mercoledì 26 ottobre 2011

Dalle delegazioni delle religioni ai media: i numeri della Giornata di Assisi. La Protezione civile mobilitata per accogliere i pellegrini

“176 esponenti di diverse tradizioni religiose non cristiane e non ebraiche, 31 delegazioni di chiese, comunità ecclesiali ed organizzazioni cristiane mondiali, 3000 giovani di tutte le diocesi umbre, 200 volontari”: sono alcuni dei numeri della Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo "Pellegrini della verità, pellegrini della pace" che si svolgerà domani ad Assisi, a 25 anni dal primo incontro, il 27 ottobre 1986, voluto da Giovanni Paolo II. In queste ore nella città di San Francesco fervono i preparativi, in particolare nei due luoghi deputati per la celebrazione, la Basilica di Santa Maria degli Angeli e la piazza della Basilica di San Francesco (foto). Qui si stanno montando due enormi palchi, di oltre 300 metri quadrati, mentre le zone vengono delimitate da oltre 3 km di transenne. 3200 i posti a sedere e per chi resterà fuori sono stati montati 8 megaschermi. 200 i volontari che assisteranno i partecipanti. Pronto anche il programma delle esecuzioni musicali: verranno suonate musiche di Pietro Locatelli (1695-1764), di Domenico Alaleona (1881-1928), di Arcangelo Corelli (1653-1713), di Johann Sebastian Bach (1685-1750). Brani, con coreografie, eseguiti dai Gen Verde e Gen Rosso e dal coro interfrancescano, scandiranno, invece, i tempi della celebrazione finale, l’impegno comune di pace, nella piazza della Basilica di san Francesco. Sono circa 500 gli operatori dell'informazione, fra giornalisti, fotoreporter, operatori tv, di testate internazionali, nazionali e locali accreditati. Mobilitata la protezione civile regionale per l'accoglienza dei tanti pellegrini e dei 140 capi delle principali confessioni attesi domani. Per gestire al meglio l'evento e' stato costituito un sistema a rete tra i vari enti interessati.

SIR, Ansa

Enzo Bianchi: è solo dialogando in modo autentico che si assume lo stile di Gesù, lo stile del Vangelo, quello dei discepoli inviati tra le genti

"Nella Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo indetta da Papa Benedetto XVI si possono scorgere, accanto a una sostanziale continuità con l'iniziativa di Giovanni Paolo II nel 1986, qualche accento di novità. A questa Giornata, infatti, sono convocate anche personalità del mondo della cultura che non si professano religiose; inoltre, l'incontro è intitolato 'Pellegrini della verità, pellegrini della pace', mettendo così in rilievo come la ricerca della verità sia essenziale perchè vi possa essere una ricerca della pace". Lo afferma il priore di Bose Enzo Bianchi, che questo pomeriggio ha tenuto una 'lectio magistralis' ad Assisi (foto) in preparazione dell'evento. Secondo Bianchi, "al di là delle reazioni anche scomposte, la volontà di Benedetto XVI di fare proprio lo spirito di Assisi conferma il cammino di dialogo voluto dal Vaticano II e mostra come la Chiesa Cattolica abbia la consapevolezza di una missione veramente universale: una missione, cioè, che riguarda tutti nel rispetto del cammino e delle vie religiose di ciascuno, nella convinzione che tutti gli uomini sono fratelli perchè figli di un unico Padre e Creatore e che a nessuno di loro potrà mai essere estraneo il mistero pasquale di Gesù". "Va anche detto - sottolinea Bianchi - che molti timori riposano su un fondamentale malinteso: si presume che il dialogo richieda di mettere da parte la propria fede e dimenticare la verità". In realtà, afferma il teologo, "il dialogo implica un'autentica reciprocità, chiede di ascoltare l'altro e la sua fede con rispetto ma, nello stesso tempo, di parlare con parresia della propria fede". E dunque "il dialogo interreligioso esige che ciascuno dei due partner conosca la propria tradizione e le resti fedele, che sia un testimone della propria fede senza la pretesa di imporla all'altro". Secondo il priore di Bose, "il dialogo, se ben compreso, fa addirittura parte dell'evangelizzazione, perchè è solo dialogando in modo autentico che si assume lo stile di Gesù, lo stile del Vangelo, quello dei discepoli inviati tra le genti".

Agi

Religioni, il dialogo passa dal bene

La quarta volta di un Papa ad Assisi con le religioni. Il card. Ratzinger: il pellegrinaggio perché siamo in cammino insieme e cerchiamo la pace

Quello di domani sarà il quarto viaggio di un Pontefice ad Assisi per incontrare delegazioni delle altre Chiese e comunità ecclesiali cristiane e delle altre religioni mondiali. Il 24 gennaio 2002 il card. Joseph Ratzinger partiva dalla Stazione vaticana con destinazione la città di San Francesco per partecipare alla Giornata di preghiera per la pace nel mondo voluta da Giovanni Paolo II dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre. L’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede raccontava così ai nostri microfoni le sue sensazioni al momento della partenza: “Io trovo incoraggiante che rappresentanti di diverse religioni si uniscano ed insieme si mettano in cammino; proprio anche questo ‘cammino’ in treno mi piace molto: attraversare questa terra, vivere la condizione di pellegrinaggio, perché siamo in cammino, in cammino insieme e cerchiamo la meta della pace. Diciamo che non aspettiamo effetti immediati; l’effetto maggiore è che tutti noi vogliamo conoscere l’unico Dio, vogliamo servire la pace, convinti che la religione non deve essere occasione di guerra, di opposizione ma deve sempre essere una forza di pace”. Quasi dieci anni dopo Benedetto XVI si prepara a percorrere lo stesso itinerario ferroviario, in continuità con il suo predecessore, per una Giornata per la quale, oggi come allora, sono convocati rappresentanti delle diverse confessioni cristiane e delle principali tradizioni religiose del mondo. Ma come Pontefice, Joseph Ratzinger caratterizza l’avvenimento come un ‘pellegrinaggio verso la verità’ e invita anche una delegazione di non-credenti, accentuando l’aspetto del dialogo tra fede e ragione così centrale nel suo Magistero. Giovanni Paolo II, prima del 2002, andò altre due volte ad Assisi per invocare il dono della pace. Il 9 gennaio 1993, per pregare per i Balcani, poco dopo l’inizio della guerra in Bosnia-Erzegovina, e il 27 ottobre 1986 per la prima, storica convocazione che testimoniò davanti al mondo la ‘qualità trascendente della pace’.

Radio Vaticana

Tauran: i cinque atteggiamenti dello 'spirito di Assisi'. Incontriamo l’altro senza pretendere che ci segua ma senza mettere nostra fede tra parentesi

"Non si tratta di ripetere ciò che si è fatto nel 1986, ma di celebrare un avvenimento e ricordare una grande verità che il Papa ha coniato con una formula ispirata: 'Chi è in cammino verso Dio, non può non trasmettere la pace. Chi costruisce la pace, non può non avvicinarsi a Dio'". Lo scrive il card. Jean Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, a proposito del raduno di Assisi convocato da Benedetto XVI nel 25° anniversario del primo incontro voluto da Giovanni Paolo II. Tauran ha pubblicato le sue riflessioni sul mensile Tracce. Innanzitutto, il cardinale sottolinea la novità di Assisi 2011, cioè la presenza di non credenti, da lui definiti "persone in ricerca di Dio". "Si tratta di offrire – scrive Tauran – un’occasione a cosiddetti 'non credenti' per interpellare i credenti, e in particolare esigere da loro una testimonianza di vita che sia coerente con la religione che professano, e ai credenti l’occasione di condividere con i non credenti il tesoro che è la loro fede e, facendo ciò, di dimostrare al mondo che Dio non è un pericolo per la società, come dice il Papa". Il cardinale sintetizza in cinque atteggiamenti il cosiddetto "spirito di Assisi". Il primo è l’"essere disponibili a uscire dalle nostre case, dai nostri templi, per ascoltare chi vive e crede anche in maniera diversa da me. In secondo luogo, considerare gli agnostici come 'cercatori di Dio' e aiutarli nella loro ricerca dell’Assoluto... Terzo punto: non bisogna essere timidi nel rendere conto della propria fede. Sempre, però, come raccomandava San Pietro, 'con dolcezza e rispetto'... Come quarto atteggiamento, desiderare d’incontrare l’altro nella sua alterità senza pretendere che ci segua, ma senza neppure mettere la nostra fede tra parentesi: non si dialoga sull’ambiguità. Infine, rifiutare l’individualismo e l’indifferenza religiosa, ma piuttosto vedere nel pluralismo religioso un’emulazione spirituale". Per Tauran, l’incontro di Assisi rappresenterà anche un’occasione per "ricordare l’esigenza della libertà di religione, che non è un diritto tra gli altri ma il diritto fondamentale". La libertà religiosa, spiega il porporato francese, "supera di gran lunga la libertà di culto. È la possibilità di partecipare al dialogo pubblico in qualità di credenti. La libertà di religione, quindi, è una forza per la pace". "Certamente il Papa – scrive ancora il presidente del dicastero vaticano – avrà occasione di ripetere ciò che diceva Giovanni Paolo II: 'Se vogliamo che il mondo diventi finalmente una casa di pace, la preghiera è la forza necessaria per implorarla e ottenerla'. Non solamente il sentimento religioso fa crescere in noi l’interiorità, ma ci dà anche il vero significato della nostra presenza nel mondo. Si può dire, anzi, che la dimensione religiosa spinge i credenti a offrire con più ardore il loro contributo alla costruzione di una società armoniosa dove regna la pace". Tauran insiste anche sull’importanza di richiamare gli uomini al "dovere di contribuire all’organizzazione di una società in cui uomini e donne non siano mai privati delle fonti di luce e delle proposte di senso capaci di illuminarli e sostenerli: di fronte alle sperimentazioni sull’uomo, all’aborto, all’eutanasia, alla banalizzazione della sessualità, alla dittatura dell’apparenza, i cristiani devono collaborare a tutto ciò che va nel senso dell’umano e dell’umanizzazione". Infine, il cardinale francese afferma: "Penso che da Assisi dovrebbe anche partire un messaggio destinato ai legislatori e agli insegnanti: sia sempre rispettata la persona che cerca la verità di fronte all’enigma della sua condizione. Perché i giovani possano essere educati al senso critico che permette di scegliere tra vero e falso, di apprezzare le grandi tradizioni culturali aperte alla trascendenza che esprimono così bene la nostra aspirazione alla verità e alla libertà".

Andrea Tornielli, Vatican Insider


"Ecco perchè Benedetto XVI ha voluto Assisi 2011"

Benedetto XVI: preghiera per coloro che hanno perso la vita nel terremoto in Turchia, spiritualmente vicini a tante persone così duramente provate



“In questo momento, il pensiero va alle popolazioni della Turchia duramente colpite dal terremoto, che ha causato gravi perdite di vite umane, numerosi dispersi e ingenti danni”. E’ l’appello rivolto dal Papa al termine della celebrazione della Parola svoltasi questa mattina nell'Aula Paolo VI, alla vigilia dell’incontro di Assisi. “Vi invito – ha proseguito Benedetto XVI – ad unirvi a me nella preghiera per coloro che hanno perso la vita e ad essere spiritualmente vicini a tante persone così duramente provate. L’Altissimo dia sostegno a tutti coloro che sono impegnati nell’opera di soccorso”. Nei saluti in italiano, il Papa ha ricordato l’esempio di San Francesco d’Assisi, “sulla cui tomba sosterò domani in preghiera”. “Sostenga voi, cari giovani – l’augurio del Santo Padre – nell’impegno di quotidiana fedeltà a Cristo; incoraggi voi, cari ammalati, a seguire Gesù nel cammino della prova e della sofferenza; aiuti voi, cari sposi novelli, a fare della vostra famiglia il luogo del costante incontro con l’amore di Dio e dei fratelli”.

SIR

Il Papa: la Croce il nuovo arco di pace, segno e strumento di riconciliazione, di perdono, di comprensione, segno che l’amore è più forte della morte

All'inizio dell'omelia della Liturgia della Parola, richiamando il titolo della Giornata di domani ad Assisi, "Pellegrini della verità, pellegrini della pace", Benedetto XVI ha spiegato che esso sta a significare "l'impegno che vogliamo rinnovare con persone di altre religioni e anche con i non crdenti per la promozione del vero bene dell'umanità e la costruzione della pace. Come ho già avuto modo di ricordare, chi è in cammino verso Dio non può non tramettere la pace, chi costruisce la pace non può non avvicinarsi a Dio". “Come cristiani, siamo convinti che il contributo più prezioso che possiamo dare alla causa della pace è quello della preghiera”, ha spiegato Benedetto XVI sottolineando l’importanza di “invocare con fede il dono della pace”: solo così, infatti, “il Signore può illuminare la nostra mente e i nostri cuori e guidarci ad essere costruttori di giustizia e di riconciliazione nelle nostre realtà quotidiane e nel mondo”. Riferendosi poi alle letture, il Papa ha fatto notare che “quello che viene annunciato non è un re che si presenta con la potenza umana, la forza delle armi; non è un re che domina con il potere politico e militare; è un re mansueto, che regna con l’umiltà e la mitezza di fronte a Dio e agli uomini, un re diverso rispetto ai grandi sovrani del mondo”, venuto per annunciare “la pace alle nazioni”. La nascita di Gesù, in particolare, “porta un annuncio di pace per tutto il mondo”: quando fa il suo ingresso nella Città Santa, inoltre, “non è su di una ricca carrozza, non è a cavallo come i grandi. Non entra in Gerusalemme accompagnato da un potente esercito di carri e di cavalieri. Egli è un re povero, il re di coloro che sono i poveri di Dio. “Gesù – ha proseguito il Santo Padre - è il re di coloro che hanno il cuore libero dalla brama di potere e di ricchezza materiale, dalla volontà e dalla ricerca di dominio sull’altro. Gesù è il re di quanti hanno quella libertà interiore che rende capaci di superare l’avidità, l’egoismo che c’è nel mondo, e sanno che Dio solo è la loro ricchezza. Gesù è re povero tra i poveri, mite tra coloro che vogliono essere miti”. In questo modo, Gesù “è re di pace, grazie alla potenza di Dio, che è la potenza del bene, la potenza dell’amore. E’ un re che farà sparire i carri e i cavalli da battaglia, che spezzerà gli archi da guerra; un re che realizza la pace sulla Croce, congiungendo la terra e il cielo e gettando un ponte fraterno tra tutti gli uomini”. “La Croce – ha affermato il Papa - è il nuovo arco di pace, segno e strumento di riconciliazione, di perdono, di comprensione, segno che l’amore è più forte di ogni violenza e di ogni oppressione, più forte della morte: il male si vince con il bene, con l’amore”. “Il regno che Cristo inaugura ha dimensioni universali”, ha ricordato il Papa: “L’orizzonte di questo re povero, mite non è quello di un territorio, di uno Stato, ma sono i confini del mondo; al di là di ogni barriera di razza, di lingua, di cultura, egli crea comunione, crea unità”.
Un annuncio, questo, che oggi si realizza “nella grande rete delle comunità eucaristiche che si estende su tutta la terra”. “E’ il grande mosaico – ha esclamato il Papa - che costituisce il regno di pace di Gesù da mare a mare fino ai confini del mondo; è una moltitudine di isole della pace, che irradiano pace. Dappertutto, in ogni realtà, in ogni cultura, dalle grandi città con i loro palazzi, fino ai piccoli villaggi con le umili dimore, dalle possenti cattedrali alle piccole cappelle, Egli viene, si rende presente; e nell’entrare in comunione con Lui anche gli uomini sono uniti tra di loro in un unico corpo, superando divisioni, rivalità, rancori. Il Signore viene nell’Eucaristia per toglierci dal nostro individualismo, dai nostri particolarismi che escludono gli altri, per formare di noi un solo corpo, un solo regno di pace in un mondo diviso”. Ecco allora che chi vuole essere “discepolo del Signore”, deve essere pronto “anche alla passione e al martirio, a perdere la propria vita per Lui, perché nel mondo trionfino il bene, l’amore, la pace”: “I cristiani non devono mai cedere alla tentazione di diventare lupi tra i lupi; non è con il potere, con la forza, con la violenza che il regno di pace di Cristo si estende, ma con il dono di sé, con l’amore portato all’estremo, anche verso i nemici. Gesù non vince il mondo con la forza delle armi, ma con la forza della Croce, che è la vera garanzia della vittoria”."Davanti alla Basilica di San Pietro - ha detto il Papa - ci sono due statue, quella di San Pietro e quella di San Paolo. San Pietro ha in mano delle chiavi, San Paolo una spada. Per chi non conosce la storia di quest'ultimo - ha sottolineato Benedetto XVI - potrebbe pensare che sia un grande condottiero che ha sottomesso popoli e nazioni procurandosi fama e ricchezza con il sangue altrui".
"Invece è esattamente il contrario. La spada - ha notato Papa Ratzinger - è lo strumento con cui venne messo a morte, subì il martirio e sparse il suo proprio sangue. La sua battalgia non è quella della violenza, ma quella del martirio per Cristo, l'annuncio di Cristo crocifisso". L'Apostolo delle genti "non ha cercato una vita tranquilla, comoda, lontana dalle contrarietà, ma si è consumato per il Vangelo, ha dato tutto se steso senza riserve e così è stato un grande messaggero della pace e della riconciliazione in Cristo. La spada inoltre - ha aggiunto il Papa - richiama la potenza della verità, che spesso può ferire, far male. L'Apostolo fu fedele fino in fondo a questa verità". "Questa stessa logica - ha detto il Papa - vale anche per noi, perché se vogliamo essere anunciatori di pace dobbiamo essere disposti a pagare di persona e soffrire in prima persona le incomprensioni, il rifiuto e la persecuzione. Non con la spada del conquistatore ma la spada del sofferente, di chi sa donare la propria vita". "Come cristiani vogliamo invocare da Dio il dono della pace, gli chiediamo che ci renda strumenti della sua pace. In un mondo ancora lacerato da odio, divisioni e guerre vogliamo chiedere che l'incontro di domani favorisca il dialogo tra persone di diverse fedi e porti un raggio di luce capace di illuminare il cuore di tutti gli uomini perché il rancore ceda il posto al perdono, la divisione alla riconciliazione, l'odio all'amore, la violenza alla mitezza e nel mondo regni la pace".

SIR, Radio Vaticana, TMNews

UDIENZA GENERALE: PREGHIERA IN PREPARAZIONE ALL’INCONTRO DI ASSISI - il testo integrale dell'omelia del Papa

Celebrazione della Parola in preparazione all'incontro di Assisi. Vallini: il nome di Dio sorgente che favorisce il rispetto fra i popoli e le nazioni

E' iniziata attorno alle 11.00 la Celebrazione della Parola, che questa settimana ha sostituito la tradizionale Udienza generale, presieduta dal Papa in preparazione alla Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo "Pellegrini della verità, pellegrini della pace", in programma domani ad Assisi. A causa del maltempo, la celebrazione, inizialmente prevista in Piazza San Pietro, si è tenuta nell'Aula Paolo VI del Vaticano. Ad introdurre la liturgia è stato il saluto del card. Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma. ''In questo momento critico della storia dei popoli, conoscere la verità su Dio è indispensabile perchè il suo nome non venga mai strumentalizzato per giustificare le guerre e le violenze, ma al contrario sia la sorgente che favorisce il reciproco riconoscimento e il rispetto fra i popoli e le nazioni, nella ricerca del fondamento comune in nome della ragione e della giustizia''. ''Vostra Santità - ha proseguito il cardinale - ha voluto invitare nella città di San Francesco i rappresentanti delle religioni mondiali, perchè nel rispetto delle differenze di credo, si sentano incoraggiati a compiere ogni sforzo per promuovere la pace e la solidarietà fra i popoli''. ''Il suo impegno diuturno in nome di Dio, per costruire ponti di amicizia tra i popoli, le culture e gli Stati, rimarginando le ferite che li hanno divisi e promuovendo la riconciliazione e la concordia, dispone con favore i cuori che anelano alla pace'', ha concluso il card. Vallini.

TMNews, SIR

Il testo integrale del card. Vallini

Il Papa ai fedeli nella Basilica Vaticana: rafforzate la vostra adesione al Vangelo per essere sempre disponibili a compiere la volontà del Signore

''Cari fratelli, sono lieto di accogliervi nella Basilica di San Pietro e di rivolgere il mio cordiale benvenuto a tutti voi che non avete trovato posto in Aula Paolo VI''. Con queste parole Papa Benedetto XVI si è rivolto ai pellegrini presenti nella Basilica Vaticana, coloro che non hanno trovato posto nell'Aula Paolo VI, prima di presiedere la speciale Celebrazione della Parola in preparazione alla Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo ''Pellegrini della verità, pellegrini della pace'', in programma domani ad Assisi. A causa della pioggia, il luogo dell'appuntamento con i fedeli è stato spostato da Piazza San Pietro all'Aula Paolo VI. ''VI incoraggio - ha detto il Pontefice - a rafforzare la vostra adesione al Vangelo per essere sempre disponibili e pronti a compiere la volontà del Signore''. Poi il saluto in francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese e polacco.

SIR

Vian: Assisi non è soltanto un incontro intercristiano, bensì un confronto anche con le altre religioni, senza essere un sincretismo che mescola tutto

L’incontro interreligioso che si svolgerà domani ad Assisi non è in contrapposizione con i precedenti. L’ecumenismo che ha lo scopo di trovare l’unità tra le confessioni cristiane è un cammino irreversibile. Assisi è inoltre un incontro con le altre religioni. Ma non è il sincretismo la via che sta percorrendo la Chiesa Cattolica. Lo ha dichiarato oggi il direttore de L’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, in una intervista rilasciata all'agenzia Zenit. Il direttore ha spiegato: “Non credo che ci sia una contrapposizione reale tra il 1986 e il 2011, penso si tratti piuttosto di interpretazioni. Se dalla Giornata di preghiera del 1986 si è voluto concludere che tutte le religioni sono uguali, che è indifferente il credo e che la scelta cristiana è uguale alle altre, questo non era certo il senso dell’iniziativa di Giovanni Paolo II”. Vian ha ricordato che già secondo i pensatori cristiani dei primi secoli “la verità è nel Logos, in Cristo, ed è presente misteriosamente in ogni parte dell’universo: è la teoria detta appunto dei ‘semi del Logos’, derivata dal pensiero stoico”.Semplificando all’estremo, Vian ha detto: “Frammenti dell’unica verità sono sparsi misteriosamente dappertutto. È questo che permette ai gesuiti nel Seicento, missionari in India, Giappone, Cina come Roberto De Nobili, Alessandro Valignano e Matteo Ricci, di ritrovare particelle di verità anche in queste antichissime tradizioni religiose che non hanno mai conosciuto Cristo. E su questa stessa base un teologo come Karl Rahner ha parlato, nel Novecento, di cristiani anonimi”. Tornando ad Assisi, il direttore del giornale della Santa Sede ha ricordato che “fermo restando che le vie di salvezza possono essere molte perché nessuno conosce i disegni di Dio, resta valido l’insegnamento tradizionale della Chiesa Cattolica, confermato dal Vaticano II, dal quale è stata poi tratta la dichiarazione ‘Dominus Iesus’ pubblicata nel 2000: un documento che è una raccolta di affermazioni del Concilio Vaticano II sull’unicità della salvezza portata da Cristo, l’unico salvatore del mondo”.Vian è chiaro: “Benedetto XVI lo sta ripetendo di continuo, in coerenza con tutta la tradizione cattolica, ininterrotta e viva”. Sulla scelta di rispettare nell’incontro interreligioso di Assisi l’identità specifica di ciascuno per evitare il rischio di sincretismo, il direttore de L’Osservatore Romano non ha dubbi: “Credo che sia proprio questa l’intenzione”. E ritiene appunto sbagliata l’idea di considerare Assisi come un incontro sincretista: “Bisogna conoscere un po’ la formazione culturale, l’insegnamento episcopale e poi papale di Karol Wojtyła, senza dimenticare che sin dalla fine del 1981 il Papa chiamò accanto a sé Joseph Ratzinger, come prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, mantenendolo al suo posto malgrado le reiterate richieste del cardinale di tornare ai suoi studi in Baviera. Ecco, tenendo conto di tutto ciò mi sembra veramente impossibile che ci fosse del sincretismo nelle intenzioni di Giovanni Paolo II quando ha convocato l’incontro di Assisi nel 1986”. E ha ricordato che “Assisi non è soltanto un appuntamento ecumenico. L’ecumenismo è un cammino irreversibile, come hanno detto Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI: un cammino da cui non si torna indietro e che le confessioni cristiane hanno intrapreso sull’onda di un movimento che nasce alla fine dell’Ottocento per giungere all’unità. Un’unità che sarebbe possibile in tempi relativamente vicini tra la Chiesa Cattolica, le antiche Chiese orientali e quelle ortodosse, nella prospettiva di un cammino comune che coinvolge anche anglicani e protestanti”. Tuttavia, “Assisi non è soltanto un incontro intercristiano, bensì un confronto anche con le altre religioni, senza essere un sincretismo che mescola tutto indistintamente”. Sul recente Motu Proprio ‘Porta fidei’, del 17 ottobre scorso, Vian ha spiegato che “l’iniziativa di Benedetto XVI di convocare un Anno della fede mostra quello che sta a cuore al Papa: i cristiani oggi si occupano di tante cose ma rischiano di perdere di vista l’essenziale”. Per il direttore de L’Osservatore Romano questo è centrale. “Nel viaggio che Benedetto XVI di recente ha compiuto nella sua patria lo ha detto con chiarezza. Il Papa sa benissimo che la Chiesa in Germania ha delle strutture straordinarie, sa che aiuta tanti e molte Chiese locali nel mondo, ma ha voluto puntare più in alto”. Insomma la posta in gioco è seria, come ha scritto il Papa il 10 marzo 2009: "La fiamma della fede rischia di spegnersi in Paesi anche di antica tradizione cristiana. Una fede che non è ideologia e neanche una morale. Come Benedetto XVI ha scritto nella ‘Deus caritas est’ e ora ripete nel Motu Proprio su questo nuovo Anno della fede”.

Zenit