mercoledì 31 marzo 2010

I vescovi americani: sappiamo per nostra stessa esperienza come il Papa abbia rafforzato la risposta della Chiesa alle vittime dei preti pedofili

I vescovi degli Stati Uniti si schierano a difesa dell'operato di Benedetto XVI volto a contrastare con fermezza il "peccato e il crimine" degli abusi sessuali compiuti da sacerdoti. Affermano i presuli in una dichiarazione resa pubblica ieri: "Sappiamo per nostra stessa esperienza come Papa Benedetto XVI sia profondamente preoccupato per quanti sono stati colpiti da abusi sessuali e come abbia rafforzato la risposta della Chiesa alle vittime e dato sostegno ai nostri sforzi di affrontare i colpevoli. Il recente emergere - continuano i vescovi - di più resoconti su abusi sessuali compiuti da sacerdoti rattrista e indigna la Chiesa e ci causa vergogna. Se c'è un posto dove i bambini dovrebbero essere al sicuro questo dovrebbe essere nella propria casa e nella Chiesa". Proseguono i presuli: "Continueremo a intensificare i nostri sforzi di fornire un ambiente sicuro per i bambini nelle nostre parrocchie e nelle nostre scuole. Inoltre, lavoreremo insieme agli altri nelle nostre comunità per affrontare la piaga degli abusi sessuali in tutta la società". Nella dichiarazione - firmata dal presidente della Conferenza Episcopale, il card. Francis George, dal vicepresidente, il vescovo di Tucson, Gerald Kicanas, dall'arcivescovo di Louisville, Joseph Kurtz, dal vescovo di Youngstown, George Murry e dal vescovo di Paterson, Arthur Serratelli - si ricorda il viaggio negli Stati Uniti di Benedetto XVI nell'aprile 2008: "Uno dei momenti più toccanti" - si legge nel documento - è stata la conversazione privata del Papa, avvenuta nella Nunziatura apostolica di Washington, con le vittime degli abusi. Benedetto XVI "ha potuto ascoltare direttamente come gli abusi sessuali abbiano devastato la vita delle vittime. Il Santo Padre ha condiviso la loro dolorosa esperienza e ha ascoltato, tenendo strette frequentemente le loro mani e rispondendo teneramente, rassicurandoli". Con l'appoggio - continua la dichiarazione - "sia di Giovanni Paolo II che di Benedetto XVI noi vescovi ci siamo vigorosamente impegnati a fare ogni cosa in nostro potere per fare in modo che non vengano più compiuti abusi sui bambini. Concretizziamo questo impegno attraverso il Charter for the protection of Children and Young People, uno statuto che ci chiama a rispondere con compassione alle vittime, a lavorare diligentemente al fine di vigilare su quanti lavorano con i bambini e i giovani nella Chiesa, a diffondere una coscienza anti abusi e un'educazione preventiva, a comunicare casi sospetti di abuso alle autorità giudiziarie civili e a valutare i nostri sforzi nella protezione dei bambini e dei giovani attraverso una verifica esterna annuale a livello nazionale". Concludono i vescovi: "Così come accompagniamo Cristo nella Sua passione e morte nel corso della Settimana Santa, siamo con il Santo Padre Benedetto XVI in preghiera per le vittime dell'abuso sessuale, per tutta la Chiesa e per il mondo intero".

L'Osservatore Romano

Il card. Brady incontra alcune vittime di abusi sessuali di preti: continuare ad ascoltarle. In questi giorni rifletterà sulle possibili dimissioni

Nel mezzo di una Settimana Santa che ha annunciato di voler dedicare alla riflessione sul suo futuro, il primate d'Irlanda, card. Sean Brady (foto), ha incontrato questa mattina alcune vittime di abusi sessuali da parte di preti. Lo ha reso noto l'ufficio comunicazione della Conferenza Episcopale irlandese. Il porporato è sotto accusa da parte delle associazioni delle vittime dopo che è emerso che aveva partecipato al processo canonico di un prete pedofilio nel 1975, durante il quale chiese a due ragazzi abusati di mantenere il segreto sulla vicenda. In molti, in Irlanda, ne chiedono le dimissioni e il primate ha promesso che rifletterà sul suo destino durante la settimana che prelude alla Pasqua. Oggi, il card. Brady ha incontrato nella città di Armagh, di cui è arcivescovo, i rappresentanti dell'Irish Survivors of Child Abuse, di Right to peace, di Right of Place e i coniugi Collins. ''Il primo intento di questi incontri per i rappresentanti della Chiesa era di continuare ad ascoltare i punti di vista dei sopravvissuti agli abusi in seguito alla pubblicazione della Lettera pastorale del Santo Padre, Benedetto XVI, ai cattolici di Irlanda'', si legge nella nota. Oltre a Brady erano presenti agli incontri il vescovo di Dromore John McAreavey e la signora Lucy McCaffrey, incaricata di facilitare i contatti dei vescovi irlandesi con le vittime di pedofilia.

Asca

Il vescovo di Milwaukee ammette: siamo stati noi a sbagliare negli anni degli abusi, non il Vaticano dopo. Chiedo scusa a nome dell'arcidiocesi

"Siamo stati noi, autorità civili e religiose del Milwaukee, a sbagliare tra gli anni 70, 80 e 90. Non Roma e il Vaticano tra il 1996 e il 1998". Lo afferma Jerome Listecki, arcivescovo di Milwaukee, chiedendo formalmente scusa e assumendosi a nome dell'arcidiocesi ogni responsabilità nell'ambito dell'inchiesta attorno a Lawrence Murphy, il prete accusato di aver abusato di 200 ragazzi sordomuti. "Per questo - ha aggiunto rivolgendosi ai fedeli nel corso di una Messa alla cattedrale della città - vi chiedo scusa a nome della Chiesa e di questa arcidiocesi".

Tgcom.it

Benedetto XVI: universitari, si accresca in voi il desiderio di incontrare personalmente Gesù Cristo per testimoniarlo con gioia in ogni ambiente

“Riflettere sull’importanza degli studi universitari” per formare una “mentalità cattolica universale”. A rivolgere tale invito ai giovani è stato questa mattina il Papa, salutando come di consueto al termine dell’Udienza generale i fedeli di lingua italiana presenti in Piazza San Pietro. Rivolgendosi agli universitari, provenienti da diversi Paesi, che partecipano al Congresso internazionale promosso dalla Prelatura dell’Opus Dei, Benedetto XVI ha citato il fondatore del movimento, San Josemaria Escrivà de Balaguer, che definiva la “mentalità cattolica universale come “ampiezza di orizzonti e vigoroso approfondimento di ciò che è perennemente vivo nell’ortodossia cattolica”. “Si accresca in ciascuno il desiderio di incontrare personalmente Gesù Cristo, per testimoniarlo con gioia in ogni ambiente”, l’auspicio del Santo Padre per i giovani. Al termine dei saluti, il Papa ha ringraziato tutti i fedeli per la loro visita, “augurando a ciascuno che questi giorni della Settimana Santa siano occasione propizia per rafforzare la fede e l’adesione al Vangelo”.

SIR

Il Papa: vivere intensamente il Triduo Sacro affinchè orienti decisamente la nostra vita all'adesione generosa e convinta a Cristo morto e risorto

I giorni del Triduo Pasquale, che comincia domani, sono un momento da “vivere intensamente, affinché orientino decisamente la vita di ciascuno all'adesione generosa e convinta a Cristo”. Ciò assume un signficato particolare, in quest’Anno Sacerdotale, per i presbiteri, ai quali il Papa ha oggi rinnovato l’esortazione a “lasciarsi conquistare da Cristo”, per essere “nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione e di pace”. I primi auguri di Benedetto XVI per la Pasqua hanno concluso la catechesi delll’Udienza generale di questa mattina, nel corso della quale il Papa ha illustrato alle 30mila persone presenti in Piazza San Pietro il significato dei giorni della Settimana Santa. ''Stiamo vivendo i giorni santi che ci invitano a meditare gli eventi centrali della nostra Redenzione, il nucleo essenziale della nostra fede'', ha esordito Benedetto XVI. ''Domani - ha aggiunto - inizia il Triduo pasquale, fulcro dell'intero anno liturgico, nel quale siamo chiamati al silenzio e alla Preghiera per contemplare il mistero della Passione, Morte e Risurrezione del Signore''. Domani, la Messa crismale vedrà riuniti i sacerdoti con i loro vescovi per il rito nel corso del quale vengono benedetti l’olio degli infermi, dei catecumeni e il crisma. Nella stessa occasione, i sacerdoti rinnovano le promesse pronunciate il giorno dell’ordinazione. “Tale gesto assume quest’anno, un rilievo tutto speciale, perché collocato nell’ambito dell’Anno Sacerdotale, indetto per commemorare il 150mo anniversario della morte del santo Curato d’Ars”. A tutti i sacerdoti il Papa ha ripetuto l’auspicio formulato nella Lettera d'indizione di questo anno: “Sull’esempio del Santo Curato d’Ars, lasciatevi conquistare da Cristo e sarete anche voi, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace”. Domani pomeriggio, con la Messa “In coena Domini”, si celebra l’istituzione dell’Eucaristia. Nelle parole di Gesù a proposito del pane e del vino “Questo è il mio corpo” e “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue”, ha affermato Benedetto XVI, si manifesta “con chiarezza l’intenzione di Cristo: sotto le specie del pane e del vino, Egli si rende presente in modo reale col suo corpo donato e col suo sangue versato quale sacrificio della Nuova Alleanza. Al tempo stesso, Egli costituisce gli apostoli e i loro successori ministri di questo sacramento, che consegna alla sua Chiesa come prova suprema del suo amore”. Nel corso dello stesso rito si ripete il gesto di Gesù che lava i piedi agli apostoli, un atto che “rappresenta tutta la vita di Gesù e rivela il suo amore sino alla fine, un amore infinito, capace di abilitare l’uomo alla comunione con Dio e di renderlo libero”. Al termine della liturgia del Giovedì Santo, la Chiesa ripone il Santissimo Sacramento in un luogo appositamente preparato, “che sta a rappresentare la solitudine del Getsemani e l’angoscia mortale di Gesù. Davanti all’Eucarestia, i fedeli contemplano Gesù nell’ora della sua solitudine e pregano affinché cessino tutte le solitudini del mondo. Questo cammino liturgico è, altresì, invito a cercare l’incontro intimo col Signore nella preghiera, a riconoscere Gesù fra coloro che sono soli, a vegliare con lui e a saperlo proclamare luce della propria vita”. Il Venerdì Santo è dedicato al ricordo della passione e della morte di Gesù. “Esiste – ha evidenziato il Papa - una inscindibile connessione fra l’Ultima Cena e la morte di Gesù. Nella prima Gesù dona il suo corpo e il suo sangue, ossia la sua esistenza terrena, se stesso, anticipando la sua morte e trasformandola in un atto di amore. Così la morte che, per sua natura, è la fine, la distruzione di ogni relazione, viene da lui resa atto di comunicazione di sé, strumento di salvezza e proclamazione della vittoria dell’amore. In tal modo, Gesù diventa la chiave per comprendere l’Ultima cena che è anticipazione della trasformazione della morte violenta in sacrificio volontario, in atto di amore che redime e salva il mondo”. Il Sabato Santo è il giorno del “grande silenzio. Le Chiese sono spoglie e non sono previste particolari liturgie. In questo tempo di attesa e di speranza, i credenti sono invitati alla preghiera, alla riflessione, alla conversione, anche attraverso il sacramento della riconciliazione, per poter partecipare, intimamente rinnovati, alla celebrazione della Pasqua”. Nella notte del Sabato Santo c’è la "madre di tutte le veglie", quando il silenzio viene “rotto dal canto dell’Alleluia, che annuncia la resurrezione di Cristo e proclama la vittoria della luce sulle tenebre, della vita sulla morte. La Chiesa – ha concluso il Papa - gioirà nell’incontro con il suo Signore, entrando nel giorno della Pasqua che il Signore inaugura risorgendo dai morti”.

AsiaNews

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa

John Allen: 'l'uomo di punta', la lettera del 2001 e i processi canonici, tre punti fondamentali sul Papa e la pedofilia nel clero fraintesi dai media

di John L. Allen
Il Sussidiario.net

La storia di Papa Benedetto XVI è sottoposta in questi giorni a un intenso esame in rapporto alla crisi derivante dagli abusi sessuali. Le rivelazioni arrivate dalla Germania hanno messo sotto il riflettore i suoi cinque anni come vescovo diocesano e, giovedì scorso, un pezzo del New York Times sul caso di Padre Lawrence Murphy di Milwaukee lo ha tirato in gioco per i suoi anni in Vaticano come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Anche se in alcuni ambienti si pensa che con tutto questo si voglia solo colpire il Papa e/o la Chiesa, sollevare tali questioni è del tutto legittimo. Occorre innanzitutto fare chiarezza. Il mio giornale, il National Catholic Reporter, ha chiesto in un editoriale la più ampia trasparenza, perché sembra evidente che solo la trasparenza potrà aiutare a risolvere le gravi questioni che Benedetto deve affrontare. Nell’attuale discussione ci sono almeno tre aspetti che riguardano Benedetto e che vengono fraintesi o trattati in modo negligente. Fare chiarezza su questi punti significa non tanto giustificare il Papa, ma piuttosto cercare di capire con precisione come siamo arrivati al punto in cui siamo. Di seguito, quindi, esporrò tre punti mirati a comprendere il comportamento di Benedetto di fronte alla crisi degli abusi sessuali.
1. Non è lui “l’uomo di punta”. In primo luogo, alcuni media hanno insinuato che l'allora cardinale Joseph Ratzinger ha presieduto per quasi un quarto di secolo, dal 1981 fino alla sua elezione al soglio pontificio nell'aprile 2005, l'ufficio vaticano responsabile per gli abusi sessuali e che quindi egli è responsabile per qualunque cosa il Vaticano abbia, o non abbia fatto, in questo periodo. Questo non è corretto. In realtà, Ratzinger non ha avuto la responsabilità diretta della gestione globale della crisi fino al 2001, quattro anni prima di diventare Papa. Fino a questa data, i vescovi non erano tenuti a segnalare alla Congregazione per la Dottrina della Fede i casi di sacerdoti accusati di abusi sessuali, obbligo introdotto da Papa Giovanni Paolo II con il motu proprio intitolato Sacramentorum sanctitatis tutela, appunto nel 2001. Prima di allora, la maggior parte dei casi di abusi sessuali non erano mai arrivati a Roma. Nei rari casi in cui un vescovo avesse voluto ridurre allo stato laico, contro la sua volontà, un prete responsabile di abusi, il processo canonico sarebbe stato comunque condotto da uno dei tribunali del Vaticano, non dall'ufficio di Ratzinger. Prima del 2001, la Congregazione per la Dottrina della Fede è stata coinvolta solo nei casi, estremamente infrequenti, di abusi sessuali avvenuti nel contesto della confessione, in quanto all’interno della Congregazione esisteva un tribunale canonico preposto agli abusi che coinvolgevano il sacramento della penitenza. In questo modo, ad esempio, è arrivato alla Congregazione il caso di padre Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, ed è questo il motivo per cui si sono rivolti alla Congregazione anche i funzionari dell'arcidiocesi di Milwaukee per il caso di padre Lawrence Murphy. Ratzinger è stato un alto funzionario del Vaticano dal 1981 in poi, ma dire che è stato, per quasi venticinque anni, l’“uomo di punta” del Vaticano in materia di abusi sessuali, incolpandolo della cattiva gestione di ogni caso sorto tra il 1981 e il 2001, è fuorviante. Prima del 2001, Ratzinger non aveva personalmente nulla a che fare con la stragrande maggioranza dei casi di abuso sessuale, neppure con quella piccola percentuale che arrivava fino a Roma.
2. La lettera del 2001. Alcuni articoli e commenti citano una lettera del maggio 2001, dal titolo De delictis gravioribus, inviata da Ratzinger ai vescovi di tutto il mondo, come la “pistola fumante” che dimostrerebbe il tentativo di Ratzinger di contrastare la segnalazione alla polizia, o ad altre autorità civili, di abusi sessuali compiuti da sacerdoti, ordinando ai vescovi di mantenere il segreto. La lettera dispone che certi reati gravi, compreso l'abuso sessuale di un minore, devono essere riferiti alla Congregazione per la Dottrina della Fede e che essi sono “soggetti al segreto pontificio”. Il Vaticano ribadisce, tuttavia, che questa segretezza si riferiva solo alle procedure disciplinari interne alla Chiesa, ma non intendeva impedire ad alcuno di segnalare i casi di abuso anche alla polizia o ad altre autorità civili. Si tratta di un’osservazione tecnicamente corretta, poiché in nessuna parte della lettera del 2001 vi è alcun divieto di segnalare gli abusi sessuali alla polizia o ai magistrati civili. In realtà, pochi vescovi avevano bisogno di un’ingiunzione da Roma per non parlare pubblicamente degli abusi sessuali: questa era semplicemente la cultura della Chiesa di quel tempo, il che rende illogica fin dall’inizio la caccia a una “pistola fumante”. Cambiare una cultura, nella quale il Vaticano era coinvolto quanto chiunque altro, una cultura diffusa e radicata ben oltre Roma, non è così semplice come abrogare una legge ed emanarne una nuova. A parte questo, il punto chiave circa la lettera di Ratzinger del 2001 è che quando uscì, lungi dall'essere vista come parte del problema, fu salutata come un punto di svolta verso una sua soluzione. Essa ha significato il riconoscimento a Roma, per la prima volta, di quanto fosse realmente grave il problema degli abusi sessuali e ha impegnato il Vaticano a occuparsene direttamente. Prima del Motu Proprio e della lettera di Ratzinger del 2001, non era chiaro se a Roma vi fosse qualcuno con la riconosciuta responsabilità di gestire la crisi; da quel momento in poi, la Congregazione per la Dottrina della Fede avrebbe giocato il ruolo principale. A partire dal 2001, Ratzinger ha dovuto riesaminare tutte le pratiche su ogni sacerdote accusato, con un minimo di credibilità, di abusi sessuali, ovunque nel mondo, acquistando una conoscenza sulla portata del problema che praticamente nessun altro nella Chiesa Cattolica può vantare. Dopo aver visto tutti i documenti, ha cominciato a parlare apertamente di “sporcizia” nella Chiesa e il suo staff è diventato molto deciso nel perseguire chi commetteva abusi. Per coloro che hanno seguito la risposta della Chiesa alla crisi, la lettera di Ratzinger nel 2001 è perciò vista come una assunzione, pur ritardata, di responsabilità da parte del Vaticano e l'inizio di una risposta molto più energica. Che la risposta sia sufficiente o meno è naturalmente argomento di discussione, ma interpretare la lettera di Ratzinger del 2001 come l'ultimo dei vecchi tentativi di negazione e copertura dei misfatti significherebbe stravolgere i fatti.
3. I processi canonici. Il vice di Ratzinger alla Congregazione per la Dottrina della Fede per i casi di abuso sessuale, il maltese mons. Charles Scicluna, ha rilasciato di recente un'intervista a un giornale cattolico italiano, in cui afferma che degli oltre 3.000 casi pervenuti a Roma, solo il 20 per cento sono stati sottoposti ad un processo canonico completo. In alcuni articoli, tra cui il pezzo di giovedì scorso del New York Times, questa cifra è stata citata come prova della “mancanza di azione” del Vaticano. Ancora una volta, però, coloro che hanno seguito da vicino la storia hanno quasi esattamente l'impressione opposta. Nel giugno 2002, nel proporre per la prima volta a Roma un insieme di nuove norme canoniche, al centro delle quali c’era la politica dell’“un colpo e sei fuori”, la volontà iniziale dei vescovi americani era di evitare del tutto i processi canonici, facendo invece affidamento sul potere amministrativo del vescovo di rimuovere in modo permanente un sacerdote dal ministero. Questo perché l’esperienza fatta nel corso degli anni con i tribunali romani aveva mostrato come fossero spesso lenti, macchinosi e portassero raramente a risultati certi. A tal proposito, vescovi ed esperti citerebbero un caso famoso, quello di Don Anthony Cipolla a Pittsburgh, nel periodo in cui era vescovo Donald Wuerl, ora arcivescovo di Washington. Wuerl rimosse Cipolla dal ministero nel 1988, in seguito alle accuse di abusi sessuali. Cipolla ricorse a Roma e la Segnatura Apostolica, di fatto la corte suprema vaticana, ordinò al vescovo di reintegrarlo. Wuerl portò il caso a Roma in prima persona, prevalendo alla fine, ma l'esperienza ha lasciato in molti vescovi americani l'impressione che i lunghi processi canonici non fossero la modalità giusta per gestire questi casi. Quando le nuove norme americane giunsero a Roma, incontrarono resistenza sulla base del principio che tutti hanno diritto ad un processo, un altro esempio questo, agli occhi dei critici, del fatto che il Vaticano fosse più preoccupato dei diritti dei persecutori che dei diritti delle vittime. Una commissione speciale, composta da vescovi americani e da alti funzionari del Vaticano, raggiunse poi un compromesso secondo il quale la Congregazione per la Dottrina della Fede avrebbe indagato i casi uno per uno per decidere quali sottoporre a un processo canonico. A quel tempo si temeva che la Congregazione avrebbe insistito per il processo in quasi tutti i casi, rinviando così nel tempo l’amministrazione della giustizia e il risarcimento delle vittime. In realtà, solo il 20 per cento fu rinviato a giudizio, mentre per la maggior parte dei casi, il 60 per cento, i vescovi furono autorizzati ad adottare immediate misure amministrative, a seguito di prove schiaccianti. Il fatto che solo il 20 per cento dei casi siano stati sottoposti a un completo processo canonico è stato salutato come una tardiva presa di coscienza di Roma della necessità di una giustizia rapida e sicura, e come una vittoria del più aggressivo approccio americano. Va anche osservato che il superamento della fase processuale è stato fortemente criticato, da alcuni canonisti e funzionari del Vaticano, come un tradimento del diritto a un giusto processo previsto dal diritto canonico. Quindi, descrivere questo 20 per cento come segno di “ inerzia” non può che sembrare paradossale a chi ha seguito attentamente queste vicende: in realtà, la gestione del 60 per cento dei casi con un colpo di penna di un vescovo è stata, finora, piuttosto citata come prova di un comportamento draconiano da parte di Ratzinger e dei suoi collaboratori. Perché l’analisi sia costruttiva e il Papa e con lui la Chiesa possano andare avanti, è importante che ci si attenga ai fatti, altrimenti si dà solo materia per ulteriori confusioni e polarizzazioni.

V anniversario dell'elezione di Benedetto XVI. Giovedì 29 aprile concerto in onore del Papa offerto dal presidente della Repubblica Napolitano

In occasione del quinto anniversario dall’inizio del Pontificato, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano offrirà un concerto in onore di Sua Santità Benedetto XVI. L’evento avrà luogo giovedì 29 aprile, festa di Santa Caterina da Siena, copatrona d’Italia e dell’Europa. Il concerto, che avrà inizio alle ore 17.30 nell’Aula Paolo VI in Vaticano, sarà eseguito dall’Orchestra giovanile di Fiesole, diretta dal Maestro Nicola Paszkowski. Il programma prevede: la Sinfonia in re maggiore di Giovanni Battista Sammartini, la Sinfonia Kv 504 detta “Praga” di Wolfgang Amadeus Mozart e la Sinfonia n.4 di Ludwig van Beethoven.

Il giudice della diocesi di Milwaukee: la verità sul 'caso Murphy'. Il processo non fu mai sospeso. Il Papa il più attivo e reattivo sugli abusi

"In una lettera all'allora segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede Tarcisio Bertone, il 19 agosto 1998, l'arcivescovo di Milwaukee Rembert Weakland ha dichiarato che egli mi aveva incaricato di sospendere il procedimento contro padre Lawrence Murphy. Questo non è vero: se mi fosse stato chiesto di sospendere la procedura, certamente avrei insistito che si facesse appello alla Corte suprema della Chiesa, o a Giovanni Paolo II se necessario". Lo afferma padre Thomas T. Brundage, vicario giudiziale dell'arcidiocesi di Milwaukee dal 1995 al 2003. "Il giorno che padre Murphy è morto - spiega - era ancora il convenuto in un processo penale ecclesiastico. Nessuno - lamenta il giudice - sembra essere consapevole di questo". Con "il consenso esplicito" dell'arcivescovo di Anchorage in Alaska, Roger Schwietz, il religioso ha ricostruito nel dettaglio l'intera vicenda sul giornale Catholic Anchor edito dall'arcidiocesi dove attualmente presta il suo servzio come promotore di giustizia. "Dal momento che il mio nome e commenti sul caso di padre Murphy sono stati liberamente e spesso erroneamente citati nel New York Times e in più di 100 altri giornali e periodici on-line, mi sento libero - tiene a precisare - di raccontare la storia del processo di padre Murphy". "Il fatto che abbia presieduto quel processo e mai una volta sia stato contattato da qualsiasi fonte di notizie per un commento, parla da sè", scrive l'ex promotore di giustizia che definisce "sciatto e impreciso il resoconto sul caso padre Murphy da parte del New York Times e di altri mezzi di comunicazione". "Nel 1996 - racconta il religioso - ho avuto conoscenza della storia di padre Murphy, ex direttore della scuola San Giovanni per sordi in Milwaukee. Era un fatto noto da decenni che durante il mandato di padre Murphy alla scuola (1950-1974) c'era stato uno scandalo che coinvolgeva lui e alcuni bambini sordi. Davanti a un'azione coraggiosa delle vittime (e spesso le loro mogli) divenne evidente che avevamo bisogno di intraprendere un'azione forte e rapida per rendere giustizia dei torti di alcuni decenni fa. Con il consenso dell'arcivescovo di allora, mons. Weakland, abbiamo iniziato un'inchiesta sulle accuse di abuso sessuale infantile, come pure sulla violazione del reato di sollecitazione entro il confessionale da parte di padre Murphy. Abbiamo proceduto ad avviare un processo contro padre Murphy e in qualità di presidente del collegio giudicante ho informato personalmente il sacerdote che accuse penali stavano per essere promosse contro di lui in materia di abusi sessuali su minori e 'sollecitazione' nel confessionale. Tra il 1996 e il 1998, agosto, ho intervistato, con l'aiuto di un interprete qualificato, circa una dozzina di vittime del padre Murphy. Questi sono stati interrogatori rivoltanti. In un caso la vittima era diventato un perpetratore egli stesso e era stato in prigione per i suoi crimini. Mi sono reso conto che questa malattia è virulenta e facilmente è trasmessa agli altri. Ho sentito storie di vita distorta, sessualità diminuita o rimossa. Questi - confida il giudice ecclesiastico - sono stati i giorni più bui del mio sacerdozio". Padre Brundage rivela di aver incontrato anche una rappresentanza di sordi cattolici: "Hanno insistito - ricorda nell'articolo - che padre Murphy fosse rimosso dal sacerdozio e che fosse sepolto non come un sacerdote, ma come un laico. Risposi che non potevo garantire la prima richiesta e avrei potuto fare solo una raccomandazione sulla seconda". "Nell'estate del 1998 - ricostruisce l'ex vicario giudiziale della diocesi americana - ho ordinato al padre Murphy di essere presente alla deposizione presso la cancelleria di Milwaukee. Poco dopo, ho ricevuto una lettera dal suo medico che certificava lo stato precario di salute e la conseguente impossibilità di viaggiare da Boulder Junction a Milwaukee (sarebbero state circa 276 miglia). Una settimana più tardi, padre Murphy morì per cause naturali". Dalla ricostruzione, pubblicata dal blog Messainlatino.it, emergono alcune discrepanze rispetto alle rivelazioni del NYT, la principale delle quali riguarda la bugia di mons. Weakland all'allora numero due della Congregazione per la Dottrina della Fede. L'arcivescovo mentì a Bertone sul fatto che il processo era stato sospeso, inducendolo a rinunciare alla sanzione canonica che sarebbe stata comminata al colpevole di quei gravi reati. L'ex presule, che sui media americani è oggi il principale accusatore di Papa Ratzinger, è da tempo un militante per i diritti dei gay dopo essere stato per decenni capofila dei progressisti nella Chiesa degli Stati Uniti. Padre Brundage denuncia anche un'altra anomalia che emerge dalla documentazione messa a disposizione dei media: "In un documento scritto a mano, datato 31 ottobre 1997, io sono citato - rileva - con le parole 'è probabile che questa situazione sia delle più orrende, sia per il numero, e soprattutto perchè si tratta di persone disabili, vulnerabili'. Inoltre - continua il giudice diocesano - è citata la seguente frase: 'I bambini sono stati contattati entro il confessionale, dove la questione della circoncisione cominciò la sollecitazione'. Il problema con queste affermazioni che mi sono attribuite - afferma padre Brundage - è che esse sono state aggiunte a mano ma non sono state scritte da me e non assomigliano alla mia scrittura. La sintassi è simile a quello che io potrei aver usato, ma non ho idea di chi ha scritto queste dichiarazioni". "Benedetto XVI ha chiesto scusa più volte per la vergogna dell'abuso sessuale dei bambini in diverse sedi e in pubblico in tutto il mondo. Questo non era mai accaduto prima. Egli ha incontrato le vittime. E' intervenuto su intere Conferenze Episcopali su questa materia, da ultimo quella dell'Irlanda. Egli è stato il più attivo e reattivo di qualsiasi funzionario della Chiesa internazionale nella storia per la piaga dell'abuso sessuale del clero sui minori". Insomma, il New York Times farebbe bene a studiare meglio atti e documenti: "Invece di incolpare il Papa per l'inazione su questi temi, bisognerebbe - spiega - riconoscere che è stato veramente un leader forte ed efficace sulla questione". "Riguardo al ruolo dell'allora cardinale Joseph Ratzinger in questa vicenda, non ho motivo di credere - spiega il religioso - che sia stato coinvolto in un qualsiasi modo. Mettere la cosa a suo carico è un enorme mancanza di logica e di informazioni". In proposito, l'ex giudice dell'arcidiocesi di Milwaukee ricorda che "la competenza sui casi di abuso sessuale dei minori è passata dalla Rota romana alla Congregazione per la dottrina della fede guidata dal cardinale Ratzinger nel 2001. Fino a quel momento, la maggior parte dei casi di appello andava alla Rota e era nostra esperienza - rivela - che i casi potessero languire per anni in quella Corte. Quando la competenza è stata modificata in favore della Congregazione per la Dottrina della Fede, la mia constatazione, così come di molti dei miei colleghi canonisti, è che i casi di abuso sessuale sono stati gestiti rapidamente, correttamente e con il dovuto riguardo ai diritti di tutte le parti coinvolte. Non ho alcun dubbio - assicura il religioso - che questo fu l'opera dell'allora cardinale Ratzinger". Inoltre, spiega padre Brundage, "nel corso degli ultimi 25 anni - cioè dopo l'arrivo di Ratzinger alla Congregazione per la Dottrina della Fede - una vigorosa azione ha avuto luogo all'interno della Chiesa per evitare danni ai bambini. Potenziali seminaristi ricevono ampia valutazione psicologica-sessuale prima dell'ammissione. Praticamente tutti i seminari concentrano i propri sforzi su un ambiente sicuro per i bambini e ci sono stati pochissimi casi di recente di abuso sessuale dei bambini da parte del clero nel corso degli ultimi dieci anni". "Le diocesi cattoliche in tutto il Paese - rileva ancora padre Brundage - hanno preso provvedimenti straordinari per garantire la sicurezza dei bambini e degli adulti vulnerabili. Un esempio, che non è assolutamente unico - sottolinea il religioso - è l'arcidiocesi di Anchorage, dove attualmente lavoro: qui, praticamente ogni bagno pubblico nelle parrocchie ha un pannello che chiede se una persona è stata abusata da parte di chiunque nella Chiesa. Viene assegnato un numero di telefono per segnalare l'abuso, e quasi tutti i dipendenti dell'arcidiocesi sono tenuti a prendere sessioni di formazione annuale in classi di ambiente sicuro. Non so che cosa possa fare di più la Chiesa". "Desidero affermare - scrive nel suo memoriale l'ex giudice della diocesi di Milwaukee - che il Santo Padre ha fatto più di qualsiasi altro Papa o vescovo nella storia per liberare la Chiesa Cattolica del flagello di abusi sessuali su minori e provvedere a coloro che sono stati danneggiati; e che grazie agli sforzi compiuti dalla Chiesa per guarire le ferite causate da cattiva condotta sessuale di membri del clero, oggi la Chiesa Cattolica è probabilmente il posto più sicuro per i bambini in questo momento della storia". Nel documento il giudice diocesano descrive in termini molto crudi "gli eventi accaduti durante degli anni sessanta e settanta" e in partivcolare gli episodi di abuso sessuale dei minori e di sollecitazione nel confessionale da parte del padre Lawrence Murphy: "Sono - scrive - crimini atroci e senza attenuanti". Per padre Brundage, "è importante sottolineare che flagello sono stati gli abusi sessuali su minori, non solo per la Chiesa, ma anche per la società. Poche azioni possono falsare la vita di un bambino più di un abuso sessuale. E' una forma - sottolinea - di omicidio emotivo e spirituale e comincia una traiettoria verso un senso distorto della sessualità. Se commessi da una persona autorevole (come lo è un prete) creano nel minore una diffidenza verso quasi chiunque, dovunque". "Come cappellano volontario in una prigione in Alaska, ho trovato - confida il giudice - una connessione tra coloro che sono stati incarcerati per abusi sessuali su minori e i sacerdoti che hanno commesso tali azioni dolorose. Essi tendono ad essere molto intelligenti e manipolatori. Essi tendono ad essere benvoluti e affascinanti. Essi tendono ad avere uno scopo nella vita soddisfare la loro brama. La maggior parte sono altamente narcisistici e non vedono che hanno causato danno. Vedono i bambini che hanno abusato non come persone ma come oggetti. Essi mostrano raramente rimorso e inoltre, a volte ritraggono se stessi come vittime. Essi sono, in breve, persone pericolose e non si dovrebbe mai dare loro fiducia una seconda volta". "La maggior parte - osserva padre Brundage che motiva così la sua volontà di portare avanti nel 1998 il processo Murphy nonostante la malattia dell'imputato - commetterà nuovamente il suo crimine se ne ha una possibilità". "A nome della Chiesa - conclude - sono profondamente dispiaciuto e ho vergogna per i torti che sono stati fatti dai miei fratelli sacerdoti, ma capisco che il mio dolore è probabilmente di poca importanza 40 anni dopo il fatto. L'unica cosa che possiamo fare in questo momento è quello di apprendere la verità, implorare perdono e fare tutto ciò che è umanamente possibile per sanare le ferite. Il resto, e ne sono grato, è nelle mani di Dio".

Agi, Rainews24.it