sabato 24 gennaio 2009

Il segretario di Giovanni XXIII e il 50° dalla convocazione del Concilio Vaticano II. Sui vescovi lefebvriani: la Chiesa è madre e maestra

Siamo ancora agli albori della civiltà cristiana: così il segretario personale di Giovanni XXIII, mons. Loris Capovilla, ricorda il 50° anniversario della convocazione del Concilio Vaticano II che cade domani. E sui lefebvriani, ai quali il Papa ha revocato la scomunica nonostante le loro riserve sul Concilio, il principale collaboratore di Papa Rincalli ricorda che la Chiesa è "madre e maestra". "A cinquant'anni dal Concilio, come per qualsiasi vicenda terrena, ci sono divergenze di valutazione", afferma il presule. "Non c'è stata nessuna crepa nell'unità e nella compattezza della Chiesa. Anche se nella strategia operativa e pastorale è evidente che il passo della gamba è diverso, qualcuno ha il passo più lungo e qualcuno più corto. Ci sono, legittimamente, visioni diverse. Ma come insegnava Papa Giovanni, nella carità tutto si ricompone in unità". Per il segretario di Papa Roncalli, "siamo agli inizi appena della civiltà che da Cristo prende il nome. Sono passati già 2000 anni? Sì, ma, anche se abbiamo fatto della buona strada, siamo ancora nella prima ora. Le ultime parole di Papa Giovanni furono: La mia giornata terrena finisce, ma Cristo vive e la Chiesa ne continua la missione nel tempo e nello spazio". La revoca della scomunica ai lefebvriani, per mons. Capovilla, è "un grande atto". "La Chiesa, una volta ancora, dà prova di essere madre e maestra. Deve essere maestra, a volte anche severa, perché deve trasmettere la sua dottrina. Ma è sempre madre. Le sue braccia rimangono sempre aperte e spalancate. Se ci incontriamo, e ci ascoltiamo e parliamo pacatamente, se facciamo nostro l'insegnamento di Papa Giovanni che diceva di cercare ciò che ci unisce e mettere da parte - non ignorare, mettere da parte - ciò che ci divide, è possibile camminare insieme in base alla legge dell'amore che ci ha insegnato Cristo". Le controverse posizioni dei lefebvriani? "L'ascetica cristiana - risponde Capovilla - insegna che se un uomo riesce a superare un difetto all'anno è già un miracolo". Il segretario di Roncalli ricorda un aneddoto della convocazione del Concilio avvenuta il 25 gennaio del 1959. "Prima di annunciarlo, mi ha confidato la sua decisione due o tre volte. Erano passati appena due mesi di pontificato. E io, con molta naturalezza, ho ascoltato senza fare commenti. Se il codice lo prevede e ci sono già stati venti Concili ecumenici, pensavo, non c'è nulla di strano che venga riconvocato. Certo, dentro di me avevo qualche riserva per l'età del Papa, che aveva 77 anni. Ma stavo in silenzio rispettoso. Alla terza volta che mi accennò la sua decisione, di fronte al mio silenzio, disse: 'Il tuo superiore è la terza volta che ti dà questa notizia, e tu non dici una parola'. Risposi che ero abituato ad accettare quel che la Provvidenza mandava. Ma lui ribatté: 'Tu pensi che sono troppo vecchio per imbarcarmi in un'impresa del genere, perché credi che una persona che annuncia un evento deve anche concluderlo. Ma è già un grande onore avere avuto questa ispirazione ed accoglierla. Poterla annunciare è un altro grande onore. Non è mica detto che devo concluderlo io. Il Signore usa noi piccoli uomini per realizzare la sua opera. Il Concilio è stato poi concluso da Paolo VI, e applicato da Giovanni Paolo II e, ora, da Benedetto XVI".

Il chiodo alla bara del dialogo degli ebrei e il 'secolarismo' ecclesiale di certi prelati

di Scenron

Ho raggruppato in un unico post le affermazioni deliranti di alcuni esponenti del mondo ebraico e le puntualizzazioni al limite del ridicolo di alcuni eminenti prelati europei, perché entrambe volte a screditare senza nessun fondamento un atto misericordioso del Santo Padre.
Con queste ultime uscite da parte di alcuni rabbini si è davvero toccato il fondo. Un nuovo caso montato ad arte, un nuovo pretesto per "minacciare" il dialogo con la Chiesa Cattolica, un nuovo modo per colpire in particolare la persona di Joseph Ratzinger, e il giochetto sempre efficace di tirar fuori il contrito e penitente Papa Wojtyla ne è la dimostrazione. L'unica cosa che mi stupisce è da chi provengano certe farneticazioni (mi chiedo come si possa mettere in dubbio la condanna del Vaticano per la Shoah, ancora una volta, sulla base di nulla! La Radio Vaticana in previsione ha preparato un servizio che ripercorre tutto il Magistero di condanna della Shoah di Benedetto), il rabbino Rosen, che poco tempo aveva incontrato il Papa in Vaticano: come mai allora non chiese a Benedetto una nuova presa di posizione ufficiale contro l'Olocausto?
Leggo meravigliato che con quest'atto "è stato messo un chiodo sulla bara del dialogo". Io mi offro volontario per piantarne un altro! Non ci può essere dialogo con chi ogni giorno ti ricopre di calunnie, con chi attende ogni minimo passo falso. “Fratelli maggiori” o no, prima di loro viene Gesù Cristo e la sua Chiesa, quindi anche chi ne fa parte pur essendo sopra le righe.
E veniamo agli altri prelati che hanno sentito il bisogno, con le loro parole illuminanti, di far da corona ai già limpidi documenti con cui viene revocata la scomunica ai vescovi scismatici di mons. Lefebvre. I dubbi sul Concilio Vaticano II nessuno dentro la Santa Sede c’è li ha, men che meno Papa Ratzinger. E’ stato sottolineato che pur essendo dentro la Chiesa, questi vescovi non sono in piena comunione con essa, proprio in conseguenza alle riserve espresse sulla grande assise dei vescovi dello scorso secolo. Stento a capire il perché di queste uscite (concordate?) di eminenze e eccellenze dell’Europa, più preoccupati di seguire l’onda del tanto declamato “spirito del Concilio”, una sorta di “secolarismo” ecclesiale, che delle chiese vuote e del diminuire progressivo dei fedeli.

Revoca della scomunica ai lefebvriani. Le ennesime "minacce" al dialogo degli ebrei e le inutili precisazioni dei vescovi europei

Con la revoca della scomunica ai lefebvriani - tra di essi il vescovo Richard Williamson, che ha di recente negato la Shoah - il Vaticano "minaccia il futuro della storica riconciliazione tra la Chiesa Cattolica e il popolo ebraico". Lo sostiene il rabbino capo David Rosen (nella foto con Benedetto XVI), presidente dell'International Jewish Committee for Inter-religious Consultations (Ijcic) e direttore internazionale per gli affari interreligiosi dell'American Jewish Committee (Ajc). "Giovanni Paolo II - afferma Rosen interpellato in Israele per un commento - ha definito l'antisemitismo un peccato contro Dio. La negazione della traboccante documentazione circostanziata della Shoah è antisemitismo nel modo più sfacciato. Nell'accogliere un negazionista nella Chiesa cattolica senza alcuna ritrattazione da parte sua, il Vaticano si è fatto beffa del ripudio e della condanna commovente e impressionante dell'antisemitismo fatta da Giovanni Paolo II. Spero ardentemente - conclude - che il Vaticano affronterà con urgenza questa materia, nel momento in cui minaccia il futuro della storica riconciliazione tra la Chiesa Cattolica e il popolo ebraico". In una intervista di inizio novembre alla televisione svedese Svt, Williamson - uno dei quattro vescovi lefebvriani a cui Benedetto XVI ha revocato la scomunica - ha affermato: "Io credo che le camere a gas non siano mai esistite...penso che dai 200mila ai 300mila ebrei siano morti nei campi di concentramento, ma nessuno nelle camere a gas". Il superiore della Fraternità sacerdotale San Pio X, monsignor Bernard Fellay, ha precisato che si trattava di "private opinioni". Dopo che alcune fughe di notizia avevano preannunciato, alcuni giorni fa, la revoca della scomunica ai lefebvriani, la stessa Commissione ebraica internazionale per le consultazioni interreligiose ha espresso, con una nota, "la propria profonda preoccupazione per le notizie relative all'incombente revoca della scomunica per quattro vescovi del movimento dell'arcivescovo Lefebvre, che erano stati allontanati dalla Chiesa. Questi vescovi sono stati scomunicati nel 1988 per la loro opposizione al Concilio vaticano II, specialmente per la prosecuzione delle relazioni interreligiose con i protestanti, gli ebrei e i musulmani. Mentre questa riconciliazione è una materia interna della Chiesa cattolica - spiegava Rosen - noi siamo profondamente preoccupati da ogni abbraccio ad un negazionista dell'olocausto da parte del Vaticano. Chiediamo urgentemente al Vaticano di ribadire il proprio categorico ripudio e condanna di ogni e tutti coloro che negano l'olocausto". Il rabbino Rosen è stato di recente ricevuto in Vaticano dal Papa alla testa di una delegazione della Ijcic, che è interlocutrice della Pontificia Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo guidata dal card. Walter Kasper.
Il decreto di revoca della scomunica dei lefebvriani è un gesto voluto dal Papa per promuovere l'unità della Chiesa e non va inteso come un avallo a dimenticare il Concilio Vaticano II: è quanto, in sostanza, puntualizzano alcuni dei principali episcopati europei. "Il Papa mostra la possibilità del ritorno nella piena comunità con la Chiesa Cattolica e non lascia al contempo alcun dubbio sul fatto che le conclusioni del Concilio Vaticano II sono un fondamento irrinunciabile per la vita della Chiesa", puntualizza in una nota il presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, mons. Robert Zollitsch. "Papa Benedetto XVI tende la mano alla Fraternità sacerdotale Pio X. Con lui io spero e prego che essa venga afferrata". Sulla stessa linea il presidente dei vescovi francesi. "Ogni volta che la Chiesa sospende una pena io me ne rallegro", spiega il card. André Vingt-Trois in un'intervista pubblicata sul sito della Conferenza Episcopale. "E' un'opportunità, una porta aperta, per permettere a dei cristiani di ritrovare la pienezza della comunione con la Chiesa. A condizione - aggiunge l'arcivescovo di Parigi - che essi lo desiderino o l'accettino. E' un gesto di apertura per fortificare l'unità della Chiesa". Il porporato precisa, poi, che "delle persone che, in maggior parte, si presentano sinceramente come i difensori della Tradizione, si danno il potere magisteriale di distinguere la buona Tradizione dalla cattiva Tradizione. Ma un tale atto di discernimento non può che essere un atto della Chiesa, non quello di un gruppo particolare della Chiesa". Il presidente dei vescovi svizzeri rincara la dose. "Nella sua decisione - afferma in una nota mons. Kurt Koch - Papa Benedetto XVI è stato guidato dalla convinzione che dopo il riconoscimento del Magistero e dell'autorità del Papa vi sono buone prospettive che i pendenti colloqui sulle questioni ancora irrisolte dell'eredità vincolante del Concilio Vaticano II possano giungere a buon fine. In questo modo la piena riconciliazione deve trovare la sua visibile espressione nella piena comunione sulla base di una fede comuna. Spero e prego - conclude il capo dei vescovi svizzeri - che questa riconciliazione avrà luogo".

'L'Osservatore Romano' e la revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani: frutto del Concilio Vaticano II, sarebbe piaciuto ai Papi precedenti

L'odierna revoca della scomunica dei lefebvriani è uno dei "frutti del Concilio Vaticano II": lo spiega L'Osservatore Romano, che al 50° anniversario della convocazione del Concilio, domani, dedica una serie di servizi, ricordando che la grande assemblea di vescovi e teologi che si svolse dal 1962 al 1965 non va "mitizzato". "Un Concilio che, come tutti gli altri, deve essere storicizzato e non mitizzato, inseparabile dai suoi testi, che proprio dal punto di vista storico non possono essere contrapposti a un supposto 'spirito' del Vaticano II", scrive il direttore del quotidiano vaticano, Gian Maria Vian. "I buoni frutti del concilio sono innumerevoli e tra questi vi è ora il gesto di misericordia nei confronti dei vescovi scomunicati nel 1988. Un gesto che sarebbe piaciuto a Giovanni XXIII e ai suoi successori, e un'offerta limpida che Benedetto XVI, Papa di pace, ha voluto rendere pubblica in coincidenza con l'anniversario dell'annuncio del Vaticano II, con l'intenzione chiara di vedere presto sanata una frattura dolorosa. Intenzione - puntualizza L'Osservatore Romano dopo le polemiche con il vescovo lefebvriano negazionista - che non sarà offuscata da inaccettabili opinioni negazioniste e atteggiamenti verso l'ebraismo di alcuni membri delle comunità a cui il vescovo di Roma tende la mano".

La 'Radio Vaticana' ripercorre la Shoah nel Magistero del Papa: Benedetto XVI, amico degli ebrei, l'ha condannata

Rispondendo alle recenti polemiche sul vescovo lefebvriano negazionista Richard Williamson e indirettamente alle ormai consuete critiche da parte del mondo ebraico, Radio Vaticana dedica uno speciale alla 'Shoah nel Magistero di Benedetto XVI' nel giorno in cui il Papa ha pubblicato un decreto di revoca della scomunica ai seguaci di mons. Lefebvre. "Da sottolineare che il Magistero di Benedetto XVI è caratterizzato fin dal suo inizio da una forte attenzione all'ebraismo", afferma la radio del Papa, "tutto il pensiero di Benedetto XVI così come il suo Magistero con riferimento all'ebraismo è in linea con la Dichiarazione conciliare 'Nostra Aetate' (1965)". Radio Vaticana ricorda la visita di Papa Ratzinger alla sinagoga di Colonia, gli scambi di auguri con il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e la visita ad Auschwitz (28 maggio 2006). In quest'ultima occasione, sottolinea l'emittente, Benedetto XVi disse: "Prendere la parola in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l'uomo che non ha confronti nella storia, è quasi impossibile - ed è particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania. In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio - un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo?". "Con la distruzione di Israele, con la Shoah, - concludeva Benedetto XVI - volevano, in fin dei conti, strappare anche la radice, su cui si basa la fede cristiana, sostituendola definitivamente con la fede fatta da sé, la fede nel dominio dell'uomo, del forte".

La Shoah nel Magistero di Benedetto XVI - l'articolo di Radio Vaticana

Mons. Bernard Fellay: gratitudine filiale a Benedetto XVI, lo aiuteremo nel porre rimedio alla crisi della Chiesa

''Espriamo la nostra gratitudine filiale al Santo Padre per questo atto che, al di là della Fraternità Sacerdotale San Pio X, rappresentera' un beneficio per tutta la Chiesa'': lo scrive in una nota il superiore della comunità lefebvriana, mons. Bernard Fellay. ''La Nostra Fraternità desidera poter aiutare sempre di più il Papa nel portare rimedio alla crisi senza precedenti che attualmente investe il mondo cattolico e che il Papa Giovanni Paolo II ha definito come situazione di 'apostasia silenziosa'''. Fellay si rallegra che ''il decreto consideri come necessari dei 'colloqui' con la Santa Sede, che permetteranno alla Fraternità Sacerdotale San Pio X di mettere sul tappeto le ragioni dottrinali di fondo che essa ritiene essere all'origine degli attuali problemi della Chiesa''.''In questa nuova situazione, nutriamo la ferma speranza di giungere presto al riconoscimento dei diritti della Tradizione cattolica''. In una lettera inviata ai fedeli della sua comunità, il presule ha ribadito però le ''riserve'' sul Concilio Vaticano II. ''Accettiamo e facciamo nostri tutti i Concili fino al Concilio Vaticano II, sul quale esprimiamo delle riserve'', scrive nella lettera diffusa oggi. Fellay aggiunge che la Fraternità è ''convinta di rimanere fedele alla linea di condotta indicata dal nostro fondatore, mons. Marcel Lefebvre, la cui reputazione speriamo di vedere presto riabilitata''.

Comunicato del Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale Pio X, Mons. Bernard Fellay: il testo integrale riportato dal Papa Ratzinger blog

Il Papa: pari diritti e sicurezza per i cristiani in Iraq. I vescovi gli donano il mantello di mons. Rahho e la stola di padre Ragheed

I vescovi caldei iracheni hanno donato al Papa il mantello liturgico di mons. Paul Faraj Rahho (nella foto con Benedetto XVI) e la stola di padre Ragheed Ganni, entrambi uccisi a Mosul, il primo nel 2008, l’altro nel 2007. Il dono è avvenuto durante l’udienza conclusiva della visita "ad limina apostolorum" compiuta in questi giorni dai prelati orientali. Papa Benedetto ha ricevuto le due reliquie “con emozione” e ricordando le “vittime della violenza in Iraq durante questi anni” - e in particolare i due martiri e tanti altri sacerdoti e fedeli - ha detto che “il loro sacrificio è il segno del loro amore alla Chiesa e al loro Paese”. Nel suo discorso ai vescovi, il Pontefice ha sottolineato il valore “insostituibile” della Chiesa caldea nella storia dell’Oriente e dell’Iraq in particolare e li ha esortati a continuare questa missione al servizio “dello sviluppo umano e spirituale” del Paese. Per questo egli ha detto che “è necessario promuovere un alto livello culturale dei fedeli, soprattutto dei giovani. Una buona formazione nei diversi campi del sapere, sia religiosi che profani, è un investimento prezioso per l’avvenire”. Egli ha pure chiesto ai fedeli iracheni di svolgere “un ruolo di moderazione” nella costruzione del Paese per plasmare rapporti di comprensione” fra cristiani e musulmani, precisando che “i cristiani che abitano l’Iraq da sempre, ne sono pienamente cittadini con tutti i diritti e i doveri di tutti, senza distinzione di religione”. Il Papa ha affrontato in modo più diretto la “violenza quotidiana” di cui i cristiani sono fatti oggetto. Egli ha chiesto ai vescovi di sostenere i loro fedeli “incitandoli ad amare la terra dei loro antenati a cui essi rimangono profondamente attaccati”. Allo stesso tempo i prelati devono “fare appello…alle autorità responsabili per il riconoscimento dei loro diritti umani e civili”. Al problema delle violenze all’interno del Paese è legato pure il problema della diaspora e dell’emigrazione. Benedetto XVI ha ringraziato tutti coloro che in diversi Paesi accolgono gli iracheni che “per un certo periodo, debbono purtroppo abbandonare l’Iraq” e ha chiesto ai vescovi di aver cura dei fedeli della diaspora. “È indispensabile - ha precisato il Pontefice - che i fedeli custodiscano la loro identità culturale e religiosa e che i più giovani scoprano e apprezzino la ricchezza del patrimonio della loro Chiesa patriarcale. In tale prospettiva, l’assistenza spirituale e morale di cui i fedeli dispersi nel mondo hanno bisogno, deve essere presa in seria considerazione dai pastori, in relazioni fraterne con i vescovi delle chiese locali”. Il Papa ha anche sottolineato l’importanza delle assemblee sinodali fra i vescovi, esortandoli alla “comunione e a vivere la carità interepiscopale” per “elaborare orientamenti pastorali comuni”. A questo proposito, il Sinodo dei vescovi caldei che era previsto per lo scorso dicembre, è stato rimandato a maggio 2009, pur con tutte le urgenze che presenza la situazione del Paese. Infine, Benedetto XVI ha chiesto ai vescovi di essere vicini ai loro fedeli e spingerli con l’esempio a “rimanere prossimi delle persone nel bisogno o in difficoltà, dei malati, dei sofferenti” e ha elogiato l’impegno di molti cristiani che svolgono una “testimonianza disinteressata di carità… senza distinzione d’origine o di religione”. Il Papa ha concluso con un augurio: “La preghiera e l’aiuto dei vostri fratelli nella fede e di numerose persone di buona volontà vi accompagnino, così che il volto dell’amore di Dio possa continuare a brillare sul popolo irakeno che conosce così tante sofferenze”.

Ai Vescovi Caldei in Visita "ad Limina Apostolorum" (24 gennaio 2009) - il testo integrale del discorso del Papa

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Padre Lombardi: i vescovi lefebvriani sono in comunione non 'piena' con la Santa Sede. Distinguere le posizione personali dalla revoca della scomunica

La Fraternità Sacerdotale San Pio X, la comunità scismatica fondata da mons. Lefebvre e dei cui vescovi Papa Benedetto XVI ha revocato questa mattina la scomunica, è in ''comunione'' con la Santa Sede, ma non ancora in ''piena comunione''. Lo ha precisato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi (nella foto con Benedetto XVI), che ha messo in evidenza il passo del decreto in cui si auspica di ''non risparmiare alcuno sforzo per approfondire nei necessari colloqui con le Autorità della Santa Sede le questioni ancora aperte, così da poter giungere presto a una piena e soddisfacente soluzione del problema posto in origine''. Le affermazioni negazioniste della Shoah di uno dei vescovi lefebvriani a cui il Papa ha revocato la scomunica, Richard Williamson, e lo stesso decreto papale "sono due cose assolutamente indipendenti", afferma padre Federico Lombardi. "Non è che se si toglie la scomunica ad un vescovo si condivide tutto quello che egli dica", ha risposto il gesuita ai giornalisti. Il decreto papale "non ha nessun rapporto con le personali posizioni criticabilissime di una persona", ha aggiunto Lombardi, che ha rilevato come la stessa Fraternità sacerdotale San Pio X ha "preso le distanze". La revoca della scomunica ai lefebvriani è "una buona notizia per il cinquantesimo del Concilio vaticano II". Ai giornalisti che gli domandavano se la ricorrenza della convocazione del Concilio da parte di Giovanni XXIII, che cade domani, non venga contraddetta dalla riammissione dei tradizionalisti di Lefebvre, il portavoce vaticano ha ribattuto: "Al contrario, il Concilio non è più un elemento di divisione ma un evento in cui ci si può incontrare nella stessa Chiesa".

Rimossa la scomunica ai quattro vescovi ordinati nel 1988 da mons. Lefebvre. Nota di padre Lombardi

E' ufficiale: Benedetto XVi ha rimosso la scomunica 'latae sententiae' ai quattro vescovi ordinati da mons. Lefebvre

Papa Benedetto XVI, come preannunciato dalla stampa negli ultimi giorni, ha revocato la scomunica latae sententiae ai quattro vescovi scismatici ordinati nel 1988 da mons. Lefebvre. Nel decreto di revoca della scomunica, firmato dal Prefetto della Congregazione dei Vescovi lo scorso 21 gennaio, spiega che il Pontefice, ''paternamente sensibile al disagio spirituale manifestato dagli interessati a causa della sanzione di scomunica e fiducioso nell'impegno da loro espresso nella citata lettera di non risparmiare alcuno sforzo per approfondire nei necessari colloqui con le Autorità della Santa Sede le questioni ancora aperte, così da poter giungere presto a una piena e soddisfacente soluzione del problema posto in origine'', ''ha deciso di riconsiderare la situazione canonica dei Vescovi Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta''. ''Con questo atto - si legge ancora nel decreto - si desidera consolidare le reciproche relazioni di fiducia e intensificare e dare stabilità ai rapporti della Fraternità San Pio X con questa Sede Apostolica. Questo dono di pace, al termine delle celebrazioni natalizie, vuol essere anche un segno per promuovere l'unità nella carità della Chiesa universale e arrivare a togliere lo scandalo della divisione''. La sala stampa vaticana precisa che il Papa ha "accolto la richiesta" formulata dal superiore dei lefebvriani, monsignor Fellay, che, con lettera del 15 dicembre 2008, domandava, anche a nome dei suoi tre confratelli, "di rimettere la scomunica in cui erano incorsi vent'anni fa". Nella missiva, il presule scismatico affermava: "Siamo sempre fermamente determinati nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al Primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire l'attuale situazione". Papa Ratzinger, prosegue la nota, spiegò a Fellay, ricevuto il 29 agosto 2005, poco dopo la sua elezione a Papa, di voler "procedere per gradi e in tempi ragionevoli in tale cammino ed ora, benignamente, con sollecitudine pastorale e paterna misericordia, mediante Decreto della Congregazione per i Vescovi del 21 gennaio 2009, rimette la scomunica che gravava sui menzionati Presuli. Il Santo Padre è stato ispirato in questa decisione dall'auspicio che si giunga al più presto alla completa riconciliazione e alla piena comunione".