con il New York Times, spiega che Giovanni Paolo II ''rallentoò molto il processo e lo rese molto più ponderato''. Cummins aveva chiesto al card. Ratzinger con una lettera di ridurre allo stato laicale Kiesle già nel febbraio 1982. Successivamente, non avendo ricevuto risposta, aveva fatto appello anche direttamente a Wojtyla. ''Fondamentalmente - scriveva un funzionario della diocesi di Oakland, padr. George Mockel, a Cummins - faranno 'dormire' la causa fino a quando Steve sarà un po' più vecchio. Io credo che sia una cattiva idea''. Sempre Cummins spiega che dietro il 'rallentamento' della pratica voluto da Giovanni Paolo c'era la 'grande fuga' di preti da seminari e conventi seguita al Concilio Vaticano II e al 1968. In un documento interno dell'ordine religioso dei dehoniani, risalente al 2007 e pubblicato da Il blog degli amici di Papa Ratzinger evidenzia come fosse proprio la Congregazione per la dottrina della fede a gestire le pratiche di ''dispensa dal celibato'', passato quindi nelle mani della Congregazione per il culto divino e quindi di quella del Clero. Malgrado questi cambiamenti le norme in vigore sono le stesse, e risalgono al 1980. Il documento, nel 2007, precisa: ''C'è da aggiungere che la Congregazione per il Clero ordinariamente non presenta al Papa quelle cause che si riferiscono a sacerdoti che non abbiano compiuto 40 anni di età, a meno che sussistano motivi di particolare eccezionalità, da esaminare in una Commissione speciale di 5 membri, soprattutto quando esiste il pericolo di un grave scandalo o quando si può provare la presenza di motivazioni eccezionali previe all'ordinazione''.

Asca

Telegramma di cordoglio del Papa per la tragica morte del presidente polacco: imploro per la Polonia una benedizione speciale di Dio onnipotente

Il Papa esprime il suo ''profondo dolore'' per la morte del presidente polacco Lech Kaczynski (nella foto con Benedetto XVI) e degli altri componenti della delegazione presidenziale polacca nel disastro aereo avvenuto questa mattina in Russia durante la fase di atterraggio, in un telegramma inviato al presidente del Parlamento della Repubblica polacca Bronislaw Komorowski. ''E' con profondo dolore che ho appreso la notizia della tragica morte del Signor Presidente Lech Kaczynski, della sua moglie e delle persone che lo accompagnavano in viaggio a Katyn'', si legge nel messaggio. ''Tra loro voglio elencare il Signor Ryszard Kaczorowski, l'ex-Presidente della Repubblica in esilio, il vescovo foraneo Tadeusz Ploski, l'arcivescovo ortodosso foraneo Miron Chodakowski e il pastore militare evangelico Adam Pilsch''. ''Affido tutte le vittime di questo drammatico incidente - prosegue il Papa - i parlamentari, i politici, i rappresentanti dell'esercito e delle Famiglie di Katyn, nonchè tutte le altre persone - alla bontà di Dio misericordioso. Possa Egli accoglierli nella sua gloria. Alle famiglie dei morti e a tutti i Polacchi presento le mie sincere condoglianze assicurandoli della mia vicinanza spirituale. In questo difficile momento - conclude il Pontefice - imploro per il Popolo polacco una benedizione speciale di Dio onnipotente''.

Asca

Il Papa a Cipro. Il programma ufficiale del viaggio di Benedetto XVI per la pubblicazione dell'Instrumentum Laboris del Sinodo per il Medio Oriente

Un viaggio ecumenico nel cuore del Mediterraneo orientale, per incontrare la piccola Chiesa di Cipro e, attraverso di essa, tutte le Chiese che saranno protagoniste dell'Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo di ottobre. Sarà questa la linea del viaggio apostolico che Benedetto XVI compirà a Cipro dal 4 al 6 giugno. Il Papa atterrerà sabato 4 all’aeroporto internazionale di Paphos e poco dopo sarà impegnato nella celebrazione ecumenica nell’aerea archeologica della Chiesa di Agia Kiriaki Chrysopolitissa, sempre a Paphos. La mattina di sabato 5, a Nicosia, vedrà in agenda una serie di incontri: con il presidente della Repubblica cipriota, le autorità civili e il corpo diplomatico, la comunità cattolica locale. Poco dopo mezzogiorno, Benedetto XVI incontrerà Sua Beatitudine Chrysostomos II, arcivescovo ortodosso di Cipro, con il quale si tratterrà a pranzo. Nel pomeriggio, il Papa presiederà la Santa Messa con il clero diocesano e religioso, le suore e tutte le forze della piccola Chiesa locale. Domenica 6, il Palazzo dello Sport Elefteria di Nicosia sarà teatro della Messa solenne che Benedetto XVI presiederà in occasione della pubblicazione dell’Instrumentum Laboris del Sinodo per il Medio Oriente. Nel pomeriggio il Pontefice visiterà la cattedrale maronita di Cipro. Quindi, alle 17.45 è in programma la cerimonia di congedo all’aeroporto Internazionale di Larnaca e la partenza verso lo scalo romano di Ciampino dove l’aereo papale verso le 20.45.

Nel 1983 il card. Ratzinger appoggiò la dispensa dal celibato del prete ma fu frenato dalle regola di Wojtyla che la vietava a chi non aveva 40 anni

Joseph Ratzinger fu frenato dalle regole stabilite da Giovanni Paolo II in merito alla riduzione allo stato laicale dei sacerdoti, al momento di prendere una decisione in merito al caso di padre Stephen Kiesle, prete pedofilo di Oakland (Usa). In un passaggio della lettera del 1985 resa nota ieri dall'agenzia Associated Press, l'allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede fa implicito riferimento alla prassi seguita all'epoca in Vaticano. Al vescovo che su proposta dello stesso sacerdote domandava l'autorizzazione a non riammettere padre Kiesle al servizio pastorale dopo tre anni di arresti domiciliari, dimettendolo invece dallo stato clericale, l'allora card. Ratzinger sottolineava che ciò avrebbe provocato "danno" nella comunità dei fedeli "in particolare per quanto riguarda la giovane età del richiedente". Nato nel 1947, infatti, il sacerdote aveva allora 'solo' 38 anni. Poco dopo essere salito al Soglio Pontificio nel 1978, Wojtyla aveva impartito alla Curia l'indicazione di non accogliere, di regola, le richieste di sacerdoti che rinunciavano all'abito talare prima dei 40 anni. Pochissime le eccezioni ammesse, come quella della presenza di figli. La prassi, tuttora in vigore, fu voluta da Giovanni Paolo II perché, negli anni precedenti, il Concilio vaticano II (1962-1965) prima e i fermenti sociali del Sessantotto poi indussero molti sacerdoti a chiedere la dispensa del sacerdozio, così come molti seminaristi ad abbandonare la propria formazione sacerdotale. Un'emorragia di vocazioni che preoccupava il Vaticano e indusse Wojtyla a stabilire un giro di vite nell'accettazione delle richieste di 'spretamento'. Contro questa prassi si scontrò l'allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, il futuro Papa Benedetto XVI. Nel 1981 la diocesi di Oakland chiese al Vaticano che padre Kiesle venisse rimosso. A chiedere la riduzione allo stato laicale era lo stesso sacerdote, che poi sarebbe stato condannato a sei anni per lo stupro di una bambina. Già nel 1983 il card. Ratzinger appoggiò questa richiesta presso le istanze superiori vaticane. Ma la richiesta venne rifiutata. Nel 1985, allora, il prefetto dell'ex Sant'Uffizio scrisse al vescovo di Oakland, John Cummins, indicando che bisognava aspettare. Per il "bene della Chiesa universale".

L'avvocato Usa del Vaticano: il prete venne ridotto allo stato laicale rapidamente per l'epoca. La competenza sugli abusi era del vescovo locale

L'avvocato californiano Jeffrey Lena, che rappresenta la Santa Sede in alcuni casi di abuso sessuale da parte dei preti, invita a non dare ''giudizi affrettati'' sul caso di Stephen Kiesle e sottolinea che il prete venne ridotto allo stato laicale ''rapidamente, non per gli standard moderni, ma per gli standard dell'epoca''. In una dichiarazione diffusa dalla Sala Stampa della Santa Sede, Lena precisa che ''durante l'intero corso del processo il prete rimase sotto il controllo, l'autorità e la cura del vescovo locale, che era responsabile di accertarsi che non facesse del male, come previsto dalla legge canonica''. ''Il caso di abuso - aggiunge - non venne affatto trasferito in Vaticano. Questo era un caso di laicizzazione in cui la Congregazione per la dottrina della fede stava cercando di determinare se ci fossero le condizioni per la laicizzazione. La Congregazione non era nemmeno competente per i casi di abuso, all'epoca. La competenza era del vescovo locale''. Inoltre, Lena invita a leggere attentamente l'invito del card. Ratzinger al vescovo locale di segurie Kiesle ''con tutta la cura paterna possibile'': ''E' un modo di dire che questo prete era sotto l'autorità e la cura del vescovo, che era responsabile di far in modo che non facesse ancora del male'', spiega Lena.

Asca

Il Papa assiste all'anteprima del film tv su Pio XII: padre di tutti, ha presieduto alla carità a Roma e nel mondo durante la seconda guerra mondiale

Papa Pio XII è stato un ''padre di tutti'' e ''ha presieduto alla carità a Roma e nel mondo, soprattutto nel difficile tempo del secondo conflitto mondiale'': sono le parole con cui Papa Benedetto XVI ha commentato ieri, con un breve discorso pronunciato nella sua residenza di Castel Gandolfo, la proiezione in anteprima della fiction ''Sotto il cielo di Roma'', dedicata a Papa Pacelli e prodotta dalla Rai e dalla Luz video. "Per chi a scuola ha studiato questi argomenti o ne ha anche solo sentito parlare", ha detto Papa Ratzinger, "film come questi possono essere utili e stimolanti, possono aiutare a conoscere un periodo che non è affatto lontano ma che gli eventi incalzanti della storia recente, così frammentati, possono far obliare. Pio XII è stato il Pontefice della nostra giovinezza. Con il suo ricco insegnamento ha saputo parlare agli uomini del suo tempo indicando la strada della verità con la sua grande saggezza ha saputo orientare la chiesa verso l'orizzonte del terzo millennio''. ''Mi preme però sottolineare particolarmente - ha osservato il Pontefice - come Pio XII sia stato il Papa, che, come padre di tutti, ha presieduto alla carità a Roma e nel mondo, soprattutto nel difficile tempo del secondo conflitto mondiale''. Pacelli, ha concluso, ''è stato un grande maestro di fede, di speranza e carità''. “Il primato della carità, dell’amore, che è il comandamento del Signore Gesù: questo – ha concluso il Pontefice – è il principio e la chiave di lettura di tutta l’opera della Chiesa, in primis del suo Pastore universale”: “La carità è la ragione di ogni azione, di ogni intervento. E’ la ragione globale che muove il pensiero e i gesti concreti, e sono lieto che anche da questo film emerga tale principio unificante. Mi permetto di suggerire questa chiave di lettura, alla luce dell’autentica testimonianza di quel grande maestro di fede, di speranza e di carità che è stato il Papa Pio XII”. Il Presidente della Rai, Paolo Garimberti, nel suo saluto a Benedetto XVI ha sottolineato che "la grande tradizione di servizio pubblico della Rai è caratterizzata dall'impegno a realizzare produzioni di grande valore culturale e popolare con l'ambizione di offrire ai suoi telespettatori un contributo allo sviluppo di un dialogo su temi di attualità, volgendo lo sguardo alle radici della nostra storia". Il Presidente Garimberti ha poi aggiunto che la Rai è orgogliosa dell'opera che è stata presentata: " La sfida che si pone la fiction dedicata a Pio XII è di raccontare al grande pubblico la storia di un Papa e del suo Pontificato, incoraggiando una riflessione su uno dei momenti più drammatici del Novecento".

Asca, Apcom, Radio Vaticana

Presunte coperture da esponenti diocesani e vaticani sugli abusi di un prete canadese, amico di Wojtyla, ridotto allo stato laicale da Benedetto XVI

Un altro caso di un prete pedofilo arriva dal Canada e lo ha portata alla luce il quotidiano Globe and Mail. Protagonista della vicenda è padre Bernard Prince, di origine polacca, amico intimo di Papa Giovanni Paolo II, che è stato per molti anni in Vaticano come segretario generale della Pontificia Opera Missionaria della Propagazione della Fede, un organismo collegato alla Congregazione vaticana per l'Evangelizzazione dei Popoli. Documenti pubblicati dal quotidiano canadese mostrerebbero che diversi vescovi canadesi, alti funzionari vaticani e un nunzio apostolico coprirono i suoi abusi. Prince è risultato poi colpevole di abusi su 13 minori e per questo condannato a 4 anni di carcere dalla giustizia canadese. In particolare, il Globe and Mail pubblica la lettera inviata nel 1993 da mons. Jospeh Widle vescovo di Pembroke, la diocesi dove si erano svolti i fatti, al nunzio apostolico mons. Carlo Curis, in carica dal 1990 al 1999, nella quale si fa esplicito riferimento alle strategie da mettere in atto per coprire e insabbiare la storia che avrebbe potuto danneggiare gravemente la Chiesa. Dalla lettera emerge che informato almeno in parte dei fatti era anche l'allora prefetto della Congregazione per il clero, card. Josè Sanchez. ''Dato che le accuse sono molto serie - si legge nella missiva - io non vedrei alcun inconveniente al fatto che gli sia data una seconda chance allontanandolo dalla scena canadese''. Il vescovo, oggi deceduto, sconsigliava però di promuovere all'episcopato Prince o di dargli altri onori troppo visibili , in quanto questo avrebbe potuto risvegliare la collera delle vittime, e portare a un processo che ''potrebbe avere conseguenze disastrose non solo per la Chiesa canadese ma anche tutta la Santa Sede''. Prince mantenne il suo incarico in Vaticano dal 1991 al 2004. Venne ridotto allo stato laicale da Papa Benedetto XVI nel 2009, quando era già in carcere.

Asca

In una lettera il card. Ratzinger disse di voler studiare meglio il caso di un prete pedofilo ma chiese che non si potesse più avvicinare ai bambini

Una lettera del 1985 firmata dal card. Joseph Ratzinger dimostra la contrarietà del futuro Papa alla rimozione di un sacerdote californiano, Stephen Kiesle, che aveva molestato dei bambini. Nella missiva, scritta in latino, l'allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede esprimeva preoccupazione per l'effetto che una la riduzione allo stato laicale del sacerdote avrebbe avuto sul "bene della chiesa universale". A rivelarlo è l'agenzia Associated Press, entrata in possesso di una fitta e lunghissima corrispondenza sul caso tra la diocesi di Oakland e il Vaticano. L'agenzia riferisce che la Santa Sede ha confermato la firma di Ratzinger sulla lettera, ma ha rifiutato di commentarne il contenuto: "L'ufficio stampa non ritiene necessario rispondere a ogni singolo documento preso fuori contesto che riguarda particolari situazioni legali - ha detto all'Ap padre Federico Lombardi, portavoce vaticano - Non è strano che ci siano singoli documenti con la firma di Ratzinger". In seguito il vicedirettore della sala stampa vaticana, padre Ciro Benedettini, ha precisato che "l'allora card. Ratzinger non coprì il caso ma, come si evince chiaramente dalla lettera, fece presente la necessità di studiare il caso con maggiore attenzione". Secondo fonti della Santa Sede, "con accanimento continuano i tentativi di coinvolgere Joseph Ratzinger nello scandalo della pedofilia". Nella missiva, sostengono, il card. Ratzinger consigliava "di avere la massima cura paterna" non tanto per il sacerdote "quanto per le vittime e per i bambini che mai più avrebbe dovuto poter avvicinare", definiva gli argomenti a favore della riduzione allo stato laicale di "grande significato", suggeriva prudenza al vescovo di Oakland, John Cummins, sottolineando di considerare "il bene della Chiesa universale" e il "danno che concedere la dispensa può provocare nella comunità dei credenti in Cristo, in particolare vista la giovane età" del religioso. Il sacerdote, all'epoca trentottenne, era accusato di aver compiuto diversi abusi a cavallo degli anni '70-'80. Fu ridotto allo stato laicale nel 1987, due anni dopo la lettera. Le fonti aggiungono che il sacerdote non veniva riammesso al lavoro pastorale, tema che comunque non era all'epoca di competenza della Congregazione della Dottrina della Fede, che divenne competente su questi casi nel 2001. I tempi intercorsi si spiegano con la lentezza delle comunicazioni in quell'epoca. E sembra che alcuni commentatori confondano la rimozione di un sacerdote dall'incarico, all'epoca di competenza del vescovo locale, con la riduzione allo stato laicale che deve essere autorizzata dalla Santa Sede. A questo proposito un esperto di diritto canonico segnala cinque inesattezze nella ricostruzione della vicenda: nel 1985 la Sacra (allora c'era ancora questo aggettivo per le Congregazioni romane) Congregazione per la Dottrina della Fede non era competente per i casi di pedofilia, ma lo era per le richieste di dispensa dal sacerdozio. Il sacerdote Stephen Miller Kiesle chiedeva appunto la dispensa dal sacerdozio; la richiesta era appoggiata dal vescovo, ma era del sacerdote: non si trattava quindi di una riduzione allo stato laicale di tipo "penale", cioè di una punizione per gli atti di pedofilia, ma di una domanda del sacerdote stesso. Non risulta, dalla lettera, se il vescovo aveva intrapreso procedimenti punitivi nei confronti del sacerdote. Era ed è tuttora prassi che non si concedano dispense dal sacerdozio a coloro che le richiedono, se non al compimento dei 40 anni di età (salvo casi particolari, come l'esistenza di figli). Al reverendo Kiesle la dispensa fu concessa nel 1987, cioè proprio quando raggiunse i 40 anni. La responsabilità dell'intera vicenda, e di eventuali ritardi nelle decisioni, non può essere addossata alla Santa Sede, che fino al 2001 non aveva competenza per i casi di pedofilia se non implicavano la "sollecitazione" della vittima nel confessionale.

La Repubblica.it

Il card. Bagnasco: nessuna cultura del silenzio. Mons. Arborelius: preoccupazione e rabbia per gli abusi. Ho constatato di persona che il Papa soffre

Contro Papa Benedetto XVI c'è ''certamente'' una campagna orchestrata dai nemici della Chiesa: lo afferma, in un'intervista alla CNN, il presidente della CEI card. Angelo Bagnasco. ''Guardo i fatti e sembra che ogni parola, ogni atto del Santo Padre, non vada bene a certe persone o in certi ambienti. Sembra che li irritino. Uno si deve chiedere perchè'', ha detto il porporato rispondendo alle domande di Diana Magnay. ''La Chiesa ha sempre perseguito e dato delle indicazioni di massima trasparenza e fermezza nell'affrontare questo crimine, così come altri tipi di crimini che possono essere commessi. Dunque non c'è stata una 'cultura del silenzio' imposta o predicata dalla Chiesa, a nessun livello'', ha detto rispondendo ad una domanda sulle dichiarazioni del Promotore di giustizia vaticano, mons. Charles Scicluna, che ha parlato di una diffusa cultura della segretezza qui in Italia. Quanto alla risposta della Chiesa, a livello internazionale, Bagnasco ricorda che ''diversi vescovi di varie nazioni - una volta trovati responsabili di non essere prontamente intervenuti contro alcuni preti, e avere nascosto i fatti - si sono dimessi''. Non solo, aggiunge, ''il Santo Padre ha immediatamente accettato le dimissioni di quei vescovi'': ''Io penso che in alcuni casi quelle dimissioni siano anche state chieste''.
In una lettera ai fedeli che sarà letta domenica 11 aprile in tutte le Messe della diocesi di Stoccolma, mons. Anders Arborelius, vescovo della diocesi svedese nonchè presidente della Conferenza Episcopale della Scandinavia, esprime ''la sua profonda preoccupazione e rabbia'' per gli abusi sessuali che i sacerdoti hanno commesso nei confronti dei bambini. ''E' con grande dolore - scrive il presule - che riceviamo informazioni da ogni parte riguardanti sacerdoti, che nel modo più atroce hanno peccato contro i bambini e i giovani, e quindi anche contro Dio stesso. Questa settimana abbiamo anche sentito come un vescovo in un paese vicino ha fatto questo. Proviamo dolore e disgusto, ma soprattutto una compassione incommensurabile per i bambini e giovani che hanno sofferto di questi crimini''. ''Il Santo Padre - prosegue mons. Arborelius - soffre di tutto questo, come io stesso ho potuto constatare quando l'ho incontrato il 25 marzo. Egli sottolinea come la Chiesa debba confrontarsi con una profonda revisione critica per questi fatti tragici''. ''Noi tutti - aggiunge il vescovo - abbiamo la responsabilità di assicurare che la santità, la purezza, la misericordia e la solidarietà siano diffuse tra tutti i membri della Chiesa''. Quindi osserva: ''E' un momento molto difficile in questo momento per molti sacerdoti che si sentono guardati con sospetto anche se vivono una vita santa. Anche molti laici possano sentirsi puntati e traditi. Ma proprio quando vediamo come il peccato esiste anche nella Chiesa, dobbiamo guardarla come un appello che Dio fa ad una conversione profonda. Questo tempo di purificazione è molto importante e potrebbe portare ad un rinnovamento spirituale, se tutti noi la consideriamo come una chiamata a tendere alla santità''.

Asca