martedì 2 novembre 2010

Messaggio di cordoglio del presidente Napolitano al Papa: cieca barbarie sui cattolici in Iraq che ferisce profondamente ogni civile coscienza

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano (nella foto con Benedetto XVI), in un messaggio ha espresso al Papa il "più sentito cordoglio per i tragici eventi che hanno colpito la comunità cattolica in Iraq, vittima, anche in questa dolorosa circostanza, di una cieca barbarie che ferisce profondamente ogni civile coscienza e nega il valore fondamentale del dialogo tra le religioni e le culture". "Nel ricordo del mio recente incontro con i Patriarchi delle Chiese orientali, in occasione dell'Assemblea sinodale per il Medio oriente - aggiunge Napolitano - desidero far giungere alla comunità cattolica irachena i sentimenti di partecipata solidarietà e sincera vicinanza da parte dell'intera nazione italiana".

Il Papa: in Iraq i cristiani oggetto di efferati attacchi per minare la fiducia e la convivenza civile. Possano essere seme di pace e vera rinascita

In occasione delle odierne esequie di padre Tha’ir Saad e di padre Boutros Wasim, rimasti uccisi domenica scorsa in Iraq durante l’attacco costato la vita anche a decine di altre persone, tra cui donne e bambini, Benedetto XVI ha inviato il proprio telegramma di cordoglio all’arcivescovo siro-cattolico di Baghdad, mons. Athanase Matti Shaba Matoka. “Profondamente commosso per la violenta morte di tanti fedeli – scrive il Santo Padre – desidero farmi spiritualmente partecipe, mentre prego che questi fratelli e sorelle siano accolti dalla misericordia di Cristo nella Casa del Padre”. “Da anni questo amato Paese – aggiunge il Papa – soffre indicibili pene e anche i cristiani sono divenuti oggetto di efferati attacchi che, in totale disprezzo della vita, inviolabile dono di Dio, vogliono minare la fiducia e la civile convivenza”. Il Pontefice rinnova poi il proprio appello “affinché il sacrificio di questi nostri fratelli e sorelle possa essere seme di pace e di vera rinascita e perché quanti hanno a cuore la riconciliazione, la fraterna e solidale convivenza, trovino motivo e forza per operare il bene”. “A tutti voi, cari fratelli e figli - conclude Benedetto XVI nel messaggio – giunga la mia confortatrice benedizione apostolica, che volentieri estendo ai feriti e alle vostre famiglie così duramente provate”.

Radio Vaticana

Commemorazione dei fedeli defunti. Il Papa: la vita eterna, una pienezza di vita e di gioia che speriamo e attendiamo dal nostro essere con Cristo

Il giorno in cui la Chiesa universale commemora solennemente i defunti vedrà, come da tradizione, il Papa rendere omaggio ai suoi predecessori. Alle 18, Benedetto XVI scenderà nelle Grotte Vaticane per un momento di preghiera in privato sulle tombe dei Pontefici defunti. In questi anni, l’avvicinarsi di questo momento liturgico ha permesso al Papa di riflettere sulla visione cristiana della morte e della Risurrezione. Due abissi, la morte e la fede in Cristo: la prima che scava nella mente umana alla difficile ricerca di una logica che consoli, la seconda che scava nel cuore con la promessa della Risurrezione. Di fronte a questa biforcazione interiore, accostarsi alla tomba di un proprio caro può rinnovare uno sconfortante senso di perdita, o schiudere alla speranza della vita che esiste oltre la vita. Benedetto XVI ha fermato ieri l’attenzione dei credenti su questo mistero: “La liturgia del 2 novembre e il pio esercizio di visitare i cimiteri ci ricordano che la morte cristiana fa parte del cammino di assimilazione a Dio e scomparirà quando Dio sarà tutto in tutti. La separazione dagli affetti terreni è certo dolorosa, ma non dobbiamo temerla, perché essa, accompagnata dalla preghiera di suffragio della Chiesa, non può spezzare il legame profondo che ci unisce in Cristo” (Angelus, 1° novembre 2010).
Ma che senso ha questo legame con Cristo quando si pensa alla morte, se a Cristo non si pensa mai o quasi durante la vita e se la promessa di Dio dell’immortalità dell’anima e del corpo per tanti vale più o meno come una bella e inconsistente “favola”?
“L’uomo moderno l’aspetta ancora questa vita eterna, o ritiene che essa appartenga a una mitologia ormai superata? In questo nostro tempo, più che nel passato, si è talmente assorbiti dalle cose terrene, che talora riesce difficile pensare a Dio come protagonista della storia e della nostra stessa vita” (Udienza generale, 2 novembre 2005).
In un’altra occasione l’appello di Benedetto XVI: "E’ necessario anche oggi evangelizzare la realtà della morte e della vita eterna, realtà particolarmente soggette a credenze superstiziose e a sincretismi, perché la verità cristiana non rischi di mischiarsi con mitologie di vario genere” (Angelus, 2 novembre 2008).
E’ qui il grande paradosso dell’uomo contemporaneo, che ha largamente dismesso la spiritualità cristiana e però finisce prima o poi per rannicchiarsi in qualche tipo di trascendenza parallela, quando deve fare i conti con ciò che non può controllare: la vita che finisce, la sua o quella di persone che ama. Non può farne a meno perché, ha affermato Benedetto XVI, l’esistenza umana “per sua natura è protesa a qualcosa di più grande”.
“In realtà, come già osservava sant’Agostino, tutti vogliamo la ‘vita beata’, la felicità. Non sappiamo bene che cosa sia e come sia, ma ci sentiamo attratti verso di essa. E’ questa una speranza universale, comune agli uomini di tutti i tempi e di tutti luoghi. L’espressione ‘vita eterna’ vorrebbe dare un nome a questa attesa insopprimibile: non una successione senza fine, ma l’immergersi nell’oceano dell’infinito amore, nel quale il tempo, il prima e il dopo non esistono più. Una pienezza di vita e di gioia: è questo che speriamo e attendiamo dal nostro essere con Cristo" (Angelus, 2 novembre 2008).
L’eternità, ha detto ancora ieri all’Angelus Benedetto XVI, “non è un continuo susseguirsi di giorni del calendario, ma qualcosa come il momento colmo di appagamento, in cui la totalità ci abbraccia e noi abbracciamo la totalità dell’essere, della verità, dell’amore”. Quella totalità divenuta storia terrena e promessa di cielo quando duemila anni fa la pietra è rotolata via dal sepolcro e Gesù ne è riemerso con un messaggio che nessun uomo potrà mai promettere a un suo simile e che il Papa ha espresso così: “Sono risorto e ora sono sempre con te, ci dice il Signore, e la mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa cadere, cadrai nelle mie mani e sarò presente persino alla porta della morte. Dove nessuno può più accompagnarti e dove tu non puoi portare niente, là io ti aspetto per trasformare per te le tenebre in luce” (Angelus, 2 novembre 2008).

Radio Vaticana

Giornata Mondiale della Gioventù 2011. Durante le celebrazioni per la patrona di Madrid la prima esecuzione dell'inno con l’impronta di San Paolo

Martedì prossimo, durante le celebrazioni per la festa della Vergine dell’Almudena, patrona di Madrid, debutterà l’inno ufficiale della Giornata Mondiale della Gioventù 2011. Il coro 'Edith Stein' si esibirà nella Cattedrale della capitale per la prima esecuzione live della canzone, nel 'formato' liturgico. Già, perché ne esiste anche una versione 'pop', accompagnata da chitarra, realizzata dal coro giovanile di Getafe, e una strumentale per i grandi cori. Tradotto nelle varie lingue, sarà presto on­line. L’inno, destinato come i precedenti a imprimersi nella memoria di tutti i partecipanti alla GMG, è stato composto da mons. César Franco, vescovo ausiliare di Madrid, e musicato da don Enrique Vásquez Castro. Si ispira alla tradizione mistica spagnola. In tutto sono sei strofe più il ritornello, basato sul tema della GMG, preso dalla lettera di San Paolo ai Colossesi, che recita: "Saldi nella fede, camminiamo in Cristo / Nostro amico, nostro Signore / Gloria a Lui in eterno, gloria a Lui in eterno! / Camminiamo in Cristo, saldi nella fede".

Fabrizio Assandri, Avvenire