giovedì 15 luglio 2010

Mons. Scicluna: appena eletto il Papa ha voluto che le facoltà della Dottrina della Fede fossero norma. La confidenzialità non impedisce la denuncia

Il promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede, mons. Charles Scicluna, presente al briefing con i media per la presentazione dell'aggiornamento delle "Norme sui delitti più gravi", ha spiegato che i 10 anni intercorsi tra la prima promulgazione delle norme e il loro attuale aggiornamento ha comunque visto, nella prassi, l’applicazione di quelle che erano state inizialmente concesse come “facoltà”, ma che ora sono state stabilizzate in un quadro normativo più organico: “Questo è un segnale forte, perché le facoltà hanno una vita un po’ effimera: dipendono molto dalla volontà dei Sommi Pontefici. Invece, Papa Benedetto XVI – appena eletto nel 2005 – ha espresso il desiderio che le facoltà di cui godeva la Dottrina della Fede fossero stabilizzate nella normativa”. Parlando dell’innalzamento della soglia di prescrizione da 10 a 20 anni, mons. Scicluna ha detto che ora la “facoltà di derogare diventa diritto” per la Congregazione per la Dottrina della Fede, mentre una cancellazione della prescrizione non è concepibile in quanto essa riguarda tutti i casi gravi, non solo quelli di abuso sessuale. "Bisogna obbedire alle leggi civili già dall'inizio - ha spiegato il presule - e non aspettare l'esito del processo canonico". La frase è stata inserita nelle linee guida per "dare il segnale che la confidenzialità dei procedimenti canonici non è mai un impedimento al dovere di denuncia e non va mai a scapito dell'obbedienza alle leggi civili", ha aggiunto Scicluna. Anche la conferma della confidenzialità nei processi canonici relativi ai 'delicta graviora', "Le cause di questo genere sono soggette al segreto pontificio", va letto, secondo Scicluna, come "tutela della dignità di tutte le persone coinvolte. Ma - ha aggiunto - nella Chiesa c'è anche un bene che richiede non confidenzialità, bensì pubblicità, ad esempio nel caso di una sentenza di assoluzione: il sacerdote ha il diritto alla riabilitazione pubblica. Il segreto pontificio è un valore ma non assoluto, è il bene comune che deve prevalere". Scicluna ha anche risposto a diverse domande sulla collaborazione tra giustizia ecclesiastica e giustizia civile. A chi faceva notare che lo stesso Benedetto XVI ha più volte esortato i vescovi a denunciare i colpevoli alle autorità civili, mons. Scicluna ha risposto: "Le norme le ha fatte il Papa. Non ha fatto un passo indietro, ha rispettato le sue competenze. Non è compito del Papa dare indicazioni sul diritto civile. L'indicazione di obbedire alle leggi dello Stato viene già da San Paolo, non c'è bisogno di richiamare tutti i principi del buon vivere in un testo tecnico come questo. E' un limite imposto già dalla natura del testo". E al giornalista che chiedeva come mai il caso di tentata ordinazione di una donna sia stato inserito in un complesso normativo che parla anche di abusi sessuali, il promotore di giustizia vaticano ha spiegato: “La gravità dipende dal fatto che viene capovolto il pensiero della Chiesa e la fede della Chiesa nel Sacramento dell’Ordine. E’ una gravità di tipo diverso dalla gravità, che colpisce, dell’abuso sessuale di minori: non sono sullo stesso livello. Ma evidentemente si trovano in un documento che cerca di sistemare tutta la competenza sui delitti che sono riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede”. Molto ha interessato i giornalisti della facoltà concessa ai vescovi di inserire laici competenti nei tribunali diocesani nei casi di processo canonico. Mons. Scicluna ne ha spiegato così il motivo: “A livello diocesano, l’input dei laici è essenziale. L’input dei laici è essenziale quando il vescovo ha bisogno di un parere sulla valutazione di un caso, perché ha bisogno della competenza degli psicologi, dei sociologi, degli esperti di psicologia del bambino, dell’influsso che l’abuso ha sulla vittima...E qui, non possiamo trovare tutto questo tipo di competenza nel clero. Sappiamo di vescovi che si sono serviti della competenza di ex poliziotti per le loro indagini e questo perché volevano arrivare alla verità. E questo per noi è molto importante”.

Radio Vaticana, Apcom

Rafforzato il potere sanzionatorio della Congregazione per la Dottrina della Fede. Cenni storici sulle competenze del dicastero sui 'delicta graviora'

Cambiano gli equilibri di potere nella Curia romana. Guidata da Joseph Ratzinger per oltre un ventennio, dal 1981 all'anno in cui è stato eletto Papa, il 2005, la Congregazione per la Dottrina della Fede esce significativamente rafforzata dall'aggiornamento delle norme sulla pedofilia e sugli altri delitti eccezionalmente gravi per la Chiesa Cattolica, pubblicate oggi dalla sala stampa della Santa Sede e approvate lo scorso 21 maggio dallo stesso Benedetto XVI. L'ex Sant'Uffizio si vede infatti riconosciuto un potere sanzionatorio più invasivo per quanto riguarda gli abusi sessuali sui minori compiuti da un sacerdote. L'iter canonico standard invalso sinora prevedeva che questo delitto fosse trattato dai tribunali ecclesiastici costituiti dai singoli vescovi dopo aver verificato la consistenza delle accuse. La Congregazione per la Dottrina della Fede veniva avvisata dell'avvio dell'istruttoria, dava indicazioni al vescovo su come procedere e interveniva direttamente solo come tribunale responsabile di un eventuale appello. Il dicastero guidato dal 2005 dal cardinale americano William Levada, potrà ora infliggere direttamente le diverse pene previste, in casi gravi, con una decisione extra-giudiziale presa ex officio o su richiesta del vescovo. In casi estremamente gravi poi, potrà proporre al Papa l'immediata riduzione del prete colpevole allo stato laicale. Estendendo poi il campo penale agli adulti con handicap mentale, equiparati ai minori, e al possesso di materiale pedo-pornografico, il dicastero vaticano allarga, sempre in caso di appello, il proprio potere sanzionatorio. Sono però le altre novità del documento pubblicato oggi a rappresentare la più evidente prova degli aumentati poteri della Congregazione per la Dottrina della Fede. Aggiornando l'elenco dei 'delicta graviora', infatti, l'ex Sant'Uffizio diviene tribunale d'appello nei casi di eresia, apostasia, scisma, ordinazione sacerdotale femminile e registrazione e diffusione 'maliziosa' delle confessioni. Il dicastero, inoltre, potrà condurre delle indagini preliminari su cardinali e vescovi che si macchiano di tutti i delitti gravi contro la fede, i costumi e i sacramenti. Una nota storica diffusa oggi dalla Sala stampa vaticana ricorda come già da prefetto della Congregazione, l'allora card. Ratzinger, insieme a Giovanni Paolo II, promosse un accentramento di competenze nelle mani della Dottrina della Fede. Per quanto riguarda in particolare la pedofilia, la nota vaticana ricorda che nel 1922 il Santo Uffizio stilò un'istruzione sul crimine della molestia sessuale ("sollecitazione") compiuto da un prete in confessionale, la "Crimen sollicitationis", e la inviò "ai vescovi che avessero la necessità di trattare casi particolari che riguardavano la sollecitazione, l'omosessualità di un chierico, l'abuso sessuale di bambini e la bestialità". Il periodo successivo al Concilio Vaticano II poi "fu contrassegnato da differenti tendenze fra gli studiosi di diritto canonico in merito ai fini della legge penale canonica e alla necessità di un approccio decentralizzato ai casi, valorizzando l'autorità e il discernimento del Vescovi locali. Venne preferito un 'atteggiamento pastorale' nei confronti delle condotte inappropriate; i processi canonici venivano da alcuni ritenuti anacronistici. Spesso prevalse il 'modello terapeutico' nel trattamento dei casi di condotte inappropriate dei chierici. Ci si attendeva che il vescovo fosse in grado di 'guarire' più che di 'punire'". Infine, con la riforma del Codice del diritto canonico del 1983 e il successivo indulto comminato ai vescovi americani nel 1994, gli vennero riservati alla Rota Romane e i ricorsi amministrativi alla congregazione per il clero. "Durante questo periodo (1994-2001) non si fece alcun riferimento all'antica competenza del Sant'Uffizio per questi casi", sottolinea la nota. Col rischio di insabbiamenti da parte di alcune diocesi o altri dicasteri vaticani. Solo con il Motu Proprio "Sacramentorum sanctitatis tutela" promulgato da Wojtyla nel 2001 e accompagnato da una lettera firmata dal card. Ratzinger e da Tarcisio Bertone, rispettivamente prefetto e segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, vennero riservati al dicastero alcuni delitti canonici tra i quali la pedofilia. E, oggi, quel documento è stato aggiornato, per dare ancora più potere all'importante dicastero vaticano.

Modifiche alle 'Norme sui delitti più gravi': procedure più efficaci contro la pedofilia, la pedopornografia reato, inseriti i delitti contro la fede

La Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato l’aggiornamento delle cosiddette “Norme sui delitti più gravi”, approvati da Benedetto XVI lo scorso 21 maggio e relative all’insieme dei provvedimenti che consentono al dicastero vaticano di intervenire nei casi di delitti commessi contro i Sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza e nei casi di abuso sessuale perpetrati dal clero contro minori. Riguardo a quest’ultimo aspetto, si tratta, ha affermato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, illustrando le Norme ai giornalisti, “di un grande contributo alla chiarezza e alla certezza del diritto in un campo in cui la Chiesa è fortemente impegnata oggi a procedere con rigore e con trasparenza”. Le nuove Norme hanno alle spalle nove anni di prassi, di correzioni dettate dall’esperienza, da quando cioè Giovanni Paolo II promulgò nel 2001 il Motu Proprio "Sacramentorum sanctitatis tutela", corredandolo di una serie di Norme applicative e procedurali note come "Normae de gravioribus delictis, “Norme sui delitti più gravi”. Questa legislazione, ha ricordato padre Lombardi, è andata arricchendosi negli anni, pur in modo non sistematico, grazie ad alcune “facoltà” concesse nel 2003 dal Papa alla Congregazione per la Dottrina della Fede, che attribuivano al dicastero vaticano competenze via via più specifiche per trattare e giudicare nell’ambito dell’ordinamento canonico una serie di delitti particolarmente gravi, per i quali la competenza veniva in precedenza attribuita “anche ad altri dicasteri o non era del tutto chiara”. Il campo d’azione delle Norme riguardava e riguarda i Sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza e i casi di abuso sessuale “commessi da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età”. Considerata la “vasta risonanza pubblica” suscitata negli ultimi anni specie dai casi di abuso sessuale commessi dal clero, padre Lombardi ha messo in luce soprattutto i punti salienti della nuova legislazione che ad essi fanno riferimento. Le Norme, ha affermato, sono state integrate e aggiornate per sveltire e semplificare le procedure e “renderle più efficaci”, tenendo conto anche delle “nuove problematiche” insorte nel frattempo. Nel caso di una maggiore velocità delle procedure, le nuove Norme introducono, ha indicato padre Lombardi, “la possibilità di non seguire la ‘via processuale giudiziale’ ma di procedere ‘per decreto extragiudiziale’, o quella di presentare al Santo Padre in circostanze particolari i casi più gravi in vista della dimissione dallo stato clericale. Un’altra norma intesa a semplificare problemi precedenti e a tener conto dell’evoluzione della situazione nella Chiesa, riguarda la possibilità di avere come membri del personale dei tribunali, o come avvocati o procuratori, non solo più sacerdoti, ma anche laici”. Né sarà più “strettamente necessaria”, ha soggiunto nel merito, la laurea in diritto canonico, ma basterà una competenza comprovata, ad esempio, da un titolo di licenza. Nell’attuale revisione normativa, cambia pure il termine della prescrizione per questo tipo di delitti, che sale da dieci a venti anni e può ulteriormente essere derogato anche oltre tale limite. E “significativa”, ha rilevato padre Lombardi, è l’equiparazione ai minori che le Norme prevedono per le persone “con limitato uso di ragione” che restano vittime di abusi, nonché l’introduzione tra i delitti della pedopornografia, intesa come “l’acquisizione, la detenzione o la divulgazione” compiuta da un membro del clero “in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo, di immagini pornografiche aventi ad oggetto minori di anni 14”. Le Norme non trattano della collaborazione con le autorità civili e ciò, ha riconosciuto padre Lombardi, è invece “oggetto di discussione” di questi tempi. Questo perché, ha ricordato, il nuovo testo normativo fa parte dell’ordinamento penale canonico, che è “distinto da quello degli Stati”. Tuttavia, rispetto al passato in cui l’adempimento alle leggi civili avveniva durante o dopo il procedimento canonico, ora la prassi proposta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede richiede di ottemperare in via preliminare “alle disposizioni di legge vigenti nei diversi Paesi”. Ricordando, infine, che le Norme ribadiscono il principio “della confidenzialità dei processi, a tutela della dignità di tutte le persone coinvolte”, padre Lombardi ha riferito che il dicastero vaticano “sta attualmente studiando come aiutare gli Episcopati del mondo a formulare e sviluppare in modo coerente ed efficace le indicazioni e direttive necessarie ad affrontare la problematica degli abusi sessuali di minori da parte di membri del clero o nell’ambito di attività o istituzioni connesse alla Chiesa, con riguardo alla situazione e ai problemi della società in cui operano”. Sarà questo, ha affermato, “un altro passo cruciale nel cammino perché la Chiesa traduca in prassi permanente e in consapevolezza continua i frutti degli insegnamenti e delle riflessioni” maturati nel corso di questa “dolorosa” crisi. Quindi, padre Lombardi ha passato in rassegna ciò che le Norme aggiornate stabiliscono riguardo a delitti “di altra natura”. In realtà, ha riconosciuto, le novità non riguardano tanto delle affermazioni di principio o di procedura, quanto piuttosto il fatto che le disposizioni già vigenti siano state inserite in una “normativa complessiva più ordinata e organica”. Nello specifico, ha precisato il direttore della Sala Stampa vaticana, sono stati inseriti i delitti contro la fede, quali l'eresia, l'apostasia e lo scisma, “per i quali sono normalmente competenti gli ordinari”, ma dove ora “la Congregazione diventa competente in caso di appello”, come pure “la registrazione e divulgazione compiute maliziosamente delle confessioni sacramentali”, già oggetto di un decreto di condanna nel 1988, e infine “l’attentata ordinazione delle donne, sulla quale pure – ha concluso – esisteva già un decreto del 2007”.

Mons. Franceschini: sull'omicidio di mons. Padovese è caduto il silenzio, aspettiamo di conoscere la verità. La Chiesa qui è forte ma soffrirà ancora

"È caduto il silenzio su questo tragico avvenimento e per questo sono un po’ rattristato. Da fonti locali ho saputo che il ragazzo è stato ricoverato ad Adana, per questa ‘pretesa’ malattia mentale, e che si prospetta una facile guarigione in quanto non sarebbe stato riscontrato nulla di grave. Speriamo che il futuro non sia come quello di don Andrea Santoro, ovvero che ci sia una facile assoluzione di tutto!”. A parlare da Smirne, diocesi di cui è arcivescovo, è mons. Ruggero Franceschini, che dopo la tragica morte di mons. Luigi Padovese (nella foto con Benedetto XVI), ucciso da suo autista, Murat Altun, a Iskenderun il 3 giugno, ha assunto per mandato della Santa Sede anche la responsabilità del vicariato apostolico di Anatolia. "Siamo sereni – afferma in un’intervista all'agenzia SIR – ho trovato una Chiesa forte, dopo le prime burrasche, non ho visto animosità, il perdono è stato concesso senza problemi. Sappiamo che la Chiesa per andare avanti in questi luoghi dovrà soffrire ancora, ma nessuno ha avuto l'idea, dopo lo scoraggiamento iniziale, di lasciare, di partire. Oggi più che mai sono desiderosi di restare e di dare una mano". Sulle tante ipotesi formulate sulla morte di mons. Padovese, l’arcivescovo di Smirne non ha dubbi: “Mi dispiace che la gente sia imbottita di falsità. Mi dispiacerebbe che per mons. Padovese, persona limpida, prevalesse il motivo passionale, assolutamente da escludere anche per le prove scientifiche. Bisogna cancellare anche il fatto della labilità della persona, che pure c’è. Sarebbe piuttosto utile indagare perché si usano spesso persone labili, che da sole non sarebbero capaci di gesti come questo. Su altre ipotesi ho delle idee del tutto personali che tengo per me. Di concreto c'è che aspettiamo di conoscere la verità su questa morte. Mi fa soffrire questa attesa nel silenzio". Nell’intervista all'agenzia SIR, mons. Franceschini parla anche della chiesa di San Paolo a Tarso, della libertà religiosa, invocando una reciprocità “dei buoni rapporti umani” e dei 50 anni dell’istituzione delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Turchia.

In una lettera del card. Dias la gioia del Papa per la liberazione di un vescovo cinese. Un altro nominato con l'accordo del Vaticano e delle autorità

Il card. Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, ha inviato un suo messaggio a mons. Julius Jia Zhiguo, vescovo legittimo non ufficiale (clandestino) della diocesi di Zhengding, nella provincia dell'Hebei della Cina continentale, per esprimere la gioia di Benedetto XVI per la sua liberazione, avvenuta il 7 luglio. Il vescovo è stato liberato dopo 15 mesi di detenzione. Questo è stato il suo 13° arresto dal 2004. Nei periodi di detenzione, ha spiegato l'agenzia AsiaNews, "viene segregato in una stanza e sottoposto a sessioni politiche personali, in cui si cerca di convincerlo a sottoscrivere l'appartenenza all'Associazione Patriottica, l'organizzazione del Partito comunista che vuole edificare una chiesa nazionale senza legami con la Santa Sede". Nella sua lettera al presule, il card. Dias confessa: "Ho ricevuto con grande piacere la notizia che Vostra Eccellenza è ritornata in Sede. La notizia mi rallegra molto. Il Santo Padre invia la sua particolare Benedizione Apostolica a Lei e a tutti i suoi fedeli". Secondo fonti di AsiaNews, l'ultimo arresto del presule "voleva colpire al cuore i tentativi del Vaticano nel voler riconciliare Chiesa ufficiale e sotterranea dell'Hebei, la regione a massima concentrazione di cattolici". Mons. Jia si è infatti riconciliato con mons. Jang Taoran, vescovo di Shijiazhuang (Hebei), la diocesi ufficiale. I due presuli si sono incontrati spesso e hanno cominciato a costruire un piano pastorale comune, ma quando l'AP l'ha scoperto li ha costretti a non incontrarsi più e li ha messi sotto custodia della polizia 24 ore su 24. Secondo alcuni fedeli locali, la polizia avrebbe detto a mons. Jia Zhiguo che l'unità fra i due vescovi "è cattiva perché è voluta da una potenza straniera come il Vaticano. Se unità ci deve essere, deve avvenire attraverso il governo e l'AP".
Intanto è stato nominato vescovo di Taizhou mons. Antonio Xu Jiwei e la sua nomina è stata approvata dalla Chiesa e dalle autorità cinesi. E' un'altra prova di disgelo nei rapporti Vaticano-Cina dopo la liberazione di mons. Zhiguo. Secondo la sala stampa vaticana, l'ordinazione di mons. Xu è stata concelebrata da 4 vescovi, "tutti in comunione con la Santa Sede" e "riconosciuti dal governo cinese". Dal 1960 al 1985 monsignor Xu "a causa delle vicende politiche è stato condannato a cinque anni di prigione e poi a lunghi anni di lavori forzati", spiega la nota vaticana.

Zenit, Ansa, Apcom

'L'Osservatore Romano': la proposta sulle donne vescovo nella Chiesa anglicana non tiene conto delle diverse tradizioni e del futuro del dialogo

"Il dibattito sulla consacrazione delle donne vescovo si è venuto ampliando e approfondendo in questi ultimi anni, mostrando la pluralità delle posizioni presenti in Inghilterra, la cui comunità si è dovuta confrontare anche con le ricadute ecumeniche, in senso lato, delle conseguenze di questa decisione, dal momento che era evidente che su essa si misurava la capacità di proseguire il dialogo per una piena e visibile comunione non solo con la Chiesa cattolica, ma anche con le Chiese ortodosse". E' quanto si legge su L'Osservatore Romano a commento della decisione presa dall'annuale sinodo degli anglicani d'Inghilterra che si è tenuto a York dall'8 al 13 luglio ed ha approvato le modifiche alle norme per la consacrazione dei vescovi in modo che essa possa essere aperta anche alle donne, tanto che si pensa che già nel 2014 sarà possibile consacrare la prima donna vescovo. "Il dibattito, la votazione e i commenti successivi hanno mostrato quanto si sia polarizzata la discussione su questo tema, tanto che alcuni hanno pubblicamente contestato il risultato - scrive il quotidiano del Vaticano -, sostenendo che con esso si mette a rischio non solo il futuro del dialogo ecumenico, ma la stessa esistenza della comunità anglicana inglese, poiché si va a toccare un elemento fondamentale della tradizione anglicana, evocando il 1994, l'anno dell'ordinazione sacerdotale della prima donna nella Chiesa di Inghilterra, che provocò l'abbandono di migliaia di fedeli, che non si riconobbero nelle decisioni del sinodo". "Nel sermone a conclusione dell'incontro di York, l'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams (nella foto con Benedetto XVI) ha invitato alla riflessione e a tornare alla centralità della testimonianza di Cristo nel mondo", scrive ancora L'Osservatore Romano, sottolineando che dal sinodo degli anglicani "è emersa la debolezza di una proposta che non tenga conto delle diverse tradizioni presenti in una stessa comunità ecclesiale. E che pensa di risolvere le questioni aperte con una votazione a maggioranza semplice, con la quale sembra offuscarsi la centralità della missione e della testimonianza della Buona Novella ut unum sint".

Apcom

Giuseppe De Carli: Benedetto XVI parla di vita alla morte, di identità in mezzo all'alienazione, di speranza e futuro. Un 'intellettuale col cuore'

di Giuseppe de Carli
Dall'introduzione al libro L'ultimo segreto di Fatima

Il "corpus ratzingeriano" ha ormai preso forma in libri, saggi, encicliche, fascicoli, omelie, catechesi del mercoledì, esortazioni, appelli, dai quali emerge che la vera sapienza è l'intelligenza aperta alla fede. Già. Il problema non è la macchina ecclesiale, ma è il carburante; non è il "palazzo", ma sono le fondamenta. La crisi più che delle istituzioni è della verità del Vangelo. La seduzione di Benedetto XVI è quella di recuperare alla fede la sua natura di "controcultura". Da qui la crescente attenzione della pubblica opinione, della "facebook generation", verso un Papa la cui curvatura intellettuale è quella tipica di un pastore che sa insegnare. In più, il Papa-teologo, smentendo ogni previsione, viaggia. In cinque anni, trenta fra visite pastorali e viaggi apostolici all'estero. Pur essendo a un terzo del pontificato montiniano, Joseph Ratzinger ha già superato il numero di viaggi compiuti da Paolo VI. Faticavamo a crederci all'inizio: Benedetto XVI è nel "raggio di Maria". A Colonia, in Polonia, al santuario di Altötting, in Austria nel santuario mariano di Mariazell, ad Aparecida in Brasile, a Lourdes, a Valencia, a Betlemme e Nazareth, a Efeso in Turchia e poi negli Stati Uniti, in Angola e in Camerun, a Praga e a Brno, a Malta, a Fatima, e ancora a Cipro e in Gran Bretagna e Spagna. In Italia, nel suo itinerario ci sono Bari, Manoppello, Napoli, Brescia, Genova, Pavia, Brindisi, Cagliari, Pompei, Loreto, Torino, Palermo. Benedetto XVI arriva fin sulla collina di San Giovanni Rotondo a venerare le spoglie mortali di San Pio da Pietrelcina. Va alla mensa dei poveri della Comunità di Sant'Egidio o alla sede della Caritas della stazione Termini, e lo vediamo anche nella Sinagoga di Roma. "Fa venire un certo Simone detto Pietro" raccontano gli Atti degli Apostoli. E Pietro arriva. Così Benedetto XVI, arriva là dove è chiamato, magari fra le polemiche, in contesti socio-politici radicalizzati, ma arriva. Parla di vita alla morte, di identità in mezzo allo straniamento e all'alienazione, di speranza e di futuro al cupio dissolvi della modernità. Sono i pellegrinaggi - specie mariani - di "un intellettuale col cuore" [...] Un Papa che il mondo sta imparando ad amare.