giovedì 6 agosto 2009

Paolo VI, la figura di un Papa sempre più attuale, modello per l'Anno Sacerdotale. Le sintonie con l'insegnamento di Benedetto XVI

Trentuno anni fa, nel giorno in cui la Chiesa Cattolica ricorda la Trasfigurazione di Gesù, moriva nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo Papa Paolo VI (nella foto con l'allora card. Ratzinger), al secolo Giovanni Battista Montini. In sua memoria, oggi pomeriggio nella Basilica di San Pietro è stata celebrata dal card. Angelo Comastri, vicario generale del Papa per lo Stato della Città del Vaticano, una Santa Messa. La ricorrenza della scomparsa di Papa Montini cade in un momento in cui la sua figura sembra tornata d'improvviso di attualità, dopo decenni passati relativamente in ombra: la sua capacità di guidare con mano salda in porto la nave del Concilio Vaticano II, senza tradirne l'apertura senza precedenti al mondo contemporaneo, ma con un occhio attento a non tagliare l''albero' della sua tradizione millenaria del cattolicesimo, resistendo alle spinte riformatrici più avanzate, risulta particolarmente significativa oggi che la Chiesa - con la revoca della scomunica ai vescovi scismatici lefebvriani e l'imminente inizio delle trattative per il loro pieno reintegro nella comunione ecclesiale - è di nuovo scossa dal dibattito tra 'innovazione' e 'tradizione' nel Concilio. Allo stesso modo, la riflessione di Paolo VI sullo sviluppo - con la critica delle conseguenze nefaste di una sua declinazione in senso esclusivamente economico - contenuta nell'Enciclica del 1967 "Populorum progressio", suonano particolarmente 'contemporanee' di fronte alla odierna crisi economica, così come continua a non spegnersi l'eco dell'"Humanae Vitae", con cui andò controcorrente a quello che allora era il consenso dei fedeli e di ampi settore della stessa gerarchia ecclesiastica: un testo, di cui la Chiesa e molti cattolici ancora oggi non mancano di sottolineare la rilevanza e il valore 'profetico', e a cui lo stesso Papa Benedetto XVI non ha mancato di richiamarsi. Non è un caso, quindi, che l'ultima Enciclica di Papa Ratzinger, la "Caritas in veritate", sia dedicata proprio al tema dello sviluppo e si ponga in diretta continuità con la "Populorum progressio" montiniana, malgrado le aspettative di chi sperava che Benedetto XVI ne rovesciasse i toni 'critici' a favore di una Chiesa più apertamente schierata a fianco dell'economia capitalista. Ma l'attualità di Paolo VI, e le 'sintonie' tra il suo insegnamento e quello dell'attuale Pontefice, non si limitano certo ai temi globali o alla questione della vita. Durante l'Angelus di domenica scorsa a Castel Gandolfo, Papa Ratzinger ne ha ricordato la vita ''così profondamente sacerdotale e ricca di tanta umanità''', ponendo la figura di Paolo VI come modello per l'Anno Sacerdotale da lui indetto. E a sottolineare l'importanza di Montini come esempio per i preti di oggi alle prese con la difficoltà di capire il loro ruolo in un mondo secolarizzato, l'edizione de L'Osservatore Romano in uscita questo pomeriggio presenta con evidenza un discorso al clero di Roma del 1969, in cui Paolo VI fa ''un'analisi della figura del sacerdote all'interno della società contemporanea, condotta con una capacità introspettiva e una visione profetica non comune''. Il Pontefice, quarant'anni fa, metteva in guardia i preti dal rischio da ''un lento e inesorabile secolarismo'' che invadeva ''anche la vita del prete, trasformandolo in 'un uomo come qualsiasi altro, nell'abito, nella professione profana, nella frequenza agli spettacoli, nell'esperienza mondana, nell'impegno sociale e politico, nella formazione di una famiglia propria con l'abdicazione al sacro celibato'''. ''Non che il desiderio di inserire il presbitero nel complesso sociale in cui vive ed esercita il ministero sia errato - prosegue il giornale vaticano riassumendo il discorso montiniano -: ma, ammoniva Paolo VI, da 'proposito generoso di uscire dal guscio d'una condizione cristallizzata e privilegiata, può tradursi in una suggestione erronea gravissima, la quale può paralizzare la vocazione sacerdotale in ciò che ha di più intimo, di più carismatico, di più fecondo; e può demolire di colpo l'edificio della funzionalità pastorale'''. A trentuno anni dalla morte, insomma, il modello ''quasi sovrumano'' - come lo ha definito Benedetto XVI - del Magistero e della stessa vita di sacerdote di Papa Montini è sempre più attuale.

Asca

Verso la Giornata Mondiale della Gioventù 2011. Ufficiali i luoghi dell'evento e il pellegrinaggio della Croce. Il web principale risorsa comunicativa

Sono già in moto i preparativi per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù che avrà luogo a Madrid (foto) dal 16 al 21 agosto 2011 sul tema “Radicati ed edificati in Cristo, saldi nella fede”. Lo scorso 30 luglio, nella sede dell’arcivescovado di Madrid, ha avuto luogo una conferenza stampa alla presenza del direttore della comunicazione della GMG, Santiago de la Cierva, e del vescovo ausiliare di Madrid, mons. César Franco, durante la quale è stato presentato il logo ufficiale della GMG. Durante la conferenza si è anche parlato dei preparativi dell’evento, che conta sul sostegno completo del governo della Spagna, della Comunità di Madrid e del Municipio della capitale. L’asse formato da Alcalá, Gran Via, Puerta del Sol, Cattedrale dell'Almudena e Paseo de la Castellana accoglierà la maggior parte degli avvenimenti in calendario durante la GMG, e speciale rilevanza acquisirà la tradizionale Via Crucis. Nella spianata del Seminario di Madrid, inoltre, avrà luogo un incontro con i seminaristi. La cerimonia “centrale” dell'evento sarà, insieme alla Veglia del sabato con il Papa, la Santa Messa della domenica mattina, che sarà celebrata da Benedetto XVI nell’aerodromo dei Quattro Venti. La Santa Messa di accoglienza, presieduta dal card. Antonio María Rouco Varela, si celebrerà nella Piazza de Cibeles. Nel mese di settembre, inoltre, sarà reso noto l’organigramma dei responsabili della GMG e verrà presentato il sito web dell’incontro. Come ha spiegato Santiago de la Cierva, “allo scopo di creare una fonte di informazione completa per tutti coloro che pensano di partecipare”, l’arcivescovato metterà in moto, a partire dalla fine di settembre, una pagina web consultabile nelle sei lingue ufficiali (inglese, francese, italiano, tedesco, portoghese e spagnolo) e tre supplementari (russo, arabo e cinese). “Inoltre, pensiamo di annunciare l’evento attraverso le principali reti sociali, come Facebook o hi5 per la loro capacità di arrivare ai giovani che li utilizzano abitualmente”, ha aggiunto. Proprio in questa GMG, lo strumento fondamentale di comunicazione sarà Internet e le reti sociali, non solamente per distribuire informazione ma anche per creare comunità. Il pellegrinaggio della Croce dei giovani e dell’Icona della Vergine, simboli della GMG, attraverso la Spagna comincerà il 14 settembre, festa dell’Esaltazione della Santa Croce, con una veglia di preghiera nella Cattedrale dell’Almudena. Il percorso interesserà le differenti arcipreture dell’Arcidiocesi di Madrid fino alla fine di marzo 2010. La Croce e l’Icona della Vergine visiteranno anche il centro penitenziario di Soto del Real, la Fiera della Gioventù Juvenalia ed accompagneranno i giovani madrileni durante la Javierada. A gestire l’accoglienza saranno la Pastorale Universitaria, l’arcivescovado Castrense della Spagna e le diocesi di Alcalá di Henares e Getafe. Le diocesi nelle quali passa il Cammino di Santiago avranno una speciale importanza perché il 2010 è l’Anno Giubilare Compostelano. È previsto un grande pellegrinaggio di giovani spagnoli, che si chiuderà in estate con un incontro europeo a Santiago di Compostela.

Fides

31° anniversario della morte di Paolo VI. Il Papa: pastore tutto preso da una tensione missionaria e da sincero desiderio di dialogo con l'umanità

Trentuno anni fa, la morte di Papa Paolo VI (nella foto con l'allora card. Ratzinger): era la sera del 6 agosto 1978, Festa della Trasfigurazione. Umile testimone del Vangelo, Paolo VI portò a compimento il Concilio Vaticano II e guidò la Chiesa con saggezza e lungimiranza assumendo, per amore della Verità, decisioni anche impopolari. Un Pastore mite e fermo che guidò la Barca di Pietro in anni burrascosi, tenendo lo sguardo fisso su Cristo. Per Benedetto XVI, Paolo VI è un Pontefice “indimenticabile”. A Papa Montini, Joseph Ratzinger è legato da un affetto particolare: fu proprio Paolo VI a nominarlo arcivescovo di Monaco di Baviera e a crearlo cardinale. Ma qual è stato il “segreto dell’azione pastorale di Paolo VI” a cui attinse lungo tutto il suo Pontificato? “L’amore per Cristo”, risponde Benedetto XVI.
“In effetti, il segreto dell'azione pastorale che Paolo VI svolse con instancabile dedizione, adottando talora decisioni difficili e impopolari, sta proprio nel suo amore per Cristo: amore che vibra con espressioni toccanti in tutti i suoi insegnamenti. Il suo animo di Pastore era tutto preso da una tensione missionaria alimentata da sincero desiderio di dialogo con l’umanità. Il suo invito profetico, più volte riproposto, a rinnovare il mondo travagliato da inquietudini e violenze mediante 'la civiltà dell’amore', nasceva da un totale suo affidamento a Gesù, Redentore dell’uomo” [Ai membri dell'Istituto Paolo VI di Brescia (3 marzo 2007)] .
Uomo di pace, impegnato coraggiosamente nel dialogo ecumenico, Paolo VI dà inizio ai viaggi apostolici internazionali. Ma è soprattutto ricordato come il Papa che ha portato a compimento il Concilio Vaticano II e che ha guidato la Chiesa negli anni difficili del post Concilio. Un merito “quasi sovrumano”, afferma Benedetto XVI, che si apprezza sempre più man mano che il nostro sguardo sul passato “si fa più largo e consapevole”.
“Se infatti fu Giovanni XXIII a indirlo e a iniziarlo, toccò a lui, suo successore, portarlo a compimento con mano esperta, delicata e ferma. Non meno arduo fu per Papa Montini reggere la Chiesa nel periodo post-conciliare. Non si lasciò condizionare da incomprensioni e critiche, anche se dovette sopportare sofferenze e attacchi talora violenti, ma restò in ogni circostanza fermo e prudente timoniere della barca di Pietro”.
Del Magistero di Paolo VI ricordiamo alcune pietre miliari come le Encicliche "Humanae vitae" e "Populorum progressio". La prima ribadisce che la libertà va coniugata alla verità di fronte al dono inestimabile della vita umana. Nel 40° anniversario della pubblicazione, nel 2008, Benedetto XVI ricorda il contesto difficile in cui maturò la decisione di Papa Montini di dedicare un’Enciclica all’amore coniugale responsabile: "Quel documento divenne ben presto segno di contraddizione. Elaborato alla luce di una decisione sofferta, esso costituisce un significativo gesto di coraggio nel ribadire la continuità della dottrina e della tradizione della Chiesa. Quel testo, spesso frainteso ed equivocato, fece molto discutere anche perché si poneva agli albori di una profonda contestazione che segnò la vita di intere generazioni” [Ai partecipanti al Congresso internazionale promosso dalla Pontificia Università Lateranense, nel 40° Anniversario dell’Enciclica "Humanae vitae" (10 maggio 2008)].
Profetica anche la "Populorum progressio" del 1967 in cui Paolo VI sottolinea che lo sviluppo è il “nuovo nome della pace”. Ma uno sviluppo senza Dio, avverte Papa Montini, è uno sviluppo disumanizzato.
“In questo testo più volte citato nei documenti successivi, quel grande Pontefice già asseriva con forza che lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Infatti, esso "per essere sviluppo autentico, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo".
Proprio questa Enciclica, spiega Benedetto XVI, è la bussola della “Caritas in veritate”. Come 40 anni fa, è l’esortazione che accomuna i due Pontefici, c’è bisogno di uno sviluppo che rispetti la dignità dell’uomo.

Radio Vaticana

La vera bellezza è l'amore di Dio che illumina anche l'oscuro mistero della morte: il Magistero di Benedetto XVI sulla Trasfigurazione del Signore

La Chiesa celebra oggi la Festa della Trasfigurazione del Signore. Un evento – ha spiegato più volte Benedetto XVI – che ci invita a seguire Gesù sulla via della Croce aprendo “gli occhi del cuore sul mistero della luce di Dio” che vince “il potere delle tenebre del male”. Come Pietro vorremmo tutti chiedere al Signore di vivere sul Tabor. “Quando si ha la grazia di provare una forte esperienza di Dio – sottolinea Benedetto XVI - è come se si vivesse qualcosa di analogo a quanto avvenne per i discepoli durante la Trasfigurazione: per un momento si pregusta qualcosa di ciò che costituirà la beatitudine del Paradiso”.
"Si tratta in genere di brevi esperienze, che Dio a volte concede, specialmente in vista di dure prove. A nessuno, però, è dato di vivere ‘sul Tabor’ mentre si è su questa terra. L'esistenza umana infatti è un cammino di fede e, come tale, procede più nella penombra che in piena luce, non senza momenti di oscurità e anche di buio fitto. Finché siamo quaggiù, il nostro rapporto con Dio avviene più nell'ascolto che nella visione; e la stessa contemplazione si attua, per così dire, ad occhi chiusi, grazie alla luce interiore accesa in noi dalla Parola di Dio" (Angelus, 12 marzo 2006).
Sul Tabor, Pietro, Giacomo e Giovanni contemplano la gloria del Figlio di Dio: "Qui è il punto cruciale: la trasfigurazione è anticipo della risurrezione, ma questa presuppone la morte. Gesù manifesta agli Apostoli la sua gloria, perché abbiano la forza di affrontare lo scandalo della croce, e comprendano che occorre passare attraverso molte tribolazioni per giungere al Regno di Dio" (Angelus, 17 febbraio 2008).
Gesù – come dice il Salmo - è “il più bello tra i figli dell'uomo” ma è anche misteriosamente colui che – afferma Isaia - “non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi”. Cristo – rileva il Papa – ci mostra che “la vera bellezza è l'amore di Dio” che “sa trasfigurare anche l'oscuro mistero della morte nella luce irradiante della risurrezione”. “Per entrare nella vita eterna – allora – bisogna ascoltare Gesù” seguendolo sulla via della croce. Ascoltarlo come Maria.
"Ascoltarlo nella sua Parola, custodita nella Sacra Scrittura. Ascoltarlo negli eventi stessi della nostra vita cercando di leggere in essi i messaggi della Provvidenza. Ascoltarlo, infine, nei fratelli, specialmente nei piccoli e nei poveri, in cui Gesù stesso domanda il nostro amore concreto. Ascoltare Cristo e ubbidire alla sua voce: è questa la via maestra, l'unica, che conduce alla pienezza della gioia e dell'amore" (Angelus, 12 marzo 2006).
In fondo – spiega il Papa – “la Trasfigurazione di Gesù è stata sostanzialmente un’esperienza di preghiera”. “Pregando Gesù si immerge in Dio” che è amore, è luce è la vita stessa. Di qui il forte appello di Benedetto XVI a tutti i fedeli: “La preghiera non è un accessorio, un optional, ma è questione di vita o di morte. Solo chi prega, infatti, cioè chi si affida a Dio con amore filiale, può entrare nella vita eterna, che è Dio stesso” (Angelus, 4 marzo 2007).

Radio Vaticana

Anno Sacerdotale. ll card. Hummes: Benedetto XVI auspica che si viva in spirito di santificazione. I preti devono farsi sentire vicini alla gente

"Lo spirito nel quale il Papa auspica che noi si viva quest’Anno Sacerdotale è la santificazione dei sacerdoti...L’efficacia del ministero sacerdotale dipende prima di tutto dalla loro perfezione spirituale". È partito da qui il card. Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il clero, nell’omelia pronunciata martedì ad Ars nella memoria liturgica a 150 anni dalla morte di San Giovanni Maria Vianney (foto) che Pio XI, nel 1929, proclamò "santo patrono di tutti i parroci del mondo" e che Benedetto XVI ha scelto come modello dell’Anno Sacerdotale. Un appuntamento atteso quello di ieri nella Basilica francese intitolata al Curato d’Ars. Servito a indicare l’attualità dell’opera del santo in un momento in cui "il relativismo della nostra cultura postmoderna occidentale ha oscurato gli orientamenti che ci indicano la nostra coscienza e la luce della fede. Tante persone – ha rilevato Hummes – oggi errano come pecore senza pastore e rimangono in attesa, coscientemente o meno, della parola salvatrice del Vangelo". Ecco perché l’esistenza di Giovanni Maria Vianney diventa un esempio: "La sua vita è ricca di insegnamenti – ha detto ieri il porporato –. Egli appare come modello sacerdotale per la sua vita di fede e di preghiera costante, per la sua spiritualità profonda e solida, la sua penitenza, la sua umiltà e la sua povertà, il suo modo di porre la celebrazione della Messa al centro della vita parrocchiale, il suo infaticabile e meraviglioso ministero del sacramento della confessione, il suo ministero della Parola di Dio per la predicazione e la catechesi, il suo amore per i poveri, la sua carità pastorale che lo portava ad andare incontro a ogni singolo abitante della sua parrocchia per convertirlo e salvarlo. Non ne voleva perdere alcuno, senza eccezione". Perché per il Curato d’Ars "fintanto che una persona della parrocchia rimanga non toccata dal Vangelo, la sua responsabilità di curato rimane impegnata. Noi sappiamo – ha spiegato il card. Hummes – che questa era la sua grande sofferenza, persino la sua angoscia, e su questo ci invita a interrogarci. Siamo tormentati anche noi dal pensiero delle persone che attendono ancora la luce del Vangelo?". Il confronto si gioca sulle strade, spesso sdrucciolevoli e tortuose, calcate dall’uomo di oggi: "Il sacerdote – ha evidenziato il prefetto della Congregazione per il clero – non può limitarsi a gettare il seme della Parola solo dalla finestra del suo presbiterio. Deve andare nel terreno scoperto, là dove vivono gli uomini. Benedetto XVI ha detto che la gente, soprattutto i poveri, deve sentire di nuovo la vicinanza della Chiesa. È questa la carità pastorale!". Indicando il continuo sacrificio del Curato d’Ars alla grata del confessionale per accogliere le folle che volevano riconciliarsi, Hummes ha sottolineato che "ancora oggi i nostri contemporanei cercano il perdono, la pace interiore, la riconciliazione con Dio e con il prossimo, ma spesso non trovano la persona che possa loro indicare il cammino o chi li comprenda nella confessione. È uno dei ministeri essenziali di ogni sacerdote. Deve essere compiuto con fede, spirito di sacrificio, amore pastorale". Poi l’invito a guardare alla famiglia Vianney, "di fede semplice e profonda", per "fare delle vostre famiglie delle chiese domestiche, dei focolari ardenti di fede e di amore, dove si preghi insieme" e dove si osi "chiedere al Signore la grazia di una vocazione sacerdotale".

Vito Salinaro, Avvenire

Il Papa: sacerdoti innamorati di Cristo sull'esempio di San Giovanni Maria Vianney per rispondere al relativismo che mortifica la ragione

“Il relativismo contemporaneo mortifica la ragione, perché di fatto arriva ad affermare che l’essere umano non può conoscere nulla con certezza al di là del campo scientifico positivo”. Ma l’uomo rimane “mendicante di significato e compimento” , “alla continua ricerca di risposte esaustive alle domande di fondo che non cessa di porsi”. Per questo, come invita il Concilio, i sacerdoti di oggi devono tener presente questa “sete di verità”, che arde nel cuore di ogni uomo, e divenire educatori della fede, capaci di “aprire a tutti gli uomini la strada che conduce a Cristo” e alla Chiesa. Così ieri il Papa nella sua prima Udienza generale da Castel Gandolfo, dedicata oggi alla figura di San Giovanni Maria Vianney, la cui memoria liturgica è stata celebrata martedì. Benedetto XVI ha ribadito il valore del Santo Curato d’Ars come esempio per tutti i presbiteri in questo Anno Sacerdotale, lanciato proprio in occasione dei 150 anni dalla sua morte, avvenuta il 4 agosto 1859. Al di là delle differenze, e della “pure ammirevole” “spiritualità devozionale ottocentesca” del Curato d’Ars, il Pontefice ha sottolineato che occorre ammirare la “forza profetica” della sua personalità sacerdotale. “Nella Francia post-rivoluzionaria – ha spiegato il Papa - che sperimentava una sorta di ‘dittatura del razionalismo’ volta a cancellare la presenza stessa dei sacerdoti e della Chiesa nella società, egli visse, prima - negli anni della giovinezza - un’eroica clandestinità percorrendo chilometri nella notte per partecipare alla Santa Messa. Poi - da sacerdote – si contraddistinse per una singolare e feconda creatività pastorale, atta a mostrare che il razionalismo, allora imperante, era in realtà distante dal soddisfare gli autentici bisogni dell’uomo e quindi, in definitiva, non vivibile”. “Se allora c’era la ‘dittatura del razionalismo’ – ha continuato il Pontefice - all’epoca attuale si registra in molti ambienti una sorta di ‘dittatura del relativismo’. Entrambe appaiono risposte inadeguate alla giusta domanda dell’uomo di usare a pieno della propria ragione come elemento distintivo e costitutivo della propria identità. Il razionalismo fu inadeguato perché non tenne conto dei limiti umani e pretese di elevare la sola ragione a misura di tutte le cose, trasformandola in una dea; il relativismo contemporaneo mortifica la ragione, perché di fatto arriva ad affermare che l’essere umano non può conoscere nulla con certezza al di là del campo scientifico positivo”. Il sacerdote di oggi devono indicare o agevolare “a chi non crede il cammino che porta a Cristo e alla sua Chiesa”, e per chi già crede, deve essere “stimolo, alimento e sostegno per la lotta spirituale”. Il Papa ha indicato pure la condizione per questo impegno pastorale: “il sacerdote deve porre un’intima unione personale con Cristo, da coltivare e accrescere giorno dopo giorno. Solo così potrà toccare i cuori della gente ed aprirli all’amore misericordioso del Signore”. Il Papa ha ricordato che il Curato d’Ars è riuscito in un periodo di grande abbandono della fede, a “far riscoprire ai parrocchiani il significato e la bellezza della penitenza sacramentale, mostrandola come un’esigenza intima della Presenza eucaristica”. Il Santo Curato d’Ars, ha spiegato il Pontefice, “riuscì a toccare il cuore della gente non in forza delle proprie doti umane, né facendo leva esclusivamente su un pur lodevole impegno della volontà; conquistò le anime, anche le più refrattarie, comunicando loro ciò che intimamente viveva, e cioè la sua amicizia con Cristo. Fu ‘innamorato’ di Cristo, e il vero segreto del suo successo pastorale è stato l’amore che nutriva per il Mistero eucaristico annunciato, celebrato e vissuto”. Il Papa si è soffermato a lungo sull’infanzia del Curato d’Ars, sulla fede vissuta in famiglia, sul suo analfabetismo fino alla giovinezza, le difficoltà della sua vocazione. Nonostante ciò, “nel servizio pastorale, tanto semplice quanto straordinariamente fecondo, questo anonimo parroco di uno sperduto villaggio del sud della Francia riuscì talmente ad immedesimarsi col proprio ministero, da divenire, anche in maniera visibilmente ed universalmente riconoscibile, alter Christus, immagine del Buon Pastore, che, a differenza del mercenario, dà la vita per le proprie pecore (cfr Gv 10,11)”. In definitiva, ha sottolineato Benedetto XVI, “l’efficacia della missione di ogni sacerdote” e “la credibilità della testimonianza” dipende “dalla santità”. “Preghiamo – ha concluso - perché, per intercessione di San Giovanni Maria Vianney, Iddio faccia dono alla sua Chiesa di santi sacerdoti, e perché cresca nei fedeli il desiderio di sostenere e coadiuvare il loro ministero. Affidiamo questa intenzione a Maria, che oggi invochiamo come Madonna della Neve”.

AsiaNews

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa